Oggi ricorre il 94° anniversario della nascita di Aleksandr Pavlovič Čekalin. Solamente a sentir pronunciare il suo nome, per rispetto occorre alzarsi in piedi. Così, è con immenso onore che oggi vi racconterò la sua storia.
Prima di addentrarci negli eventi che lo resero immortale, per renderci conto della grandezza di questo eccezionale ragazzo, diciamo subito che nel 1944 il governo sovietico, cambio il nome della sua città natale Likhvin, ribattezzandola in suo onore con il nome Čekalin, nome che la città porta tuttora con estremo orgoglio.
Durante la Grande Guerra Patriottica, di fianco ai risultati ottenuti dall’Armata Rossa, occorre ricordare sempre il notevole contributo fornito per la vittoria finale dalle unità partigiane sovietiche. In tutto il territorio sovietico occupato dai nazifascisti, non ci fu un solo giorno in cui qualcosa non esplodesse, bruciasse o venisse distrutta. Agli invasori non fu permesso di vivere in un solo giorno in tranquillità.
La regione di Tula era solo parzialmente occupata, ma questo fu sufficiente per creare un potente distaccamento partigiano. Aleksandr Čekalin era un ragazzo di 16 anni il quale combatteva nelle formazioni partigiane.
Sasha nacque il 25 marzo 1925 nella periferia della città di Likhvin, nella regione di Tula. Suo padre era un esperto cacciatore e conosceva alla perfezione le foreste circostanti. Sin da quando suo figlio Sasha era piccolo, lo portava sempre con sé durante ogni battuta di caccia.
Nel 1939, a quattordici anni, Sasha divenne membro del Komsomol (L’Unione della Gioventù Comunista Leninista di tutta l’Unione).
Nel maggio del 1941, all’età di sedici anni, Sasha si diplomò dopo aver frequentato regolarmente e con profitto le scuole. Per via del suo carattere iperattivo, i suoi compagni di scuola l’avevano soprannominato “l’inquieto” ed in famiglia era chiamato “Sasha l’inquieto”.
Nel luglio del 1941, Aleksandr Čekalin si arruolò volontario nell’Armata Rossa, ma durante la ritirata delle truppe sovietiche dal territorio della regione di Tula, la sua formazione militare fu dispersa, così Sasha e suo padre si unirono ad uno dei distaccamenti partigiani della regione di Tula.
Aleksandr Čekalin risultò molto utile per i partigiani. Infatti, era un abile esploratore delle retrovie nemiche, esperto in sabotaggi ed abilissimo a reperire informazioni. Suo padre era un cacciatore e fin da piccolo gli aveva insegnato a sparare. All’età di 10 anni, Sasha era già un ottimo tiratore, molto più bravo di tanti adulti. Possedeva anche un eccellente senso di orientamento nelle foreste locali che conosceva alla perfezione. Era anche appassionato di ingegneria radiofonica ed aveva persino assemblato da solo il suo ricevitore radio.
Il sedicenne Čekalin riuscì a raccogliere informazioni sul dispiegamento e sul numero di unità tedesche, le loro armi e le loro rotte di movimento. Partecipò agli agguati, scavò le strade, interruppe la comunicazione del nemico e fece deragliare i treni. Čekalin divenne il terrore dei soldati nazisti che avevano occupato quella parte della regione di Tula e per questo motivo gli davano continuamente la caccia.
All’inizio di novembre, per via delle forti piogge, Sasha prese un brutto raffreddore ed il commissario del distaccamento partigiano, lo inviò nel villaggio di Mishbor per far visitare all’insegnante Muzalevskaja, la quale aiutava e curava i partigiani. Ma giunto nel villaggio, Sasha seppe che i tedeschi lo stavano cercando e che la stessa Muzalevskaja era stata arrestata e condotta a Likhvin.
Così il giovane Sasha decise di recarsi nella propria casa. Qui però commise un errore: per scaldarsi accese il fuoco del caminetto e di conseguenza, i soldati tedeschi notando il fumo uscire dal camino, circondarono la sua casa e gli offrirono di arrendersi. Sasha rispose a modo suo: cioè barricandosi in casa ed aprendo il fuoco attraverso le finestre contro i militari nazisti. Quando terminò le munizioni, lanciò una granata, ma non esplose. Così decise di uscire da una porta situata sul retro della sua casa per tentare di fuggire, ma fu catturato e portato all’ufficio del comandante militare.
Fu torturato in modo straziante per alcuni giorni, la sua pelle ridotta in brandelli, ustioni sulla stragrande maggioranza del corpo, le percosse produssero numerose fratture. Tutto ciò nella speranza di ottenere da lui le informazioni necessarie a scovare gli altri membri della sua unità partigiana. Ma fu tutto inutile. L’insieme di crudeli torturatori e soldati nazisti, pur dilaniando il corpo di un magrissimo ragazzo di 16 anni, non riuscirono ad intimorirlo.
Non avendo ottenuto nulla, le autorità tedesche per terrorizzare la popolazione organizzarono un’esecuzione dimostrativa nella piazza della città di Likhvin: Sasha fu impiccato il 6 novembre 1941. La popolazione fu rastrellata e radunata nella piazza per assistere al macabro spettacolo. Anche in questo caso, l’eroico Čekalin diede prova del suo coraggio. Prima di essere impiccato riuscì a gridare alla sua gente: “Non potranno impiccarci tutti!“. Addirittura riuscì a togliersi momentaneamente da dosso il cartello di cartone con la scritta “Questa è la fine che attende tutti i partigiani“. Il boia rimise il cartello sul corpo del giovane Sasha il quale nel frattempo iniziò a cantare l’inno sovietico. Pochi secondi dopo fu impiccato. Nel frattempo tutti i volti di coloro che furono costretti ad assistere all’esecuzione di Sasha, furono solcati da lacrime di pianto.
Le autorità naziste lasciarono il corpo appeso per alcuni giorni in modo che tutti potessero ricordare. Dopo la liberazione di Likhvin da parte dell’Armata Rossa, il corpo di Čekalin fu sepolto con tutti gli onori militari in un parco cittadino.
Il 4 febbraio 1942 Aleksandr Pavlovič Čekalin fu insignito postumo del titolo di Eroe dell’Unione Sovietica.
Suo padre Pavel, il quale era entrato a far parte del movimento partigiano insieme al figlio, sopravvisse agli eventi della Grande Guerra Patriottica Padre. Dopo la guerra lavorò in un apiario collettivo ed è morto nel 1987.
Sua madre Nadezhda, dopo che Sasha fu giustiziato, per proteggere il suo secondo figlio, si trasferì con suo figlio minore Viktor in una zona della regione di Tula, sotto il controllo dell’Armata Rossa. Nonostante la morte di Sasha, la donna si è sempre considerata una madre felice, era orgogliosa che il ricordo di suo figlio vivesse nella gente. Prese parte attiva nel perpetuare il ricordo del suo figlio-eroe e fu invitata più volte nelle scuole per raccontare la storia di Sasha. Visse a Mosca dove morì nel 1992.
Il fratello minore Viktor, nato nel 1927, fu arruolato negli ultimi anni della guerra e come carrista fu assegnato all’equipaggio di un carro armato T-34. Dopo la guerra continuò la sua carriera militare, diventando un colonnello dell’esercito sovietico. Ha avuto due figli, uno dei quali ha scelto anche lui la carriera militare.
In memoria di Sasha Čekalin, nel 1944 la città di Likhvin fu ribattezzata Čekalin, nome che manterrà in eterno perché eterna è la memoria di questo eccezionale ragazzo.
Nel 1962 la sua casa natale fu allestita a museo.
In sua memoria portano il suo nome le strade di molte città, tra le quali Tula, Volgograd, Ufa, Novosibirsk, Irkutsk, Perm, Minsk (Bielorussia), Donetsk (Repubblica Popolare di Donetsk), Aqtöbe (Kazakistan).
Pochi giorni dopo la sua esecuzione, il nome di Aleksandr Čekalin divenne ampiamente conosciuto in tutta l’Unione Sovietica e Sasha divenne un modello per un’intera generazione di giovani uomini e donne sovietici. Nel 1955, lo scrittore Vasilij Smirnov scrisse la storia di questo ragazzo con il titolo “Sasha Čekalin“. Nel 1972, la regista Inna Tumanjan girò il film “Quindicesima primavera” nel quale la trama è l’impresa eroica di questo immortale ragazzo. Tuttavia, come già in altri articoli ho più volte tristemente sottolineato, in Occidente l’esistenza di queste persone eccezionali è sempre stata totalmente ignorata.
Luca D’Agostini
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