La storia dell’Armenia è un tesoro mondiale unico, pieno di cronache di grandi civiltà, biografie di personaggi leggendari, momenti drammatici associati alla formazione del Cristianesimo.
Molte volte l’Armenia ha subito invasioni da parte di conquistatori stranieri, più di una volta sembrava che il nome stesso dell’Armenia fosse stato cancellato dalla mappa. Ma il popolo armeno è sopravvissuto, difendendo la propria esistenza nella lotta più dura.
Trentamila chilometri quadrati, che oggi occupa la Repubblica d’Armenia, costituiscono solo una piccola parte, meno di un decimo, di quell’enorme Armenia storica, le cui cronache sono diventate un capitolo a parte nella storia e nella cultura del mondo.
Le più importanti rotte commerciali e militari del mondo antico, che collegavano est e ovest, passavano attraverso gli altopiani armeni. Una posizione così favorevole dell’Armenia attirò numerosi conquistatori. Pertanto, i confini dell’antica Armenia furono soggetti a frequenti cambiamenti e gli armeni dovettero sviluppare nuove terre. Ecco perché la storia dell’Armenia è ricca e infinita.
Il nome originario armeno per questa regione era Hajq, divenuto più tardi Hajastan, denominazione attuale del Paese, traducibile come “la terra di Hajk” (termine composto dal nome “Hajk” e dal suffisso sanscrito ‘stan‘ (terra), che è tipico anche in persiano per indicare un territorio).
Secondo la leggenda e la tradizione armena, Hajk, progenitore di tutti gli Armeni, era un discendente di Noè (essendo figlio di Togarmah, che era nato da Gomer, a sua volta nato dal figlio di Noè, Yafet) e, in base alla tradizione cristiana, antenato di tutti gli armeni. Hajk si stabilì ai piedi del monte Ararat, cima centrale e più alta dell’altopiano armeno, sacra per gli armeni in quanto considerata il luogo dove si posò l’arca di Noè dopo il diluvio universale. Successivamente Hajk partì per assistere alla costruzione della Torre di Babele e, ritornato dalla Mesopotamia, sconfisse il re assiro Nimrod presso il Lago di Van, nell’Armenia occidentale, l’attuale Turchia.
Il diffuso termine Armenia fu dato alla regione dai popoli confinanti per indicare la tribù più potente presente nel territorio (gli Armeni, appunto) e che dimorava in quelle terre. Il nome Armenia si dice derivi da Armenak o Aram (un discendente di Hajk e, secondo la tradizione armena, un altro grande “padre della patria“, un grande condottiero del popolo armeno). Fonti precristiane riportano invece la derivazione dal termine Nairi (cioè “terra dei fiumi“) che è l’antico nome della regione montuosa del paese e che è usato sia da alcuni storici greci sia dall’Iscrizione di Bisotun, ritrovata in Iran e risalente al 521 a.C.
A parte il fatto che gli antichi apparvero sul territorio dell’Armenia all’inizio del Paleolitico, le prime tribù pre-armene che abitavano gli altopiani armeni sono menzionate già a cavallo tra il IV e il III millennio a.C.
All’inizio del I millennio a.C. emerse una società di classe. Le tribù degli altopiani armeni si unirono tra loro e decretarono come capitale la città di Tushpa. Si formò così l’antico stato schiavista di Urartu. Durante questo periodo si verificò un’intensa unità etnica delle tribù degli altopiani armeni e si formò la nazionalità armena.
Il Regno di Urartu, situato tra l’Asia Minore, la Mesopotamia e il Caucaso, area poi conosciuta come Armenia, era incentrato attorno al Lago di Van (oggi nella Turchia orientale). Il Regno durò dall’860 al 585 a.C. Il nome corrisponde al biblico Ararat. La civiltà di Urartu, fiorita quindi nel Caucaso e nell’Asia Minore orientale tra l’800 a.C. e il 600 a.C., fu il primo Impero Armeno.
Esso fu unificata sotto il regno del re Aramu che unificò tutti gli stati confederati. Si estendeva dal Mar Nero fino al Mar Caspio, compresa gran parte del territorio dell’attuale Turchia orientale. Visse il periodo di massimo splendore sotto il regno di Sarduri II, durante il quale Urartu controllava la Cilicia e la Siria settentrionale.
Il nome Urartu fu dato al regno dai suoi più acerrimi nemici stanziati a sud, gli Assiri; proviene dalla fonti assire (dialetto dell’accadico), e sta per “paese di montagna“.
Alcuni studiosi ritengono che l’Ararat dell’Antico Testamento sia una variante dell’accadico “Urartu”: infatti il monte Ararat era ubicato proprio nel territorio urarteo, circa 120 km a nord della sua antica capitale. Va anche ricordato che nell’Antico Testamento “Ararat” era utilizzato anche per indicare un antico regno che si trovava a nord della Mesopotamia. Allo stesso modo le prime cronache armene (V-VII secolo) affermano che il nome originario dell’Armenia era “paese dell’Ararat”. Le variazioni forse vengono dall’armeno “Ajrarat“, che significa “terra del coraggioso” e “terra degli Armeni”.
Urartu è spesso chiamato “Regno di Ararat” in molti antichi manoscritti e testi sacri di diverse nazioni. La ragione per l’incertezza nei nomi (ad esempio Urartu e Ararat) dipende dalle variazioni presenti nelle fonti.
A volte le fonti antiche utilizzano in maniera intercambiabile “Armenia” e “Urartu” per riferirsi allo stesso paese. Per esempio, nell’Iscrizione di Bisotun in tre lingue, scolpita nel 520 a.C. per ordine di Dario il Grande di Persia, il paese è definito Arminia in antico persiano, Harminuia in elamita e Urartu in babilonese.
Inoltre, il Regno fu conosciuto come Armenia presso i Greci (e poi i Romani) che vivevano nell’Anatolia occidentale, forse perché i contatti che loro ebbero con Urartu, furono attraverso il popolo della tribù di Armen.
Tra il tardo VII e gli inizi del VI secolo a.C., il Regno Urarteo fu sostituito dal Regno di Armenia, a cui fu a capo la dinastia armena degli Orontidi.
Esempi di questa straordinaria civiltà sono rappresentate non solo dall’esistenza della scrittura, dallo sviluppo dell’agricoltura, dell’allevamento del bestiame e della metallurgia, ma anche dall’alta tecnologia di costruzione di città-fortezze.
Tuttavia, contraddizioni interne, mancanza di unità, l’invasione degli Assiri avvenuta all’inizio del VI secolo a.C., causarono la caduta di Urartu.
Dopo la caduta della civiltà di Urartu intorno al 600 a.C., il Regno di Armenia fu governato dalla dinastia degli Orontidi, che regnò dal 600 a.C. al 200 a.C.. Sotto gli Orontidi, l’Armenia vacillò tra l’indipendenza e la sottomissione all’Impero Persiano sotto forma di satrapia.
La dinastia degli Orontidi fu la prima dinastia nella storia dell’Armenia. Gli Orontidi stabilirono la loro supremazia sull’Armenia al tempo delle invasioni di Sciti e di Medi intorno al VI secolo a.C., periodo nel quale gli Armeni assunsero nomi e costumi iranici. I loro discendenti continuarono a regnare nel regno di Sofene per breve tempo, e di Commagene fino al 72.
Gli Orontidi, essendo legati alla corte persiana se non per lo stesso sangue sicuramente per legami matrimoniali, agirono come satrapi o governatori provinciali. Senofonte nella sua Ciropedia fa cenno al re Armeno Tigrane come alleato di Ciro il Grande. Tigrane pagava tributi ad Astiage. Suo figlio assunse anch’egli il nome di Tigrane che allo scoppiare del conflitto tra Medi e Babilonesi si rifiutò di rispettare i suoi obblighi con i Medi. In quanto erede di Astiage, Ciro richiese quei tributi. Il fatto è comprovato dalla citazione di Strabone nella sua Geografia (XI, 13.5).
Nel 521 a seguito della confusione creata dalla morte di Cambise e la proclamazione di Smerdi come re, gli Armeni si rivoltarono. Dario I di Persia inviò un generale armeno di nome Dâdarši a soffocare la rivolta, che venne poi sostituito dal persiano Vaumisa che sconfisse i ribelli armeni il 20 maggio 521. Intorno allo stesso periodo, un altro armeno di nome Arakha, figlio di Haldita, reclamò di essere figlio dell’ultimo re di Babilonia, Nabonide, e salì sul trono con il nome di Nabuccodonosor IV. Questi eventi sono registrati nelle iscrizioni Behistun secondo le quali la ribellione di Nabuccodonosor IV ebbe vita breve e fu sedata dal luogotenente di Dario, Intafrene.
Dopo la riorganizzazione dell’Impero Persiano, l’Armenia fu divisa in diverse satrapie. I satrapi d’Armenia inviarono contingenti di truppe nell’invasione di Serse contro la Grecia del 480 a.C. Nel 401 a.C. Senofonte attraversò l’Armenia con un contingente di mercenari greci, e lasciò la testimonianza della presenza di due appartenenti alla dinastia degli Orontidi, entrambi di origine persiana. Uno di essi, nobile e ufficiale di alto rango, era comandante della cittadella di Sardi e si sollevò contro Ciro il Giovane a favore di Artaserse II Memnone poco prima della battaglia di Cunassa, ma fu arrestato e giustiziato da una corte marziale. Senofonte nel suo Anabasi ci lascia una dettagliata descrizione dell’Armenia, ed afferma che la regione nei pressi del fiume Centrite, c’era un Oronte figlio di Artasyra che aveva contingenti armeni e alarodiani.
Prima della dissoluzione del dominio seleucide, uno Stato ellenistico frutto della divisione dell’impero di Alessandro Magno, di cui faceva parte il Regno Armeno, l’Armenia si divise in due, per volere del sovrano seleucide Antioco III nel 215 a.C.:
la parte occidentale del Regno, che diventò l’Armenia Minore, fu affidata al principe Zariadris.
La parte orientale fu affidata al principe Artaxias con il nome di Armenia Maggiore (di cui faceva parte anche il Gordiene), Artaxias sarà il fondatore della dinastia degli Artassidi (190 a.C. – 1 d.C.).
La dinastia degli Artassidi governò l’Armenia dal 189 a.C. fino al loro rovesciamento da parte dell’Impero Romano nel 16 d.C. Il loro regno comprese l’Armenia Maggiore, Sofene e in maniera irregolare l’Armenia Minore e parti della Mesopotamia.
Nel 201 a.C. il sovrano seleucide Antioco III il Grande conquistò l’Armenia maggiore e Sofene sconfiggendo la dinastia orontide a cui rimase al controllo di Commagene, sebbene fosse ridotta a stato vassallo. Antioco elesse Artaxias satrapo dell’Armenia Maggiore e Zariadres satrapo di Sofene. A seguito della sconfitta di Antioco da parte dei Romani nella battaglia di Magnesia nel 190 a.C., Artaxias e Zariadres si rivoltarono e, con il consenso di Roma, fondarono due regni autonomi; Artaxias sull’Armenia Maggiore e Zariadres sulla Sofene. Anche l’Armenia Minore e Commagene riguadagnarono la loro indipendenza.
Artaxias I d’Armenia è considerato uno dei sovrani più importanti nella storia armena. Egli si presentò come un discendente legittimo della dinastia degli Orontidi, sebbene non ci siano prove della sua connessione con questa famiglia. Al principio del suo regno, parti dell’altopiano armeno abitate da popolazioni di lingua armena erano ancora sotto il dominio di nazioni straniere. Artaxias I pose l’unificazione di tutte le popolazioni di lingua armena come l’obiettivo primario del suo regno. Lo storico e geografo greco Strabone ci ha lasciato il racconto delle conquiste di Artaxias I: “Dicono che l’Armenia, un tempo piccola, venne estesa grazie ad Artaxias e Zariadris, che prima erano generali di Antioco il Grande, e, dopo la disfatta di quest’ultimo, divennero re; l’uno in Sofene, Amfissene, Odomantis e in qualche altro distretto, l’altro nella regione di Artaxata. Accrebbero insieme i loro domini, sottraendo territori ai popoli limitrofi: ai Medi presero la Kaspiane, la Faunitis e la Basoropeda; agli Iberi il pedemonte del Paryadres, la Chorzene e la Gogarene, che si trova al di là del Kyros; ai Chalybes e agli Abitatori dei mosynes, la Karenitis e la Derxene, che confinano con la Piccola Armenia o ne fanno parte; ai Cataoni l’Akilisene e la zona dell’Antitauro, ai Siri la Tamonitis: per questa ragione, tutti costoro parlano la stessa lingua.” (Strabone, Geografia, XI, 14.)
Artaxias fu anche il fondatore della capitale armena Artaxata grazie all’aiuto del generale cartaginese Annibale che ottenne rifugio nel suo esilio dai Romani nella corte di Artaxias. La popolazione della precedente capitale Orontide di Ervandashat fu interamente trasferita ad Artaxata. Sono state trovate oltre una dozzina di pietre miliari sul territorio della moderna Armenia risalenti al periodo di Artaxias contenenti iscrizioni in aramaico, prima della loro scoperta l’esistenza di queste pietre era già attestata dallo storico armeno Mosè di Corene. In queste iscrizioni Artaxia si proclama discendente della dinastia degli Orontidi: Re Artaxias, figlio dell’Orontide Zariadres.
Durante il Regno di Tigrane il Grande (95 a.C. – 55 a.C.) l’Armenia raggiunse l’apice del suo potere e divenne rapidamente lo stato più potente del Vicino Oriente. I suoi confini si estendevano dal Mar Caspio al Mar Mediterraneo. Tigrane fondò una capitale in una posizione più centrale del suo regno con il nome di Tigranocerta. Larghe porzioni della regione furono in seguito conquistate dai Parti, che costrinsero la dinastia a firmare un trattato di amicizia. L’Iberia caucasica, l’Albania, e l’Atropatene furono persi dagli Artassidi ed il resto del regno diventò vassallo. I Greci dell’Impero Seleucida offrirono a Tigrane la corona del Regno Seleucida nell’83 a.C.
All’apice del suo splendore, dal 95 al 66 a.C., l’Armenia maggiore si estendeva dal Caucaso all’attuale Turchia orientale, fino alla Siria e al Libano, dando vita al secondo impero armeno sotto la guida di Tigrane II il Grande, che fondò anche una nuova capitale: Tigranocerta, di cui l’archeologia moderna non è stata ancora in grado di ritrovare la locazione. Nel 66 a.C., le legioni romane di Pompeo invasero l’Armenia maggiore e Tigrane fu costretto ad arrendersi accettando di far diventare il suo regno un protettorato romano.

L’Armenia durante l’Impero Romano
Nei primi quattro secoli dopo Cristo, l’Armenia perse gradualmente la sua indipendenza. Il dominio nel regno armeno fu conteso da due potenti imperi: l’Impero Romano e lo stato persiano dei Sasanidi. Fino alla metà del I secolo, un certo numero di governanti, graditi a Roma, furono sostituiti sul trono armeno. Nella seconda metà del secolo l’influenza romana in Armenia iniziò a cedere il passo a quella orientale. Trdat, il fondatore della nuova dinastia arsacide, salì al trono armeno.
In risposta, l’imperatore romano Nerone inviò le sue legioni in Oriente sotto il comando del generale Gneo Domizio Corbulone. Diversi anni di guerra contro i Persiani non portarono il successo ai Romani i quali furono costretti ad accettare la pace. I Romani e i Persiani giunsero presto alla decisione di dividere tra loro le terre armene, di cui la maggior parte andò ai Persiani. Così nel 428 il re persiano Varakhran V trasformò l’Armenia in una provincia dello stato sasanide e pose fine alla dinastia arsacide in Armenia.
Ma più di cento anni prima, nel 301 l’Armenia adottò il Cristianesimo come religione di stato. Secondo la tradizione, la Chiesa Apostolica Armena fu istituita da due dei dodici apostoli: San Giuda e San Bartolomeo, i quali predicarono il Cristianesimo in Armenia dal 40 al 60. Tra il I e il IV secolo, la Chiesa armena fu guidata da patriarchi. Il primo cattolico della Chiesa di Armenia fu San Gregorio Illuminatore(circa 257-337). A causa della sua fede, fu perseguitato dal Re pagano d’Armenia, e “punito” con l’essere gettato nella prigione fortezza di Khor Virap. Ottenne il titolo di “Illuminatore”, in quanto illuminò lo spirito degli Armeni introducendoli al Cristianesimo.
Nel 405 fu anche creato l’alfabeto armeno da parte del monaco cristiano Mesrop Mashtots.
Nel 591, il grande guerriero bizantino e imperatore Maurizio sconfisse i Persiani e portò gran parte del territorio armeno all’interno dell’Impero. La conquista fu completata successivamente dall’Imperatore Eraclio nel 629.
Nel 645, gli Arabi musulmani del Califfato dei Rashidun attaccarono la regione conquistandola. Così l’Armenia, che un tempo aveva i suoi regnanti ed era stata sotto Persiani e Bizantini, passò sotto il dominio dei Califfi. Come Emirato di Armenia (Arminiyya), era governata da un principe, riconosciuto anche da Bisanzio, che aveva sede a Dvin, non lontano da Erevan (dinastia Bagratuni o Bagratidi).
Tuttavia, esistevano ancora zone dell’Armenia sotto l’Impero bizantino. La popolazione che abitava quelle regioni mantenne una grande influenza sull’Impero. L’imperatore Eraclio (610-641) era di discendenza armena, così come l’imperatore Filippico (711-713). L’imperatore Basilio I, che salì al trono nell’867, fu il primo di quella che è chiamata la dinastia armena, indicando così la forte presa degli Armeni sull’Impero Romano d’Oriente.
Nell’884 i principi armeni si ripresero la loro indipendenza, che difesero fino al 1045, quando furono nuovamente sottomessi da Bisanzio. In questo periodo l’Armenia visse un rinascimento culturale, politico ed economico. Fu fondata una nuova capitale, Ani ora in Turchia. La cronaca narra che Ani vantava circa 200 mila abitanti e ben 1001 chiese, in un periodo in cui le capitali europee non arrivavano a 20 mila abitanti. Con la costruzione di Ani, l’Armenia divenne una popolosa e prosperosa nazione che ebbe influenza politica sulle nazioni vicine. Tuttavia, il sistema feudale indebolì gradualmente il paese erodendo il sentimento di lealtà nei confronti del governo centrale.

Ani, città delle 1001 chiese
La conquista bizantina fu di brevissima durata: nel 1071, dopo la sconfitta di Bisanzio da parte dei Turchi Selgiuchidi guidati da Alp Arslan nella battaglia di Manzikert, l’Armenia Maggiore fu conquistata dai Musulmani. Per fuggire dalla morte o dalla schiavitù, migliaia di famiglie lasciarono l’Armenia e si insediarono in terre straniere.
La situazione diede ai Curdi l’opportunità di espandersi nel territorio dell’Armenia. Ani, La “Città dalle 1001 Chiese” fu devastata dalle successive invasioni di tribù turche. Ma il cataclisma peggiore per Ani fu un terribile terremoto che nel XIV secolo rese la città il fantasma di sé stessa.
Il conte Baldovino I di Gerusalemme, che con il resto dell’esercito crociato attraversava l’Asia Minore verso Gerusalemme, abbandonò la missione e si rifugiò presso Thoros di Edessa. Essendo ostili ai Selgiuchidi quanto ai Bizantini, gli Armeni presero in simpatia il conte e quando Thoros fu assassinato, Baldovino I divenne capo di un nuovo regno crociato, la Contea di Edessa. Gli Armeni simpatizzavano molto per i Crociati e molti di loro combatterono al loro fianco. Quando Antiochia fu conquistata nel 1097, Costantino, figlio di Rupen, ricevette dai Crociati il titolo di barone. Nell’arco di un secolo gli eredi di Rupen furono compensati con il regno noto come Cilicia o Armenia Minore. La Cilicia fiorì sotto il governo armeno e divenne l’ultimo stato armeno del medioevo. Il regno acquistò un’identità armena ed i suoi governanti venivano chiamati armeni e non re di Cilicia. Poiché le famiglie cattoliche estesero la loro influenza sulla Cilicia, il Papa cercò di promuovere una conversione della regione al Cattolicesimo, fenomeno che divise il regno in due fazioni. La sovranità armena in Cilicia ebbe termine nel 1375 quando i Mamelucchi d’Egitto approfittarono della sua debolezza per invaderla.
Tra il IV ed il XIX secolo l’Armenia fu conquistata e governata da molti popoli, in ultimo gli Ottomani che rimasero padroni della regione per centinaia di anni, fino all’ottenimento dell’indipendenza del 1918. Mehmed II conquistò Costantinopoli nel 1453, e ne fece la capitale dell’Impero Ottomano.
Poi il Sultano invitò l’arcivescovo armeno a stabilire un patriarcato a Costantinopoli. Gli armeni di Costantinopoli crebbero vertiginosamente di numero e divennero una componente rispettabile della società ottomana. L’Impero Ottomano seguiva la legge coranica. Ciò significava che gli infedeli come Cristiani ed Ebrei dovessero pagare dei tributi straordinari.
Mentre gli armeni di Costantinopoli beneficiavano di privilegi, gli altri armeni subivano le angherie dei vari pascià e pagavano esosi tributi imposti dalle tribù curde. L’Impero Ottomano cedette una piccola parte del territorio armeno all’Impero Russo a seguito delle guerre Russo-Turche (1828-1829). Nel 1839 la situazione degli armeni ottomani migliorò grazie alle riforme di Abdul Mejid I, tuttavia gli ultimi sultani, come Abdul Hamid II frenarono le riforme e causarono dei terribili massacri, come i famigerati massacri Hamidiani del 1895-96. Nel 1915, l’Impero Ottomano causò una grande migrazione di massa della popolazione armena durante la quale morirono almeno un milione e mezzo di armeni.
L’Armenia occidentale fu riconosciuta come parte della Repubblica di Armenia nel Trattato di Sèvres del 1920.
L’espressione genocidio armeno, si riferisce a due eventi distinti ma legati fra loro: il primo è relativo alla campagna contro gli armeni condotta dal sultano ottomano Abdul-Hamid II negli anni 1894-1896; il secondo è collegato alla deportazione ed eliminazione di armeni negli anni 1915-1916. Il termine “genocidio” è associato soprattutto al secondo episodio, che è commemorato dagli armeni il giorno 24 aprile.
Sul piano internazionale, ventuno stati tra i quali la Federazione Russa, hanno ufficialmente riconosciuto come genocidio gli eventi descritti.
Con la Prima Guerra Mondiale in corso, l’Impero Ottomano accusò i cristiani armeni di essere alleati della Russia imperiale e usò questo pretesto per procedere al loro sterminio. Gli eventi del 1915-1923 sono considerati dagli Armeni come un genocidio. Le autorità turche invece, affermano ancora oggi che si trattò di una guerra civile aggravata dalla malattia e dalla carestia. Il numero esatto dei morti è ancora da stabilire. Questi massacri sono celebrati tradizionalmente il 24 aprile, nel giorno dei martiri per i Cristiani armeni.
Dopo la Rivoluzione Russa del 1917 e l’ascesa al potere dei Bolscevichi, Stepan Shaumyan fu posto a capo dell’Armenia. In seguito alla Rivoluzione le truppe russe persero rapidamente il territorio armeno ottomano occupato.
La convenzione di Tiflis si ebbe nel settembre 1917 ed in essa si elesse un Consiglio Nazionale Armeno. Nel frattempo sia gli Unionisti turchi dell’Ittihad che i nazionalisti armeni si mossero per ottenere l’alleanza con i bolscevichi. Mustafa Kemal inviò alcune delegazioni a Mosca ma questa alleanza si dimostrò disastrosa per l’Armenia. La firma del patto Russo-Ottomano del 1 gennaio 1918 diede al Pascià Vehib la possibilità di attaccare la nuova Repubblica Federale Democratica Transcaucasica, cui dal 28 maggio succedette la Repubblica Democratica di Armenia.
I nazionalisti turchi combatterono contro gli armeni con la giustificazione che questi ultimi avevano commesso crimini di guerra contro le popolazioni turche delle province ottomane. Ebbe così inizio la Guerra Turco-Armena. Sotto la forte pressione di Ottomani e truppe curde irregolari, la Repubblica di Armenia dovette ritirarsi da Erzincan fino a Erzurum. A sud-est, nel Van, gli armeni resistettero ai turchi fino all’aprile 1918, ma furono costretti ad evacuare e ritirarsi in Persia. Quando i tatari azerbaigiani si affiancarono ai turchi e interruppero le linee di comunicazione, tagliarono fuori il Consiglio Nazionale Armeno di Baku ed Erevan dal Consiglio di Tiflis. Fra i due fronti, i ribelli islamici azeri rovesciarono Shaumyan e dichiararono una Repubblica Transcaucasica indipendente dalla Russia.
Il Trattato di Sèvres (10 agosto 1920) tutelava la Repubblica Democratica e si impegnava ad unirvi i territori dell’Armenia Ottomana. Tuttavia, il Trattato fu respinto dal movimento nazionale turco, guidato dal generale Mustafa Kemal, il quale rovesciò il sultanato ottomano multi-etnico di Istanbul proclamando una repubblica nazionale laica con capitale Ankara. La Guerra Turco-Armena si concluse con il Trattato di Alessandropoli (2 dicembre 1920), l’odierna Gyumri, che sancì la vittoria turca e l’annullamento delle concessioni di Sèvres. Immediatamente dopo, il 29 novembre, l’11° Armata Sovietica entrò in Armenia e il 4 dicembre 2020 prese Erevan, ponendo fine alla Repubblica Democratica.
L’Armenia fu incorporata nell’Unione Sovietica il 4 marzo 1922 come parte della Repubblica Socialista Sovietica Federativa Transcaucasica, che comprendeva anche Georgia e Azerbaijan. Subito dopo, il Trattato di Alessandropoli fu sostituito dal Trattato di Kars (11 settembre 1922), in cui la Turchia cedeva alla Russia l’Agiaria georgiana, con il porto di Batumi, in cambio delle città russo-armene di Kars, Ardahan e Iğdır.
L’Armenia Sovietica partecipò alla Grande Guerra Patriottica (Seconda Guerra Mondiale) inviando centinaia di migliaia di soldati al fronte per difendere la Madrepatria sovietica. L’Armenia beneficiò ampiamente del sistema economico sovietico, così villaggi di provincia divennero gradualmente città.
Alla fine degli anni Ottanta, con il progressivo indebolimento del sistema politico sovietico, si manifestarono tensioni sia all’interno della repubblica che con la vicina Repubblica Socialista Sovietica Azera con la quale era da decenni aperto il contenzioso sulla regione del Nagorno Karabakh. All’epoca vivevano in Armenia circa 80 mila azeri mentre circa 400 mila erano gli armeni nella vicina repubblica. I Pogrom di Sumgait a danno della minoranza armena della città aprirono una stagione di scontri etnici che culminò nel 1992 con la Guerra del Nagorno Karabakh.
Nel frattempo l’Armenia fu colpita il 7 dicembre 1988 da un violentissimo terremoto che provocò decine di migliaia di vittime.
L’Armenia dichiarò la sua indipendenza dall’Unione Sovietica il 21 settembre 1991. In ottobre di quello stesso anno venne eletto presidente della nuova Repubblica Levon A. Ter-Petrosian, che precedentemente era stato a capo dell’ex Soviet supremo dell’Armenia. Nel 1992 l’Armenia entrò a far parte dell’ONU.

In rosso sulla cartina, l’Armenia attuale
Nel 1996 Ter-Petrosian fu rieletto per un secondo mandato ma, dimessosi nel 1998, il potere passò a Ṙobert K’očaryan sotto la cui presidenza le condizioni di vita degli armeni migliorarono gradualmente. I leader del successivo decennio sono stati Serž Azati Sargsyan, Presidente dell’Armenia dall’aprile 2008 all’aprile 2018 e Nikol Pashinyan, Primo Ministro in carica.
L’attuale Armenia confina con la Turchia a ovest, la Georgia a nord, l’Azerbaigian e la repubblica de facto dell’Artsakh (già Nagorno Karabakh) a est, l’Iran e l’exclave azera del Naxçıvan a sud. È quindi uno Stato senza sbocco al mare.
L’Armenia è un territorio prevalentemente montuoso, senza sbocchi sul mare, ricco di vulcani spenti, risultato di un sollevamento della crosta terrestre avvenuto venticinque milioni di anni fa che ha creato l’altopiano armeno e la catena del Caucaso Minore che si estende dal nord dell’Armenia verso sud-est, tra il Lago Sevan e l’Azerbaigian, fino al confine con l’Iran. L’Armenia si trova quindi nel cuore di un’area ad alto rischio sismico.
La popolazione secondo i dati relativi al luglio 2005 era di 2.982.904 abitanti. La popolazione è composta per la maggior parte di armeni che costituiscono (censimento del 2001) il 97,9% della popolazione; il resto comprende curdi (1,3%), russi (0,5%). Il principale fenomeno demografico che caratterizza l’Armenia è l’emigrazione. Alcune stime contano 8 milioni di armeni residenti all’estero, soprattutto in Francia e negli Stati Uniti.
La lingua ufficiale è l’armeno, anche se la quasi totalità della popolazione armena parla come seconda lingua il russo.
L’Armenia è un paese a maggioranza cristiana. La Chiesa armena vanta una tradizione antichissima, che risale al III secolo d.C. (l’Armenia è considerata la prima nazione al mondo ad aver adottato, nel 301, il cristianesimo come religione ufficiale). La Chiesa Apostolica Armena professa un cristianesimo di tipo orientale. Fortemente conservatrice e ritualistica, la Chiesa armena è per questo vicina a quella copta, a quella ortodossa siriaca e a quella Ortodossa in generale.
L’Armenia è una repubblica parlamentare.
In passato, secondo la costituzione del 2005, l’Armenia era una repubblica semipresidenziale. Il presidente della Repubblica era eletto direttamente dal popolo per un mandato quinquennale. Benché il presidente avesse forti poteri, il primo ministro doveva godere della fiducia del Parlamento.
A seguito dell’approvazione del referendum costituzionale del 2015, sono state introdotte alcune modiche alla Costituzione dell’Armenia, con efficacia a partire dalle successive tornate elettorali del 2017 e 2018: l’ordinamento statuale è mutato dal sistema semipresidenziale al sistema parlamentare, con elezione parlamentare del presidente della Repubblica (che non deve appartenere ad alcun partito politico), il cui mandato è stato prolungato da 5 a 7 anni, e il numero dei seggi parlamentari è stato ridotto da 131 a 101.
Nell’ottobre 2014 è entrata a far parte dell’Unione economica eurasiatica, che comprende Federazione Russa, Kazakistan, Bielorussia, Armenia, Kirghizistan. L’Unione eurasiatica nell’ottobre del 2019 ha anche stipulato un accordo di libero scambio con la Serbia.
Il settore primario occupa il 40% della popolazione. Si coltivano principalmente frumento, orzo, mais, patate, tabacco, ortaggi, vite e frutta. Il latte di pecora dà il famoso motal. L’Armenia è comunque costretta a importare grandi quantità di generi alimentari perché la produzione locale non è in grado di soddisfare il fabbisogno del paese. Importante è anche l’estrazione di oro, rame, zinco, ferro, argento e gas naturale.
L’Armenia è un paese altamente industrializzato. Il settore industriale è quello che conta in assoluto più addetti al lavoro. Hanno una particolare importanza le industrie di genere alimentare, cartaria, meccanica, elettrica, tessile, chimica, della gomma, del cemento e del tabacco.
Luca D’Agostini
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Fonti
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