Sul sito del Ministero della Difesa della Federazione Russa, si legge: «Quando la nostra gente è stata posta di fronte alla prova più dura, ha accettato di affrontarla, ispirata dalle vittorie dei nostri antenati, arricchita dall’esperienza di combattimento, dalla perseveranza e dal coraggio. Ecco perché Hitler non è stato in grado di battere la Russia e nessun altro potrà mai farlo. Quando iniziò la Grande Guerra Patriottica, non solo uomini e donne adulti entrarono in battaglia. Migliaia di ragazzi e ragazze accorsero in difesa della madrepatria. Spesso effettuavano azioni ed imprese che andavano anche oltre le possibilità di uomini adulti. Il loro comportamento dimostrò responsabilità per il destino del Paese? Hanno compiuto una vera impresa e noi dobbiamo ricordare sempre i loro nomi«.1
In questo articolo affronteremo la storia di tre bambini che sacrificarono la loro vita per difendere la loro Patria. Nessuno in Russia ha mai dimenticato e mai dimenticherà il loro sacrificio.
I loro nomi erano: Albert Kupsha, Marks Krotov, Nikolaj Rizhov. Purtroppo della loro infanzia sappiamo molto poco.

Albert Kupsha
Albert Kupsha nacque nel villaggio di Smirdinja, nel distretto di Tosno, regione di Leningrado. Fin da piccolo, era un bambino aperto e amichevole, sempre pronto ad aiutare amici e parenti. Era uno studente eccellente in tutte le materie scolastiche. Amava leggere e spesso lo si notava con un libro in mano. Dopo la scuola, spesso si tratteneva per un po’ di tempo in biblioteca. Quando non era a scuola ed in biblioteca, si recava nei campi ad aiutare gli adulti che lavoravano.
All’inizio della guerra il piccolo Albert Kupsha divenne uno dei primi pionieri che iniziò ciecamente ad aiutare i partigiani nella guerra contro gli invasori. Quando il movimento di guerriglia sorse per la prima volta nel distretto di Tosno, il giovane eroe fu il primo di tutti i pionieri che accettarono di aiutare i partigiani. Una volta iniziata la sua attività convinse i suoi amici Marks Krotov e Nikolaj Rizhov ad unirsi a lui come pionieri aiutando i partigiani nella guerra contro i nazisti.
Marks Krotov aveva un nome impegnativo. Infatti genitori gli diedero il nome in onore di Karl Marks (Karl Marx). Marks Krotov era un bambino molto magro. I suoi genitori ebbero 6 figli e Marks era il più piccolo. Il suo compito in famiglia era di tagliare la legna da ardere e portare l’acqua in casa. Quando iniziò la guerra, suo padre e sua sorella maggiore furono arruolati ed inviati al fronte.
Marks fu convinto dal suo amico coetaneo Albert Kupsha ad entrare a far parte dei pionieri e di aiutare i partigiani.

Marks Krotov
I tre ragazzi spesso si allontanavano da casa per qualche giorno ed andavano ad aiutare i partigiani che si nascondevano nella foresta circostante il loro villaggio.
Un giorno si svolse una battaglia aerea sopra il loro villaggio. Gli abitanti erano tutti nascosti in casa. Ad un certo punto si accorsero che un aereo stava precipitando in fiamme non molto lontano dalle loro case. Erano tutti impauriti e non volevano uscire fuori. Marks Krotov rivolgendosi ai due suoi amici disse: «E’ uno dei nostri. Bisogna andarlo a salvare«. I tre ragazzi accorsero sul luogo ma l’aereo era tutto bruciato ed il pilota sovietico era già morto. I ragazzi presero i documenti del pilota ed una lettera che aveva con sé e scritta per la madre. Seppellirono in un luogo nascosto il corpo del pilota e con l’aiuto dei partigiani riuscirono a far giungere alla madre del pilota, i documenti del figlio e la lettera che lui le aveva scritto.
Ma la loro impresa principale fu realizzata la notte di Capodanno del 1942. I partigiani avevano individuato un prato dove i tedeschi avevano disposto i loro aerei e dal quale riuscivano a farli decollare e atterrare. Per proteggere gli aerei mentre erano a terra, i tedeschi impiegavano della vegetazione per ricoprire i velivoli e renderli invisibili ai bombardieri sovietici. seguendo le istruzioni del comandante locale dei partigiani, i tre ragazzi di notte avrebbero dovuto accendere delle torce di fuoco nei pressi del prato dove si trovavano gli aeromobili tedeschi, indicando così il bersaglio ai bombardieri sovietici che d’accordo con i partigiani avrebbero volato per effettuare la missione di bombardamento. L’operazione riuscì benissimo e tutti gli aerei tedeschi furono distrutti. I partigiani sovietici attaccarono l’aerodromo nazista subito dopo il bombardamento. Uccisero tutti i soldati nazisti, catturano un ufficiale, si impossessarono di cavalli, cibo e armi.
In relazione agli avvenimenti di quella notte, la madre di Marks Krotov, dopo la guerra raccontò: «La notte del nuovo anno i tre ragazzi si coprirono gli abiti con camici bianchi ricavati dai lenzuoli, presero degli zaini, le torce e gli sci e si allontanarono da casa. Io non riuscii ad andare a dormire. Ero molto preoccupata. Non sapevo cosa facessero. Più tardi, durante la notte in tutto il villaggio udimmo una lunga serie di forti esplosioni e tutti capimmo che provenivano dall’improvvisato aerodromo nazista. Capimmo che era stato bombardato.
Mi rannicchiai seduta vicino lo stipite della porta d’ingresso in attesa di mio figlio. Quando più tardi tornò a casa mi disse: «Non preoccuparti mamma, sono i nostri che hanno bombardato. Non avevo mai visto mio figlio così eccitato. I suoi occhi brillavano.
Nei giorni successivi la Gestapo decise di vendicare quanto accaduto. Capirono che nel villaggio qualcuno sapeva qualcosa. Per scoprire ciò, inviarono nel villaggio una spia di madrelingua russa, il quale camuffandosi da soldato dell’Armata Rossa mal conciato ed in cerca di aiuto, chiedeva assistenza alla popolazione del villaggio e chiedeva ad ognuno dei membri del villaggio se sapessero come raggiungere i partigiani. I grandi difficilmente rispondevano a queste domande e quindi di solito venivano poste a bambini piccoli i quali inizialmente riuscivano a rispettare le indicazioni dei loro genitori, ma se abilmente pressati alcuni di loro davano le informazioni che il finto soldato dell’Armata Rossa richiedeva. Così, dopo alcuni giorni in cui la spia si era stabilita nel villaggio, fu proprio un bambino con il quale prese confidenza a svelare che se avesse voluto raggiungere i partigiani avrebbe dovuto chiedere ad Albert Kupsha, Marks Krotov, Nikolaj Rizhov.
Una vola ottenuta l’informazione, giunse subito la Gestapo la quale Iniziò ad effettuare gli arresti nel villaggio, tra i quali anche i tre ragazzi. Due giorni dopo, agenti della Gestapo entrarono in casa della madre di Marks Krotov e gli dissero: «Sei la madre di un partigiano!». Iniziarono a perquisire la casa e trovarono appoggiati in un angolo vicino l’albero di Natale, lo zaino, il lenzuolo bianco utilizzato come camice, gli sci ed una lanterna. Presero tutto ed andarono via.
Pochi giorni dopo, Nikolaj Rizhov fu portato nella sua casa dagli agenti della Gestapo e picchiato violentemente di fronte ai propri genitori. Dopo averlo pestato, gli agenti della Gestapo lo riportarono via. Uscì dalla propria casa che era di colore blu.
I tre ragazzi vennero interrogati e torturati per 12 giorni, nella speranza di ottenere informazioni riguardo i partigiani nascosti nella foresta. Poi il 7 febbraio 1942, sulla riva del Lago Bianco, Albert Kupsha e Marks Krotov furono fucilati, mentre Nikolaj Rizhov fu impiccato. Due settimane dopo i cadaveri dei tre bambini furono appesi dai nazisti a tre alberi diversi siti nella piazza al centro del villaggio. Apposero al collo di ognuno di loro la scritta «Assistenti dei partigiani». Imposero il divieto di rimuovere i corpi, che dovevano rimanere appesi per intimidire tutto il resto degli abitanti del villaggio.
Nel luogo dove furono giustiziati tre bambini eroi, oggi è posto un monumento alla loro memoria.
Luca D’Agostini
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