L’utilizzo di notizie ed immagini fortemente emotive, al fine di dirottare l’opinione pubblica verso obiettivi desiderati, è un elemento caratteristico di una delle più antiche attività del mondo: la propaganda. Ovviamente, questa si è evoluta nel corso dei secoli, adattandosi ai nuovi sistemi di comunicazione, cambiandone anche le finalità. Se nell’antichità, attraverso la propaganda culturale sviluppata mediante opere letterarie, dipinti e sculture, si esaltavano le gesta di condottieri e comandanti, in epoca moderna la propaganda è divenuto uno strumento di manipolazione dell’informazione. Quando ci sono in ballo interessi geopolitici, spesso la propaganda prende addirittura il posto dell’informazione.
I media occidentali hanno ripetuto con frequenza e soddisfazione che sia la Mogherini, che i governi inglesi e francesi, hanno chiesto all’ONU di incriminare la Russia per i bombardamenti su Aleppo, i quali secondo loro avrebbero causato enormi distruzioni e tantissimi morti, tra i quali sempre gli immancabili bambini, anzi quasi tutti bambini. Infatti, poiché nessun essere umano normale può accettare di vedere soffrire i bambini, essi risultano di conseguenza ottimi soggetti per la propaganda di guerra. In modo viscido e meschino, con un tale falsità ripugnante, di tanto in tanto si utilizzano immagini di bambini emaciati da affiancare ad una narrazione fraudolenta per sensibilizzare l’opinione pubblica contro i «cattivissimi e crudeli» russi ed «il dittatore sanguinario» Assad.
La produzione di questi filmati falsi ed artefatti sta divenendo così frequente che il 20 dicembre 2016, il quotidiano britannico online «The Independent» sul suo sito ha pubblicato la notizia dell’arresto effettuato da parte della polizia egiziana nei confronti di un gruppo di cinque fotografi a Port Said, colpevoli di aver realizzato un falso reportage su Aleppo. A renderlo noto, come spiega The Independent, è stato il Ministro degli Interni Egiziano. Il sedicente reporter, i suoi assistenti, e i genitori dei due bambini che appaiono nel filmato, sono stati arrestati dalla polizia che ha colto in fragrante la troupe mentre girava il video presso un cantiere di una casa in demolizione. Il team ha ammesso alle forze dell’ordine di aver pianificato la distribuzione del lavoro sui social network, mostrando scene strappalacrime di bambini feriti e di ordinaria distruzione da collegare poi agli avvenimenti in corso ad Aleppo.1
Nel video pubblicato dal Ministero degli Interni, un bambino di 12 anni racconta la difficile vita sotto le bombe sganciate dall’aeronautica siriana e russa. Ma ciò che ha attirato l’attenzione della polizia in pattugliamento nella zona scelta come set cinematografico, è stata una bambina di otto anni che indossava un abito bianco e bende coperte da macchie rosse che sembravano sangue mentre teneva in mano un orsacchiotto. I poliziotti hanno poi scoperto che la bambina stava bene e che le ferite erano frutto di trucchi scenici. Da lì sono immediatamente scattate le manette per la troupe ed i genitori della bambina.2

La ridicola messa in scena scoperta dalla polizia egiziana
Ciò che però è veramente curioso è come ad Aleppo est vi sia stata questa alta concentrazione di casi strappalacrime. A voler essere del tutto ingenui occorrerebbe credere che a Mosul così come nello Yemen non vi siano telefoni cellulari in grado di fare foto ed inviarle a qualche appartamento sparso per l’Inghilterra, non vi siano pagliacci in grado di recitare, né provetti soccorritori anche senza il casco bianco, né bambine prodigio con la fissa di Twitter ed in grado di avere un collegamento internet a disposizione anche quando a causa dei bombardamenti questo è del tutto assente. Nessuno, insomma, di cui valga la pena di preoccuparsi.
Ma dato che ingenui è preferibile non esserlo, vale la pena di soffermarsi sull’analisi di una fake news che ha visto come teatro la città di Aleppo. Chissà quanti di voi avranno visto la seguente immagine.
Atroce e commovente, vero? Questa foto, «scattata da chissà quale bravo e pronto reporter di guerra», venne utilizzata in un tweet diffuso dai jihadisti sostenuti dall’Occidente che raccontava di una bambina siriana che correva e scappava per sopravvivere, dopo che tutta la sua famiglia era stata trucidata dai bombardamenti russi, con tanto di hashtag » Save_Aleppo», diventato subito virale. Come potete leggere nell’immagine seguente, chi l’ha postato scriveva che «non è Hollywood ma è la realtà in Siria«.
Peccato sia a tutti gli effetti uno scatto falso, giacché si tratta, in realtà, del fotomontaggio (vedi immagini seguenti) di una immagine ripescata da un videoclip del 2014 della cantante libanese Hiba Tawaji, nella sua canzone intitolata «Al Rabih Al Arabi«, che con Aleppo non c’entra evidentemente nulla.3 4
Di seguito, per chi lo volesse vedere interamente, vi riporto il link della canzone «Al Rabih Al Arabi» della cantante libanese Hiba Tawaji, pubblicato sul proprio canale ufficiale YouTube. Dal minuto 3:45 inizia la scena della bambina che corre.
Luca D’Agostini
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Fonti
(1) The Independent
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