La propaganda dei governi occidentali mira da sempre ad ingannare la propria opinione pubblica, al fine subdolo di manipolarla. Come analizzeremo in questo articolo, nel dicembre 1914, tale propaganda toccò uno dei suoi livelli più alti con la pubblicazione a Londra del Rapporto Bryce sui crimini di guerra tedeschi, che fu tradotto in trenta lingue, anche grazie a veementi promotori come lo scrittore Arthur Conan Doyle, il creatore di Sherlock Holmes.
Oggi, generalmente, la «veridicità» della notizia è dichiarata dai mass-media e dai suoi ineffabili corrispondenti di guerra i quali, molto spesso, dopo aver diffuso evidentissimi falsi – ad esempio, le fosse comuni di Gheddafi, le armi chimiche di Saddam Hussein, le armi chimiche usate da Assad – quando questi falsi vengono universalmente riconosciuti come tali, per garantirsi una verginità, dichiarano di essere stati ingannati.
Cento anni fa l’autorevolezza della notizia fu garantita dal ponderoso Rapporto Bryce, redatto nel dicembre 1914 dal Comitato di indagine sulle atrocità in Belgio, istituito dal Primo Ministro Britannico Herbert Asquith e diretto dal visconte Lord James Bryce. Secondo il Rapporto Bryce l’esercito tedesco aveva violentato migliaia di donne in Belgio, crocifisso, impalato, accecato e sgozzato migliaia di civili e soprattutto mozzato le mani ai bambini, e pertanto l’armata britannica lottava contro la barbarie. Il «Financial Times» addirittura pubblicava resoconti secondo i quali lo stesso Kaiser avrebbe ordinato di torturare bambini di tre anni e avrebbe personalmente specificato quali torture dovessero essere eseguite.
Un anonimo sacerdote belga raccontò che durante una predica incontrò un bambino che lo aveva avvicinato per chiedergli quale preghiera innalzare a Gesù per fargli crescere le mani mozzate dai tedeschi.
Nel frattempo si diffuse la notizia che una bambina di 6 anni con le mani mozzate aveva composto questa straziante preghiera: «Signore non ho più le mani. Un crudele soldato tedesco me le ha prese, dicendo che i bambini belgi e francesi non hanno diritto ad avere le mani; che questo diritto lo hanno solo i bambini dei tedeschi. E me le ha tagliate. E mi ha fatto molto male. Ma il soldato rideva e diceva che i bambini che non sono tedeschi non sanno soffrire. Da quel giorno, Signore, la mamma è diventata pazza ed io sono sola. Il babbo è stato portato via dai soldati tedeschi il primo giorno di guerra. Non ha mai scritto. Certamente, lo avranno fucilato.»
In Italia il Corriere della sera ed Il Messaggero stamparono un’edizione popolare del Rapporto Bryce arricchita con varie illustrazioni. Da qui il libro di Achille De Marco «Sangue belga» che descriveva, con una fantasia davvero perversa, tutta una serie di mutilazioni tra cui «bimbe mutilate dei piedi e obbligate a correre sui moncherini per il passatempo spirituale della soldataglia tedesca», anche se questo episodio non era riportato nel Rapporto Bryce che il De Marco assicurava essere la fonte del suo libro.
Innumerevoli sono state poi le raffigurazioni attestanti le atrocità riportate nel Rapporto. Soprattutto cartoline illustrate a colori; le più famose quelle commissionate dallo Stato maggiore francese al disegnatore Francisque Poulbot: si stima che la serie più famosa delle sue cartoline sia stata stampata in un milione di copie. (1)
È stato scoperto alla fine della prima guerra mondiale che l’intera relazione era una bufala, composta di false testimonianze con l’aiuto di giornalisti. (2) L’inattendibilità del Rapporto Bryce non significa, certo, che non vi furono esecuzioni sommarie, o altri crimini, commessi dalle truppe di occupazione tedesche. Esecuzioni dettate anche dalla psicosi imperante tra le truppe tedesche che vedevano nelle numerose feritoie che costellavano i muri delle case belghe (in realtà «fori in muratura» destinati a fissare le impalcature per gli imbianchini delle facciate) una postazione per cecchini. Psicosi, tra l’altro, istituzionalizzata da autorevoli opinionisti tedeschi come il professore universitario B. Händecke che sul quotidiano Nationale Rundschau spiegava che la crudeltà belga era già iscritta nell’arte fiamminga. (1)
Ma la menzogna ebbe comunque un impatto enorme su un opinione pubblica fino a quel momento riluttante verso la prospettiva di una entrata in guerra. Il giornalista Alessandro Curzi ricordava come suo padre, socialista e da sempre contrario alla guerra, nel 1915 divenne interventista, quando apprese dai giornali questa notizia.
Finita la prima guerra mondiale, i documenti originali delle deposizioni dei presunti testimoni belgi (tutti anonimi) che costituivano il Rapporto Bryce rimasero secretati. Alcuni ricercatori, tra cui Arthur Ponsonby e Fernand van Langenhove, ripercorsero le aree del Belgio menzionate nel Rapporto Bryce come teatro degli efferati crimini commessi dai tedeschi, mossi anche dalla curiosità di sapere come avessero fatto i membri della commissione di indagine coordinata da Bryce a gironzolare in un Belgio occupato dall’esercito tedesco e ad incontrare così tante persone disposte a testimoniare. Ma non trovarono alcuna conferma di questi supposti episodi.
Francesco Saverio Nitti, già ministro durante la guerra ed in seguito, Presidente del Consiglio Italiano dichiarò: «Abbiamo sentito raccontare la storia dei piccoli infanti belgi ai quali gli unni avevano mozzato le mani. Dopo la guerra, un ricco americano, scosso dalla propaganda francese, inviò in Belgio un emissario per provvedere al mantenimento dei bambini cui erano state tagliate le povere manine. Non riuscì ad incontrarne nemmeno uno. Mister Lloyd George e io stesso, quando ero capo del Governo Italiano, abbiamo fatto eseguire delle minuziose ricerche per verificare la veridicità di queste accuse, nelle quali, in certi casi, si specificavano nomi e luoghi. Fu rilevato che tutti i casi oggetto delle nostre ricerche, erano stati inventati.» (1)
Nel febbraio del 1938, il diplomatico britannico Harold Nicolson, nel Parlamento Britannico ammise che nella prima guerra mondiale «abbiamo maledettamente mentito», che tali menzogne avevano nuociuto alla Gran Bretagna e che sperava di non rivedere mai più una simile propaganda.
La leggenda dei bambini con le mani mozzate ed il suo enorme impatto sull’opinione pubblica, merita di essere ricordata per comprendere come i governi occidentali costruiscano una falsa notizia e con la complicità dei media imbastiscano una gigantesca campagna mediatica al fine di influenzare le loro opinioni pubbliche. Ancora oggi infatti, innumerevoli, illogiche, menzogne di guerra contro il nemico di turno (basti pensare ai cecchini di Assad che sparano sulle donne incinte), vengono prese per buone da gran parte dell’opinione pubblica.
Purtroppo la responsabilità dei media è enorme. Si definiscono giornalisti, ma in ambito di politica internazionale di giornalisti ve ne sono sempre meno. Vi è una lunga schiera invece di individui senza cognizioni di geopolitica, i quali scrivono o riferiscono quanto gli viene somministrato dai governi dei loro Paesi. Tutto questo senza alcuna etica, senza alcun rimorso. Tanto quello che conta è lo stipendio e la carriera. Carriera costruita non solo sulla diffusione di menzogne, ma anche sull’omissione della verità. Nel caso specifico di questo articolo abbiamo assistito a una lunga schiera di giornalisti occidentali impegnati nel diffondere le falsità del Rapporto Bryce, dediti a far scandalizzare quanto più possibile l’opinione pubblica per una menzogna sulle mani mozzate ai bambini belgi. Ebbene, purtroppo non abbiamo potuto assistere ad una altrettanto lunga schiera di giornalisti impegnati a denunciare e diffondere questo:
Vi starete chiedendo cosa rappresenta questa fotografia. Ebbene è una foto vera e che fa male vedere. Congo belga, anno 1904, dieci anni prima di quella buffonata del Rapporto Bryce: un uomo di nome Nsala è seduto mentre fissa il piede e la mano di sua figlia di 5 anni di nome Boali, tagliati dai coloni belgi perchè non aveva raccolto abbastanza caucciù. Come punizione, le truppe belghe amputarono la mano e il piede di sua figlia e dopo la uccisero. Ma, non contenti, uccisero anche la moglie di Nsala. Forse però nemmeno questo sembrava una punizione appropriata, quindi cannibalizzarono i corpi della moglie e della figlia di Nsala, portando all’uomo i resti della figlioletta.
La foto storica è stata scattata da Alice Seeley Harris, una missionaria (non una giornalista) che ha fotografato e denunciato gli abusi in Congo.
Lo so, vi chiedo scusa! E’ una foto che non si riesce nemmeno a guardare ma testimonia una delle tante mutilazioni inflitte dai Paesi occidentali in Congo ed in tante altre parti dell’Africa. Ma in questi casi non vi sono stati giornalisti pronti ad influenzare le proprie opinioni pubbliche mostrando queste atrocità e tali omissioni, hanno il sapore della complicità.
Luca D’Agostini
Lascia un commento
Fonti
(1) Rapporto Bryce
Вы должны авторизоваться чтобы опубликовать комментарий.