Ieri gli sceriffi del mondo hanno commesso ancora una volta un crimine di stato, uno dei tanti tristemente collezionati nella loro storia politica internazionale.
L’omicidio del generale Soleimani rappresenta un chiaro ed evidente atto di terrorismo, ma i politici e i media occidentali con le loro meschine affermazioni perpetuano nell’operazione di inganno e manipolazione delle loro opinioni pubbliche. La stragrande maggioranza dei politici occidentali non ha nessuna competenza in temi di geopolitica, la loro agenda su questo delicato tema è dettata esclusivamente dalle loro agenzie di intelligence, per quanto concerne invece i media, ebbene gli editori sono (escluse poche eccezioni) generalmente «ammaestrati» e legati a doppio filo con il potere politico, economico e finanziario occidentale.
Molti paesi occidentali non dispongono neanche di una loro politica estera autonoma. Seguono pedissequamente e con la testa china le orme impresse sul terreno dalla politica estera statunitense. I presidenti degli Stati Uniti per giustificare le loro scellerate menzogne raccontano sempre la stessa storia: diranno che la nazione è in pericolo, che sono in gioco la libertà e la democrazia, che pertanto devono essere inviati in giro per il mondo navi e aerei militari per distruggere il loro nuovo nemico e purtroppo un’opinione pubblica occidentale ignorante in materia geopolitica non avrà alcun motivo per non credergli. Benché indubbiamente alcuni provino piacere nell’essere continuamente ingannati, chi non vuole tenere la testa china dovrebbe farsi carico, come dovere civile, della responsabilità di venire in aiuto dei propri concittadini contro la mendacia dei governanti occidentali.
Per prima cosa bisognerebbe smettere di credere che gli Stati Uniti siano il centro dell’universo, siano eccezionalmente virtuosi, degni di ammirazione, superiori. Un’attenta lettura della storia svelerebbe in contrario. Questa considerazione spaventa molto l’opinione pubblica occidentale, poiché va contro qualsiasi cosa abbia fino ad oggi creduto.
La convinzione profondamente radicata in Occidente che gli Stati Uniti siano una nazione così particolarmente virtuosa è alimentata dai media occidentali, dai programmi scolastici che raccontano una storia di comodo, dai riferimenti «culturali» basati esclusivamente su serie TV, film e musica proveniente dagli Stati Uniti, dalla continua influenza nelle proprie lingue nazionali di termini in lingua inglese.
Il fine dei governi occidentali è indottrinare un’opinione pubblica estremamente impegnata con il sopravvivere quotidiano, cosicché quando ogni individuo avrà un minuto, e non più, di tempo per la valutazione di ciò che accade nel mondo, avrà già instillata dentro sé la profonda convinzione che gli Stati Uniti siano dotati di qualità uniche, che li rendono moralmente superiori a ogni altra nazione della Terra. Sarà quindi improbabile che in quel minuto di tempo impiegato per guardare fuori casa propria, un cittadino occidentale possa dubitare del Presidente degli Stati Uniti d’America, ogniqualvolta costui afferma che è necessario inviare qua e là le truppe statunitensi e quelle della NATO, oppure che è necessario bombardare anche le popolazioni civili e commettere attentati di stato al fine di estendere il più possibile i loro pseudo valori: la democrazia, la libertà, e non dimentichiamolo, soprattutto le aziende statunitensi.
Allora, per non cadere continuamente in questo inganno, diviene necessario affrontare alcuni fatti che contraddicono l’idea degli Stati Uniti quale nazione eccezionalmente virtuosa. Questi fatti sono imbarazzanti, ma se vogliamo essere onesti vanno affrontati. Occorre ricordare che la storia statunitense nasce con una lunga storia di pulizia etnica, nel corso della quale milioni di pellerossa furono deportati fuori dalle loro terre attraverso massacri ed evacuazioni forzate. Occorre ricordare che la storia degli Stati Uniti è caratterizzata dallo schiavismo, dalla segregazione e dal razzismo. E’ una storia di conquiste imperiali nei Caraibi e nel Pacifico, con le loro vergognose guerre contro Paesi dieci volte più piccoli di loro: Vietnam, Grenada, Panama, Afghanistan e Iraq. E’ una storia basata su infamie quali il bombardamento di Dresda, il lancio delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki a guerra praticamente già conclusa. Non è una storia della quale andare fieri.
I politici statunitensi e quelli dei paesi occidentali hanno assunta come vera e hanno inculcato nelle teste della loro opinione pubblica la convinzione che, a causa della presunta superiorità morale degli Stati Uniti, questi abbiamo il diritto a dominare il mondo. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, Henry Luce, con l’arroganza tipica del padrone di «Time», di «Life» e di «Fortune», affermò solennemente che questo era «il secolo americano», sostenendo che la vittoria della guerra dava agli Stati Uniti il diritto di «esercitare sul mondo tutta la nostra influenza, per qualsiasi fine riteniamo opportuno e con qualsiasi mezzo riteniamo opportuno».
Su cosa si basa l’idea dell’assurda superiorità morale degli Stati Uniti? Sicuramente non sul loro comportamento con i popoli delle altri parti del mondo. Si basa su come vive bene il popolo degli Stati Uniti? L’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2000 compilò la classifica della performance sanitaria dei diversi paesi e gli Stati Uniti erano al 37° posto, benché la spesa pro capite per la sanità sia la più alta al mondo. In quello che è il più ricco paese del mondo, un bambino su cinque nasce povero. Più di cinquanta paesi hanno una mortalità infantile inferiore a quella statunitense. E sicuramente è un segno di malessere sociale, il fatto che gli Stati Uniti occupino il primo posto per numero di persone detenute: più di due milioni.
Una più attenta e onesta valutazione di chi sono in realtà gli Stati Uniti, preparerebbe meglio l’opinione pubblica occidentale nell’affrontare il prossimo fuoco di fila di bugie, che accompagnerà la prossima proposta di abbattere la forza militare statunitense e della NATO su qualche altra parte del mondo.
Oggi purtroppo siamo di nuovo di fronte a un crimine commesso da bugiardi assassini. Nella notte del 3 gennaio 2020 a Baghdad, il generale del Corpo della Guardia Rivoluzionaria Islamica, Kassem Soleimani, è stato ucciso. Il Pentagono ha confermato che l’operazione è stata decisa personalmente dal presidente Donald Trump.
Marija Zacharova, la portavoce del Ministero degli Esteri della Federazione Russa ha dichiarato: «A parte l’escalation della tensione nella regione, che colpirà certamente milioni di persone, questo avventurismo degli Stati Uniti non porterà a nulla«.1
Il Ministero della Difesa della Federazione Russa, in una nota ufficiale ha elogiato i risultati raggiunti dal generale Soleimani nella lotta contro il terrorismo internazionale e ha osservato che «I passi miopi degli Stati Uniti, espressi nell’assassinio del generale Kassem Soleimani, porteranno a una forte escalation della situazione politico-militare nella regione del Medio Oriente«.1
Il Primo Ministro ad interim dell’Iraq, Adel Abd al-Mahdi, ha affermato: «L’omicidio del generale Soleimani e le azioni statunitensi sono un atto di aggressione contro il nostro Paese«.1
Il Ministero degli Esteri libanese in una nota ufficiale ha dichiarato che: «L’omicidio del generale Soleimani e l’operazione statunitense rappresenta una violazione della sovranità irachena, che porta a una pericolosa escalation di tensione«.1
Il Ministero degli Esteri cinese in una nota ufficiale ha dichiarato: «Condanniamo l’omicidio del generale Soleimani e siamo decisamente contrari all’uso della forza nelle relazioni internazionali«.1
Il generale Kassem Soleimani era un abile stratega militare iraniano, l’ideologo della politica estera iraniana. Da molti anni in Iran è un eroe nazionale, mentre nei paesi occidentali è visto come l’incarnazione del male, sostenendo sia stato proprio lui in seguito a una visita a Mosca, a chiedere al presidente Vladimir Putin di intervenire nel conflitto in Siria.
Ma chi era il generale Soleimani?
Il generale Soleimani ha dedicato tutta la sua vita a un obiettivo: la difesa dell’Iran e gli ideali della rivoluzione islamica. Ha svolto un ruolo importante nella diffusione dell’influenza iraniana in Medio Oriente, influenza che sia gli Stati Uniti, l’Arabia Saudita e Israele, i principali oppositori di Teheran nella regione, tentano di frenare. Il generale era la forza trainante delle politiche iraniane volte a creare un’alleanza regionale di stati sciiti. Nei paesi in cui i sunniti ricoprono posizioni di comando, il generale Soleimani è stato considerato il principale nemico.
Il generale Soleimani è riuscito a cambiare l’equilibrio del potere nella guerra siriana a favore di Bashar al-Assad e rafforzare l’influenza dell’Iran sull’Iraq.
In Occidente, era considerato l’incarnazione del male. Gli Stati Uniti lo hanno incluso nella lista dei terroristi internazionali, insieme ad altri funzionari iraniani, accusandolo senza prove, di aver cospirato nell’uccisione dell’ambasciatore dell’Arabia Saudita a Washington nel 2011.
Il generale Soleimani era considerato il più efficace ufficiale dell’intelligence militare iraniana nella regione del Golfo Persico ed era il braccio destro del leader supremo dell’Iran Ali Khamenei.
In Iran è molto amato tanto che nel 2017 è stato fondato un movimento per invitare il generale a candidarsi alla presidenza nelle prossime elezioni.
Soleimani ha l’immenso merito di aver combattuto e vinto la guerra contro i jihadisti dello Stato Islamico (ISIS), l’organizzazione terroristica della quale gli Stati Uniti si sono inizialmente serviti per il perseguimento dei propri interessi geopolitici. Evidentemente questo merito, agli occhi degli arroganti sceriffi del mondo deve essere apparso come una colpa.
La lotta contro lo Stato Islamico (ISIS) ha trasformato il generale Soleimani in uno dei principali attori della geopolitica della regione, tanto che addirittura Tamir Pardo, l’ex capo del Mossad (servizi segreti israeliani) in un’intervista rilasciata al New York Times riferì: «L’influenza di Soleimani si è intensificata da quando le sue truppe hanno sostenuto il presidente siriano Bashar al-Assad nella guerra civile, che è in corso dal 2011, aiutandolo decisamente a sconfiggere lo Stato Islamico«. Nella stesso articolo, un ex alto funzionario iracheno intervistato dal giornale newyorchese dichiarò: «Ci possono essere dieci persone in una stanza, e quando Soleimani entra, non si siede con gli altri. Si siede dall’altra parte della stanza, in silenzio. Non dice nulla, non commenta, si siede e ascolta. E quindi, tutti pensano solo a lui«.2
Il generale Soleimani non alzava mai la voce, il che mostrava il tratto che gli arabi chiamano «Khilib». Combatté duramente con il traffico di droga e la corruzione. Grazie al suo ascetismo, al disprezzo per il lusso e al suo eccellente carisma, intorno a Soleimani si è negli anni creata l’immagine di un guerriero filosofo, che proteggeva la nazione dai nemici.
Kassem Soleimani proveniva da una famiglia modesta. Nacque l’11 marzo 1957 nella provincia di Kerman, nel sud-est dell’Iran. Il suo sogno giovanile di ottenere un’istruzione universitaria non è mai stato realizzato. Un nativo di una povera famiglia di contadini, che possedeva un piccolo appezzamento di terra nella provincia di Kerman, non aveva praticamente alcuna possibilità di salire sulla scala sociale. Un prestito devastante dell’equivalente di circa cento dollari, costituì un pesante fardello per la famiglia di suo padre. Kassem Soleimani nelle sue memorie ha scritto: «Non potevo dormire la notte per la preoccupazione di mio padre«.3 Kassem aveva già tredici anni e da vero uomo decise che era il suo turno di aiutare la famiglia. Così all’età di 13 anni lasciò la casa e i genitori per iniziare a lavorare come manovale in un cantiere edile lontano dalla sua città natale. Nel suo tempo libero praticava lo sport del sollevamento pesi e partecipava ai sermoni di Ali Khamenei, l’attuale leader supremo dell’Iran.2
Il giovane Kassem Soleimani, guadagnava l’equivalente di circa 1,5 dollari al giorno. Con questi soldi si pagava un umile posto letto e il cibo sufficientemente necessario per sopravvivere. Tutto il resto lo metteva da parte per ripagare il debito di suo padre. Quando raggiunse la cifra necessaria partì nuovamente per tornare a casa. Per il viaggio di ritorno, si rivolse a un autista soprannominato «Pahlavan» conosciuto nella palestra dove praticava sollevamento pesi, un uomo di straordinaria forza fisica che, come ricorda Soleimani nelle sue memorie, «poteva sollevare una mucca con la forza delle sue braccia«.3 Durante il viaggio per accompagnarlo a casa, l’autista «Pahlavan» proferì delle parole che rimasero per sempre impresse nell’anima del futuro generale delle Guardie della Rivoluzione Islamica. Pahlavan, rimproverando lo Scià di Persia e il suo governo esclamò: «L’infanzia è necessaria per giocare e non per lavorare come operai e come braccianti in una strana città. Non me ne frega niente della vita che questi politici hanno preparato per noi!«3
Il debito del padre fu pagato, ma Kassem decise di non rimanere a casa e ritornò in città. Lavorò prima nel dipartimento locale di trattamento delle acque, poi come fattorino e poi come assistente a un ingegnere. Iniziò a leggere molti libri e a praticare sempre più assiduamente il sollevamento pesi. Tre quarti del suo stipendio lo inviava ogni mese ai suoi genitori, insieme a lunghe lettere sulle sue idee politiche per una società più giusta.3
Durante la Rivoluzione Islamica nel 1979, all’età di 22 anni, Soleimani iniziò la sua carriera negli ambienti militari e si arruolò immediatamente nel Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche.
Nella guerra Iran-Iraq, durata otto anni — dal 1980 al 1988 — Soleimani emerse come un eroe. Anche allora guidò le operazioni condotte all’estero.
Dal 1998 il generale Soleimani guidò le forze speciali al-Quds. Queste truppe sono incaricate di condurre operazioni speciali al di fuori del Paese, mantenendo contatti con partiti sciiti, movimenti e gruppi armati. Con il suo lavoro il generale Soleimani rafforzò i legami dell’Iran con gli Hezbollah sciiti in Libano, con le fazioni siriane in sostegno del presidente Assad e con gli sciiti in Iraq.
Sotto la sua guida, le truppe di al-Quds hanno notevolmente ampliato la loro influenza nelle sfere dell’intelligence, finanziaria e politica al di fuori dell’Iran.
Nonostante lo scontro ideologico tra Stati Uniti e Iran, in alcuni periodi i due paesi hanno dovuto unirsi per combattere insieme. Nel 2001, l’Iran ha fornito agli Stati Uniti informazioni militari a sostegno dell’invasione per rovesciare i talebani in Afghanistan e nel 2007, Washington e Teheran hanno inviato rappresentanti a Baghdad per gestire il peggioramento della situazione nella regione. Quindi, in sintesi, quando gli ha fatto comodo, gli Stati Uniti si sono serviti dell’operato del generale Soleimani.
Su autorizzazione del governo iracheno, il generale Soleimani da tempo e attualmente si trovava spesso in Iraq per condurre al fianco delle forze irachene l’odierna guerra contro l’ISIS.
In seguito allo scoppio della guerra in Siria nel 2011, il generale Soleimani ordinò ad alcune milizie irachene di difendere il governo di Assad. Si ritiene che quando era in visita ufficiale a Mosca nel 2015, l’influente generale Soleimani chiese al presidente Vladimir Putin di lanciare un attacco contro le forze antigovernative in Siria, quelli che l’Occidente in modo ipocrita e stolto definisce i «ribelli moderati». L’intervento militare russo, attuato in seguito alla richiesta del presidente Bashar al-Assad, che ha cambiato il corso della guerra siriana e creato una nuova alleanza russo-iraniana a sostegno del presidente siriano, ha contribuito nell’attirare contro il generale Soleimani le ostilità dei vigliacchi paesi occidentali.
Mohammed Marandi, capo del Dipartimento di Studi Americani dell’Università di Teheran, ha affermato che il ruolo del generale Soleimani nella vittoria contro l’ISIS in Siria, lo trasforma in un eroe nazionale agli occhi degli iraniani e di altri popoli del Medio Oriente: «Se non fosse stato per lui, questa regione avrebbe visto bandiere nere su tutto il suo territorio«.2
Dopo la sua morte, Ali Khamenei ha dichiarato: «Il martirio è diventato la sua ricompensa per l’attività costante in cui è stato impegnato in tutti questi anni. Anche se ci ha lasciato, per volontà di Allah, il suo lavoro e il suo percorso non si fermeranno. Una terribile vendetta attende i criminali che hanno macchiato le loro mani sporche con il suo sangue e quello di altri martiri la scorsa notte«.2
Uno dei suoi amici, cinque anni fa descrisse il generale Soleimani con queste parole: «Ogni giorno si alza alle quattro del mattino e va a letto alle nove e mezza di sera. Quando ha il tempo di tornare a casa, ama trascorrerlo con la propria famiglia. Rispetta sua moglie e spesso cammina con lei nel parco. Ha tre figli e due figlie, per i quali è un padre severo ma amorevole«.3 Ma la felicità del clima familiare non durava mai a lungo. Guidato dal patriottismo, dal desiderio di indipendenza nazionale e dall’amore per la lotta, ogni volta che le nuvole si addensavano sull’Iran, il generale Soleimani lasciò di nuovo la sua casa. In un’intervista alla TV iraniana, cinque anni fa il generale Soleimani dichiarò: «Di solito, dal punto di vista della gente, il paradiso è un paesaggio colorato mozzafiato, il mormorio di ruscelli, belle donne. Ma per me c’è un altro tipo di paradiso: questo è il campo di battaglia. Il campo di battaglia per il tuo Paese«.3
Addio generale Soleimani, non solo il popolo iraniano non ti dimenticherà, ma ti ringrazieranno e non ti dimenticheranno anche tutti coloro che non hanno il cervello cloroformizzato dalla propaganda occidentale.
Luca D’Agostini
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Fonti
(1) Опасная игра
(2) Касем Сулеймани
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