Questo criminale fu l’architetto di Hitler, ruolo che gli valse l’appellativo di «architetto del diavolo» e ricoprì anche la carica di ministro degli armamenti del Terzo Reich. Coinvolto in tutti gli orrori commessi dai nazisti, dichiarò però di non essersi mai accorto di quanto di mostruoso stesse accadendo. In questo articolo analizzeremo, alla luce delle evidenze emerse in seguito, quanto fossero state meschine ed ipocrite le sue giustificazioni e il suo vittimismo.
Albert Speer nacque a Mannheim il 19 marzo 1905. Avrebbe voluto diventare un matematico ma studiò architettura esortato da suo padre, un ricco architetto di Mannheim. Dopo essersi laureato trovò un impiego come assistente all’università e fu perciò particolarmente fortunato in quanto la maggior parte dei suoi compagni di corso facevano la fila all’ufficio di collocamento. Infatti, in piena depressione i nuovi laureati non avevano alcuna possibilità di trovare lavoro.
Nell’atrio del Politecnico le riunioni politiche erano una consuetudine. L’università era una fortezza dei nazionalsocialisti e nella facoltà di architettura il 66% degli studenti votavano per loro. Nei primi giorni del dicembre 1930 il giornale nazionalsocialista di Berlino «Der Angriff» annunciò che Hitler avrebbe indetto una riunione per gli studenti. Hitler fece la sua apparizione nell’aula magna dell’Università di Berlino la sera del 5 dicembre 1930. Speer era presente ed ascoltò il discorso di Hitler, un discorso basato sull’arte che ammaliò gli studenti presenti, compreso Albert Speer. Queste furono alcune parole del Führer quella sera: «L’uomo non vive di solo pane e non si può immaginare la rinascita del popolo tedesco, senza risollevare anche la cultura tedesca e soprattutto l’arte tedesca«.
Tre mesi più tardi Albert Speer si unì ai nazionalsocialisti e cominciò a lavorare per loro. Fu Goebbels nel 1932 ad assegnargli il suo primo incarico come architetto, incaricandolo di restaurare alcuni ambienti della sede centrale del partito. I lavori svolti da Speer furono in linea con le aspettative di Goebbels, il quale rimase soddisfatto del lavoro svolto.
Ecco l’unica fotografia della cerimonia inaugurale degli ambienti restaurati da Speer, lavori che gli consentirono di farsi conoscere all’interno del Partito Nazionalsocialista.

Speer (al centro in abiti civili e la cravatta nera) e Goebbels (in abiti civili e pantaloni bianchi)
Poco tempo dopo si presentò una grande opportunità per Speer. Ai primi di maggio del 1933 migliaia di persone da tutta la Germania si radunarono al Campo di Tempelhof e alla sua prima riunione di massa il nuovo regime voleva dimostrare la sua potenza. Goebbels conferì ad Albert Speer il compito di progettare la Piazza d’Armi.
Prima di realizzare il lavoro commissionatogli da Goebbels, il giovanissimo Speer rilasciò la sua prima intervista radiofonica: «Faremo in modo che la visita del Führer sia particolarmente impressionante. Abbiamo maturato la convinzione che nel campo lungo quasi mille metri, sarà necessario allestire un punto al centro da dove parlerà il Führer, in modo che il discorso venga percepito anche dalla folla più distante. L’effetto risulterà davvero molto impressionante«.
Goebbels nominò il giovane architetto Direttore Ufficiale dell’Organizzazione artistica delle riunioni di massa. Le costruzioni degli edifici però ancora dominio del professor Paul Ludwig Troost, allora architetto di Hitler. Il Führer ammirava Troost, quest’ultimo invece considerava Hitler come un profano di architettura, mentre Hitler aveva da sempre sognato di diventare architetto. Ecco perchè il Führer aveva necessità di un architetto giovane ed inesperto, qualcuno che avesse potuto plasmare a suo piacimento. Nel gennaio 1934 Troost morì e così Speer divenne a tutti gli effetti l’architetto di Hitler. I suoi progetti, le sue scenografie avevano l’obiettivo di esaltare la figura di Hitler. Speer divenne il regista del regime, l’esteta del nazionalsocialismo. Hitler riversava in Speer moltissima fiducia ed aspettativa.
Albert Speer era una figura diversa rispetto agli altri gerarchi nazisti. Colto, brillante, efficace, moderno, cortese, elegante e con la preferenza di indossare abiti civili, era un uomo che spiccava nella massa dei gerarchi nazisti. Certamente, senza Albert Speer il Reich hitleriano sarebbe crollato molto prima.
Speer a soli trent’anni era già nella cerchia dei fedelissimi di Adolf Hitler. Il Führer gli aveva concesso il privilegio di soggiornare nel Berghof, la casa di Adolf Hitler nell’Obersalzberg delle Alpi Salisburghesi vicino a Berchtesgaden. Hitler dichiarò: «Per Lei e per i Suoi progetti ho sempre tempo!» Tra i gerarchi, nessuna famiglia aveva il privilegio di poter trascorrere così tanto tempo in intimità con Hitler.

Albert Speer e Adolf Hitler nell’Obersalzberg

Adolf Hitler con uno dei figli di Albert Speer nell’Obersalzberg

Adolf Hitler con tre dei sei figli di Albert Speer nell’Obersalzberg
Tra Hitler e Albert Speer c’era un rapporto d’affetto molto particolare. Speer aveva un’adorazione smisurata nei confronti del Führer, e Hitler considerava il giovane architetto come suo figlio. Così, quando erano nella casa di Hitler nell’Obersalzberg, i due erano capaci di stare ore ed ore da soli con la matita in mano a realizzare i loro progetti architettonici.

Albert Speer e Adolf Hitler nell’Obersalzberg
Speer ricevette l’incarico di costruire un nuovo Palazzo della Cancelleria in soli dodici mesi. L’architetto diede prova di grandi doti manageriali e ingaggiò più di 8 mila operai. Due giorni prima della scadenza del termine per la consegna, Speer invitò Hitler per il collaudo dell’edificio. Per la prima volta il Führer definì «geniale» l’attività del suo architetto.
Nel gennaio 1937 Speer fu nominato ispettore generale per l’edilizia. Da allora i suoi poteri furono quasi illimitati ed ebbe l’incarico di trasformare Berlino in una città denominata «Germania», la capitale del mondo secondo i piani di Hitler.
Il 24 giugno 1940 Speer accompagnò Hitler in visita nella Parigi occupata dai nazisti.
Tornato in Germania, Speer si rimise subito al lavoro. Della casa di Hitler nell’Obersalzberg l’architetto chiese notizie per telescrivente sullo sgombero di appartamenti di ebrei a Berlino. Infatti la capitale del mondo doveva essere «Judenfrei«, cioè senza ebrei e per far spazio ai progetti di Speer occorreva demolire edifici ed alloggi. Su disposizione dell’ispettore generale per l’edilizia, furono registrati e sgomberati oltre 23 mila appartamenti di ebrei.
Da tale punto in poi, nel corso di questo articolo, vedremo come seppur Speer abbia sempre negato ogni suo coinvolgimento, in realtà sia stato coinvolto nettamente nei crimini del regime nazista e non sia stato esente da alcuna responsabilità.
Per le prestigiose costruzioni che stava eseguendo a Norimberga, Speer aveva bisogno di pietre. A questo scopo strinse un accordo con il capo delle SS Heinrich Himmler. Nel 1941 Speer chiese che il granito rosso necessario per la realizzazione dello stadio tedesco di Norimberga, fosse preso a Natzweiler, in Alsazia. Così nella cittadina di Natzweiler fu allestito un campo di concentramento («campo di concentramento Natzweiler-Struthof») che altrimenti non sarebbe mai sorto. Nella cava del lager il lavoro era massacrante. Chi non era abituato non resisteva e veniva picchiato oppure buttato da un burrone. Altri prigionieri furono giustiziati dalle SS oppure morirono stremati. In questa cava morirono più di 20 mila prigionieri e la morte di ciascuno di loro avvenne per piena responsabilità di Speer.
Ad inizio del 1942, l’allora ministro degli armamenti e delle munizioni Fritz Todt, cercò insistentemente di convincere Hitler a ritirarsi dall’Unione Sovietica, prospettandogli una disfatta delle armate tedesche e un trionfo dell’Armata Rossa. Hitler non era d’accordo con le valutazioni di Fritz Todt e si rifiutava di ascoltare le tesi e i ragionamenti del suo ministro. L’8 febbraio 1942, subito dopo la conclusione di una concitata riunione con Hitler al quartier generale di Rastenburg, l’aereo su cui Todt si era imbarcato esplose subito dopo il decollo. Albert Speer avrebbe dovuto essere imbarcato sullo stesso aereo, ma stranamente rimase a terra senza motivo e senza preavviso. Appare evidente che Fritz Todt rimase vittima di un attentato di Stato, soprattutto prendendo in considerazione le sue aspre critiche sulla campagna di Russia e il fatto che proprio il «miracolato» Albert Speer assunse la sua carica.

Fritz Todt
Subito dopo la morte del ministro Fritz Todt, al suo posto, alla carica di Ministro degli armamenti e delle munizioni fu nominato il «superstite» Albert Speer. Il 12 febbraio 1942, alla cerimonia funebre di Todt, il suo successore Speer effettuò un ipocrita discorso all’interno del quale disse: «Per quanto grande possa essere il nostro cordoglio per questa perdita, quello del Führer è certamente maggiore. E’ lavorando tutti senza sosta che lo aiuteremo a superare questo dolore. Il buon esito del nostro lavoro è determinante per la vittoria della Germania. Ho giurato al Führer di dedicare tutte le mie forze al raggiungimento di questo obiettivo«.
In brevissimo tempo i rischi catastrofici manifestati da Fritz Todt non tardarono ad avverarsi. Grazie al contributo di tutto il popolo sovietico e all’eroismo dell’Armata Rossa, la guerra lampo in Unione Sovietica auspicata dai nazisti si dimostrò un totale fallimento. La Battaglia di Stalingrado segnò le sorti dell’intera guerra mondiale. Anche se ancora faticavano a rendersene conto, i nazisti ormai avevano perso la loro guerra contro il popolo sovietico.
L’economia di guerra della Germania non era preparata a questo fallimento. Speer cominciò a visitare tutte le fabbriche di armamenti al fine di tenere alto il morale degli operai, ma all’interno del suo ministero era nettamente crescente la diffidenza verso il pupillo di Hitler. Speer divenne frequentemente bersaglio di invidie, malevolenze e intrighi.
Nell’assumere la nuova carica, Speer dichiarò: «È necessario adeguare il Paese all’economia di guerra nel più breve tempo possibile«. Così, il 18 febbraio 1942 convocò a Berlino i grandi magnati dell’Industria e i massimi responsabili nel settore degli armamenti. Il nuovo ministro formulò una richiesta del tutto inaspettata: tutti dovevano firmare una delega che assegnava a Speer la direzione unitaria in materia di armamenti. I partecipanti alla riunione sapevano bene che Speer godeva dell’appoggio incondizionato di Hitler. Si trattava di una sorta di legge delega interna, che col benestare del Führer consegnava nelle mani di Speer ogni competenza relativa al settore degli armamenti. Riguardava l’economia, la produzione e qualunque altro comparto che in qualche modo avesse a che fare con gli armamenti. Questa fu solo una prima parte del processo di concentrazione di poteri che si sarebbe compiuto in modo quasi prepotente nei mesi seguenti.
Il mondo dell’Industria appoggiò i progetti di Speer anche perché il nuovo corso prometteva lauti profitti. Albert Speer dichiarò di confidare sul senso di responsabilità dell’industria, su esperti competenti e su una minore burocrazia. In breve tempo il piccolo Ministero degli armamenti divenne l’apparato centrale per l’economia di guerra, sottraendo competenze anche al potente Hermann Göring, il responsabile del Piano quadriennale dell’economia tedesca.
Fino all’estate del 1942 la produzione di armi crebbe del 60% circa mentre raddoppiò quella delle munizioni. Nel frattempo Speer confidava molto su una rapida fine della guerra, tanto che nell’aprile del 1942 dichiarò: «Dobbiamo vincere la guerra entro la fine di ottobre o l’avremmo perduta definitivamente!«
Invece le sorti della guerra andarono diversamente da quanto auspicato da Speer. Alla fine del 1942 a Stalingrado, la 6° Armata tedesca comandata da Friedrich von Paulus fu letteralmente disintegrata dall’immenso generale Vasilij Ivanovič Čujkov, il comandante della 62° Armata dell’Armata Rossa. Il 2 febbraio 1943, il giorno della definitiva vittoria della Battaglia di Stalingrado, dell’intera armata nazista rimanevano solo alcuni soldati così stremati che speravano di essere fatti prigionieri anziché essere destinati a morire nel mezzo della neve.
L’ostinazione tedesca nell’aver voluto combattere la Battaglia di Stalingrado, rese manifesta la follia e l’incompetenza militare di Hitler e dei suoi più stretti gerarchi. Tra questi anche Albert Speer, il quale si fidò ciecamente dei folli ordini impartiti dal Führer al generale von Paulus, nonostante nella sacca di Stalingrado si trovasse a combattere suo fratello Ernst (Ernst Speer) che scriveva lettere sconvolgenti a casa e che suo fratello Albert certamente aveva letto. Ernst Speer risultò disperso e non tornò mai a casa, come giustamente accadde ad altre centinaia di migliaia di vili invasori della Wehrmacht.
Dopo la disfatta di Stalingrado, per la prima volta Speer mise in dubbio il modo in cui Hitler conduceva la guerra. Non prese le distanze dal regime ma il rapporto con il Führer iniziò a cambiare. Da quel momento Hitler lo trattò in maniera diversa: non era più un rapporto tipo padre figlio, ma un rapporto tipo capo e collaboratore. Speer da quel momento in poi era obbligato a portare i risultati della sua attività politica.
Fu così che Speer si adoperò con determinazione affinché venisse decretata la mobilitazione generale per l’economia di guerra. Diede ordine che i territori occupati fossero saccheggiati e la produzione di armi ulteriormente aumentata. Speer dichiarò: «Sono determinato ad abbassare il tenore di vita del popolo tedesco, anche se questo dovesse portare alla proletarizzazione del Paese«. Da quel momento le donne e gli studenti furono mobilitati in massa per lavorare alla produzione di armi.
Ma giorno dopo giorno, l’Armata Rossa inflisse alla Wehrmacht gravissime perdite. I tedeschi necessitavano di continui rinforzi e così 700 mila operai furono richiamanti alle armi. Per far fronte alla produzione bellica, Speer decise di prelevare la forza lavoro nei territori occupati. Alla fine del 1944 più di 7 milioni di prigionieri erano ridotti in schiavitù e sottoposti ai lavori forzati. Al processo di Norimberga l’ipocrita Speer dichiarò di non essere stato a conoscenza che i lavoratori forzati erano maltrattati e tenuti in schiavitù. Non c’è dubbio che stesse mentendo.
Nel marzo del 1943 Albert Speer visitò il campo di concentramento di Mauthausen, considerato impropriamente come semplice campo di lavoro, fu di fatto, fra tutti i campi nazisti, il solo campo di concentramento classificato di «classe 3» (come campo di punizione e di annientamento attraverso il lavoro). Vi si attuò lo sterminio soprattutto attraverso il lavoro forzato nella vicina cava di granito e la consunzione per denutrizione e stenti, pur essendo presenti anche alcune piccole camere a gas. In totale più di 122 mila persone trovarono la morte durante la guerra a Mauthausen e nei vari sotto-campi del complesso. Prima della fuga, il 4 maggio 1945, le SS tentarono di distruggere le prove dei crimini da loro commessi, e approssimativamente solo 40 mila vittime furono identificate. Anche in riferimento a questa circostanza, al processo di Norimberga Albert Speer dichiarò di non essere stato a conoscenza che vi fossero vittime all’interno del campo di concentramento di Mauthausen. In pratica, l’ipocrita ministro non si accorse che solo nel campo di concentramento da lui visitato furono sterminate oltre 122 mila persone.

Albert Speer in visita al campo di concentramento di Mauthausen
Eppure, dopo la visita l’architetto Speer si lamentò con il capo delle SS Himmler. Infatti un documento firmato da Speer , tuttora esistente e conservato nell’Archivio Militare tedesco, rileva che il ministro trovò gli alloggi dei detenuti troppo spaziosi e suggerì un diverso utilizzo degli spazi, nell’ottica di incrementare il numero dei detenuti nei campi di concentramento al fine di raggiungere il massimo grado di efficienza e produttività dai lavori forzati.
In un altro documento pervenuto intatto fino ai giorni d’oggi si legge: «Il ministro professor Speer ha autorizzato l’ampliamento del complesso di baracche di Auschwitz e ha deliberato lo stanziamento di 13,7 milioni di marchi per la costruzione di un volume edilizio aggiuntivo ad Auschwitz«. Tale relazione era indirizzata ad Himmler da Oswald Pohl, il capo dell’ufficio centrale per l’economia e la pubblica amministrazione. Era datata 16 marzo 1942. Fu in quel periodo che Auschwitz fu convertito da campo di concentramento in campo di sterminio. Nel 1943 Pohl riferì che Speer era stato informato di tutti i dettagli ed aveva autorizzato l’uso dei forni crematori e degli impianti per il trattamento speciale di disinfestazione. Quindi è del tutto evidente che Albert Speer sapeva ed era personalmente coinvolto nello sterminio attuato dai nazisti.
Nel frattempo il matrimonio di Speer entrò in crisi. Lui e sua moglie Margarete avevano sei figli.

Margarete, la moglie di Albert Speer e 4 dei loro 6 figli

Albert Speer con 5 dei suoi 6 figli
Il 6 ottobre 1943 Speer fu invitato al Castello di Posen, in Polonia per un congresso dei funzionari locali del partito nazista. Speer voleva destinare ogni risorsa alla produzione bellica e privò questi funzionari di ogni privilegio. Le riunioni tenutesi al Castello di Posen segnarono la rottura tra Speer e gli amministratori locali. A conclusione del suo discorso Speer dichiarò: «Vi posso assicurare che sono fermamente intenzionato ad imporre l’autorità del Reich con qualunque mezzo!«
Dopo Speer prese la parola Himmler, il tema del suo discorso fu la soluzione finale, lo sterminio del popolo ebraico. Queste le parole di Himmler: «Sto parlando del trasferimento degli ebrei, dell’eliminazione di quella razza. E’ una di quelle cose che vanno dette con chiarezza: il popolo ebraico sarà cancellato!» Nelle sue memorie l’ipocrita Speer affermò di non aver sentito l’intervento di Himmler perché era già in viaggio per raggiungere Berlino. Ma le sue argomentazioni non convincono. Infatti Speer era in quel momento il gerarca nazista più potente del regime. Come poteva ignorare il progetto di sterminio? Inoltre è normale supporre che anche se non fosse stato presente al discorso di Himmler, certamente quel discorso gli fu riferito poiché dal giorno dopo ne parlavano tutti i gerarchi di Hitler.
Nel gennaio del 1944 Speer fu ricoverato nella clinica delle SS a nord di Berlino. Aveva un’infiammazione al ginocchio che gli provocava forti febbri. Per mesi il potente ministro svolse il suo lavoro da un letto dell’ospedale. Il medico curante, un ortopedico, era un amico intimo Himmler che in quel periodo era un suo grande rivale. Speer confidò alla sua segretaria: «Temo che questo medico voglia uccidermi!«
Questa circostanza è emblematica della storia del Reich. E’ infatti evidente quanto fosse pericoloso per un uomo influente come Speer, ammalarsi e stare quindi lontano dal Führer per via del groviglio di intrighi che venivano orditi continuamente da parte dei gerarchi nazisti che approfittavano del momento favorevole per prendere il potere.
L’8 maggio del 1944, Speer riprese pienamente il suo servizio. Tra il giugno e l’agosto del 1944 la Germania registrò livelli record nella produzione di armi. Speer riuscì a incorporare nel suo ministero l’intero settore degli armamenti aerei. Ormai aveva il controllo totale dell’economia. In un discorso del giugno del 1944 tenuto in una fabbrica di Berlino, Speer disse: «La controffensiva delle nostre armi dimostrerà a tutto il mondo, senza ombra di dubbio, che la tecnologia tedesca degli armamenti è nettamente superiore a tutti. Vi assicuro che il nemico dovrà aspettarsi delle sorprese anche in altri campi strategici. E’ possibile che subiremo anche qualche contraccolpo, ma sappiamo che alla fine della guerra, per noi ci sarà la vittoria!«.
Contemporaneamente a questa manifestazione pubblica di ottimismo, Speer però inviava continui memoriali ad Hitler, in cui metteva esplicitamente in guardia il Führer sul collasso economico e sul rischio di sconfitta. Negli anni precedenti Speer discuteva con il Führer dei vari problemi, da questo momento in poi invece cercava di prepararlo tramite i memoriali a quello che gli avrebbe detto verbalmente. Ma la reazione che quei memoriali producevano era sempre quella contraria a quella auspicata da Speer.
Speer condivideva con Hitler l’idea di portare avanti quella guerra disperata, ma impediva contemporaneamente che fosse attuato l’ordine del Führer di fare terra bruciata. Speer non accettava di distruggere gli impianti industriali che garantivano la sopravvivenza del popolo tedesco. Hitler però avvertì il suo ministro: «Speer non tollererò alcuna resistenza. A guerra finita il popolo potrà anche giudicarmi, chi però oggi ha un’idea diversa dalla mia finisce dritto sul patibolo!«
Speer allora si precipitò a Berlino e scrisse un’ultima lettera a Hitler: «Ho fatto molto per la Germania. Senza il mio lavoro forse avremmo perso la guerra nel 1942/43. Non posso ancora credere al successo della nostra causa se in questi mesi decisivi distruggiamo le basi per la sopravvivenza del nostro popolo«.
Hitler lette queste parole perdonò il suo ministro. Nell’aprile del 1945, nel bunker sotto le macerie del Palazzo della Cancelleria, Speer salutò Hitler per l’ultima volta. Il 1° maggio 1945 apprese la notizia della morte del Führer e fu colto da un’inarrestabile crisi di pianto.
Il vile Albert Speer decise di farsi arrestare dagli anglo-americani perché sapeva benissimo che se l’avessero arrestato i sovietici la sua fine sarebbe stata molto rapida e non indolore.
Il 20 novembre 1945 Speer comparve per la prima volta davanti al Tribunale di Norimberga.

Albert Speer al processo di Norimberga
Il ruolo svolto come uomo di fiducia di Hitler rappresentava una pesante responsabilità. L’accusa principale rivoltagli riguardava l’utilizzo ripetuto e massiccio di lavoratori prelevati dai campi di concentramento. Speer fu l’unico tra gli imputati che si assunse la responsabilità per quell’accusa, tuttavia non si considerò colpevole dei crimini contro costoro, compreso l’olocausto. Questi il risultato della corte: il giudice statunitense lo ritenne colpevole e lo condannò all’impiccagione, anche il giudice sovietico lo ritenne colpevole e lo condannò all’impiccagione, ma il giudice britannico lo ritenne colpevole e lo condannò a vent’anni di prigione, mentre addirittura il giudice francese lo ritenne colpevole ma lo condannò a 15 anni di reclusione. Non ci fu l’unanimità e così gli fu risparmiata la pena di morte. La sentenza definitiva lo condannò a vent’anni di carcere.
Certo lascia molti dubbi su come britannici e francesi abbiano potuto credere alle affermazioni di Speer il quale dichiarò di non aver mai sospettato fino all’ultimo che esistesse una politica di sterminio all’interno del Terzo Reich.
Dopo la guerra fu rinchiuso nel carcere di Spandau dove scrisse le sue memorie. All’intero di queste neanche una parola sui morti nei campi di concentramento e in quelli di sterminio, nessuna parola sulle atrocità e sui crimini commessi dai nazisti, sulle migliaia di lavoratori forzati condannati ad una fine atroce.
Speer avrebbe meritato di essere condannato a morte e di penzolare con una corda al collo, ma lo squallore franco-britannico impedì che venisse resa giustizia.
Il 1° ottobre del 1966 Speer tornò in libertà. Fu un evento mediatico mondiale. Dopo la liberazione, abbandonato il progetto di tornare ad esercitare la professione di architetto, pubblicò diversi libri, tra i quali due best seller, «Memorie del Terzo Reich» e «Diari segreti di Spandau«, entrambi oggetto di notevole interesse anche tra gli storici, ai quali Speer si rese sempre personalmente disponibile.

Albert Speer
Condusse una vita piuttosto ritirata fino alla morte, che avvenne per infarto il 1° settembre 1981 a Londra, dove si era recato per partecipare a una trasmissione radiofonica della BBC. Il feretro fu in seguito rimpatriato in Germania ed inumato presso il Bergfriedhof, uno dei cimiteri cittadini di Heidelberg.
La maggior parte degli storici ritiene che nei suoi libri Speer minimizzi il proprio ruolo personale nelle atrocità di quel periodo. Alcuni documenti scoperti dopo la morte di Speer provarono inoltre, senza ombra di dubbio, che già nel 1943 Speer era a conoscenza di ciò che veramente accadesse ad Auschwitz e nel campo di sterminio di Birkenau. Nei documenti ritrovati, che recavano la firma di Speer, si faceva esplicito riferimento alla costruzione di forni crematori, obitori e torri di guardia.
In precedenza altri crimini di Speer erano venuti alla luce tanto che durante un colloquio tra Speer e Simon Wiesenthal, avvenuto alla fine degli anni Settanta, il celebre cacciatore di nazisti ebbe modo di dire all’architetto: «Se a Norimberga avessimo saputo quello che sappiamo adesso, lei sarebbe stato impiccato«.
Molti anni dopo la lettura della sentenza del Tribunale di Norimberga le dimensioni delle responsabilità di Albert Speer vennero alla luce con tragica evidenza. Il potente ministro per gli armamenti del Reich scelse il denaro, la fama e il successo, sottoponendo ad ogni tipo di atrocità la vita di migliaia di prigionieri.
Luca D’Agostini
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Fonti
Matthias Schmidt, Albert Speer: The End of a Myth, St. Martins Press, New York 1984
Francesco Bellanti, Conversazione con Adolf Hitler, Lulu, Raleigh 2019
Magnus Brechtken, Albert Speer : eine deutsche Karriere, Siedler, Monaco di Baviera 2017
Leon Krier, Albert Speer : architecture 1932-1942, Monacelli Press, New York 2013
Gitta Sereny, In lotta con la verità : la vita e i segreti di Albert Speer, BUR Rizzoli, Segrate 2009
Joachim Fest, Speer: The Final Verdict, Harcourt, San Francisco 1999
Dan van der Vat, The Good Nazi: The Life and Lies of Albert Speer, George Weidenfeld & Nicolson, Londra 1997
Gitta Sereny, Albert Speer: His Battle With Truth, Knopf, New York 1995
Albert Speer, Inside the Third Reich (traduzione di Richard and Clara Winston), New York, Toronto, Macmillan, 1970
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