Uno dei serial killer più insospettabili nella storia dell’Unione Sovietica fu il maniaco Anatolij Slivko. La particolarità di questo criminale era costituita dal fatto che Slivko rappresentava il cittadino esemplare.
Era un padre di famiglia, un efficiente lavoratore, un convinto membro del partito, un educatore dei giovani, ottenendo nel 1977 persino il titolo di «Insegnante onorato della Repubblica Socialista Sovietica Russa». Inoltre, Anatolij Slivko era un maestro dello sport nel turismo di montagna ed organizzatore di un club turistico per adolescenti nella città di Nevinnomjssk. Sotto tale copertura però si nascose un maniaco che operò impunemente per anni.
Anatolij Slivko nacque nel 1938 in Daghestan, nella città di Izberbash. Dopo gli studi si trasferì a Stavropol e poi a Nevinnomjssk dove lavorò nello stabilimento di Azot. Lì aprì il primo club per giovani, con cui organizzava gite in campeggio in montagna per bambini.
Poco tempo dopo si sposò ed ebbe due figli. Ogni anno organizzava gite di campeggio in montagna, dedicate all’educazione della gioventù.
Oltre alla sua passione per l’alpinismo, Anatolij Slivko era un appassionato di cinema. Era molto interessato alle riprese ed alla fotografia, i suoi lavori avevano anche ottenuto vari premi. In città godeva di un’ottima reputazione, il che gli permise di rimanere impunito per molto tempo.
Slivko propose ai bambini che si recavano in gita con lui di girare dei film sulle torture dei pionieri avvenute durante la Grande Guerra Patriottica. I bambini, fiduciosi incautamente del loro insegnante, si mostrarono d’accordo. Le riprese di solito riguardavano scene di impiccagione dei pionieri, dopo le quali Slivko aveva promesso di rianimare rapidamente i giovani attori.
All’inizio avveniva così! Le riprese riprendevano solo un leggero strangolamento dei bambini e poi si interrompevano. I bambini perdevano conoscenza e Slivko li rianimava come loro promesso.
Un giorno però i piani andarono diversamente. Il gioco di Slivko era assai pericoloso e prima o poi c’era il rischio che accadesse una tragedia. Così purtroppo un giorno un bambino morì. Era il 1961 ed osservando le convulsioni morenti del bambino, il criminale provò un’eccitazione sessuale, che presto volle ripetere.
Questo divenne il profilo principale della sua «attività». Il maniaco non correva più in soccorso dei bambini rianimandoli, ma preferiva riprendere con la telecamera la loro morte in quanto ciò prolungava il suo senso di piacere.
Con il tempo non inscenò nemmeno più le impiccagioni ma iniziò a strangolare le vittime con le sue mani, riprendendo con la telecamera tutta la scena e smembrando poi i corpi.
Il maniaco filmò meticolosamente tutte le sue azioni. Questi film divennero successivamente la prova principale della sua colpevolezza.
In totale 43 bambini parteciparono alle riprese di Slivko e 7 di loro morirono.
L’assassino di bambini fu arrestato nel dicembre del 1985. Il processo fu rapidissimo in quanto tutte le prove della sua colpevolezza erano state accuratamente documentate dal criminale stesso.
La sentenza di condanna a morte fu emessa nel 1986 e nel 1989 fu ucciso mediante fucilazione nel cortile della prigione di Novočerkassk.
Luca D’Agostini
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