Aleksandr Ivanovič Marinesko è una delle figure più controverse della Grande Guerra Patriottica, attorno alla quale il dibattito ancora non si è placato. Un uomo coperto da molti miti e leggende. Prima dimenticato e poi tornato dal nulla.
Oggi in Russia tutti sono orgogliosi di lui ed è percepito come un eroe nazionale. Recentemente un suo monumento è stato inaugurato a Kaliningrad e il suo nome è stato elencato nel Libro d’oro di San Pietroburgo.1 Molti libri sono stati pubblicati in Russia sulla sua vita e le sue gesta.
Anche in Germania il nome «Marinesko» è noto a tutti, ma i tedeschi invece ancora non riescono a perdonargli l’affondamento del transatlantico «Wilhelm Gustloff». In Russia questo famoso episodio è definito «l’attacco del secolo», i tedeschi invece lo considerano il più grande disastro marino, più terribile del Titanic.
Questo dibattito, dopo molti anni entusiasma ancora la stampa e l’opinione pubblica russa e tedesca. La questione del Wilhelm Gustloff e di Marinesko è una questione molto complessa e delicata, che riguarda le relazioni presenti e future di Russia e Germania.
Chi era Aleksandr Ivanovič Marinesko?
Le sue origini era state attenzionate sin dalla sua adolescenza dalla polizia segreta sovietica, l’NKVD.2 3 Marinesko nacque il 15 gennaio 1913 a Odessa, suo padre era un lavoratore moldavo di nome Ion Marinescu. Il padre rimase orfano dall’età di sette anni, ma essendo intelligente e laborioso riuscì ad ottenere una posizione lavorativa rispettabile come quella di macchinista agricolo. Nel 1893 fu arruolato nel servizio di leva dalla marina reale rumena. Fu imbarcato su un cacciatorpediniere con l’incarico di pompiere. Sulla nave, durante un litigio furioso con un marinaio lo colpì violentemente alla faccia e lo stesso fece con il sotto-ufficiale intervenuto per dirimere il litigio. Fu così arrestato e in attesa di essere trasferito in carcere fu rinchiuso in una cella di punizione, dalla quale però fuggì l’aiuto di alcuni marinai. Giunto sulla costa rumena a nuoto, fuggì dalla Romania e si trasferì in Ucraina. Per alcuni anni vagabondò lontano dalle principali città per timore di essere arrestato. I contadini ucraini lo aiutarono in cambio del suo aiuto come macchinista agricolo. Successivamente, fece domanda per la cittadinanza sovietica trasformando il suo nome in Ivan Alekseevič Marinesko.4
Nel 1911, mentre si trovava nella regione di Poltava, Ivan Alekseevič incontrò una bella contadina dagli occhi neri Tat’jana Koval, e dopo poco si sposarono. I giovani si trasferirono a Odessa, dove la madre trovò lavoro come governante al servizio di una ricca famiglia di Odessa. Fu qui che ebbero due figli: la figlia Valentina e il figlio Aleksandr.2 3 4

Aleksandr Marinesko con i genitori e la sorella

Il piccolo Aleksandr Marinesko
I parenti di suo padre vivevano tutti in Romania, paese con il quale l’Unione Sovietica non aveva ottimi rapporti. Dopo la rivoluzione, i genitori di Aleksandr Marinesko non furono repressi, ma l’infanzia del giovane Aleksandr fu comunque sotto il monitoraggio dell’NKVD.2
Dopo essersi diplomato, Marinesko studiò per divenire un marinaio. Finiti gli studi fu assunto da una compagnia di navigazione come semplice marinaio su navi di prima classe in navigazione nel Mar Nero. Nel 1930 entrò alla Scuola Marittima di Odessa dove si laureò nel 1933. Dopo la laurea fu assunto nuovamente da una compagnia di navigazione civile, ma in questo caso con la qualifica di assistente al capitano.2 Sempre nel 1933 si sposò con una ragazza di nome Nina Karjukina. Aleksandr e Nina prima della guerra ebbero una figlia di nome Lora. Sua moglie e sua figlia vissero a Leningrado e dovettero patire tutte le sofferenze inerenti il lungo assedio alla quale la città fu sottoposta.4
Si iscrisse al Partito Comunista dell’Unione Sovietica e divenne subito un attivista politico. Collaborava con il giornale politico distribuito sulle navi, parlò appassionatamente alle riunioni del Komsomol (L’Unione della Gioventù Comunista Leninista di tutta l’Unione), fu inviato a corsi militari speciali per il personale di comando navale, dopo di che fu nominato navigatore sul sottomarino Shch-306 («Eglefino») della flotta baltica.2
Successivamente completò con successo i corsi di aggiornamento e divenne un assistente comandante, e poi comandante di un sottomarino. Nel 1940, il suo sottomarino vinse il primo posto nella competizione socialista navale e Marinesko fu promosso luogotenente comandante e premiato con un orologio d’oro. Immediatamente dopo si trovò a essere coinvolto nella Grande Guerra Patriottica.2
Il carattere di Marinesko era però abbastanza difficile e irrequieto. Così, nell’ottobre del 1941, fu espulso dal Partito Comunista dell’Unione Sovietica per alcolismo e organizzazione di giochi di carte nella divisione sottomarini. Fu quindi lasciato a terra e non impiegato nelle ostilità, ma non fu rimosso dal suo incarico. Solo il 12 agosto 1942, il suo sottomarino M-96 «Maljutka» iniziò l’attività militare.2
Due giorni dopo, il 14 agosto 1942, il suo sottomarino attaccò già la marina militare tedesca, affondando la nave da trasporto militare «Helena».
Alla fine del 1942, Marinesko ottenne il grado di capitano di 3° grado e fu nuovamente accettato come membro del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, ma nei rapporti dei suoi superiori era annottato il rischio che era incline ad ubriacarsi immediatamente dopo aver toccato la riva. Ed infatti, nel 1943, il suo sottomarino non uscì dal porto per le attività militari e Marinesko fu coinvolto in un’altra storia di alcolismo.2
Nell’ottobre del 1944 gli fu affidato il comando di un sottomarino S-13 e così Marinesko e il suo sommergibile furono nuovamente impiegati nei combattimenti contro il nemico.

Aleksandr Marinesko
Il primo giorno dell’ottobre 1944 in cui fu nuovamente impiegato, Aleksandr Marinesko intercettò e attaccò la nave da trasporto militare tedesca «Siegfried». L’attacco non portò all’affondamento della nave tedesca che fu solo gravemente danneggiata. La marina tedesca riuscì ad accorrere in soccorso del «Siegfried» e rimorchiarlo nel porto di Danzica. La nave fu riparata solo alla fine della guerra. Per questa missione, Aleksandr Marinesko ricevette l’Ordine dello Stendardo Rosso.2 3
Subito dopo però, il comandante della flotta baltica, l’ammiraglio Vladimir Tributs, si mostrò intenzionato a portare Marinesko di fronte al tribunale militare, il che di solito voleva dire che la vicenda si concludeva con la fucilazione. Il reato di cui fu accusato era l’abbandono non autorizzato del suo sottomarino durante una missione di combattimento. Infatti alla vigilia di Capodanno, il comandante Marinesko lasciò il suo sottomarino e l’equipaggio per due giorni, tempo che trascorse in compagnia di una donna svedese. Ma l’ammiraglio Tributs decise poi di non attuare la sua decisione di portarlo di fronte ad una corte militare e diede a Marinesko l’opportunità di espiare la sua colpa impiegandolo nelle missioni militari.2
La bravata di Marinesko ebbe ripercussioni anche nella sua vita privata. Nel dicembre del 1944 la moglie decise di divorziare da Aleksandr Marinesko. Successivamente la moglie dichiarò: «Oggi capisco che quando una persona ha bisogno di uno sforzo disumano in battaglia, è impossibile pretendere che diventi un bravo ragazzo nella vita di tutti i giorni. Poi ero giovane all’epoca e non ho perdonato«.4
Che cosa è successo nel Mar Baltico, in prossimità della baia di Danzica, nella notte del 30 gennaio 1945?
In quei giorni, l’esercito sovietico stava rapidamente avanzando verso ovest, in direzione di Königsberg (l’odierna Kaliningrad) e di Danzica. Centinaia di migliaia di tedeschi (tra popolazione civile e militari), temendo rappresaglie di vendetta per le atrocità perpetrate dai nazisti in Unione Sovietica, divennero rifugiati e si trasferirono nella città portuale polacca di Gdynia, che i tedeschi chiamavano Gotenhafen. Il 21 gennaio 1945, l’ammiraglio tedesco Karl Dönitz impartì l’ordine: «Tutte le navi tedesche disponibili devono salvare tutto ciò che può essere salvato dai sovietici«.1 L’Operazione Annibale fu la più grande evacuazione della popolazione nella storia della navigazione: oltre due milioni di persone furono trasportate verso ovest.
La città di Gotenhafen divenne l’ultima speranza per molti rifugiati tedeschi: non c’erano solo grandi navi da guerra, ma anche grandi navi da crociera, ognuna delle quali poteva accogliere a bordo migliaia di rifugiati e di soldati tedeschi in fuga. Una di queste navi era la Wilhelm Gustloff, che i tedeschi ritenevano inaffondabile.

Transatlantico «Wilhelm Gustloff»
Costruito nel 1937, il Wilhelm Gustloff era un magnifico transatlantico da crociera con cinema e piscina, mostrato dal Terzo Reich come orgoglio dei propri cantieri navali. Hitler stesso aveva partecipato al varo della nave, nella quale era sempre presente una sua cabina personale. Prima dell’inizio della guerra la nave effettuava per lo più crociere in Norvegia e in Svezia. Dopo lo scoppio della guerra divenne una caserma galleggiante per i cadetti della 2° Divisione di Addestramento e per le esercitazioni delle immersioni subacquee militari.1
Il 30 gennaio 1945 «il transatlantico Wilhelm Gustloff partì da Gotenhafen per il suo ultimo viaggio.
Il sottomarino «S-13» sotto il comando di Aleksandr Marinesko colpì la nave con 3 siluri. Un siluro esplose a prua della nave, il secondo a metà, il terzo a poppa. Dopo 15 minuti essere stato colpito, il transatlantico era completamente affondato.2 I passeggeri cercarono di mettersi in salvo cercando di salire sulle scialuppe di salvataggio, ma la maggior parte sopravvisse solo pochi minuti nell’acqua ghiacciata. Nove navi parteciparono al salvataggio dei suoi passeggeri.1
L’affondamento del Wilhelm Gustloff rappresenta la fine della flotta sottomarina della Germania nazista. Infatti i 406 sommergibilisti militari tedeschi presenti a bordo potevano equipaggiare da 70 a 80 sottomarini. In un colpo solo, Marinesko aveva annientato il potenziale della Marina Militare nazista.1
Quale fu il bilancio in termini di vittime dell’attacco sferrato da Aleksandr Marinesko? Su quanti rifugiati civili e militari erano a bordo, i dati variano a seconda delle fonti. Secondo gli archivi tedeschi, a bordo del Wilhelm Gustloff c’erano 6.334 persone: 406 sommergibilisti militari tedeschi della 2° Divisione Sottomarina di Addestramento tra i quali alti ufficiali delle SS e della Gestapo, 250 donne del corpo navale ausiliario, 162 militari feriti gravi, 90 membri dell’equipaggio della nave, 4.438 rifugiati, soprattutto anziani, donne e bambini. Dal disastro si salvarono solo 988 persone. Per questo motivo, ancora oggi l’affondamento del transatlantico Wilhelm Gustloff rappresenta ancora oggi per i tedeschi un crimine di guerra.1
Ma non fu affatto un crimine di guerra! Occorre sempre ricordare che il transatlantico partì per il suo ultimo viaggio non come nave ospedale, ma come nave da trasporto militare, dipinta di grigio come tutte le navi militari, dotata di cannoni antiaerei e con issata la bandiera della Marina militare tedesca.1 2 Nelle stive poi trasportava numerosi pezzi di artiglieria pesante da dislocare nella difesa delle città tedesche.3 Tra l’altro occorre anche ricordare che le navi da trasporto civili sovietiche, anch’esse dotate di armamenti come il transatlantico Wilhelm Gustloff, erano già state ripetutamente obiettivo dell’attacco dei sottomarini e dell’aviazione tedesca, nonostante anch’esse in seguito all’evacuazione del campo di battaglia trasportassero militari feriti.2 Per esempio, nel 1941 la motonave da trasporto civile sovietica «Armenia» fu affondata nel Mar Nero mentre trasportava oltre cinquemila rifugiati (donne, anziani e bambini) e soldati feriti. In quella tragedia sopravvissero solo otto persone.3 L’indignazione tedesca è quindi quantomeno fuori luogo e insensata. Il fatto è che il transatlantico Wilhelm Gustloff lasciò Gotenhafen senza scorta adeguata e in anticipo sui tempi, senza aspettare le navi militari di scorta, poiché era urgente trasferire i sottomarini tedeschi dalla Prussia orientale già circondata dall’Armata Rossa. I tedeschi sapevano che questa zona era particolarmente pericolosa per le navi.1
C’è anche il sospetto che il transatlantico Wilhelm Gustloff trasportasse in Germania la famosa Camera d’Ambra, smontata e rubata dai nazisti dal Palazzo di Caterina di Tsarskoe Selo. Recenti ricerche sul relitto del transatlantico ancora non hanno portato un riscontro positivo riguardo questo sospetto. Ma è stato possibile perlustrare solo una piccola parte del relitto e nel futuro le ricerche sottomarine continueranno.5
Alcuni giorni dopo, il sottomarino comandato da Marinesko attaccò anche l’incrociatore tedesco «Von Stoiben» il quale ha bordo trasportava 3.600 soldati carristi tedeschi.5 In questa occasione riuscirono a salvarsi in totale solo 659 militari nazisti.
Aleksandr Marinesko rimarrà per sempre nella storia della flotta sovietica come uno degli eroi più eccezionali. Non aveva paura di niente né in mare né a terra. In mare, ha spesso agito in contrasto con tutte le leggi della guerra sottomarina e persino con la logica. A volte attaccava dalla costa tedesca, da acque poco profonde e lasciava l’inseguimento fino al punto di annegamento. Si addentrò nei posti più pericolosi poiché non si sarebbe aspettato un sottomarino lì, e in questa illogicità c’era una logica superiore! Il destino dei sottomarini è terribile: i sommergibili della classe «Esok» erano 13 e combatterono nel Mar Baltico. Marinesko comandava il tredicesimo, il sottomarino S-13. Il destino ha voluto che i sottomarini sovietici della classe «Esok» dal numero 1 al numero 12 fossero tutti affondati e distrutti dalla marina e dall’aviazione tedesca. Solo uno di questi sottomarini sopravvisse: il numero 13, quello comandato dal leggendario Marinesko.5
Negli anni ’60, lo scrittore Sergej Sergeevič Smirnov, scrisse che Hitler dichiarò: «Marinesko è il mio nemico personale» e dichiarò tre giorni di lutto. Da qui ne nacque una leggenda. In realtà Marinesko non è mai stato il nemico personale di Hitler e in Germania non fu dichiarato un lutto di tre giorni per l’affondamento del Wilhelm Gustloff. Ciò non fu fatto per la semplice ragione che altre migliaia di teschi erano in attesa di evacuazioni via mare (Operazione Annibale) e la notizia del disastro avrebbe causato il panico tra i marinai nazisti. Il lutto in realtà era stato dichiarato anni prima per la morte di Wilhelm Gustloff, il leader del Partito socialista nazionale in Svizzera, che fu ucciso nel 1936, e il suo assassino, lo studente David Frankfurter, fu dichiarato «nemico personale di Hitler«.1
Jurij Lebedev, vicedirettore del Museo delle forze sottomarine russe ha dichiarato: «È stata una brillante operazione militare, grazie alla quale l’iniziativa di dominio nella guerra navale del Mar Baltico è stata saldamente intercettata dai marinai sovietici. Il sottomarino S-13 ha avvicinato la fine della guerra. Fu il successo strategico della marina sovietica e per la Germania il più grande disastro marittimo. L’impresa di Marinesko è di aver distrutto il simbolo apparentemente inaffondabile del nazismo. I civili sulla nave divennero ostaggi della strategia militare tedesca. Pertanto, la tragedia di Gustloff non è responsabilità di Marinesko, ma della Germania nazista«.1 3
Secondo il presidente dell’Associazione dei Sommergibilisti in pensione, il capitano Evgenij Livshits, l’attacco di Marinesko pose fine ai piani militari strategici tedeschi: «Nella seconda metà del 1944, i tedeschi misero in funzione circa 100 nuovi sottomarini con l’intento di dare la caccia alle navi da sbarco statunitensi e inglesi. L’impresa compiuta da Marinesko e dal suo equipaggio spazzò via l’ultima speranza del Reich di uscire vittorioso dalla guerra e, inoltre, salvò la flotta inglese e quella americana da perdite umane gigantesche«.3
Dopo la guerra, il destino di Aleksandr Marinesko non fu cinto di eventi gloriosi. Il 14 settembre 1945 «per negligenza, alcolismo sistematico e assenza di rispetto verso i suoi superiori» Marinesko fu degradato da luogotenente comandante a tenente minore. Gli fu affidato per un mese il comando di un vecchissimo dragamine e poi fu inviato in licenza nella riserva, con la prospettiva di una non assegnazione della pensione militare.2
Dopo essere stato escluso dalla marina militare, Aleksandr Marinesko iniziò a lavorare prima come assistente capitano sulle navi della Compagnia di Navigazione del Baltico e poi come vicedirettore dell’Istituto di Ricerca sulla trasfusione di sangue di Leningrado.2

Aleksandr Marinesko dopo la guerra
Nel 1948 conobbe l’operatore radio Valentina Gromova, la quale divenne la sua seconda moglie. Nello stesso anno nacque la loro figlia Tat’jana.4
Nel 1949, fu condannato a tre anni di prigione con l’accusa di sperperare la proprietà socialista. Dopo i tre anni di carcere lavorò come topografo.2
Nel 1959 divorziò anche dalla seconda moglie e due anni dopo si sposò per la terza volta. Anche la terza moglie si chiamava Valentina.4
Aleksandr Marinesko morì a Leningrado il 25 novembre 1963, per via di un doppio tumore: uno allo stomaco e uno alla gola. Fu sepolto nel cimitero teologico di Leningrado.2

Tomba di Aleksandr Marinesko

Tomba di Aleksandr Marinesko
Il titolo di Eroe dell’Unione Sovietica gli fu assegnato postumo il 5 maggio 1990 con decreto del presidente Michail Gorbačëv. Monumenti a lui dedicati sono presenti a Kaliningrad, Kronštadt e Odessa. Nella città di Sebastopoli e a San Pietroburgo esistono grandi vie dedicata a Marinesko.2 3
Luca D’Agostini
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Fonti
(1) Подвиг Маринеско
(4) Маринеско
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