Il regime di Kolčak fu una brutta combinazione di fattori esterni allo stato russo: risultò in pratica essere un insieme di influenze e condizionamenti imposti da Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia.
Aleksandr Vasil’evič Kolčak nacque il 16 novembre 1874 a San Pietroburgo. Aveva origini turche, infatti suo nonno era il comandante della fortezza turca di Khotin e fu catturato dai russi nel 1790. Dopo la cattura, iniziò a collaborare. Il padre di Kolčak si distinse eroicamente nella difesa di Sebastopoli durante la guerra di Crimea.
Il futuro ammiraglio ricevette l’istruzione primaria a casa e poi studiò al sesto ginnasio classico di San Pietroburgo.
Il 6 agosto 1894, Kolčak fu nominato assistente comandante dell’incrociatore «Rurik».
Il comandante dell’incrociatore Tsjvinskij, in seguito divenuto ammiraglio, scrisse: «Aleksandr Vasil’evič Kolčak era un ufficiale capace e di talento, aveva una memoria rara, parlava fluentemente tre lingue europee, conosceva bene le navigazioni di tutti i mari, conosceva la storia di tutte le flotte europee e delle battaglie navali«.
Sull’incrociatore «Rurik» Kolčak salpò per l’Estremo Oriente. Alla fine del 1896 fu nominato comandante dell’incrociatore «Crociera». Dopo una lunga navigazione, nel 1899 tornò a Kronstadt. Si interessò all’oceanografia e all’idrologia. Nel 1899, pubblicò l’articolo «Osservazioni delle temperature superficiali e dei pesi specifici dell’acqua di mare effettuate sugli incrociatori Rurik e Crociera da maggio 1897 a marzo 1898«.
All’inizio del XX secolo, Kolčak partecipò alla spedizione polare nella penisola di Taimjr. Per tutta la spedizione, Kolčak condusse un lavoro scientifico. All’arrivo a San Pietroburgo riferì all’Accademia delle Scienze sul lavoro svolto.
Durante la guerra russo-giapponese, Kolčak fu ferito e catturato dai giapponesi. Dopo quattro mesi di carcere, ritornò in Russia attraverso gli Stati Uniti d’America. Al ritorno dalla prigionia, gli furono assegnate le onorificenze di San Giorgio e fu promosso a capitano.
In seguito Kolčak lavorò presso lo Stato Maggiore navale e poi presso la sede della flotta baltica. In quegli anni conobbe Gučkov e si mostrò più volte estremamente ostile nei confronti dell’imperatore Nikolaj II (Nicola II).
Fu nel Baltico, con il grado di capitano che Kolčak inizio a combattere nella Prima Guerra Mondiale. Non discuteremo qui le attività di Kolčak quale comandante navale. E’ sufficiente ricordare che la sua attività fu molto apprezzata dal comando navale russo e dallo stesso Zar. Fu Nikolaj II (Nicola II) che promosse Kolčak a vice ammiraglio e lo nominò comandante della Flotta del Mar Nero. Allo stesso tempo, in molti si accorsero dell’eccessiva ambizione e astiosità di Kolčak.
Fu proprio l’ambizione che portò Kolčak a realizzare delle trame segrete. Il generale Spiridovič scrisse nelle sue memorie di importanti riunioni avvenute nell’ottobre del 1916 in appartamenti privati a San Pietroburgo, alle quali partecipò anche Maksim Gorkij. Queste riunioni si svolsero almeno due volte al mese e consentirono di pianificare un colpo di stato con l’ausilio della Marina imperiale. A queste riunioni segrete secondo Spiridovič partecipò anche Kolčak.
Non è noto se Spiridovič avesse ragione o meno, ma a confermare la sua versione vi sono le memorie del killer di Rasputin, il principe Felix Jusupov, secondo il quale Kolčak era tra quelli più attivi che cercarono di sostituire l’Imperatore Nikolaj II (Nicola II) con un altro regnante.
Inoltre nel 1916, poco prima del colpo di stato di febbraio, Khatisov, il sindaco di Tiflis, si incontrò con il Granduca Nikolaj Nikolaevič e suggerì a quest’ultimo di salire al trono dopo il rovesciamento dell’Imperatore. Allo stesso tempo, Khatisov assicurò al Granduca che l’ammiraglio Kolčak era completamente dalla loro parte ed era pronto a fornire la forza della sua flotta per questi scopi. Nello stesso periodo, un altro granduca, Nikolaj Michajlovič, incontrò il Granduca Nikolaj Nikolaevič a Tiflis e persuase il suo parente a sostenere una cospirazione contro lo Zar, riferendosi nuovamente alla lealtà della Flotta del Mar Nero.
Successivamente Kolčak riconobbe immediatamente il colpo di stato di febbraio e il regime del governo provvisorio. Il 5 marzo 1917 ordinò che si tenessero una preghiera e una parata in occasione della vittoria della rivoluzione; al raduno di Sebastopoli espresse la sua devozione per il governo provvisorio.
L’ammiraglio parlò anche di questa devozione durante l’interrogatorio del KGB nel 1920. Alla domanda dell’interrogatore: «Che tipo di governo hai trovato personalmente più desiderabile per te?» Kolčak rispose francamente: «Sono stato il primo a riconoscere il governo provvisorio, ho considerato che come forma temporanea era la migliore nella situazione di quel momento; doveva essere supportata con tutti i mezzi. Ritenevo che qualsiasi opposizione ad esso avrebbe provocato un collasso nel Paese. Ho pensato che sarebbe stato probabilmente istituito un qualche tipo di governo repubblicano e ho ritenuto che questo tipo di governo fosse in linea con le esigenze del Paese«. Inoltre: «Ho prestato giuramento al nostro primo governo provvisorio. Mi sono considerato completamente libero da ogni obbligo nei confronti della monarchia«.
Come si evince dalle sue parole, Kolčak non era affatto un sostenitore dello Zar e della famiglia imperiale, era solo un militare accecato dall’ambizione e dal desiderio di potere personale.
Per tutta la primavera del 1917, Kolčak comunicò direttamente e tramite telegrafo con Gučkov, il quale lo ringraziò ripetutamente per la devozione al nuovo governo.
Arrivato a Pietrogrado, Kolčak si affrettò a incontrare i peggiori nemici della monarchia russa e assicurare loro il suo pieno rispetto. Fece la sua prima visita al marxista Plechanov. È così che Plechanov stesso ha ricordato il suo incontro con Kolčak: «Oggi ho avuto un incontro con Kolčak. Mi è davvero piaciuto. Si vede che è coraggioso, energico, non stupido. Nei primissimi giorni della Rivoluzione si schierò dalla sua parte e riuscì a mantenere l’ordine nella Flotta del Mar Nero. Ma in politica è completamente ignorante. Ero imbarazzato dalla sua sfacciata disattenzione. Mi disse: «Ho considerato mio dovere presentarmi a te come il più antico rappresentante del partito dei rivoluzionari socialisti. Sono un marinaio, non mi interessano i programmi politici. So che nella nostra flotta, tra i marinai, ci sono due partiti: i socialisti rivoluzionari e i socialdemocratici. Ho visto i loro proclami. Qual è la differenza? Non capisco, ma preferisco i rivoluzionari socialisti, poiché sono patrioti. Ai socialdemocratici non piace la Patria e, inoltre, ci sono molti ebrei tra loro». Caddi nello smarrimento più totale. Con gentilezza gli feci presente che non solo non ero un rivoluzionario socialista, ma ero anche conosciuto come un avversario di questo partito. Gli dissi che appartenevo alla socialdemocrazia che non gli piaceva, che non ero un ebreo e che amavo davvero la Patria! Kolčak non fu affatto imbarazzato. Mi guardò stupito, mormorò qualcosa del genere: «beh, non importa!» e cominciò a parlare in modo vivido, interessante e intelligente della Flotta del Mar Nero, delle sue condizioni e delle missioni di combattimento. Compresi che era un buon ammiraglio ma un inesperto e ignorante di politica«.
Da queste parole è emblematico l’intero cinismo di Kolčak. Chiamò i social rivoluzionari, sanguinosi assassini e terroristi credendo di compiacere Plechanov. Capendo poi che costui non aveva nulla a che fare con i socialisti-rivoluzionari, ma, al contrario, era un socialdemocratico, Kolčak si arrese alla conversazione dicendo «questo non è importante» e continuò la conversazione come se nulla fosse. Plechanov giudicò questo una manifestazione di ignoranza politica, ma in realtà rappresentava chiaramente la completa immoralità di Kolčak.
Oltre a Plechanov, Kolčak incontrò Boris Savinkov, l’organizzatore dell’assassinio del Granduca Sergej Aleksandrovič e l’organizzatore dell’assassinio dell’Imperatore Nikolaj II (Nicola II). Stabilì con lui stretti rapporti, basti pensare che Savinkov rappresentava il governo di Kolčak all’estero.
La relazione di Kolčak con Savinkov, un agente sotto copertura dell’intelligence britannica, diede ad alcuni autori motivo di ritenere che lo stesso Kolčak fosse stato reclutato dagli inglesi. Tuttavia, si ritiene che queste affermazioni non tengano conto dell’ambiziosa frenesia di persone come Kolčak. Anche le accuse secondo cui Kolčak era una spia inglese sono ridicole, così come l’assurda affermazione che Lenin fosse una spia tedesca. La realtà è che tali persone, per amore delle loro ambizioni, erano pronte a stringere un’alleanza tattica con chiunque pur di raggiungere i propri obiettivi personali.
Il 6 giugno 1917, Kerenskij rimosse Kolčak dalla carica di comandante della Flotta del Mar Nero.
Molti storici occidentali spiegano che la rimozione di Kolčak dalla carica di comandante della flotta sia stata causata esclusivamente dalla paura di Kerenskij nei confronti della popolarità dell’ammiraglio. Ma in realtà, questo non è del tutto vero. Ancor prima delle dimissioni di Kolčak, il vice ammiraglio statunitense Glennon e Ruth, il senatore rappresentante personale del presidente degli Stati Uniti, arrivarono a Sebastopoli. Proposero a Kolčak di arruolarsi nella Marina Militare degli Stati Uniti. Kolčak accettò la proposta e nel luglio del 1917 scrisse una lettera alla sua amata Timereva: «Ora posso parlare più o meno definitivamente del mio futuro. All’arrivo a Pietrogrado, ho ricevuto un invito dall’ambasciatore statunitense Ruth e dalla missione navale dell’ammiraglio Glennon per prestare servizio nella Marina degli Stati Uniti. Sono stato incerto se accettare la proposta. Ma ora questo problema è stato risolto dal governo in senso positivo e sto aspettando la formalizzazione del mio arruolamento nella Marina militare degli Stati Uniti«.
Il 27 luglio 1917, Kolčak partì per gli Stati Uniti, sostando in Inghilterra quasi un mese. All’inizio di agosto giunse negli Stati Uniti, dove fu ricevuto ai massimi livelli. Incontrò il Segretario della Marina degli Stati Uniti, il suo assistente, il Segretario di Stato, il Segretario alla Guerra. Il 16 ottobre 1917 fu addirittura ricevuto dal presidente statunitense Wilson.
Due mesi dopo però, Kolčak lasciò gli Stati Uniti e si diresse verso l’isola di Yokohama (Giappone). Lo scopo di questo viaggio non è ancora chiaro. A Yokohama, Kolčak venne a conoscenza della Rivoluzione di Ottobre.
Dopo aver appreso del colpo di stato, Kolčak presentò domanda di arruolamento nell’esercito inglese, quale soldato semplice. Dopo qualche tempo ricevette una risposta positiva e fu inviato a Bombay, da dove avrebbe dovuto essere trasportato ai possedimenti britannici in Mesopotamia. Ma a metà strada, Kolčak ricevette un telegramma nel quale era scritto di non recarsi più in Mesopotamia, poiché la corona britannica non aveva bisogno dei suoi servizi. Pertanto, Kolčak si trasferì a Pechino presso l’ambasciata russa. Da qui iniziò il suo percorso per impadronirsi del potere nell’est della Russia.
Dopo il rovesciamento della monarchia, Francia e Inghilterra considerarono il territorio della Russia come loro preda. Nella primavera del 1918, l’alto comando degli Alleati sull’Intesa decise di rovesciare il regime bolscevico «filo-tedesco» e stabilire il controllo completo sulla Russia. Tutte le forze anti-bolsceviche furono subordinate al generale francese Janin. I piani dei francesi includevano l’occupazione dell’Estremo Oriente e della Siberia, così come della Crimea nel sud. Gli inglesi progettarono di catturare Murmansk e Archangelsk, mentre i rumeni intendevano occupare la Bessarabia. Nel frattempo, questa situazione non si adattava agli Stati Uniti i quali sembravano rimanere fuori dal gioco e avevano quindi urgente bisogno di un proprio uomo in Russia. E la persona ideale era proprio Kolčak. Il 18 novembre 1918, Kolčak, del tutto indegnamente si autoproclamò il «Sovrano supremo della Russia». È interessante notare che il primo dei rappresentanti stranieri che incontrò Kolčak fu il Console Generale degli Stati Uniti a Irkutsk, Harris, il quale comunicò ufficialmente a Kolčak che il governo degli Stati Uniti lo avrebbe sostenuto completamente. Nel 1918-1919, gli statunitensi consegnarono a Kolčak 600 mila fucili, oltre 4,5 milioni di proiettili, un gran numero di cannoni e mitragliatrici, 330 mila paia di scarponi militari. Nel febbraio del 1919, il governo degli Stati Uniti inviò una missione militare speciale nella Russia meridionale. Era guidata da un ex addetto militare statunitense a Pietrogrado, il tenente colonnello Riggs. La sua missione consisteva nell’organizzare l’assistenza alle truppe di Kolčak.
Kolčak rimosse il generale Janin dalla carica di comandante in capo, per il quale quest’ultimo non mancò di vendicarsi successivamente, conducendo alla morte l’ex ammiraglio.
Kolčak non fu mai libero nelle sue decisioni. Lo confessò lui stesso a un suo stretto collaboratore, il tenente Sakharov, il quale gli chiese: «Come immagini, Eccellenza, il futuro?«. Kolčak rispose: «Proprio come ogni russo onesto. Tutti gli strati del popolo russo, a cominciare dai contadini, pensano solo a ripristinare la monarchia, a richiamare al trono lo Zar legittimo«. Il tenente Sakharov chiese ancora: «Allora perché non annunciare adesso che il governo di Omsk comprende i desideri popolari e andrà nella loro direzione?» Kolčak rispose amareggiato: «E cosa diranno i nostri alleati stranieri?«
Sebbene all’inizio della Guerra Civile più di 150 mila operai degli Urali combatterono nei ranghi dell’esercito di Kolčak, giorno dopo giorno il sostegno popolare nei suoi confronti crollò rapidamente. La popolazione comprese che Kolčak era semplicemente un impostore.
Alla fine furono i suoi stessi alleati a tradirlo. Il generale francese Janin, eseguendo un ordine segreto del governo di Parigi, fece in modo che Kolčak e il capo del suo governo Pepeliaev, fossero catturati e fatti prigionieri dai bolscevichi. Così, il 7 febbraio 1920, per ordine personale di Lenin, Kolčak e Pepeliaev furono uccisi.
Kolčak affrontò la morte con coraggio, come si addice a un ufficiale. Contrariamente a lui, Pepeliaev implorò inutilmente pietà. I loro corpi furono gettati nel fiume siberiano Angara.
Luca D’Agostini
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