La storia che mi accingo a trattare in quest’articolo è molto particolare, in quanto non è circoscritta a un solo avvenimento, ma riguarda molteplici accadimenti e numerose persone il cui destino si è intrecciato tra loro e le cui malefatte compiute hanno dilagato in pressoché tutta la nobiltà francese del XVII secolo. Purtroppo è una storia per nulla o poco studiata.
E’ la storia di uno scandalo dalle proporzioni enormi, che travolse parte della nobiltà francese, che coinvolse donne, uomini, e, nella parte delle vittime, anche dei poveri bambini. E’ una storia fatta di messe nere e stregoneria, di orge e di intrighi, di avvelenamenti e di sacrifici umani, di ignoranza e di superstizione; è una storia che fosse avvenuta un secolo prima, avrebbe legittimato l’uso dell’inquisizione, per la presenza di streghe e di veri e propri patti con il diavolo.
Il paradosso di quest’evento consiste nella particolare condizione della Francia nel 1680. In tale periodo la Francia aveva l’immagine di uno stato moderno e soprattutto forte, tanto Luigi XIV, il Re Sole, in un impeto d’orgoglio aveva detto, ”l’etat c’est moi” (“lo stato sono io”), per rimarcare la sua profonda influenza nella vita politica e sociale della Francia. La sua regalità e opulenza erano però offuscati da più ombre che si muovevano all’interno della Reggia di Versailles e della corte, composta da nobili arrivisti e senza scrupoli che occupavano le adornate stanze del palazzo.
La vicenda trattata in questo articolo passò alla storia come “l’affare dei veleni”, nientedimeno che il caso di cronaca nera più sconvolgente dell’epoca del Re Sole, un’indagine che insozzò indelebilmente l’immagine scintillante della corte di Francia agli occhi dell’Europa. Fu il sintomo di una malattia che serpeggiava tra i membri di una società gretta e arrivista, estremamente ignorante che usava il dubbio e la superstizione per ricevere favori e vantaggi per sé stessa.
Trattando la questione, Voltaire scrisse che “Il crimine infettò Parigi”.
Ma partiamo dall’inizio e cerchiamo di dare un senso cronologico alla vicenda.
Ingresso di un edificio sito a Parigi al numero 12 di rue Charles V, nel IV arrondissement, ossia la casa ove la marchesa di Brinvilliers architettava i suoi crimini.

Hotel de la Brinvilliers (Parigi — Francia)

Marie-Madeleine d’Aubray, marchesa di Brinvilliers
Marie-Madeleine d’Aubray, marchesa di Brinvilliers, era nata a Parigi il 6 luglio 1630 e, figlia del suo tempo e della sua classe sociale, era stata sposata ad un uomo anziano scelto per lei, senza per questo impedirle di vivere liberamente la propria sessualità con gli amanti del momento.
Poiché allora in Francia il matrimonio era un contratto a tavolino e nel paese vigevano abitudini e usanze libertine, nessuno si scandalizzava che la bella e assai appassionata fanciulla si dedicasse a gradevoli incontri.
Si dice fosse perennemente bisognosa di soldi e sesso, e che fosse di un’ambizione sfrenata e senza etica.
Di fatto, però, la sua vita divenne degna di nota dopo l’incontro con Godin de Sainte-Croix, un ex ufficiale di cavalleria e uomo di pessima fama con cui iniziò una relazione solo momentaneamente interrotta da un “soggiorno in carcere” dell’amato.
Al ritorno, l’ex galeotto portò con sé preziosi segreti dell’avvelenamento, appresi nella prigione della Bastiglia da un carcerato italiano.
La coppia decise quindi di mettere in pratica quanto appreso, ed il primo a morire fu il padre della marchesa, seguito da due sorelle della “nobildonna”, dal fratello e da un lacchè. Tutti deceduti in circostanze misteriose, nonché sospettosamente simili. Tutti erano lentamente deperiti in una lunga agonia che non aveva lasciato scampo.
E, prima ancora, pare, che ad essere avvelenate furono alcune povere anime dell’Ospedale Maggiore, ove la marchesa di Brinvilliers andava a elargire la sua “elevata” compassione.
Ma tutta la vicenda investigativa iniziò nel 1672 con l’arresto della marchesa di Brinvilliers, una fragile e garbatissima signora di 46 anni, a seguito del ritrovamento di alcune carte compromettenti.
Infatti, il 31 luglio 1672, cioè pochi giorni prima del suo arresto, il suo compagno Godin de Sainte-Croix morì misteriosamente nel suo laboratorio (e pare che la marchesa di Brinvilliers non fosse estranea alla cosa). Comunque i numerosi creditori di Godin de Sainte-Croix speravano di poter recuperare qualcosa e così, qualche giorno dopo la morte, davanti ad un notaio si procedé rapidamente a stilare l’inventario dei beni del “de cuius”, fra i quali c’era anche un cofanetto sul coperchio del quale figurava la scritta: “Da aprirsi solo in caso di morte antecedente a quella della Marchesa”.
Se la delusione degli interessati fu grande perché non vi si rinvenne nulla di valore, la sorpresa del notaio fu ancora maggiore quando iniziò ad esaminare i carteggi e le fiale maleodoranti rinchiuse in quella scatola sigillata con tanta cura.
Scoprì infatti che si trovava davanti a dosi letali di potenti veleni e alle lettere che il defunto, uomo dal passato controverso, si era scambiato negli anni con la sua amante, la Marchesa di Brinvilliers.
Il notaio avvisò la polizia e fu effettuata una perquisizione dell’abitazione della Marchesa di Brinvilliers, durante la quale la polizia entrò in possesso di alcune carte firmate dalla marchesa in persona che dimostravano in pieno la sua colpevolezza.
Questa leggerezza le costò cara! Come se non bastasse, nelle lettere che la marchesa aveva indirizzato al suo complice, ella pianificava anche l’avvelenamento della sorella e della cognata, così da diventare lei sola l’erede dei beni di famiglia.
Consapevole di non avere scampo, la marchesa fuggì a gambe levate riuscendo a nascondersi in un convento, luogo inaccessibile agli agenti del re. Il luogotenente Desgrais, un brillante ufficiale di polizia, si finse allora prete e, col tempo, riuscì a guadagnarsi la fiducia della latitante avvelenatrice, fino a prometterle la fuga e attirarla così all’esterno del convento.
In più, pur parendo inizialmente una santa donna calunniata, fu ritrovata nella sua cella un’attenta descrizione dei suoi passati “peccatucci” in una sorta di lettera a Dio: tra lenzuola violate (andavano bene anche fratelli e cugini) e veleni vari, si può dire che proprio un angelo non fosse e qualche dubbio sulla sua stabilità mentale sarebbe più che lecito.
Ma, nel processo che la vide protagonista nel 1676, mostrò di sé un’immagine dignitosa, coraggiosa, stoica, quasi mistica. Torturata con la cura dell’acqua (costretta a bere sedici pinte d’acqua), il suo corpo fu umiliato in pubblico e il 17 luglio 1676 fu decapitata. Il suo corpo fu arso al rogo per suo stesso desiderio di purificazione, ma divenne un vero e proprio oggetto di venerazione, una sorta di martire del sistema. La morte pose fine all’esistenza di questa dama-assassina, ma non pose fine alle indagini: il Re Luigi XIV pretendeva arrestare il sordido commercio di veleni della capitale ed eliminarne i vertici.
Nicolas Gabriel de la Reynie, un magistrato francese, il primo ad essere stato nominato luogotenente generale di polizia, era venuto a conoscenza che traffici di sostanze illecite si concentravano nel quartiere poco raccomandabile di Saint-Denis (oggi corrisponde alla parte compresa tra il boulevard de la Bonne Nouvelle e la porta Saint-Denis) e lo aveva fatto battere al tappeto dai suoi agenti.
Nel febbraio del 1677 fu arrestata Magdelaine de La Grange, una indovina accusata di avere inscenato (con l’aiuto di un prete) un finto matrimonio con un vecchio avvocato, da cui era andata ad abitare, e di averlo successivamente avvelenato per ereditarne i beni. Normalmente questi due casi potrebbero sembrare comuni casi di cronaca nera dell’epoca ed effettivamente lo sono ma l’ultimo caso metteva in luce, almeno secondo l’accusata, un complotto ai danni del sovrano e di François Michel Le Tellier, marchese di Louvois, il quale ricopriva la carica di Segretario di Stato per la Guerra francese.

François Michel Le Tellier, marchese di Louvois, (Segretario di Stato per la Guerra francese)
Capirete quindi il clima di sconcerto e la situazione sempre più difficile che si era creata. L’anno successivo, un certo Perrin, avvocato di scarso successo, invitato ad una cena ben innaffiata di buon vino, udì tale Marie Bosse, conosciuta per le sue doti d’indovina, vantarsi poco prudentemente del successo della sua professione segreta, quella di avvelenatrice. Perrin, che conosceva Desgrez, uno dei poliziotti incaricati di investigare sulla rete di avvelenatori, riferì subito quanto appreso. L’inchiesta svelò che Marie Bosse aveva fornito veleni ad alcune spose dei membri del parlamento, le quali volevano sbarazzarsi dei rispettivi mariti. Marie Bosse denunciò altre donne, facendo così crescere, mano a mano, le accuse verso importanti nomi, legati a ceti sociali sempre più alti. In un estremo tentativo di difesa, indicò come vera responsabile una maga conosciuta come La Voisin.
Venditori di veleni, streghe, indovini e altra marmaglia da messa nera fu rastrellata e ammassata nelle prigioni. Era ormai diventata prassi rivolgersi a maghe e fattucchiere per ogni tipo di problema sentimentale: mariti troppo brutali, amanti traditori, rivali sfortunate. La soluzione che queste donne senza scrupoli consigliavano alle loro clienti era sempre la stessa: il ricorso al veleno praticamente per ogni problema. Fra i loro clienti, disposti a pagare anche cifre colossali pur di ottenere il veleno giusto, si contavano personaggi delle classi più agiate: magistrati, alti funzionari pubblici ed aristocratici, tutti mossi dalle eterne passioni umane: l’amore, l’ambizione, l’invidia, la cupidigia ed il gioco.
L’ordine del Re era chiaro: bisognava estirpare il problema alla radice!
Gli interrogatori e le indagini portarono alla luce nuovi crimini, commerci sordidi e diversi colpevoli, ma le rivelazioni che maggiormente attirarono l’attenzione di Nicolas Gabriel de la Reynie furono quelle della maga Catherine Deshayes, vedova Montvoisin, conosciuta come “La Voisin”, una fattucchiera molto nota del quartiere.
Hans Winter, nel suo organico trattato “Medici e Avvelenatori del XVII secolo” ci riporta una biografia alquanto esaustiva della La Voisin, scrivendo che aveva preso possesso di una casa appartata con giardino, presso Rue Beauregard, in modo da non essere infastidita da azioni di spionaggio da parte dei vicini o della polizia. La donna, vedova di un gioielliere di nome Antone Montvosin e da cui ella aveva preso il nome di La Voisin, e che fin da ragazza aveva imparato l’arte di leggere la mano e di predire il futuro, dopo la morte del marito, per continuare a guadagnarsi da vivere iniziò a fabbricare amuleti e pozioni magiche. Nonostante fosse quasi sempre ubriaca e dai costumi volgari, la sua rete di conoscenze era così vasta che in poco tempo divenne la maga più famosa di Parigi.

maga “La Voisin”
Preoccupato dai nomi illustri che ripetutamente saltavano fuori nel corso delle indagini, il capo della polizia ritenne opportuno avvertire persino François Michel Le Tellier, marchese di Louvois, il celebre Segretario di Stato per la Guerra francese.
Uno scandalo ripugnante e senza precedenti stava prendendo forma. L’aspetto più preoccupante della vicenda, per Nicolas Gabriel de la Reynie, non era tanto il ricorso disinvolto al veleno, quanto piuttosto il livello sociale delle persone coinvolte, la crème de la crème della Francia! Infatti, molti degli indagati erano amici e parenti di Colbert, Primo Ministro francese. Lo scandalo quindi si mescolava allo scandalo, facendo tremare dalle fondamenta tutto lo stato francese.
Il capo della polizia condusse un’inchiesta accurata e scoprì che quasi quotidianamente si celebravano messe nere in cui, al posto dell’altare, si officiava sul corpo nudo e disteso di una donna.
Queste messe nere erano celebrate da preti scomunicati come Étienne Guibourg, un ex prete di circa settanta anni e dell’aspetto inquietante, che aveva mantenuto per lungo tempo un’amante con la quale aveva generato diversi figli. Inoltre le indagini portarono a conoscenze dell’esistenze di crimini, quali la profanazione di ostie consacrate ed anche fabbricazione e introduzione di monete false.
Il Re, informato dal fido Marchese de Louvois, ordinò di arrivare in fondo alla faccenda. Luigi XIV per far fronte alla crescente minaccia e risolvere il caso con discrezione, istituì un’apposita commissione formata da quattordici giudici scelti ai vertici della magistratura, con il compito di istruire vari processi in parallelo e di condurli nella più assoluta riservatezza. Tutti i casi presi in esame avevano a che vedere con l’uso del veleno e il sovrano desiderava che il popolo non ne venisse a conoscenza. A questo tribunale fu dato il nome di: “Camera Ardente” (fu appellata così per i drappi neri e le fiaccole che ornavano l’aula).

Luigi XIV (Re Sole)
Nel 1679 con l’incarcerazione di Marie Bosse, Catherine Montvoisin, detta la Voisin, e Adam de Coeuret che si era soprannominato Lesage (“il saggio”), l’inchiesta giungeva a una svolta. Le due indovine e il mago che avevano lavorato insieme, iniziarono ad accusarsi tra di loro senza riserva alcuna. Confessarono di aver fatto abortire un numero altissimo di donne, di aver avvelenato su commissione svariate persone, di aver praticato la magia nera, organizzato riti satanici e celebrato messe sacrileghe nel corso delle quali erano stati sacrificati dei neonati. Confessarono di aver organizzato delle vere e proprie orge alle quali partecipavano uomini e donne appartenenti alla nobiltà francese e persino membri influenti della corte del Re. Orge che avevano un fine propiziatorio.
La contessa Olimpia Mancini, nipote del Cardinale Mazzarino, amante “rottamata” del Re Sole, fu accusata di aver avvelenato il marito, il principe Eugenio Maurizio di Savoia-Carignano, agli atti deceduto all’età di quarant’anni a causa. Inoltre fu accusata d’aver tentato in seguito di vendicarsi della rivale Louise de la Vallière tramite l’impiego del veleno. Se il piano della contessa era quello di riconquistare in questo modo il Re, le andò male perché fu bandita dal regno.

contessa Olimpia Mancini
Sua sorella Maria Anna Mancini, duchessa di Bouillon, fu accusata di voler avvelenare il marito per poter sposare il proprio amante (che era suo nipote) ma processo la duchessa si fece una bella risata presentandosi al braccio del marito da un lato, dell’amante dall’altro. Fu totalmente assolta.

Maria Anna Mancini, duchessa di Bouillon
L’apice di tutta la vicenda fu toccato nel febbraio 1680, quando durante gli interrogatori dal marchese de Louvois e da Reynie, la figlia della maga La Voisin chiamò in causa il nome di Madame de Montespan, la potente favorita del Re Sole Luigi XIV, nonché madre di sette dei suoi figli!
Per ottenere il suo risultato, un rito satanico doveva essere celebrato per tre volte di seguito. Lo storico francese Frantz Funck-Brentano, autore del Catalogo degli archivi della Bastiglia, riferisce che le tre messe nere ordinate da Madame de Montespan, furono celebrate nel 1673 con un intervallo di quindici giorni l’una dall’altra. La prima avvenne nella cappella del Castello di Villebousin, una costruzione del Trecento, assai adatta per tenebrosi incantesimi, circondata da grotte profonde e lugubri fossati. La si incontrarono Madame de Montespan, la maga La Voisin, l’abate Guibourg, il governatore dei paggi Leroy, Mademoiselle des Oeillets (la dama di compagnia di Madame de Montespan) e un altro personaggio rimasto sconosciuto. Un bambino, che era stato procurato quale scacrificio per questa prima messa, fu sgozzato con un piccolo coltello fu riversato in un calice, mentre gli altri portarono via il corpo esanime. Terminata la macabra esecuzione, l’abate Guibourg celebrò messa sul corpo completamente nudo di Madame de Montespan, la favorita del Re.
Nata il 5 ottobre 1640 con il nome di Françoise di Rochechouart di Mortemart, la giovane nobildonna francese fece il suo ingresso a corte nel 1658 divenendo la damigella d’onore della principessa Enrichetta d’Inghilterra, moglie di Filippo d’Orléans, fratello del Re.
In seguito, grazie al legame tra sua madre e la regina vedova Anna d’Austria Françoise-Athénaïs, divenne dama di compagnia della moglie del re, Maria Teresa d’Austria.
Abiti, gioielli, acconciature: Françoise aveva nel suo fascino l’arma vincente, tanto da scegliere per sé il nome d’arte di “Athénaïs«: Atenaide fu, come attesta lo storico greco Strabone, una profetessa vissuta all’epoca di Alessandro il Macedone, la quale gli predisse che la sua grandezza, ottenuta di vittoria in vittoria, lo avrebbe reso pari agli dei.
Il 28 gennaio 1663, Françoise sposò Louis Henri de Pardaillan, Marchese di Montespan, maggiore di lei di un anno. Françoise in precedenza era stata fidanzata con il fratello del marito, ma questi fu ucciso in un duello, dopo un ballo al Louvre. Dopo la sua morte fu deciso che Françoise dovesse sposarne il fratello minore.
La coppia riceveva una piccola rendita e visse in una casa vicino al Louvre, ciò permetteva a Madame de Montespan di presenziare a corte e svolgere lì i suoi doveri come dama di compagnia della Duchessa d’Orléans. La bellezza era solo una delle tante doti di Madame de Montespan. Era una conversatrice colta e divertente, in grado di conquistarsi l’ammirazione di alcune figure letterarie come la scrittrice Madame de Sévigné ed il diarista Saint-Simon.
Re Sole Luigi XIV era noto per il numero elevato di sue amanti e le sue avventure amorose erano leggendarie. Dal 1666, quando apprese che il Re aveva perso interesse per la sua amante, la prima delle sue favorite, Louise Françoise La Baume Le Blanc, Mademoiselle de La Vallière, l’ambiziosa e intrigante Madame de Montespan divenne una delle amanti del Re Luigi XIV e poco dopo fu la favorita del Re.
Nel 1674 ottenne il divorzio dal marito Louis Henri de Pardaillan, Marchese di Montespan. Prassi anomala, giacché i nobili traevano beneficio dal fatto di essere sposati a una favorita del re. A quanto pare, il marchese di Montespan ebbe da subito una reazione diversa: quando la notizia fu di pubblico dominio, dichiarò morta la sua consorte e ne fece celebrare virtualmente le esequie nella sua proprietà di famiglia. Nessun corpo, nessuna salma da seppellire, ma solo il ricordo di una moglie infedele.
Del resto, fu anomala la stessa relazione di Athenaïs con Luigi XIV, più simile a un matrimonio che a una relazione di carattere mondano per l’assiduità della frequentazione, ostentata senza remora alcuna in ogni occasione. Proprio per questo motivo, Madame de Montespan fu chiamata da alcuni “la vera Regina di Francia” a causa della pervasività della sua influenza a corte in quel periodo, tanto da accompagnare il sovrano anche nelle occasioni ufficiali.
Come scrisse Elisabetta Carlotta del Palatinato, duchessa d’Orléans (principessa Palatina), nel confrontare “Athénaïs” (nome con il quale il Re Sole Luigi XIV chiamava Madame de Montespan) alla precedente amante del Re, Louise Françoise La Baume Le Blanc, Mademoiselle de La Vallière: “La Montespan aveva splendidi capelli biondi, bella mani e belle braccia. La de La Valliere non le aveva, ma era molto pulita mentre la Montespan era una donna sporca. Dentro e fuori!”

Françoise di Rochechouart di Mortemart (Madame de Montespan)
Louise de La Valliére alla fine, dopo aver subito uno scherno costante e molte umiliazioni, divorata dal rimorso di aver soddisfatto il piacere carnale del Re, che era unito in matrimonio con la Regina per volontà di Dio, decise di uscire di scena, ritirandosi in un convento, dove passò gli ultimi trent’anni della sua vita. Nel 1674 si ritirò nel convento carmelitano delle Figlie di Santa Maria di Chaillot per non uscirne più. Prima di partire aveva salutato con commozione il Re, suo amante, la Regina, che tanto aveva fatto soffrire, ma che la perdonò e persino la sua rivale, cioè Athenaïs, con la quale aveva cenato per l’ultima volta. Il 19 aprile 1674 salutò i figli e lasciò la corte, dopo tredici anni di permanenza come favorita del Re. Morì il 4 giugno del 1710, nel convento dove si era chiusa trentasei anni prima. Oggi questo convento non esiste più.
Nel 1683 Madame de Sévigné annoterà su Louise de La Valliére: “Madame de La Vallière non è stata un’amante stordita, volubile ed incostante e l’ha dimostrato con il suo pentirsi. Era una persona del tutto piacevole, buona, dolce, tenera. Non aveva amato il Re per ambizione, ma aveva per lui una passione sincera e in tutta la sua vita non aveva mai amato altri che lui”.
Comunque, Madame de Montespan si trasferì a vivere alla Reggia di Versailles e per rendere l’idea della sua rilevanza, il suo appartamento era composto di venti camere, mentre quello della regina consisteva in 11 camere totali.
Ma nonostante la vicinanza e la presenza a Versailles di Madame di Montespan, il Re Luigi XIV non riusciva e mettere a freno i suoi impulsi sessuali tanto che posò l’occhio su Anne de Rohan-Chabot, baronessa di Soubise, la quale aveva in quel momento 28 anni, e che non oppose una ferrea resistenza. Il Re era solito incontrarla nell’appartamento di Madame de Rochefort, in modo discreto per non far trapelare nulla, essendo Anne sposata. François de Rohan
Quello però che il Re non sapeva era che il marito, François de Rohan, al corrente di tutto appoggiava l’adulterio con il Re, in quanto vi scorgeva una possibile fonte di guadagno. Infatti, il marito tradito non sollevò alcuna obiezione, ma chiese denaro, tanto che riuscì ad acquistare l’antico Hôtel de Guise, che diventò l’Hôtel di Soubise, un meraviglioso palazzo nobiliare di Parigi, oggi sede degli Archivi Nazionali francesi, e che insieme all’adiacente Hôtel de Rohan ospita le sale d’esposizione che formano il Musée de l’Histoire de France.
Il marito di Anne de Rohan accumulò milioni su milioni. Ai complimenti per la sua ricchezza, egli era solito abbassare la testa e indicare la moglie, come univa vera meritoria di tanta opulenza del casato.

Anne de Rohan-Chabot
La graziosa Anne non solo era avida quanto il marito, ma, dopo aver ricoperto di ricchezze tutta la famiglia, ottenendo il titolo di Principessa, ed elevando la sua baronia in Principato, pensò di poter trattare Madame de Montespan dall’alto in basso, con una certa arroganza: la cosa non piacque proprio per nulla alla favorita del Re. Athénaïs ricorse dunque alla maga La Voisin per ottenere filtri d’amore per far tornare il Re da lei, allontanando la Soubise.
Non si sa se fu proprio questo filtro a far cadere in disgrazia Madame de Soubise, ma fatto sta che il Re l’abbandonò bruscamente.
Madame de Sévigné osservò nei suoi scritti che Madame de Soubise era passata rapida come un lampo, e questo allietò la favorita. Ma Madame de Sévigné ebbe modo anche di notare poco dopo comportamenti sopra le righe tanto da affermare: «Madame de Montespan è come pazza«. Ed in effetti motivi per stare in tensione Madame de Montespan ne aveva eccome. Dopo la Soubise, dovette affrontare il confronto con una serie di nuove amanti del Re che spuntavano come funghi.
Alla fine del 1675, Il Re Sole si intrattenne più volte con mademoiselle de Grancey e con la Principessa Marie-Anne de Wurtemberg; poi passò ad uno dei nomi che uscirono nell’Affare dei Veleni: Mademoiselle des Oeillets.
Al tempo era la cameriera di Madame de Montespan, ed aveva intrattenuto piacevoli momenti col Re, ogni volta che Sua Maestà si fermava nell’anticamera di Athénaïs, in particolar modo quando quest’ultima era indisposta.
Si narra che mademoiselle des Oeillets non fosse affatto una donna discreta: faceva ben capire che il Re l’aveva “onorata” parecchie volte, e si vantava di non esser mai rimasta in stato interessante (fatto non vero giacchè ebbe da Sua Maestà una figlia, che fu dichiarata prole di un personaggio inesistente, Filippe de la Maison Blanche).
Non era particolarmente bella, eppure il Re si intratteneva con lei. La des Oeillets in questo periodo osservava il Re in silenzio davanti al fuoco, mentre sospirava.

Mademoiselle des Oeillets
Questa storia del Re con la propria cameriera non piacque per nulla a Madame de Montespan. Ecco così che mescolò vari flaconi, acquisiti da diverse fattucchiere, nel cibo del Re. Cosa accadde dopo? il Re si stancò della des Oeillets! Cosa poteva pensare Madame de Montespan? Che i filtri funzionavano eccome! Non solo: tutto ciò la indusse a pensare che preparandone altri, sarebbe tornata agli antichi splendori, come prima fra le amanti del Re.
Ed invece ottenne l’effetto indesiderato: Luigi XIV si interessò a mademoiselle Isabelle de Ludres, la quale apparteneva alla Camera delle figlie di onore della Regina. Ma la ragazza non sapeva tacere e le chiacchiere giunsero presto alle orecchie di Madame de Montespan, la quale decise allora di impiegare afrodisiaci ancora più potenti per avere per sé il Re: intrugli di polvere di rospo, occhio di vipera, testicolo di cinghiale, carciofo, escrementi di volpe, urina di gatto.

mademoiselle Isabelle de Ludres
Uscì di scena Isabelle de Ludres? No, anzi era talmente intenzionata a conservare il suo momento di gloria, che ideò la diceria che fosse in stato di gravidanza ed attendesse quindi un figlio dal Re. Ciò induceva i membri di corte ad alzarsi al suo passaggio, anche in presenza della Regina stessa, e essi si risiedevano ad un cenno di questa nuova amante del Re.
Madame de Montespan andò su tutte le furie. Di frequente, fra le due donne scoppiarono violente risse. Un mattino, per esempio, il Re disse, finita la messa, una frase all’orecchio di Isabelle de Ludres: ebbene quando quest’ultima si avvicino a Madame de Montespan, scoppiò una violenta lite tanto che la Montespan cercò di strozzarla. Madame de Montespan trattava malissimo la rivale, e diffuse la menzogna che avesse il corpo coperto di «squame», ossia che avesse la scabbia o la lebbra.
Quando giunse nelle mani di Madame de Montespan una scatola contenente polvere grigia, furono propinati nuovi intrugli al sovrano e, fatto sta che il Re si stancò anche di Isabelle de Ludres. Anche in questo caso Madame de Montespan aumentò la fiducia negli afrodisiaci: nella sua mente, l’allontanamento di mademoiselle Isabelle de Ludres era conseguenza di quella polvere grigia.
Mademoiselle Isabelle de Ludres finì i suoi giorni nel convento delle Figlie di Santa Maria del Faubourg di Saint-Germain.
Ma ecco che poco dopo l’allontanamento di Isabelle de Ludres, il Re posò gli occhi su una delle damigelle di onore della Principessa Palatina, una ragazza biondina, cogli occhi grigi, di appena 18 anni. Era Marie Angélique de Scorailles, Duchessa de Fontanges.

Marie Angélique de Scorailles, Duchessa de Fontanges
L’abate de Choisy, il compagno di giochi del fratello del Re, diceva che la Duchessa de Fontanges “era bella come un angelo, ma stupida come la luna«.
Quando il Re vide tale bellezza, non seppe resistere; una sera lasciò Saint-Germain e con una scorta di guardie del corpo, si recò dalla cognata, a Palazzo Reale, e tramite la complicità di mademoiselle des Andrets, entrò nell’appartamento della Duchessa de Fontanges riuscendo a possederla per la prima volta.
Quando all’alba il Re lasciò il Palazzo Reale, alcuni lo riconobbero e quindi Madame de Montespan venne a conoscere della scappatella del Re.
E’ qui che iniziò a delinearsi, nel furore di Madame de Montespan, il progetto di eliminare sia il Re che mademoiselle de Fontanges. Ricorse così ancora una volta alla maga La Voisin che le procurò un miscuglio terribile, proprio poco prima del 12 marzo 1679, giorno in cui Louvois ordinò l’arresto della strega.
Alla notizia dell’incarcerazione della maga La Voisin, Madame de Montespan si spaventò molto e lasciò il Palazzo di Saint-Germain per Parigi. Molti interpretarono questa fuga come un litigio fra i due amanti, e nessuno poteva immaginare che invece essa era stata dettata dalla paura che la strega si lasciasse sfuggire qualcosa durante gli interrogatori.
Dopo alcuni giorni, Madame de Montespan ritenne che La Voisin non aveva fatto il suo nome, e quindi tornò a palazzo. Ma che sorpresa! La Duchessa de Fontanges si era stabilita in un appartamento comunicante con il Re.
Su richiesta di Madame de Montespan, in una cantina si riunirono l’abate Étienne Guibourg e un prete scomunicato. Attorno ad un tavolo su cui era posta una statuina di cera bianca che raffigurava il Re, fecero un sortilegio e la infilzarono in diversi punti, recitando rituali da messe nere. Tali riunioni si ripetettero per nove giorni continuativi, poi la statuina di cera che raffigurava si liquefò per diventare una crosta bianca, che il giorno dopo fu inserita in un cofanetto consegnato a Madame de Montespan, la quale a sua volta lo nascose in un mobile dai vani segreti.
Si delineava così il sospetto dell’esistenza di un piano per eliminare il Re: in effetti Madame de Montespan, da quando aveva trovato la giovane Duchessa de Fontanges al suo posto, aveva deciso di eliminare sia Re che la diciottenne. Chiese così alla Trianon, una maga amica di La Voisin, di preparare una formula velenosa per raggiungere tale scopo; talmente velenosa che se il Re avesse toccato solo una carta imbevuta del composto sarebbe morto poco dopo.
Un contrattempo però inibì la riuscita del piano e in quel momento inoltre La Reynie aveva fatto proteggere il Re dopo la scoperta dei laboratori delle avvelenatrici. Madame de Montespan decise allora di attendere che si calmassero le acque. Dai documenti inclusi negli Archivi della Bastiglia, quello che Madame de Montespan cercava era un veleno discreto, che lentamente finisse la sua rivale, cioè che desse l’impressione di spegnersi per languore e dolore, dopo il trapasso del Re.
Ricercare una formula per creare tali veleni era la meta di tutte le streghe, e Madame de Montespan fece compiere molte ricerche in tal senso. Ma bisognava testare il prodotto. Si ritiene che fu così che Madame de Montespan divenne la mandante dell’omicidio del lacchè di Madeleine Chapelain: questa dama infatti per testare il veleno non esitò ad usare il suo servitore come cavia. Una improvvisa emorragia, un veloce trasporto all’ospedale de la Charité, e la costanza di assidue visite della sua datrice di lavoro, che si mostrava sempre desiderosa di sapere il suo stato di salute (o meglio dell’effetto del veleno).
Ma fu un fallimento perché il servitore di Madame de Chapelain si spense in soli dodici giorni. Evidentemente non era un veleno discreto! E’ che per un servitore non ci si sarebbe posti troppe domande, ma per un personaggio più importante, una simile emorragia poteva destare sospetti.
Con varie prove pratiche su scudieri e cameriere, i complici di Madame de Montespan erano riusciti ad affinare dei veleni che riuscivano ad agire in parecchie settimane, cosa che avrebbe destato davvero poco interesse anche nei medici più curiosi.
Madame de Montespan, accecata dall’astio verso la sua giovane rivale, decise di non attendere oltre. Due brutti ceffi, Roumani e Bertrand, fedeli a Madame de Montespan, sarebbero dovuti entrare negli appartamenti della Duchessa de Fontanges, travestito il primo da mercante di stoffe, ben bene imbevute di veleno, guanti compresi, ed il secondo come suo aiutante. Ma ancora una volta fu La Reynie a scombinare i piani di Madame de Montespan. Infatti, aveva fatto sorvegliare i due scellerati e gli impedì di avvicinarsi alla Duchessa de Fontagens.
Ci fu così una tregua forzata, dove Madame de Montespan riuscì a mostrare una gran amicizia con la Duchessa de Fontanges, con tanto di scambi di regali reciproci.
Un cronista dell’epoca racconta che il Re si presentava con Madame de Montespan e Madame de Fontanges, una a destra ed una a sinistra come se fossero due “sultane”. «La Regina riceveva le loro visite, ed anche quelle dei loro figli, come se fosse un dovere, come se fossero tutti una gran famiglia. Quando andavano a messa a Saint-Germain avevano delle posizioni prestabilite: Madame de Montespan e figli a sinistra della tribuna, di fronte a tutti, mentre la Duchessa de Fontanges si disponeva con il suo seguito a destra. A Versailles invece, Madame de Montespan dalla parte del Vangelo, mentre la Duchessa de Fontanges sui gradini più alti dalla parte dell’Epistola. Pregano ed alzano lo sguardo al cielo, come se fossero santificate«.
Ma era solo una facciata ben recitata: Madame de Montespan covava una insopportabile insofferenza, specie perchè faceva un continuo confronto fra lei e la freschezza della diciottenne Duchessa de Fontanges: Athénaïs, anche in considerazione dei parti, si era appesantita.
Lo scrittore Giovanni Battista Feliciano Fassola, noto anche con lo pseudonimo di Primi Visconti, ricorda che in occasione di una discesa dalla carrozza, la gonna di Madame de Montespan si sollevò mostrando una delle sue gambe grosse, che lo scrittore paragonò alle sue, anche se, con una punta ironica, ammise che lui era da tempo dimagrito.
E mentre accadeva questo, mademoiselle de Fontanges spopolava.
Lo storico Jean-François Dreux du Radier, racconta come nel corso di una partita di caccia, “Mademoiselle de Fontanges si presentò vestita da amazzone, con abito di merletti che, indossato con la sua figura, la faceva apparire come una visione. La pettinatura era capricciosa, con qualche piuma, che andava ad esaltare lo splendore della ragazza.
Di sera, finita la caccia, si alzò del vento e, tolto il cappellino, ricompose la capigliatura con un nastro, i cui nodi le ricadevano sulla fronte. Il Re rimase affascinato da questo nuovo aspetto di lei, e pregò Mademoiselle de Fontanges di non cambiare la pettinatura per il resto della giornata”. Sembra un racconto superfluo, ma la notizia si diffuse, e tutte le signore il giorno dopo apparvero con quella pettinatura, diventando una moda per la Corte e per Parigi. Moda che passò anche all’estero con nome di «pettinatura alla Fontanges«.

Marie Angélique de Scorailles, Duchessa de Fontanges
Madame de Montespan non poteva tollerare che la nuova favorita diventasse arbitra dell’eleganza e traboccante di rabbia riprese i piani per liberarsene.
Nell’aprile del 1681, la Duchessa de Fontanges, che aveva avuto un figlio in gennaio, fu colta da emorragia, esattamente come il servitore di Madame Chapelain. Poi una nuova emorragia la indebolì ulteriormente; Madame de Sévigné scrisse: «La giovane duchessa si è distesa a letto essendo sopraggiunta una febbre che comportò un gonfiore generale di volto e corpo«.
La Duchessa de Fontanges decise di ritirarsi nella Abbazia di Chelles. Corrotto così un servitore della Duchessa de Fontanges, Madame de Montespan continuò l’azione avvelenatrice lentamente, goccia dopo goccia. La Duchessa de Fontanges si spense il 28 giugno 1681, dopo terribili giorni di agonia. Morì all’età di 22 anni!
Addirittura, Madame Palatina, cognata del Re Luigi XIV in quanto moglie in seconde nozze di Filippo d’Orléans, fratello del sovrano, non poté esimersi dallo scrivere: «E’ un fatto certo che la Duchessa de Fontanges è morta avvelenata, e che lei stessa accusò Madame de Montespan del suo avvelenamento. Un lacchè che quest’ultima aveva guadagnato alla sua causa, aveva fatto morire la giovane duchessa con del latte«.
Il Re ebbe di certo dei sospetti, ma, timoroso di sapere la verità sulla Montespan, vietò l’autopsia.
Intanto le indagini sull’Affare dei Veleni procedevano speditamente. La strega La Voisin, dopo l’arresto nonostante le terribili torture non volle dichiarare chi fossero i suoi clienti. A Parigi, in Place de Grève, il 22 febbraio 1680 fu quindi arsa sul rogo con i suoi segreti.
Subito dopo l’esecuzione, François Michel Le Tellier, marchese di Louvois, il potente Segretario di Stato per la Guerra francese, interrogò Marguerite Voisin, la figlia della strega La Voisin.
Appresi i contenuti della deposizione di Marguerite Voisin, il Re Sole rimase esterrefatto e si prese del tempo per riflettere!
Infatti, secondo le testimonianze raccolte durante le indagini svolte in occasione dell’Affare dei Veleni, si apprese che per mantenere viva la passione del Re Sole, Madame de Montespan aveva fatto ricorso a messe nere, malocchio, filtri d’amore, veleno e altre amenità. Marguerite Voisin, la figlia della strega La Voisin, confessò che la maggiore cliente di sua madre era Madame de Montespan. Infatti, per eliminare le sue rivali amorose dal cuore e dalla mente del Re, Madame de Montespan si rivolse a La Voisin, la più famosa strega a Parigi, dichiarandosi disposta non solo a pagare in oro, ma anche a partecipare ai rituali più disgustosi. Marguerite Voisin, confessò: “Ho visto mia madre, Catherine, accompagnare Madame de Montespan avvolta in un mantello nero e con il viso coperto da un velo, nel padiglione in giardino e aiutarla a stendersi nuda di fronte all’altare con le braccia aperte e un cero in ogni mano. Il prete, Étienne Guilbourg, pronunciò la messa al contrario, in onore di Satana e depose sul ventre della donna il calice pieno del sangue tiepido di un bambino appena sacrificato. Ogni volta che doveva baciare l’altare, il prete baciava il corpo nudo che vi era steso davanti, consacrava l’ostia sui genitali e ve ne inseriva un pezzetto. Terminata la messa, Guilbourg possedette la donna e, dopo essersi bagnato le mani nel calice, lavò gli organi sessuali di entrambi”.
Furono sottoposti a rigidi interrogatori altri testimoni. Tali testimonianze confermarono che Madame de Montespan era coinvolta nel sacrificio di neonati e i testimoni dichiararono che nei riti in cui partecipò per effettuare preghiere al diavolo, Madame de Montespan si cosparse il corpo del sangue dei neonati uccisi e che erano stati rapiti a sfortunate donne popolane dei villaggi francesi intorno a Parigi. Con lo stesso sangue, la strega La Voisin preparò anche dei filtri d’amore che Madame de Montespan avrebbe dovuto far bere al Re Luigi XIV.
Pochi giorni dopo la confessione di Marguerite Voisin, un’altra maga e occultista francese di nome Françoise Filastre, sottoposta ad interrogatorio fece il nome di Madame de Montespan, dichiarando che la favorita del Re era solita partecipare a macabri riti satanici e acquistare da La Voisin filtri d’amore e pozioni velenose.
Difficile distinguere il crimine dalla calunnia in questo caso, in quanto a Madame de Montespan certo non mancavano i nemici. Tuttavia, poiché il Re fece improvvisamente chiudere il caso interrompendo bruscamente le indagini in corso, e poiché ordinò di sequestrare e bruciare le prove che la riguardavano, risulta difficile credere che fosse del tutto estranea alla faccenda.
Il 19 Maggio 1681 il Re ordinò espressamente al Marchese de Louvois che nessuno scandalo dovesse colpire Madame de Montespan e che nessun giudice avrebbe dovuto sottoporla ad interrogatorio: «Impongo formale divieto ai magistrati di dar lettura di documenti che la riguardino«.
Nel 1682, la “Camera Ardente” fu sciolta su ordine del Re. La Commissione si era riunita 210 volte e aveva ordinato 319 arresti; una ventina di persone erano riuscite a fuggire e 194 erano state incarcerate; di queste, 34 erano state giustiziate (la maga La Voisin era finita sul rogo) e 2 erano morte sotto tortura.
Per soffocare lo scandalo, fu proprio La Reynie a dare un buon consiglio al Re. Colpevoli o innocenti, tutti coloro il cui nome era stato fatto in relazione a un possibile coinvolgimento di Madame de Montespan nell’Affare dei veleni furono condannati, senza processo e spediti a languire, totalmente isolati, in lontane prigioni, dove tutti rimasero, incatenati al muro della loro cella per la maggior parte del giorno, fino a morte sopraggiunta.
Gli incartamenti degli interrogatori e delle confessioni di testimoni e di coloro che erano stati arrestati furono in gran parte distrutti, ma tracce importanti sopravvissero alla distruzione, tanto che gli storici sono riusciti a ricostruire la vicenda con accuratezza. Il catalogo dello storico Ravaisson, conservato negli Archives de la Bastille, è una delle opere fondamentali per ricostruire quanto accadde negli eventi dell’Affare dei Veleni.
Madame di Montespan è così passata alla storia non solo come l’amante che partorì sette figli del Re Sole (sei dei quali legittimati) e come l’antenata di varie case reali in Europa, comprese quelle di Spagna, Italia, Bulgaria e Portogallo, ma anche come una criminale senza scrupoli che non esitò a ricorrere ai metodi più sporchi e crudeli per raggiungere i propri obiettivi.
Al fine di evitare ulteriori scandali riguardanti la madre dei figli legittimati dal sovrano, l’insabbiamento dell’affare dei veleni la preservò dal processo, ma rappresentò comunque l’inizio della “rottamazione” di Madame de Montespan, nonché di una profonda crisi morale del Re Luigi XIV.
Il Re volle prendersi tuttavia una rivincita con Athenaïs: la convocò e direttamente le chiese spiegazioni. Il comportamento della ex favorita passò prima alle lacrime, poiché confusa e umiliata, poi ai rimbrotti. La conversazione con il Re si fece sempre più animosa e ad un certo punto Madame de Montespan cedette. Dichiarò con veemenza che si era rivolta a maghi e fattucchiere, di aver partecipato a messe nere ed aver fatto uso di pozioni magiche e veleni poiché spinta dall’amore per il Re e dall’odio verso le rivali. Sostenne che fece tutto ciò per proteggere il loro rapporto. Una confessione che confermò al Re ciò che in realtà già sapeva dalle indagini e dagli interrogatori. Alla fine il Re concesse il perdono a Madame de Montespan. Poco dopo Madame de Maintenon scrisse: «Madame de Montespan uscì da quel colloquio irrevocabilmente perduta, ma anche definitivamente salvata«.
Il Re Sole, però, disgustato dal comportamento di colei che aveva amato così a lungo, troncò ogni rapporto con Madame de Montespan. Del resto, aveva già iniziato a frequentare regolarmente Madame de Maintenon, vedova Scarron, che la stessa marchesa aveva voluto a corte come governante dei figli dati al Re. L’unica, forse, che non aveva mai pensato di avvelenare.
Nel 1691, avendo compreso che non gli era neanche più consentito parlare con il Re, Madame de Montespan si ritirò nel convento delle Filles de Saint-Joseph, in rue Saint-Dominique a Parigi, con una pensione di 800.000 luigi accordati da Luigi XIV. In segno di gratitudine per la sua partenza, il Re nominò suo padre governatore di Parigi, suo fratello, il duca di Vivonne, Maresciallo di Francia e una delle sue sorelle, Gabrielle, badessa della ricca Abbazia di Fontevrault.
Madame de Montespan trascorse gli ultimi anni della sua vita in una penitenza molto severa. Nel suo lungo ritiro, Madame de Montespan si convertì a una vita pia, dedita all’assistenza dei poveri, alla preghiera e alla purificazione della propria anima. Donò ingenti somme di denaro a ospedali ed enti di beneficenza.
Morì il 27 maggio 1707 all’età di sessantasei anni, mentre faceva delle cure termali a Bourbon-l’Archambault per cercare di guarire da una malattia. In punto di morte confessò tutti i suoi peccati. Il Re Sole apprese della sua morte con totale indifferenza. Soltanto i suoi tre figli più giovani provarono sincero dolore per la sua morte, ma il Re proibì ai suoi figli di portare il lutto per lei.
Françoise-Athénaïs di Montespan fu sepolta senza alcuna cerimonia funebre nel Convento di La Flèche, in un piccolo comune situato nella regione dei Paesi della Loira.
Luca D’Agostini
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Fonti
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