Un destino breve e tragico si è abbattuto su questi bambini. Già dalla nascita, ognuno di loro era stato privato della salute, chi soffriva di malattie psichiche, chi di malformazioni fisiche, chi di varie forme di ritardo. Gli sfortunati bambini rimasti orfani sin da piccoli non erano destinati a conoscere né l’amore dei loro genitori, né comunque avere l’opportunità di vivere la loro vita.
La guerra iniziò e durante la ritirata il governo sovietico evacuò le zone che stavano per essere occupate dai nazisti. Il 27 luglio 1942, il villaggio di Nizhne-Čirskaja, situato nella regione di Stalingrado, era sotto l’occupazione delle truppe della Wehrmacht. A causa del rapido attacco del nemico, l’evacuazione dei civili dalla zona del fronte avvenne in condizioni molto difficili: incendi, bombardamenti, mancanza di mezzi di trasporto. Purtroppo non si riuscì in tempo ad evacuare i poveri orfani malati dell’orfanotrofio di Nizhne-Čirskaja.
Di conseguenza, quando le truppe naziste entrarono nel villaggio, parte degli abitanti rimasero ancora lì, compresi gli allievi dell’orfanotrofio. Gli occupanti iniziarono a derubare la popolazione locale, portando via cibo, animali domestici e tutti gli oggetti che ritenevano utili. Fecero irruzione anche nell’orfanotrofio, dove sequestrarono tutti i prodotti e i maiali e le pecore che servivano per il fabbisogno alimentare.
In seguito all’invasione, le truppe naziste definite «squadre della morte», penetrarono nei territori occupati, con il compito di uccidere tutti i soggetti ritenuti «di razza inferiore», e tra questi rientravano i bambini disabili.
Uno di questi gruppi di «squadre della morte» giunse al villaggio di Nizhne-Čirskaja dall’Ucraina, precisamente dalla città di Char’kov. Il 1° settembre 1942 entrarono nell’orfanotrofio per bambini con patologie di ritardo dello sviluppo mentale. A quel punto, tutto il personale dell’orfanotrofio e parte degli alunni più grandi d’età fuggirono. Rimasero all’interno dell’orfanotrofio solo la magazziniera, Donskova Elena Afanasevna e 47 bambini dai 4 ai 12 anni. I tedeschi ordinarono alla magazziniera di preparare i bambini per la partenza che sarebbe avvenuta il giorno successivo. La magazziniera chiese cosa dovevano portare con sé i bambini. Uno degli ufficiali tedeschi rispose in russo: «Non hanno bisogno di cibo, i bambini non andranno lontano«.
Probabilmente, l’ufficiale di lingua russa era il traditore della patria e complice dei soldati della Gestapo, l’ucraino Michail Bulanov. Prima di ciò, questo verme prese parte allo sterminio di centinaia di persone a Char’kov, nell’occasione in cui furono uccisi 900 pazienti dell’ospedale della città ucraina.
Il giorno successivo, il 2 settembre 1942, arrivarono all’orfanotrofio i mezzi di trasporto per il trasferimento dei bambini: due camion con teloni.
Alcuni bambini salirono ubbidientemente sui camion, mentre altri, avvertendo che qualcosa non andava, piansero e resistettero. Per rassicurare i bambini, gli ufficiali tedeschi iniziarono a dire loro che sarebbero andati «da zii e zie nella città di Stalingrado«. Ma non tutti credettero a questa bugia e quelli che non lo fecero furono costretti a salire sui camion con la forza.
I camion si avviarono e percorsero circa 3 chilometri, poi si fermarono. I soldati tedeschi iniziarono a tirare fuori i bambini dai camion e portarli sull’orlo della fossa, dove furono fucilati da una mitragliatrice di un tedesco di nome Alix. I bambini gridarono «non sparare«, come testimoniò in seguito Bulanov in tribunale, ma il boia Alix non li ascoltò.
Fu così, che il 2 settembre 1942, i nazisti sterminarono brutalmente i 47 bambini dell’orfanotrofio.
Il terribile crimine fu scoperto solo nel 1943. Dopo la liberazione dei territori occupati, i residenti locali tornarono al villaggio. Cominciarono a cercare i luoghi di sepoltura dei loro parenti uccisi dai nazisti perché accusati di avere legami con i partigiani. Durante le ricerche trovarono una fossa e la dissotterrarono. Man mano che scavarono iniziarono a imbattersi in giocattoli per bambini: bambole, macchinine, pistole giocattolo, ecc. In fondo alla fossa c’erano purtroppo i 47 corpi degli alunni dell’orfanotrofio di Nizhne-Čirskaja.
Iniziò un’indagine sulle circostanze del caso, furono ascoltati alcuni testimoni. La prima a raccontare quanto accadde fu la partigiana Klavdija Pančishkina. L’analisi dei resti umani portò a una scoperta scioccante: non tutti i corpi avevano ferite da proiettile. Ciò indicava che furono fucilati solo bambini di mezza età fisicamente forti, mentre i più piccolini e i deboli furono seppelliti vivi.
Nel dicembre del 1943, a Char’kov si tenne un processo contro gli invasori e i loro complici riguardo i crimini commessi contro la popolazione civile sovietica nei territori occupati. Il tribunale militare del 4° Fronte ucraino prese in considerazione anche il crimine della strage dei bambini dell’orfanotrofio di Nizhne-Čirskaja. Per questo reato l’unico imputato era l’ucraino Michail Bulanov, in quanto i membri della Gestapo responsabili del crimine congiuntamente a lui, ebbero modo di fuggire con l’esercito tedesco in ritirata. Bulanov riferì che accettò di cooperare con i nazisti perché era ben pagato e gli fu concesso di fare razzia tra i beni di proprietà delle proprietà delle vittime.
Il tribunale militare dell’Armata Rossa condannò Bulanov alla pena di morte tramite impiccagione.
Così, alle 11.00 del 19 dicembre 1943, nella piazza centrale della città ucraina di Char’kov ebbe luogo l’esecuzione pubblica della condanna a morte. Più di 40 mila persone accorsero per assistere ed incitare all’esecuzione della sentenza, e scoppiarono in un atteggiamento festoso appena il corpo del criminale fu visto penzolare dalla forca.
Dopo la liberazione del villaggio, l’orfanotrofio di Nizhne-Čirskaja riprese la sua attività.
Luca D’Agostini
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