Fu tra le donne più significative e potenti dell’Impero Romano, ma per comprendere tutti gli eventi che la riguardarono, iniziamo con il collocare Agrippina minore nel suo contesto storico. I giorni della repubblica erano ormai terminati, siamo, quindi, in un’epoca travagliata costellata di imperatori folli e sanguinari. Ambiziosa e avida di potere, fu indiscussa padrona della scena in un arco di tempo che comprese ben quattro imperatori: Tiberio, adottato da Augusto e zio del padre; Caligola, suo fratello; Claudio, lo zio che arrivò a sedurre e sposare, e infine Nerone, il figlio che ne ordinò la morte.
Agrippina, lontana dall’essere la classica matrona romana, che ritirata nella domus tesseva e filava la lana, fu politicamente attiva per tutta la vita: donna ambiziosa, senza scrupoli e calcolatrice, fu capace di navigare nelle acque agitate dell’Impero meglio degli uomini che era solita manipolare.
Il padre di Agrippina fu Germanico Giulio Cesare, discendente di Marco Antonio, ed erede di Augusto per adozione; la madre, Agrippina maggiore, era nipote di Augusto.
Agrippina minore nacque nel 15 d.C. nell’attuale Germania, in questa nobile famiglia, che doveva essere destinata a regnare. Nel 49 d.C. Agrippina minore chiese che il villaggio in cui era nata fosse innalzato al rango di colonia: fu allora istituita «Colonia Claudia Ara Agrippinensium» («la colonia di Claudio e l’altare di Agrippina») o, più semplicemente, Colonia Agrippina. Gli abitanti di questa nuova città si chiamarono Agrippinensi. Nel 1993, la Città di Colonia ha eretto una statua ad Agrippina sulla facciata del proprio Municipio.
Con l’adozione di Tiberio da parte di Augusto, l’Imperatore impose al suo successore di designare come proprio erede Germanico. Tuttavia, con la morte di Ottaviano e la successione di Tiberio, il futuro della famiglia Germanico non si delineò roseo quanto potevano aver sperato inizialmente.
Il padre di Agrippina minore, Germanico, era impegnato in quell’anno in una campagna contro i Cherusci, che sei anni prima avevano sgominato le legioni romane di Publio Quintilio Varo nella famosa battaglia di Teutoburgo. Germanico riuscì a sconfiggerli.
Agrippina non visse un’infanzia facile, né amorevole: nata in un accampamento di guerra mentre fuori infuriava la battaglia, ancora in tenera età fu costretta a sopportare violenze inaudite, a cominciare dallo sterminio della famiglia perpetrato da Tiberio, che causò probabilmente anche la fine misteriosa di Germanico e non esitò a far morire la madre in esilio.
Agrippina, in ogni modo, crebbe avendo in odio l’imperatore Tiberio, fratello di suo nonno Druso, fortemente sospettato di aver avvelenato il padre Germanico, invidioso della sua gloria per le sue conquiste militari e soprattutto per timore che succedesse al trono di Augusto.
Germanico non solo era un grande generale, perchè anche Tiberio lo era, ma era benvoluto da tutti: dal popolo, dagli amici, dai soldati, perchè sapeva parlare, capiva gli altri ed era estremamente gentile e aperto con tutti.
Lo scorbutico Tiberio, sempre chiuso, invidioso e cupo, non poteva competere con la personalità solare di Germanico che il popolo avrebbe visto sul trono molto più volentieri che non lui.
Ma la morte di Germanico non placò il futuro imperatore. Lucio Elio Seiano, il prefetto del pretorio a cui Tiberio aveva delegato il governo, anche lui timoroso che Tiberio venisse scalzato, decise di liberarsi dei tre figli maschi di Germanico, destinati al trono, e di far fuori la madre e i suoi vecchi amici. Fu una strage.
Il fratello maggiore di Agrippina, Nerone Cesare, fu esiliato e lasciato morire. L’altro fratello maggiore, Druso Cesare, fu rinchiuso nelle segrete del palazzo imperiale, dove impazzì e morì poco dopo. La madre, Agrippina Maggiore, fu invece confinata sull’isola di Pandataria (Ventotene) dove si lasciò morire di fame.
Allo sterminio sopravvissero solo Agrippina, le sorelle Giulia Livilla e Giulia Drusilla, e Gaio Cesare, cioè Caligola. Giulia Drusilla morì giovane di malattia. Giulia Livilla fu prima esiliata e poi fatta morire di fame.
La scalata di Seiano fu gloriosa quanto la sua caduta fu rovinosa: nel 28 d.C. aveva più importanza e potere dell’Imperatore stesso, che viveva in una sorta di esilio volontario a Capri, ma nel 31 d.C. Tiberio, risvegliatosi per qualche motivo, lo accusò di tradimento e lo fece giustiziare.
All’età di quattordici anni, fu costretta dall’Imperatore a sposare Gneo Domizio Enobarbo, uomo a lei odioso e assai più vecchio, che era stato in precedenza spia di Seiano. Da questa infelice unione nacque un unico figlio: Lucio Domizio Enobarbo, meglio conosciuto come Nerone.
È con la morte di Tiberio che si inizia a osservare l’interesse politico di Agrippina, prima che questo interesse divenisse ambizione.
Nonostante le trame di Seiano, fu Caligola a succedere a Tiberio. Tuttavia la buona sorte, che sembrava aver per un attimo sorriso ad Agrippina, non durò a lungo. Caio Cesare «Caligola», infatti, dopo un iniziale periodo di lucidità, impazzì. Molti attribuiscono la causa di questo cambiamento alla morte di Drusilla, sorella dell’Imperatore, che molte voci affermavano fosse la sua amante.
Per liberare Roma dalla folle guida di Caligola, alcuni storici parlano di una congiura ordita dalle due sorelle superstiti, Agrippina e Giulia Livilla (forse con l’aiuto di Marco Emilio Lepido, marito della sorella defunta, probabilmente amante della stessa Agrippina). Non sappiamo se tale congiura sia realmente stata organizzata: in ogni caso, nell’anno 40 d.C. il marito di Livilla fu fatto giustiziare e le due sorelle esiliare sull’isola di Ponza (lasciando il giovane Nerone a una zia dalla dubbia moralità).
La congiura di Cassio Cherea dell’anno 41 d.C., invece, riuscì: Roma fu liberata dal dispotismo di Caligola e Agrippina tornò in città, più agguerrita e ambiziosa che mai, con la sorella.
Tuttavia Livilla morì molto presto, a causa della gelosia di Messalina (terza moglie di Claudio) che la accusò di adulterio con Seneca e la mandò in esilio, dal quale ritornò molto presto solo la testa.
Durante il principato del fratello, erano già iniziate a girare voci sulla dubbia moralità della donna (Tacito e Svetonio), le quali sostengono che avesse avuto relazioni con il fratello stesso, con il cognato Marco Emilio Lepido e con il futuro prefetto pretorio Tigellino. Non è comunque possibile accertare la veridicità di tali voci.
Quasi sicuramente, però, non si può immaginare Agrippina come donna passionale che si abbandonava a piaceri e desideri, cosa che invece si può dire di Messalina; se una o più di queste relazioni siano realmente avvenute, occorre ritenere che fossero più delle alleanze strategiche che delle relazioni puramente sessuali. Tuttavia anche tali pettegolezzi sono fondamentali per disegnare un personaggio come Agrippina.
In ogni caso Agrippina tornò a Roma vedova: al potere c’era suo zio, il debole Claudio, che passerà il suo principato ad essere manipolato ora da una donna, ora da un’altra. Le sue tribolazioni non terminarono, tuttavia era divenuta abbastanza forte per non lasciare più che nessuno decidesse del suo destino, e soprattutto abbastanza forte per manipolarlo.
Decise di risposarsi, designando come prescelto Gaio Sallustio Crispo Passieno, un uomo straordinariamente ricco. Che costui fosse già sposato con Domizia Lepida maggiore, sorella del defunto primo marito, ad Agrippina interessava assai poco: la donna fece in modo che l’Imperatore stesso chiedesse a Passieno di divorziare dalla moglie e sposare la nipote. Ciò avvenne, ma il matrimonio durò solo pochi anni: nel 47 d.C. la moglie lo fece probabilmente avvelenare.
Questo matrimonio portò comunque due risultati importanti: Agrippina divenne una donna assai ricca e influente e si tirò addosso l’odio di Domizia Lepida minore. Costei non era solo la sorella della spodestata Lepida maggiore, era anche la madre della celebre Messalina, moglie di Claudio, quindi suocera dell’Imperatore, sul quale aveva un fortissimo ascendente, cosa che ad Agrippina non piaceva affatto.
Il conflitto tra le due si sarebbe risolto solo nel 54 d.C., quando Agrippina riuscì a ottenerne la condanna a morte di Domizia Lepida minore mediante accuse di stregoneria.
Nel 48 d.C. Messalina, la moglie di Claudio, fu condannata a morte per la sua condotta immorale. Messalina era una donna assai diversa da Agrippina, gli storici non la ricordano con parole molto lusinghiere: Messalina viene dipinta come una donna immorale, adultera, spudorata e sempre alla ricerca di nuove relazioni. Si diceva che facesse perseguitare gli uomini che non accettavano i suoi favori, torbide storie la accusarono di fingersi prostituta di notte, per riuscire in questo modo a sfrenare i suoi infiniti appetiti sessuali. Un aneddoto particolare e assai poco lusinghiero (riportato da Plinio il Vecchio) racconta di come avesse sfidato la più famosa prostituta dell’Urbe, sfida che l’avrebbe vista vincitrice: era stata, infatti, in grado di consumare venticinque rapporti in ventiquattro ore, dopo i quali, si dice, non si dichiarò sazia. Una donna, dunque, assai diversa da Agrippina, così fredda, ambiziosa e calcolatrice: in preda alle sue passioni, Messalina non seppe tenere testa alla futura Imperatrice.
Tacito ci racconta l’uccisione della moglie di Claudio: l’Imperatore stesso diede l’ordine, ma la sua debolezza in poco tempo avrebbe forse permesso la salvezza della donna, se il liberto Narciso, conscio dell’insicurezza di Claudio, non avesse preso in mano la situazione facendo in modo che l’omicidio fosse compiuto.
Così, l’Imperatore, si ritrovò nuovamente senza moglie e con poca voglia di trovarne una, avendo già avuto un erede maschio da Messalina, Britannico.
Cambiò presto idea sul non risposarsi: tra le tre donne che gli furono proposte vi era la nipote Agrippina, bella, ricca e assai influente. Anche nel caso di questo matrimonio Agrippina non si lasciò fermare da mere formalità, come il fatto che Claudio fosse lo zio e il matrimonio tra consanguinei fosse vietato dalla legge: presto fu emessa una nuova legge e il matrimonio fu celebrato.
Non era inoltre ancora pronta a dichiarare vittoria: la sua ambizione più grande era sempre stata chiara e l’aveva palesata già da anni, racconta Tacito, quando era stato predetto che suo figlio Nerone l’avrebbe uccisa: «che mi uccida, purché regni» si dice avesse risposto lei.
Infatti per questo si adoperò lungamente. Ottenne che la figlia di Claudio, Claudia Ottavia, si fidanzasse con suo figlio, il giovane Nerone, il quale aveva già posto sotto sua stretta sorveglianza, circondandolo di persone a lei fedeli.
Nel 50 d.C. riuscì finalmente ad ottenere che Claudio adottasse Nerone e lo nominasse suo erede al posto di Britannico. Per prepararlo al meglio al regno, richiamò dall’esilio Seneca, il quale divenne, con Burro, il suo precettore e lo guidò nei primi anni del suo regno.
Contemporaneamente, lavorò per rafforzare la sua posizione: divenne un personaggio fondamentale nel panorama romano, amata dalle folle e dai soldati molto più del marito, sempre più succube alla moglie. Furono innalzate statue in suo onore, Claudio le concesse addirittura l’omaggio dei sacerdoti sul Campidoglio, durante la quale cerimonia il delirio della folla provocò numerosi morti e feriti. Vi fu addirittura un episodio durante il quale, nel mezzo di una rivolta popolare, il suo solo arrivo impedì la morte dell’Imperatore.
Agrippina minore si liberò dei numerosi avversari nello stesso modo in cui Seiano si era liberato della sua famiglia.
Nel 53 d.C. Claudio morì a causa di alcuni funghi velenosi mangiati durante un banchetto: nonostante si fosse da poco reso conto dell’errore che aveva fatto nel nominarlo suo erede, Nerone gli successe. Dietro di lui ordiva le trame di governo la madre Agrippina. Nei primi tempi fu lei, in effetti, a regnare: riassestò le finanze dello stato, gravemente danneggiate da Messalina, limitò le spese e gli eccessi nella corte. Stimata e onorata da tutti, fu ufficialmente proclamata «Augusta», il titolo più importante per una donna.
Governava il figlio come aveva governato l’ultimo marito, e in un primo tempo questi fu altrettanto docile. Per poco, però: Agrippina aveva, infatti, allevato una serpe in seno. Fu proprio il coronarsi dei suoi progetti che segnò l’inizio della sua fine.
Nerone era sempre più stanco della madre, come racconta Svetonio, che non smetteva di rimproverarlo per il suo comportamento, come fosse stato ancora un bambino. Nerone iniziò a preferire il consiglio di Seneca e di Sesto Afranio Burro piuttosto che il suo. Le tolse onori e privilegi, la privò della scorta e la allontanò dalla corte.
Il primo segnale dell’insofferenza di Nerone e della sua nuova politica fu dato dall’uccisione di Pallante, liberto fedele alla madre. La reazione di lei non si fece attendere: riavvicinatasi al figliastro Britannico, minacciò il figlio di farlo sostituire da lui. Ma Nerone reagì immediatamente e il povero Britannico trovò la morte nel 55 d.C..
Infine Nerone ripudiò Claudia Ottavia, la moglie che la madre gli aveva imposto, sposando Poppea Sabina nel 58 d.C.. Costei era, sotto alcuni punti di vista, assai simile alla suocera: anche suo padre era stato ucciso per motivi politici, come il padre di Agrippina. Poppea inoltre era stata moglie di Rufrio Crispino, un capo della guardia pretoriana fatto condannare a morte da Agrippina. Poppea chiese vendetta al marito che l’accontentò.
Molto probabilmente fu quindi Poppea a insinuare nella testa di Nerone il tarlo del matricidio. Questo si realizzò nel 59 d.C., con il sostegno di Seneca e Burro, dopo che numerosi tentativi di avvelenamento e di finti incidenti, erano miseramente falliti.
Tacito ci racconta le vicende della morte di Agrippina minore. Era il 20 marzo dell’anno 59 d.C.: con il pretesto di un rappacificamento tra i due, Nerone invitò la madre a Baia (in Campania) per festeggiate le Quinquatrie, cerimonie in onore di Minerva. Quando ella, dopo il banchetto, volle tornare a Bauli, presso la villa dove ella risiedeva, suo figlio la invitò a raggiungere il luogo accettando un passaggio sul suo battello, che era stato in precedenza preparato in modo che, non appena si fosse allontanato dalla costa, si aprisse in modo da far entrare acqua e naufragasse.
“Quasi volessero rendere più evidente il delitto, gli dei prepararono una notte tranquilla piena di stelle ed un placido mare”, racconta Tacito. Caduta in mare con la dama di compagnia Acerronia Polla, Agrippina comprese chi era il mandante e rimase in acqua per un po’ di tempo. Acerronia, invece, avendo invocato aiuto a quelli che credeva soccorritori, presentandosi come Agrippina, fu brutalmente uccisa a colpi di remi. Quella notte, in acqua, Agrippina assistette alla morte di Acerronia. Quando i sicari della dama di compagnia si allontanarono definitivamente, Agrippina si avvicinò alla riva e fu tratta in salvo da alcuni pescatori.
Per quanto ormai sapesse che tutto ciò era stato ordito dal figlio, giunta nella sua villa, Agrippina mandò il liberto Lucio Agermo dall’Imperatore per annunciare che sua madre era sopravvissuta. Ma Nerone, impassibile, gettò ai suoi piedi un coltello, lo accusò di aver tentato di ucciderlo, denunciò come mandante sua madre e ormai disposto ad abbandonare ogni prudenza ne ordinò l’esecuzione.
Nerone inviò il suo ex precettore Aniceto a concludere l’omicidio. Aniceto e i suoi uomini circondarono la villa e, fatti trascinare fuori gli schiavi, giunsero nella stanza di Agrippina e la colpirono con un bastone alla testa. Avendo ormai compreso che sarebbe stata certamente uccisa su ordine di suo figlio, mantenendosi dignitosamente eretta e a testa alta di fronte al proprio sicario, e osservando il pugnale che l’avrebbe uccisa, pronunciò le sue ultime, coraggiose parole: «Colpisci il ventre che l’ha generato«. I sicari la colpirono con molti colpi di pugnale per essere certi della sua morte.
L’imperatore Nerone volle andare a vedere di persona il cadavere martoriato della madre e in preda alla follia ne lodò la bellezza.
Si concluse così la vita di una donna manipolatrice a dalla forte personalità e fu inaugurato, quella notte, il folle governo di Nerone.
Tacito riferisce che fu cremata la notte stessa su un triclinio da banchetto e con esequie modestissime e, finché Nerone fu al potere, non ebbe nemmeno una pietra sepolcrale. Tramanda Tacito che Agrippina sia stata sepolta nottetempo e di gran fretta a Bacoli; il monumento che ancora oggi lì viene indicato come «Tomba di Agrippina» porta in realtà un nome di fantasia, dato secoli fa ai resti di un teatro di una villa romana, situata sulla costa dell’antica Bauli.
Stando alla testimonianza di Tacito, la sua tomba si trovava invece sulla collina tra Baia e Bacoli e dunque dovrebbe situarsi lungo l’attuale via Belvedere. Seppure in occasione di un recente allargamento della strada siano state rinvenute tutta una serie di tombe ad inumazione «alla cappuccina», di epoca romano-imperiale, di fatto attualmente nessun resto archeologico è assimilabile al mausoleo funerario al quale accenna lo storico romano. Della manipolatrice Agrippina minore nessuna traccia.
Luca D’Agostini
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Fonti
Pierre Grimal, Les mémoires d’Agrippine, Editions De Fallois, Parigi 1992
Anthony A. Barrett, Agrippina: Mother of Nero, Routledge, Londra 2002
Jasper Burns, Great Women of Imperial Rome: Mothers and Wives of the Caesars, Routledge, Londra 2006
Furio Sampoli, Le Grandi Donne di Roma Antica, Newton & Compton, Roma 2003
Diana Bowder, Dizionario dei personaggi dell’Antica Roma, Newton & Compton, Roma 2001
Giovanni Geraci, Arnaldo Marcone, Storia romana, Le Monnier, Firenze 2004
Ronald Syme, Augustan Aristocracy, Clarendon Press, Oxford 1989
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