La tragedia del Titanic avvenuta nel 1912, per decenni a venire è diventata un simbolo di tutti i principali disastri navali verificatisi in tempo di pace. Verso la fine del XX secolo, la gente iniziò di nuovo ad avere l’illusione che tragedie di questo tipo non potessero più verificarsi. Invece purtroppo non fu così!
Il 31 agosto 1986 si verificò una catastrofe nella baia di Tsemess vicino a Novorossijsk, che in seguito divenne nota come il «Titanic sovietico». Ma, a differenza della storia del 1912, in questa circostanza la causa dell’incidente non fu un iceberg, ma l’errore umano.
La nave da crociera fu varata nel marzo del 1925 dai cantieri navali tedeschi e ricevette il nome di «Berlino». Nei primi anni della sua esistenza, la nave da crociera «Berlino» navigò dalla Germania a New York. Alla fine degli anni ’30, le traversate transatlantiche divennero non redditizie e la nave fu destinata alle crociere nel Mar Mediterraneo.
Con lo scoppio della seconda guerra mondiale, la nave «Berlino» fu convertita dai nazisti in nave ospedale e fu utilizzata come tale fino al 1945. Nel gennaio del 1945, vicino al porto di Swinemuende saltò in aria a causa di una mina ed affondò adagiandosi in un basso fondale. Nel 1947, la nave fu riportata in superficie dalla marina militare sovietica ed inviata per riparazioni ai moli del porto di Kronštadt. Il piroscafo restaurato ricevette un nuovo nome «Admiral Nachimov» e fu destinato alla navigazione dei passeggeri nel Mar Nero.
«L’Admiral Nachimov» in Unione Sovietica divenne un simbolo della prestigiosa vacanza in crociera, fino ad allora sconosciuta ai cittadini sovietici. Tuttavia, a volte veniva utilizzata per altri scopi. Per esempio, durante la crisi dei Caraibi, fu utilizzata per trasportare le truppe sovietiche a Cuba e nel 1979 per trasportare le truppe cubane in una missione segreta in Africa.
La nave ebbe una reputazione eccezionale. Per quasi tre decenni non subì neanche un minimo incidente. Il tempo, tuttavia, iniziò a farsi sentire.
Il 29 agosto 1986, l’Admiral Nachimov salpò per una crociera sulla rotta Odessa-Batumi-Odessa, con ormeggi previsti a Jalta, Novorossijsk e Soči. La crociera avrebbe dovuto concludersi il 5 settembre. Dopo aver lasciato Odessa, la nave raggiunse Jalta. Quindi alle 14:00 del 31 agosto arrivò a Novorossijsk. Alle 22:00 il piroscafo avrebbe dovuto lasciare il porto e dirigersi verso Soči. A bordo c’erano 1243 persone: 346 membri dell’equipaggio e 897 passeggeri.
Dal 1984, il capitano dell’Admiral Nachimov era Vadim Markov, un marinaio esperto che aveva alle spalle un lavoro su navi straniere. Il capitano Markov conosceva molto bene la sua nave ed il porto che stava lasciando non preannunciava alcun pericolo.
Secondo il messaggio del posto di controllo del traffico navale, l’unica nave che in quel momento si avvicinava al porto di Novorossijsk era la nave da carico Pëtr Vasaev, che trasportava orzo canadese. Il capitano Viktor Tkačenko, il quale comandava il cargo disse che avrebbe lasciato passare la nave la nave da crociera che lasciava la baia.
Con un ritardo di 10 minuti dal programma, l’Admiral Nachimov abbandonò gli ormeggi e si apprestò a lasciare il porto. C’era calma a bordo. Alcuni passeggeri andarono a dormire, altri erano radunati al cinematografico, i giovani erano in una discoteca ed altre persone erano sedute ai tavolini dei bar.
In quel momento, il capitano Tkačenko confermò ancora una volta che la nave Pëtr Vasev avrebbe fatto transitare con precedenza l’Admiral Nachimov. In quel momento al comando della nave da crociera c’era il secondo assistente del capitano, Aleksandr Chudnovskij.
La nave cargo era guidata da un sistema di tracciamento radar automatico. I dati di questo dispositivo indicavano che le navi si sarebbero incrociate in modo sicuro.
Ma Chudnovskij, il quale stava osservando la situazione visivamente, già intorno alle 23:05 scoprì che le navi si stavano avvicinando pericolosamente. Contattò di nuovo il capitano Tkačenko, chiedendo: «Pëtr Vasev state lasciando passare il piroscafo?» Il capitano Tkačenko confermò: «Si, tutto in ordine«.
Nel frattempo, c’erano alcuni sulla nave Pëtr Vasev i quali notarono che la situazione si stava sviluppando in una direzione pericolosa. L’assistente del capitano, attirò l’attenzione di Tkačenko sul fatto che vi era una seria minaccia di collisione.
Il capitano Tkačenko, con inspiegabile ostinazione, per diversi minuti guardò solo il dispositivo di navigazione e si rifiutò di uscire sul ponte e controllare le luci della nave che si avvicinavano. Quando alla fine si rese conto dell’errore ormai era troppo tardi. Provò ad impartire alla sala macchine di effettuare manovre d’emergenza, ma una nave mercantile così pesante non può cambiare immediatamente direzione.
Così purtroppo alle 23:12 si verificò la collisione la quale produsse un foro della grandezza di 80 metri quadrati sullo scafo dell’Admiral Nachimov.
In soli 30 secondi, la sala macchine fu riempita d’acqua. La nave cominciò ad inclinarsi. L’illuminazione d’emergenza funzionò solo per due minuti. Molte persone erano rinchiuse in cabine all’interno di una nave che affondava. Tutto ciò che i membri dell’equipaggio riuscirono a fare fu lanciare zattere gonfiabili. Alle 23:20, otto minuti dopo la collisione, l’Admiral Nachimov affondò completamente, lasciando in superficie centinaia di persone che lottavano per la vita. Tra loro non c’era l’assistente al capitano, Aleksandr Chudnovskij. Il marinaio, rendendosi conto che la nave stava per affondare, decise di morire all’interno della nave, scese nella sua cabina, vi si chiuse e morì annegato all’interno dell’Admiral Nachimov che stava colando a picco.
Per quanto concerne i soccorsi, la prima imbarcazione ad avvicinarsi al luogo dell’incidente fu una piccola barca LK-90, la quale era diretta verso il cargo Pëtr Vasev per scortarlo al molo. La piccola imbarcazione riuscì a far salire a bordo 118 persone che erano in acqua, molto più del carico che la piccola barca potesse ospitare. In quel momento, il capitano del porto di Novorossijsk, Popov, ordinò a tutte le barche di dirigersi verso l’area del disastro per salvare i naufraghi. Un totale di 64 navi prese parte alle operazioni di salvataggio.
Dovettero lavorare in condizioni difficili: forte vento, onde alte fino a due metri. I cadetti della scuola superiore di ingegneria navale di Novorossijsk, svegliati dall’allarme, uscirono immediatamente in mare su piccole scialuppe, rischiando le proprie vite per salvare quante più persone possibili.
All’operazione di salvataggio partecipò anche l’equipaggio della nave Pëtr Vasev, riuscendo a salvare 36 persone. Delle 1.243 persone a bordo, 423 morirono nell’incidente: 359 passeggeri e 64 membri dell’equipaggio. Tra i morti c’erano anche 23 bambini.
Per stabilire le responsabilità, fu istituita una commissione governativa guidata dal primo vicepresidente del Consiglio dei Ministri dell’Unione Sovietica Gejdar Aliev, supportata da uno specializzato gruppo investigativo.
Di conseguenza, entrambi i capitani furono processati: Viktor Tkačenko e Vadim Markov furono condannati a 15 anni di reclusione. Markov, fu accusato di essere assente dal ponte di comando al momento dell’incidente. Al momento del disastro, il capitano era nella cabina del capo del dipartimento del KGB della regione di Odessa, il generale Krikunov, dal quale era stato invitato a cena. A differenza di Markov che si salvò miracolosamente, il generale Krikunov morì con tutta la sua famiglia.
L’incidente causò le morti anche di altre persone: due subacquei morirono nel tentativo di estrarre i corpi dal relitto in fondo al mare. Per questo motivo i lavori di recupero dei corpi furono interrotti ed i corpi di 64 persone rimasero all’interno dello scafo dell’Admiral Nachimov.
Nel 1992, dopo il crollo dell’Unione Sovietica, i presidenti di Russia ed Ucraina graziarono i capitani condannati. Viktor Tkačenko, il capitano della nave cargo Pëtr Vasev, si trasferì in Israele assumendo il cognome di sua moglie, sperando che in questo modo non fosse più perseguitato. Riprese a lavorare come capitano di uno yacht privato. Nel 2003 durante una crociera al largo dell’isola di Terranova, un naufragio distrusse lo yacht ed i corpi di Tkačenko e dei proprietari dello yacht furono ritrovati sulle coste del Canada.
Vadim Markov, dopo il suo rilascio, tornò ad Odessa e lavorò nella Compagnia di Navigazione del Mar Nero. A causa della persecuzione da parte dei parenti delle vittime, la sua famiglia dovette cambiare più volte il suo luogo di residenza. Nel 2007, il capitano dell’Admiral Nachimov morì di cancro.
L’area della baia di Tsemess, dove l’Admiral Nachimov giace ad una profondità di 47 metri, è ufficialmente il luogo di sepoltura delle vittime del disastro. Sono vietati l’ancoraggio, l’immersione di subacquei ed il transito di sottomarini, nonché qualsiasi azione che violi la pace del luogo di sepoltura nell’area.
Luca D’Agostini
Lascia un commento
Fonti:
Адмирал нахимов
Вы должны авторизоваться чтобы опубликовать комментарий.