Lo studio dei motivi che condussero al bombardamento di Dresda, la premeditazione dello sterminio della popolazione civile, è una delle analisi utili per comprendere come i russofobi Churchill e Roosevelt, altro non fossero che criminali di guerra.
Nella notte tra il 13 e il 14 Febbraio 1945, Dresda, bella e antica capitale della Sassonia, fu pesantemente bombardata per ben tre volte, due dalla RAF e una dall’USAF (United States Army Air Force), all’interno di un’operazione che coinvolse 1.400 caccia bombardieri. I tre bombardamenti si susseguirono uno all’altro con un intervallo di 3 ore. La pausa di 3 ore, era stata appositamente studiata per far attecchire bene gli incendi e cogliere di sorpresa i soccorritori e le persone che uscivano dalle cantine credendosi in salvo. I bombardieri angloamericani vennero caricati per il 75% con bombe ad alto potenziale incendiario (bombe al fosforo) e per il resto con bombe dirompenti. Queste ultime furono impiegate per di struggere i tetti, le porte e le finestre, mentre le prime furono sganciate subito dopo per appiccare gli incendi attraverso ogni varco aperto. Lo storico W.G. Sebald, in «Storia Naturale della Distruzione», (Adelphi Editore, 2013), scrisse: «Si scatenò una tempesta di fuoco così intensa che nessuno mai fino a quel giorno l’avrebbe creduta possibile. Il fuoco, levandosi in cielo attirava a sé l’ossigeno con una violenza tale che le correnti d’aria raggiunsero la forza di uragani, lingue di fuoco alte come palazzi si riversavano nelle strade ad una velocità di oltre 150 chilometri all’ora. Ovunque vi erano corpi orribilmente dilaniati. Il giorno dopo, su alcuni corpi guizzavano ancora le fiammelle azzurre del fosforo«.
Le conseguenze del bombardamento furono catastrofiche, la città fu interamente rasa al suolo (fu totalmente distrutto l’85% degli edifici) e il numero dei morti fu di circa 135 mila persone, per lo più anziani, donne e bambini in quanto gli uomini erano quasi tutti occupati al fronte o nelle fabbriche sparse per la Germania.1 2
In realtà sul numero delle vittime del bombardamento di Dresda vi sono fonti che riportano dati molto diversi tra di loro. Ed ancora oggi è impossibile definire il numero esatto dei morti. Nella parte settentrionale di Dresda c’è un monumento che ricorda le vittime del bombardamento del 13-14 febbraio 1945. Sulla lapide sono poste due domande: «Quanti morirono? Chi conosce il numero?» Purtroppo il numero finale delle vittime non potrà mai essere definito con precisione: alcuni storici come David Irving («Apocalisse a Dresda«, 1963) calcolano 135.000 decessi circa. E noi in questo articolo scegliamo di sostenere questa tesi, ribadendo la premessa: il numero finale delle vittime non potrà mai essere definito con precisione.
A oltre 70 anni di distanza il ricordo di quelle bombe è ancora vivo. Lo capirono immediatamente le forze della NATO nel 1992 quando, entrate a Dresda a seguito del crollo del muro di Berlino, constatarono una profonda avversione verso di loro. In quell’anno la visita della Regina Elisabetta fu oggetto di pesanti e insospettate contestazioni popolari, che ebbero come apice il ripetuto lancio di uova marce nei suoi confronti. Cosa che metteva in risalto un sentimento di avversione verso il Regno Unito e gli Stati Uniti che neanche sessanta anni di isolazionismo all’interno della cortina di ferro aveva scalfito.2
Dresda non era una città strategica dal punto di vista militare o industriale e di certo non rappresentava un target proporzionato al massacro che dovette subire. La città non fu bombardata per vendetta dei raid tedeschi precedenti su città come Rotterdam o Coventry. A far scontare la distruzione di quelle città, duramente colpite dalla Luftwaffe nel 1940, ci pensarono Berlino, Amburgo e Colonia e molte altre città grandi e piccole che pagarono duramente nel 1942, 1943 e 1944.1
Per comprendere il perché di questo inutile bombardamento, il perché di questo crimine di guerra, occorre guardare più da vicino le relazioni tra le forze angloamericane e quelle sovietiche all’inizio del 1945. A partire dalla metà, fino alla fine di gennaio del 1945, gli statunitensi continuavano ad essere coinvolti nelle convulse fasi finali della battaglia nelle Ardenne, dove un inaspettato contrattacco tedesco li aveva messi in grande difficoltà. Statunitensi, inglesi e canadesi non avevano ancora superato il Reno, non riuscendo nemmeno a raggiungerne la sponda occidentale, restando distanti da Berlino più di 500 chilometri.1
Contemporaneamente, sul fronte orientale, l’Armata Rossa aveva lanciato una grande offensiva il 12 gennaio 1945 ed avanzava rapidamente, fermandosi a circa 100 chilometri da Berlino. La probabilità che i sovietici non solo conquistassero Berlino ma che penetrassero anche nella parte occidentale della Germania preoccupava non poco i leader politici e militari anglo-americani i quali erano indubbiamente dell’opinione che l’Armata Rossa stesse avanzando troppo rapidamente. Washington e Londra erano quindi ansiose di impedire ai sovietici di conseguire un tale successo.1
Attorno alla fine di gennaio del 1945, Roosevelt e Churchill si stavano preparando per andare a Yalta per incontrarsi con Stalin, furono proprio loro a chiedere quell’incontro perché volevano fosse l’occasione per stipulare degli accordi sul futuro della Germania dopo la guerra. In mancanza di accordi di questo tipo, le realtà militari in campo avrebbero determinato chi avrebbe detenuto il controllo delle regioni occupate e quelle in mano ai sovietici sembravano molte, tanto che l’Unione Sovietica avrebbe determinato unilateralmente le future scelte politiche, sociali ed economiche. Liberando l’Italia nel 1943, Washington e Londra avevano creato un fatidico precedente, negando all’Unione Sovietica ogni tipo di collaborazione nella ricostruzione del Paese e fecero la stessa cosa anche per la Francia e il Belgio nel 1944. Stalin, ne seguì l’esempio quando liberò i Paesi dell’Europa dell’est, ovviamente quindi non volle alcun tipo di aiuto e lo stesso si stava profilando per quanto riguardava la Germania, perciò non aveva bisogno neanche di un incontro. Accettò ma insistette per incontrarsi in territorio sovietico, a Yalta, località turistica della Crimea.
Nelle settimane che precedettero la conferenza, Roosevelt e Churchill si aspettavano che Stalin, sostenuto dai recenti successi militari dell’Armata Rossa e che si era assicurato il vantaggio di giocare in casa, sarebbe stato un difficile interlocutore. Così sentivano l’esigenza di un modo per riportarlo con i piedi per terra, nelle condizioni di fare concessioni, anche se temporaneamente era il favorito dagli esiti della guerra.1
Churchill e Roosevelt ritenevano che rendere chiaro a Stalin il valore della potenza militare angloamericana sarebbe stato cruciale a dispetto dei recenti arretramenti sulle Ardenne in Belgio, per non essere sottostimati. Fu Churchill a decidere per di radere al suolo Dresda, convinto così di mandare un chiaro messaggio al Cremlino. La strage di civili ne conseguì non rappresentava altro che una intimidazione verso i sovietici. Infatti, da un memorandum della RAF dell’agosto 1944 si legge: «La totale devastazione di una grande città tedesca, avrebbe convinto gli alleati russi dell’effettivo potere aereo delle forze anglo-americane«.3
La partecipazione statunitense nel bombardamento di Dresda non era affatto necessaria a livello militare, dato che la RAF era indubbiamente capace di cavarsela da sola, ma l’effetto di esagerazione, come risultato di un ridondante supporto statunitense, era perfettamente funzionale per dimostrare ai sovietici il letale potere aereo che possedevano gli anglo-americani. 1
Anche la scelta dell’obiettivo da colpire rientrava nella strategia di intimorire i sovietici. Qualora si avesse voluto colpire il potere politico ed economico della Germania, scegliere Berlino come obiettivo sarebbe risultata la scelta logica. Ma a partire dal 1945, però, la capitale tedesca fu bombardata ripetutamente. Ci si poteva aspettare che un ennesimo raid, non importa quanto devastante, avrebbe avuto lo stesso effetto sui sovietici mentre loro si apprestavano a combattere per la città? La distruzione completa in 24 ore sarebbe apparsa molto più spettacolare se la città in questione fosse stata abbastanza grande, compatta ma soprattutto intatta in quanto mai bombardata. Dresda, scampata fino a quel momento ai bombardamenti, ebbe la sfortuna di rientrare perfettamente in quei criteri, in più il comando anglo-americano si aspettava che i sovietici raggiungessero la città entro pochi giorni, così da vedere con i loro occhi cosa la RAF e l’USAAF fossero state in grado di combinare.1 Proprio allo scopo di creare terrore nei sovietici, a seguito della pianificazione a tavolino del bombardamento, furono volutamente rasi al suolo oltre alle abitazioni della popolazione civile, anche tutti i 22 ospedali, tutti gli orfanotrofi e tutte le 72 scuole della città.
Tutto ciò è confermato anche dalle parole del generale statunitense David M. Schlatter, membro della delegazione di Roosevelt che partecipò alla Conferenza di Yalta. Il generale Schlatter, di ritorno da Yalta, rilasciò la seguente dichiarazione «Io credo che le nostre forze aeree siano il nostro asso nella manica nel sederci al tavolo delle trattative, e il bombardamento di Dresda sarà di grandissimo aiuto per le sorti delle trattative».4
Quando verso la fine delle ostilità, le truppe americane ebbero la possibilità di entrare a Dresda prima dei sovietici, Churchill fece pressioni per impedirlo: anche nel momento in cui il primo ministro inglese era molto ansioso di occupare più territorio possibile, continuò ad insistere perché fossero i russi ad occupare Dresda, per essere sicuro di beneficiare degli effetti del bombardamento. Dresda fu distrutta per impressionare l’esercito sovietico, come dimostrazione dell’enorme potere di fuoco delle forze aeree anglo-americane, di come potessero portare morte e distruzione anche a molte centinaia di chilometri dalle loro basi. Il messaggio era chiaro: questa potenza di fuoco potrebbe arrivare fino in Russia.
Tutto ciò spiega le molte peculiarità del bombardamento di Dresda, come l’enormità dell’intera operazione, della compartecipazione in un singolo raid sia della RAF che dell’USAAF, della scelta di una città intatta, dell’incredibile devastazione, dei tempi scelti per l’attacco e per il fatto che la stazione ferroviaria, le fabbriche in periferia ed una piccola base della Luftwaffe non fossero tra gli obiettivi del bombardamento. Il bombardamento di Dresda non ebbe nulla a che fare con la guerra contro i nazisti: era un messaggio per Stalin da parte degli anglo-americani, un messaggio che è costato la vita di 135 mila civili inermi. Dopo poco tempo, sarebbero seguiti altri due sottili messaggi diretti all’attenzione di Stalin, da parte della nuova e letale arma a stelle e strisce: la bomba atomica. Dresda quindi non ebbe nulla a che fare con la guerra contro il nazismo; invece ebbe totalmente a che fare con un nuovo tipo di conflitto in cui il nemico era l’Unione Sovietica. La Guerra Fredda nacque dal calore orribile degli inferni di Dresda, Hiroshima e Nagasaki.1
Luca D’Agostini
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Fonti
(1) Dresda distrutta
(3) Richard Davis, Operation Thunderclap, Journal of Strategic Studies, 14:1, Marzo 1991, p. 96.
(4) Ronald Schaffer, American Military Ethics in World War II: The Bombing of German Civilians, The Journal of Military History, 67: 2, Settembre 1980, p. 330.
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