L’evento principale nella storia della Jacuzia del Ventesimo secolo fu la realizzazione dello stato nel 1922 sotto forma di una Repubblica Socialista Sovietica Autonoma. La repubblica divenne uno strumento efficace per costruire una nuova vita, modernizzando l’intera vita economica, sociopolitica e culturale della popolazione.
In questo articolo tratteremo quella serie di eventi accorsi durante la guerra civile in Jacuzia e che fecero emergere tra i combattenti rivali, chiari esempi di devozione alla loro causa.
Nel 1917, la Jacuzia, essendo parte integrante dell’Impero Russo e soggetta alle leggi generali dello sviluppo socio-politico e socio-economico, si unì al flusso rivoluzionario generale di modernizzazione del paese.
La storia della guerra civile in Russia non è solo la storia dello scontro tra i Bianchi e i Rossi, ma è anche la storia dell’auto-organizzazione del popolo con le armi in mano, che difese i propri interessi sotto forma di ribellione nel contesto di una lotta armata per il potere tra i bolscevichi e i loro avversari. Il risultato della guerra civile fu un enorme disastro subito dai popoli del distrutto Impero Russo. Di fame, freddo, malattie, terrore (sia bianco che rosso) e in battaglie, secondo varie fonti, morirono da 8 a 13 milioni di persone, di cui 1 milione 580 mila soldati dell’Armata Rossa. E le perdite dei Bianchi e dei ribelli risultano ancora difficili da conteggiare con precisione. Circa 2 milioni di persone emigrarono dalla Russia, tra cui molti militari professionisti, ingegneri, scienziati, personaggi della cultura, che in seguito costituirono la fama mondiale degli Stati Uniti, degli stati d’Europa e dell’Asia con le loro scoperte e attività scientifiche. Il danno causato all’economia nazionale ammontava a circa 500 miliardi di rubli d’oro.1 I gruppi sociali come il clero, la nobiltà, i commercianti e i cosacchi, scomparvero dalla scena storica della Russia. La divisione ideologica del popolo portò al fatto che molte persone che parlavano la stessa lingua si guardavano l’un l’altro come nemici.
Solo la conoscenza dell’intera verità della tragedia del popolo russo può mettere in guardia contro le nuove guerre, riconoscere i suoi provocatori (solitamente le potenze straniere) ed evitare una ripetizione della tragedia della guerra civile.
La guerra civile in Jacuzia iniziò il 28 maggio 1918 con la mobilitazione del distaccamento dell’Armata Rossa di stanza a Irkutsk e la sua marcia verso Jakutsk per stabilire nella regione il potere sovietico. Sotto il fuoco di una feroce lotta per il potere in Jacuzia, la popolazione civile, composta per l’85% da Jacuti, l’8,2% da Russi, il 6,4% da Evenchi e rappresentanti di altri popoli, cadde vittima di una terribile tragedia.
I segmenti più poveri della popolazione sostenevano le idee dei bolscevichi e l’Armata Rossa, l’altra parte guidata da nobili ed ex ufficiali, sosteneva il Movimento dei Bianchi e l’Armata Bianca.
Le operazioni militari della guerra civile causarono gravi danni all’economia della Jacuzia e danni irreparabili al patrimonio genetico, poiché talvolta in battaglia membri di una stessa famiglia combattevano negli schieramenti dei due fronti opposti.

Anatolij Pepeljaev (a sinistra), Ivan Strod (a destra)
Dopo la guerra civile, coloro che si erano schierati con i Bianchi, oppositori del regime sovietico, furono vittime della repressione: furono privati dell’opportunità di ricevere un’istruzione, un lavoro di responsabilità e tutti i loro beni, anche strettamente personali, furono confiscati. Come risultato di queste misure, molte famiglie morirono di fame.
Anche il clero subì la repressione. Circa 120 mila sacerdoti in Jacuzia furono repressi dalle autorità sovietiche e 10 di questi sacerdoti furono uccisi.2
Anche i Bianchi si macchiarono di crimini verso la popolazione civile innocente, solo al fine di spargere timore e farsi seguire. Così, per questo motivo i Bianchi fucilarono 145 innocenti.3 Addirittura uno dei comandanti dei Bianchi in Jacuzia, Askliopiodot Afanas’evič Rjazanskij, dopo aver trascorso alcuni anni in esilio in Cina, Stati Uniti e Australia, durante la seconda guerra mondiale, combatté nelle fila dell’esercito britannico. Non è affatto un mistero che i Bianchi erano finanziati dalle potenze straniere, Gran Bretagna e Stati Uniti su tutti, proprio nell’intento di alimentare la guerra civile e di giungere alla loro tanto auspicata disgregazione dell’Impero Russo in una miriadi di piccoli stati, facilmente manovrabili e con la possibilità di accedere alle loro risorse naturali.
Le principali battaglie combattute dai volontari siberiani al comando del tenente generale Anatolij Nikolaevič Pepeljaev furono combattute per il controllo della cittadina di Amginskaja. L'»assedio sul ghiaccio» di Sasjl-Sisij è entrato nella storia della guerra civile in Siberia, quale vivido esempio di straordinario coraggio dei soldati dell’Armata Rossa, i quali nettamente inferiori di numero, agli ordini di Ivan Jakovlevič Strod resistettero eroicamente agli attacchi dell’Armata Bianca.

Il generale Pepeljaev con alcuni soldati dei Bianchi
Ivan Strod al centro nella foto
Certificato d’onore del Presidio del Consiglio Supremo della Rep. Socialista Sovietica Autonoma di Jacuzia al partecipante alla difesa di Sasjl-Sisij
Nella letteratura e nelle opere scientifiche del periodo sovietico, il generale Pepeljaev fu caratterizzato come un antieroe, alla stregua di Kolčak. La sua campagna in Jacuzia fu stigmatizzata. Lo storico Nikiforov-Kjulumnjur, un contemporaneo degli eventi descritti, scrisse: «A tutti coloro che non erano privi di senso comune, l’intera assurdità della campagna di questo generale, che era turbato dalla vita pubblica, era chiara. La sua lotta era basata solo sul suo cieco odio per il governo sovietico, dall’ambizione insensata e dalla sete di lotta con i bolscevichi, iniziata solo per avventurismo«.4
Il tema dell’eroica difesa di Sasil-Sisij non è stato ignorato dal cinema e dalla letteratura. Uno scrittore popolare della Jacuzia, Danilov, ha scritto il romanzo «La bellezza di Amga». I film «Una lunga mattina» e «Jakutsk» furono proiettati sugli schermi dell’Unione Sovietica negli anni Settanta.
Nel 2015 è stato pubblicato il libro «La Strada d’Inverno» dello scrittore Juzefovič. Nel suo libro lo scrittore ha messo a confronto le due figure, Strod e Pepeljaev. Anatolij Pepeljaev, provenendo da una famiglia nobile, ricevette un’eccellente educazione generale e militare. Ivan Strod invece aveva solo tre classi di istruzione, ma i libri e memorie da lui scritte hanno deliziato generazioni di lettori. Pepeljaev era una persona profondamente religiosa, per tutti gli anni della guerra non firmò una sola condanna a morte. Inoltre, dopo la cattura di Perm, rilasciò oltre 12 mila soldati dell’Armata Rossa e più di 800 ex ufficiali che furono catturati. Anche Ivan Strod non amava le esecuzioni, ma non era contrario se queste si dimostravano necessarie e giustificate. Fu infatti proprio lui a sparare personalmente ad un soldato dell’Armata Rossa che si era reso colpevole di saccheggi in un villaggio di contadini. Pepeljaev essendo un generale, aveva la preparazione e l’esperienza dovuta agli anni del servizio militare e alla formazione dell’accademia militare, Strod invece era un uomo di guerra, un combattente che aveva fatto esperienza esclusivamente sul campo di battaglia.
Al momento dello scontro a Sasil-Sisij, Pepeljaev aveva 31 anni e Strod aveva 28 anni. Strod non era spostato e non aveva alcuna relazione sentimentale in corso, Pepeljaev sposò Nina Ivanovna, figlia di un mercante, ed ebbe due figli: Vsevolod, nato nel 1913 e Lavra, nata nel 1922. Entrambi gli avversari possedevano le più alte qualità umane, erano fedeli ai loro ideali. Pepeljaev era un sostenitore dell’idea del regionalismo siberiano, Strod era dapprima un anarchico che scelse poi di unirsi ai bolscevichi. Nel 1931 Strod lasciò il Partito Comunista dell’Unione Sovietica in quanto in disaccordo con le politiche del Comitato Centrale.
Il destino volle che si incontrassero nella fase finale della guerra civile russa. Nel giugno del 1922, nella regione di Jakutsk, un gruppo di volontari siberiani si unì ai ribelli comandati da Pepeljaev e lo convinsero che la popolazione della Jacuzia si sarebbe ribellata contro i bolscevichi se lui gli avesse manifestato apertamente il proprio sostegno materiale. Nel suo diario del 6 febbraio 1923, scrisse: «Il mio sogno è di andare in Siberia, liberare la Siberia, radunare l’assemblea costituente siberiana«.5 Il suo slogan era: «Attraverso la Jacuzia autonoma verso la Siberia autonoma«, cioè soddisfava pienamente gli interessi delle grandi potenze, che alimentavano per l’appunto queste forze disgregatrici al fine di indebolire l’Unione Sovietica e realizzare i loro piani geopolitici. Infatti per acquistare attrezzature ed armamenti, Pepeljaev fu finanziato dalle seguenti aziende straniere: la società statunitense Olaf Swanson and Co., i fratelli Holmes, l’inglese Hudson Bay, la campagna britannica dell’Estremo Oriente, l’azienda giapponese Aray Gumi e la Nikon.7
Il 6 settembre 1922 altri 650 volontari siberiani si aggiunsero alle truppe di Pepeljaev. Fu organizzato un «Consiglio di difesa nazionale» il cui compito era quello di ottenere appoggi dai residenti locali e di fornire cibo, cavalli e cervi ai volontari siberiani.
Sin dall’inizio, il comando della 5° Armata Rossa era a conoscenza degli obiettivi della campagna delle truppe di Pepeljaev. Pertanto, fu organizzata una spedizione militare di 350 tra i migliori soldati dell’Armata Rossa ben equipaggiati.
Il 25 settembre 1922, un disertore delle truppe di Pepeljaev, il tenente lettone Martinov Naha Bernhard, si unì ai bolscevichi. Pochi giorni altri disertori dei Bianchi si arruolarono nell’Armata Rossa. In totale i disertori bianchi arruolati raggiunsero le 130 persone.7
La popolazione anziché aiutare i Bianchi raccolse volontariamente cavalli, cibo e vestiti da offrire all’Armata Rossa.
Il 14 dicembre 1922 fu inviata a Pepeljaev una lettera nella quale lo si invitava alla resa e si garantiva l’amnistia per tutti i combattenti dei Bianchi sotto i suoi ordini. Ma Pepeljaev ignorò il messaggio del governo sovietico e decise di effettuare un agguato contro il contingente delle truppe di Strod.
Per realizzare l’attacco, l’8 febbraio 1923, Pepeljaev mobilitò 260 combattenti. Sarebbero dovuti essere più che sufficienti in quanto le truppe di Strod consistevano in totale in 40 soldati dell’Armata Rossa che avevano trovato riparo nel villaggio abbandonato di Sasil-Sjsij.
Il piccolissimo villaggio era composto da 7 case costruite con tronchi di legno, un mulino, 5 fienili. La popolazione che abitava il villaggio si era allontanata all’inizio della guerra civile e così i 40 soldati dell’Armata Rossa l’avevano occupato per garantirsi un riparo dove dormire e riposare.
L’assedio di Sasil-Sjsij si trasformò in un incubo sia per i Rossi che per i Bianchi. I 40 soldati dell’Armata Rossa per fortificare il villaggio avevano creato una macabra barricata composta da più di cento cadaveri di nemici congelati e da circa 10 carcasse congelate di cavalli e tori.
Durante l’assedio, i 260 combattenti di Pepeljaev crearono e usarono 6 nuove idee tecnico-militari. Il 14 febbraio 1923, alle 6 del mattino, i soldati di Pepeljaev diedero avvio al primo assalto mentre la maggior parte dei 40 soldati dell’Armata Rossa stavano dormendo. Questa operazione prese il nome di «Assedio sul ghiaccio» e durò 18 giorni. Strod durante l’assedio fu ferito 2 volte. Un proiettile rimase bloccato nel torace e non si riuscì ad estrarlo, ma nonostante ciò riuscì a continuare a combattere e a guidare la difesa. In questa battaglia svolta in condizioni disumane, Strod ed i suoi 40 soldati vinsero contro i 260 uomini di Pepeljaev, sterminandoli quasi tutti. I pochi sopravvissuti Bianchi si diedero alla fuga.

Combattenti dell’Armata Rossa a Sasil-Sisij

Partecipanti alla difesa di Sasjl-Sisij ( foto del 1963)
Dopo il fallimento dell’assedio, i volontari siberiani spaventati dalla coraggiosa impresa di Strod e dell’Armata Rossa decisero di abbandonare le truppe di Pepeljaev. Di questi volontari siberiani in fuga, il 17 giugno 1923 l’Armata Rossa catturò 103 ufficiali e 230 soldati. Il risultato della campagna di Pepeljaev fu un disastro e lui stesso fu catturato dopo pochi giorni.8
Strod e Pepeljaev si incontrarono per la prima volta in un processo nella città di Čita, che ebbe luogo dal 15 gennaio al 3 febbraio 1924. Come testimone Ivan Strod non accusò mai e non insultò il generale dei Bianchi sconfitto. Descrisse semplicemente le difficoltà e le condizioni disumane patite durante l’assedio di Sasjl-Sjsij.
Il generale Anatolij Pepeljaev, dopo la testimonianza di Strod, rilasciò la seguente dichiarazione: «Tutti gli imputati sono a conoscenza dello straordinario valore degli uomini di Strod ed esprimiamo sincera ammirazione per lui. Chiedo che questa mia affermazione non sia considerata un tentativo di alleviare il nostro destino«.9 Al termine del processo Strod e Pepeljaev si strinsero la mano guardandosi fermamente negli occhi.
La sentenza del processo stabilì che 200 soldati ordinari dei volontari siberiani furono riconosciuti innocenti e liberati, 162 furono sottoposti all’esilio amministrativo.

Processo a Pepeljaev e ai suoi uomini
Il tribunale condannò a morte Anatolij Pepeljaev e successivamente commutò la pena in 10 anni di prigione. Dopo la sentenza, il governo della Repubblica Socialista Sovietica Autonoma della Jacuzia adottò un decreto sull’amnistia per tutti gli Jacuti che avevano preso parte alla campagna di Pepeljaev.
In realtà Pepeljaev trascorse 13 anni in prigione, poiché alla scadenza del periodo di detenzione, la condanna fu prolungata per tre volte di un ulteriore anno. Fu rilasciato nell’aprile 1936 e si stabilì nella città di Voronež.
Pepeljaev, sulla base di un risultato di indagini dei servizi segreti sovietici, fu arrestato una seconda volta nell’agosto 1937 e portato a Novosibirsk, dove fu accusato di creare un’organizzazione controrivoluzionaria.
Il 7 dicembre 1937, fu condannato a morte mediante fucilazione. La sentenza fu eseguita il 14 gennaio 1938 in una prigione nella città di Novosibirsk.
Il generale bianco Anatolij Pepeljaev fu fucilato 5 mesi dopo l’esecuzione del comandante rosso Ivan Strod a Mosca. Infatti il comandante Strod fu arrestato il 4 febbraio 1937. Fu accusato di partecipazione a un’organizzazione terroristica antisovietica. Il 18 agosto 1937, il Collegio Militare della Corte Suprema dell’Unione Sovietica lo aveva condannato a morte e la sentenza fu eseguita il giorno stesso.
Il comandante Strod fu riabilitato il 23 luglio 1957.
I figli di Pepeljaev furono condannati a 25 anni nei Gulag.
L’ironia del destino è che entrambi i rappresentanti delle parti in guerra, Ivan Strod e Anatolij Pepeljaev furono fucilati come nemici del popolo.
Luca D’Agostini
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Fonti
(1) В.И. Пестерев. Гражданская война а северо-востоке России и антикоммунистические выступления в Якутии (1918-1930 гг.) . Я. 2008. Изд-во ЯНЦ СО РАН. С.5
(2) В.Пестерев. Станицы истории земли Олонхо. Я. Бичик. 2013. С. 180
(3) В.Пестерев. Амга в вихре гражданской. Я. Бичик. 1997. С. 105-114
(4) В.В.Никифоров.-Кюлюмнюр. Солнце светит всем. Я. Бичик. 2001. С. 295
(5) В.И. Пестерев. Исторические миниатюры о Якутии. Я. Нац.книжное изд-во. 1993. С. 94
(6) В.И. Пестерев. Гражданская война а северо-востоке России и антикоммунистические выступления в Якутии (1918-1930 гг.) . Я. 2008. Изд-во ЯНЦ СО РАН.с.241
(7) В.И.Пестерев. Гражданская война а северо-востоке России и антикоммунистические выступления в Якутии (1918-1930 гг.) . Я. 2008. Изд-во ЯНЦ СО РАН с. 270
(8) В.Пестерев. Гражданская война а северо-востоке России и антикоммунистические выступления в Якутии (1918-1930 гг.) . Я. 2008. Изд-во ЯНЦ СО РАН. С. 360
(9) Л.А.Юзефович. Зимняя дорога. М. 2015. С. 361
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