Ržev è una città russa situata a 230 Km ad ovest di Mosca ed è una delle città più antiche dell’Alto Volga. La prima menzione della cronaca di Ržev si riferisce al 1216. Nel corso della sua storia, la città ha sofferto molto. Nel loro passato storico, gli abitanti hanno sperimentato il giogo lituano, hanno sofferto guerre principesche, ma i momenti più difficili furono gli anni 1941-1943 durante la Grande Guerra Patriottica. In quegli anni gli abitanti di Ržev provarono tormento, dolore, disperazione, dovettero sopportare prove estremamente difficili. Per quasi diciassette mesi, la città si trovò in prima linea. Quindi subì tutte le conseguenze dovute alla sua posizione: devastazione, fame, malattia, regime di occupazione. Qui, tra gennaio e febbraio del 1942 si svolse la cruenta battaglia di Ržev tra l’esercito nazista e l’Armata Rossa.
Molto è stato scritto sulla battaglia di Ržev, ma poco in realtà su come, nel territorio occupato, la popolazione civile viveva e combatteva contro il nemico. Restare nelle terre occupate dalle truppe tedesche era incredibilmente difficile, molto più difficile che nella retroguardia.
Com’era Ržev prima della guerra? Era una bella città nella quale vivevano 56.000 persone. A quel tempo era un importante nodo ferroviario con accesso a Mosca, Leningrado, Riga, Bielorussia e il sud del Paese. Nella città c’erano: una fabbrica di lino, una fabbrica di scarpe, una fabbrica di lavorazione della seta, uno stabilimento di lavorazione del legname, una distilleria e una fabbrica di birra. La città aveva: quindici scuole, un teatro e un museo. La guerra cambiò radicalmente la vita in città. Iniziò la mobilitazione, padri, mariti, figli furono reclutati nell’Armata Rossa. Con l’avvicinarsi delle truppe tedesche dirette verso Mosca, a partire da metà luglio 1941, iniziò l’evacuazione di Ržev. I primi ad essere evacuati furono i lavoratori delle ferrovie ed i loro familiari, poi fu evacuato il personale militare presente in città.1
A causa dell’inizio del bombardamento su Ržev da parte degli aerei tedeschi, la maggior parte di quelli rimasti in città fuggirono nei villaggi vicini. Il 15 ottobre 1941 la 206° Divisione di Fanteria della 9° Armata tedesca entrò in città.1
I tedeschi piazzarono carri armati ad ogni incrocio della città, sui tetti degli edifici residenziali sistemarono delle postazioni mitragliatrici.
Dal primo giorno, gli invasori iniziarono a stabilire un nuovo ordine in città. Cominciarono i giorni dei saccheggi e delle esecuzioni di massa. Sulle pareti delle case furono appesi gli ordini e le istruzioni emanati dal comando nazista stabilito in città. Ognuno di questi manifesti terminava con la scritta: «Per insubordinazione: pena di morte!«2
Quell’autunno, nella periferia della città di Ržev, si formò un gruppo di giovani partigiani. L’organizzatore era un meccanico del deposito di locomotive, Kuzma Pavlovič Latishev. I membri del Komsomol «L’Unione della Gioventù Comunista Leninista di tutta l’Unione», Aleksej Zhiltsov, Misha Persianjantsev, Sasha Beljakov, Volodja Nekrasov divennero i suoi leali assistenti. Ben presto riuscirono ad organizzare una notevole impresa: la fuga di diversi prigionieri di guerra da un campo di prigionia tedesco creato nei pressi della città di Ržev.2

Il tenente Aleksej Petrovič Teleshev
Successivamente, al gruppo di partigiani si unì anche un tenente dell’Armata Rossa, pilota di carri armati, Aleksej Petrovič Teleshev.
Il tenente Teleshev era nato in un villaggio nella provincia di Tver, il 29 settembre 1915. Dopo la morte del padre, la madre si risposò con un vedovo di Ržev e con suo figlio Aleksej e sua figlia Marija si trasferì a vivere nella città del suo nuovo marito, un impiegato comunale di nome Nikolaj Eremeev.
A Ržev, Teleshev si diplomò nel 1931 e nel 1933 conseguì l’abilitazione di autista di locomotiva. Ma i rapporti tra il giovane Teleshev ed il secondo marito di sua madre furono burrascosi. Teleshev ed Eremeev vennero spesso alle mani e quando l’11 maggio 1937 Teleshev fu arruolato nell’Armata Rossa per svolgere il servizio di leva, accolse la chiamata con grande soddisfazione. Nel 1938 si diplomò come comandante e pilota di un carro armato T-26. Il 23 febbraio 1939 prestò giuramento iniziando così la sua carriera militare.
Il 5 maggio del 1941 fu assegnato ad un battaglione motorizzato della 126° Divisione di Artiglieria dell’Armata Rossa.
Il 22 giugno 1941 iniziò la Grande Guerra Patriottica. La 126° Divisione nella quale serviva Teleshev, incontrò la guerra al confine.
Dopo aver combattuto in Bielorussia, la sua unità militare fu costretta alla ritirata. Ad agosto del 1941, nell’area di Toropets, a seguito di una battaglia con le forze corazzate tedesche, il battaglione di Teleshev fu quasi completamente distrutto.
I resti dei soldati del battaglione sovietico che non furono catturati dai tedeschi, si sparsero per le foreste circostanti, unendosi ai gruppi di partigiani. Il tenente Teleshev insieme ad un ufficiale dei servizi segreti sovietici, impegnato in attività di ricognizione nell’area ove aveva avuto luogo la disfatta, Vladimir Ivanovič Novozhenov , decise di fuggire a Ržev. Solo nell’ottobre del 1941, sotto la copertura della notte, dopo aver ottenuto abiti civili, Teleshev e Novozhenov penetrarono nella Ržev occupata e si insediarono nella casa del secondo marito della madre di Teleshev, l’impiegato comunale Nikolaj Eremeev il quale abitava in via Vorovskogo.
L’inverno stava arrivando. Una sera Kuzma Pavlovič Latishev ed i suoi assistenti si erano riuniti in una casa diroccata. Ad un certo punto notarono un uomo che si dirigeva verso di loro camminando tra le macerie.
Aleksej Zhiltsov chiese: «Chi sei?«. Era difficile per gli altri riconoscere da distante ed al buio il loro amico di gioventù che si era arruolato nell’Armata Rossa. Poco dopo l’uomo entrò nella casa attraverso una breccia aperta sul muro di mattoni. Non era più vestito con abiti militari, ma con abiti civili. Appena lo videro da vicino esclamarono: «Teleshev! Sei tu? Da dove vieni?«2
Teleshev rispose: «Il mese scorso ho camminato attraverso foreste e paludi…» e raccontò quanto gli era accaduto. I ragazzi parlarono per tutta la notte e scelsero Teleshev come loro comandante.2

Vladimir Ivanovič Novozhenov
In una piccola città di prima linea, dove il numero delle truppe tedesche raggiungeva a volte quindici mila soldati e ufficiali, dove si trovavano il quartier generale del 6° e 23° corpo dell’esercito della 9° Armata della Wehrmacht, dove vi era una sede della polizia segreta tedesca, era estremamente difficile organizzare una qualsiasi forma di resistenza. Ma Teleshev ed il suo vice Vladimir Ivanovič Novozhenov vi riuscirono.
Circa 30 persone componevano il gruppo partigiano comandato dal tenente Teleshev, tra i quali il tenente dell’Armata Rossa Aleksandr Vasil’evič Beljakov, fuggito dal campo di prigionia di Dorogobuzh, un ex poliziotto Konstantin Dmitriev, gli ufficiali dei servizi segreti Vladimir Novozhenov, Boris Luzin, Michail Persijantsev, gli scout della 22° Armata Timofeev e Tat’jana Lvova, il segretario del Komsomol di Ržev Konstantin Gunčukov, i ceceni Latishev, Aleksej Zhiltsov, Michail Sokolov, ed i soldati dell’Armata Rossa fuggiti dalla prigionia Vladimir Nekrasov e Monjakin.2
Sotto gli ordini di Teleshev, il gruppo stava raccogliendo informazioni sul nemico che occupava la città. Sfruttando i collegamenti e le conoscenze degli ufficiali dei servizi segreti che componevano la formazione partigiana, Teleshev ed i suoi uomini riuscirono ad inviare queste informazioni al centro radio del dipartimento dell’intelligence situato nella sede dell’Armata Rossa.
Oltre all’attività di intelligence, i partigiani di Ržev si impegnarono anche nel sabotaggio: tagliarono cavi telefonici, danneggiarono autoveicoli, appesero volantini clandestini, bruciarono magazzini di cibo, rubarono armi e munizioni e documenti della Wehrmacht.
Di particolare importanza per l’aviazione sovietica risultarono i segnali luminosi che i partigiani effettuavano al fine di indicare gli obiettivi da colpire: depositi di munizioni, quartier generale, posizioni di artiglieria.
Per più di cinque mesi, i partigiani di Ržev causarono gravi danni al nemico.

Aleksandr Vasil’evič Beljakov
I partigiani agli ordini del tenente Teleshev distrussero 4 cannoni tedeschi, rubarono alcune mitragliatrici e due scatole di munizioni da un deposito di armi in via Uritskogo. Una bottiglia molotov distrusse il magazzino alimentare del comandante delle truppe tedesche in città. Di notte alcune sentinelle tedesche iniziarono a sparire, assalite silenziosamente con armi bianche e sgozzate prima ancora che potessero sparare od inviare l’allarme. I loro corpi venivano meticolosamente occultati. Ad assalire le sentinelle tedesche erano soprattutto il forte e coraggioso tenente Aleksandr Vasil’evič Beljakov e il soldato Vladimir Nekrasov. Una mattina all’alba però qualcosa andò storto, ed una sentinella tedesca fu uccisa nell’edificio della Gestapo con un colpo di pistola.2
I nazisti intensificarono la repressione. Effettuarono arresti di massa e fucilarono diversi ostaggi.
I partigiani di Ržev risposero con nuovo sabotaggio. Lanciarono una granata contro un’autovettura uccidendo un ufficiale nazista ed il suo autista. Jurij Sokolov lanciò due granate all’interno di una finestra del quartier generale della 9° Armata tedesca uccidendo diversi soldati della Wehrmacht. Per tutta la notte i nazisti spararono raffiche di mitragliatrici, illuminando continuamente le strade con razzi.2
Sui muri della città venivano affissi nuovi ordini minacciosi. Il vice comandante della città, il maggiore Kurtfeld, scrisse: «Mosca è stata conquistata, l’esercito bolscevico è stato sconfitto, suggerisco ai partigiani di fermare la resistenza e arrendersi alle autorità tedesche«. Ma ciò che l’ufficiale nazista ignorava era che i partigiani di Ržev, avevano tra i loro membri ufficiali dei servizi segreti sovietici i quali sapevano che quanto scritto dal maggiore Kurtfeld era solo un patetico bluff. Così, l’ufficiale dell’intelligence sovietica e vice comandante della formazione partigiana di Ržev Valdimir Novozhenov, informò il tenente Teleshev e gli altri suoi compagni, che quanto dichiarato dal comandante nazista era pura falsità ed anzi che il fronte dell’Armata Rossa si stava avvicinando alla città.2
A conferma di quanto dichiarato da Novozhenov, poco dopo in città si cominciò ad udire sempre più chiaramente il rumore dell’artiglieria sovietica. A Ržev si accumularono sempre più veicoli nemici e si concentrarono il quartier generale e le unità posteriori delle forze in ritirata. E sempre più spesso, gli aerei sovietici iniziavano a compiere incursioni di successo su bersagli nemici segnalati dai partigiani, come quando il 23 dicembre 1941 bombardarono un convoglio carico di munizioni. Nella notte di capodanno, Aleksandr Vasil’evič Beljakov e Michail Persijantsev lanciarono razzi luminosi per segnalare ai bombardieri sovietici dove gli ufficiali dell’ufficio del comandante celebravano la festa. Due bombe colpirono il bersaglio esattamente. La casa ha preso fuoco e fu una strage di ufficiali nazisti.2
A gennaio si svolsero combattimenti feroci alla periferia di Ržev. I tedeschi iniziarono rapidamente a trasformare la città in un’area fortemente fortificata. Alla periferia, al cimitero di Voznesenskij, erano concentrate diverse batterie di cannoni a lunga gittata e cannoni antiaerei. La notte del 20 gennaio 1942, l’ufficiale dei servizi segreti sovietici e vice comandante dei partigiani, Vladimir Novozhenov uccidendo alcune sentinelle tedesche poste a guardia del cimitero, riuscì ad entrarvi e nascosto tra le tombe sparò in aria diversi razzi luminosi. Fu così che i bombardieri tedeschi riuscirono a distruggere 12 cannoni a lungo raggio e ad uccidere numerosi soldati ed ufficiali nazisti.2
Nell’ufficio del comandante tedesco i membri del Komsomol agli ordini del loro segretario Konstantin Gunčukov, rubarono 300 modelli di passaporto, già timbrati e firmati, ai quali occorreva solo apporre una foto e scrivere i dati. Questi passaporti vennero in seguito utilizzati per la fuga di prigionieri di guerra.2
Le audaci azioni dei partigiani di Ržev non davano riposo al nemico. In città c’era un annuncio del comando tedesco, che prometteva molti soldi a chiunque indicasse l’identità ed il luogo di nascondiglio dei partigiani ed al contempo minacciava di morte tutti coloro che li avessero ospitati. Così con l’aiuto di un traditore, il secondo marito della madre di Teleshev, l’impiegato comunale Nikolaj Eremeev, il quale odiava Teleshev, gli uomini delle SS riuscirono ad ottenere alcune informazioni.
Il 26 marzo 1942, al mattino presto, uomini della Gestapo pesantemente armati iniziarono ad effettuare arresti di partigiani e delle loro famiglie.2 Per il suo meschino tradimento, il vile Eremeev fu condannato a morte dalle autorità sovietiche subito dopo la guerra.3
Tutti i membri dell’organizzazione partigiana resistettero eroicamente agli interrogatori. Il tenente Teleshev, il suo vice Novozhenov, Latishev, Dmitriev, Beljakov e altri furono torturati più volte al giorno. Non avendo ottenuto nulla, furono gettati in celle fredde e umide. Al forte Sasha Beljakov tagliarono la pelle a brandelli, strapparono le unghie, ma non riuscirono a farlo parlare per ottenere informazioni. Con il suo sangue scrisse sulle pareti della sua cella: «Sopporterò tutte le torture inumane, ho abbastanza forza per questo. Vi giuro sulla parola Patria mia e miei cari compagni del Komsomol, che resterò in silenzio fino alla fine. Fatelo anche voi. I nostri compagni finiranno tutto il lavoro. Sasha Beljakov«
Aleksej Zhiltsov riuscì a lasciare una lettera a suo padre: «Caro padre, assicurati che tuo figlio non ti deluderà, se rimarrai vivo, di ai miei compagni di me e che non li tradirò mai. Non voglio morire, abbiamo fatto così poco per la nostra Patria«.2
La tortura durò sei giorni, poi fu annunciato il verdetto della corte marziale: il tenente Aleksej Teleshev, il suo vice Vladimir Novozhenov ed Aleksandr Beljakov furono condannati a morte per impiccagione, il resto dei loro compagni catturati furono condannati a morte per fucilazione.2
Il 31 marzo 1942, il primo ad essere giustiziato fu il comandante dei partigiani di Ržev, il tenente Aleksej Teleshev. Mentre il boia stava togliendo lo sgabello da sotto i suoi piedi, riuscì a gridare ad alta voce: «Carissimi, stiamo morendo, ma la nostra causa è viva! Ci sono molti di noi! La vittoria sarà nostra!«2
I corpi degli impiccati non poterono essere rimossi per tre giorni, poi furono gettati nel seminterrato di una casa distrutta.
Altri 9 partigiani di Ržev furono catturati ed uccisi: Michail Sokolov, Konstantin Dmitriev, Aleksej Zhiltsov, Vasilij Morozov, Vladimir Nekrasov, Michail Persijantsev, Kuzma Latjshev, Boris Luzin e Tat’jana Lvova. Il luogo della loro sepoltura è sconosciuto. Il corpo del segretario del Komsomol Konstantin Gunčukov fu scoperto dopo la liberazione della città, in uno scantinato dell’ufficio del comandante tedesco, insieme ad altri otto cadaveri mutilati e irriconoscibili. На лбу Жижилкиной Анны была вырезана звезда, руки были обожжены.Le orecchie di Konstantin Gunčukov erano state tagliate e la pelle era stata strappata dalle sue mani.3
Fino alla metà dell’estate del 1942, i rimanenti partigiani di Ržev combatterono come leoni contro gli occupanti. Molti di loro furono catturati e giustiziati, ma le esecuzioni non solo non fermarono mai la loro lotta, ma ogni volta nuovi volontari aderirono alla formazione partigiana di Ržev, rafforzando sempre di più le loro attività di sabotaggio. Le truppe tedesche, nonostante la promessa di denaro, nonostante le indagini della Gestapo e nonostante il terrore instaurato in città, non riuscirono mai ad eliminare i partigiani di Ržev.
Anche grazie al coraggio dei partigiani di Ržev, la città fu liberata dall’Armata Rossa il 3 marzo 1943.3
Nel 1963, gli eroici partigiani di Ržev furono sepolti vicino all’Obelisco della Vittoria sulla collina della cattedrale. Con decreto del Presidium del Soviet supremo dell’Unione Sovietica del 10 maggio 1965, il tenente Aleksej Petrovič Teleshev è stato insignito postumo dell’Ordine della Guerra Patriottica di I Grado, Vladimir Ivanovič Novozhenov e Aleksandr Vasil’evič Beljakov hanno ricevuto postumi gli Ordini della Guerra Patriottica di II Grado. Sul luogo dell’esecuzione dei partigiani, l’odierna Piazza Sovetskaja, è stata installata una stele commemorativa che elenca i nomi dei partigiani giustiziati.3
Oggi nella città di Ržev ci sono strade che prendono il nome di questi coraggiosi partigiani.2
Luca D’Agostini
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