Nel villaggio di Russkoe, nel territorio di Krasnodar, in una fossa comune accanto ai resti di altri combattenti, si trovano quelli di Anna Grigor’evna Visotskaja.
Purtroppo la vita di questa ragazza fu molto breve e si spense all’età di 22 anni, quando aveva già effettuato 19 missioni di bombardamento aereo sulle truppe nemiche. Non ebbe il tempo di provare le gioie della vittoria o di sperimentare la felicità dell’amore e della maternità.
Il destino della famiglia Visotskij fu tragico. Tutti i 4 giovani figli combatterono nella Grande Guerra Patriottica: Anna divenne un pilota di aerei da bombardamento, suo fratello Anton si unì alle formazioni partigiane, suo fratello Leonid fu arruolato in marina e suo fratello Jacov in un reggimento di paracadutisti dell’Armata Rossa. Al termine della guerra solo Jacov tornò vivo a casa. Il loro padre Grigorij morì durante l’occupazione nazista. I poliziotti della Gestapo lo picchiarono a morte poiché aveva tentato di impedire loro di fotografare i bambini del villaggio.
Anna nacque in un giorno sconosciuto del 1923 nella città ucraina di Kazatin. Dopo gli studi iniziò a lavorare come bibliotecaria in un club di volo e lì si appassionò all’aviazione. Suo fratello Jacov era un paracadutista ed anche i suoi racconti contribuirono ad innestare la passione per il volo in Anna. All’inizio della guerra la ragazza effettuò l’addestramento per pilotare gli aerei, soprattutto in voli notturni. Fu addestrata su come evitare i riflettori delle batterie di contraerea nemica e su come agire in casi di criticità ed emergenza.
Al termine dell’addestramento fu assegnata ad un reggimento aeronautico femminile, il 46° Reggimento Bombardamento Notturno. Arrivò così il momento della prima missione di bombardamento, che affrontò con un viso letteralmente illuminato di gioia. Rivolgendosi ad una sua amica pilota di un altro aereo, Marina Čečneva, poggiandole una mano sulla spalla le sussurrò: «Se solo tu sapessi, Marina, quanto sono felice oggi. Insieme a te vado dal nemico. Le prime bombe sono per i miei luoghi nativi, per l’Ucraina, che è calpestata da mostri fascisti«.
Anna era una ragazza sempre molto in forma ed allenata fisicamente, impeccabilmente ordinata ed elegante, anche nei modi. I suoi stivali erano sempre così lucidi che quasi brillavano, la divisa sempre perfettamente stirata.
La prima missione di Anna Visotskaja e del suo navigatore Lidija Loshmanova fu un vero e proprio battesimo del fuoco. L’aereo fu colpito da numerosi colpi di mitragliatrice della contraerea tedesca, ma riuscirono a portare a termine la missione ed a ritornare alla base, seppur l’aereo non rispondeva più ad alcuni comandi. Anna uscì dall’aereo, fece calare la tensione e si affrettò ad abbracciare la sua navigatrice Lidija, dicendole: «Se non fosse stato per te, oggi non saremmo tornate salve dalla missione«.
Anna Visotskaja era innamorata del proprio lavoro. Una volta intervenendo ad un corso per reclute da formare quali piloti disse: «Nell’aria ci sono una varietà di imprevisti. Qualunque cosa accada, non fatevi prendere dal panico. Prendete una decisione rapidamente, senza esitazione. Credete sempre in voi stessi. Siete piloti!«
Dopo la prima missione, Anna Visotskaja entrò nel ritmo del combattimento. Ogni volo verso il Kuban era caratterizzato da una grande tensione, irto di pericoli infiniti.
Il 22 luglio 1943, Anna Visotskaja ed il navigatore Lidija Loshmanova volarono per bombardare un deposito di equipaggiamento nemico. Il navigatore dopo essere tornata alla base disse ai loro comandanti: «Abbiamo quasi raggiunto l’obiettivo quando tre fari hanno individuato il nostro aereo. Le mitragliatrici antiaeree aprirono il fuoco immediatamente. Il rumore dei proiettili fischiava intorno a noi. Il mio pilota è stato eccezionale, ha ascoltato tutte le mie indicazioni. Sentivo che c’erano già molti fori di proiettile nella fusoliera. Quindi Anna prese un’iniziativa in modo autonomo virando improvvisamente a destra. La manovra riuscì e non solo ci consentì di eludere per un po’ il fuoco nemico, ma ci permise facilmente di abbassarci di quota e ritrovarci di nuovo sopra l’obiettivo della missione. Io ho potuto così lanciare due bombe da cinquanta chilogrammi sulla batteria antiaerea rendendola innocua. Ho lasciato poi cadere il resto delle bombe sull’obiettivo distruggendolo completamente. Terminata la missione abbiamo ripreso la rotta verso la base. Abbiamo trascorso esattamente sei minuti sotto il tiro dell’artiglieria antiaerea nemica«. In quel momento, Anna la quale era seduta vicino a lei, intervenne ironicamente: «Sono stati davvero solo sei? Mi erano sembrati molti di più!» Anna era felice e imbarazzata e, come sempre in questi casi, lanciò una breve occhiata alla sua amica, abbassando gli occhi e coprendosi le guance arrossate con le mani.
Anna Visotskaja morì in una notte terribile, la notte il 1 agosto 1943. Era la sua diciannovesima missione di volo. Quella notte, quattro aerei sovietici del 46° Reggimento Bombardamento Notturno furono abbattuti contemporaneamente e le otto eroiche amiche che componevano i quattro equipaggi persero la vita. I loro nomi sono: Ksenija Krutova, Lena Salikova, Anna Visotskaja, Gal’ja Dokutovič, Son’ja Rogova, Ksenija Suchorukova, Val’ja Polunina, Irina Kashirina. I loro aerei che cadevano in picchiata erano quattro torce luminose nella notte che incendiavano il loro cuore pieno di amore per la madrepatria. Il fuoco divampò e le bruciò. Ma il fuoco dei loro giovani cuori brilla ancora oggi su di noi.
Lidija Loshmanova, il navigatore che aveva affiancato Anna nelle missioni precedenti si salvò in quanto per quella missione ad Anna fu assegnato un nuovo navigatore, l’esperta Gal’ja Dokutovič.
Nel luglio del 1943, la superiorità aerea sovietica divenne sempre più tangibile. Furono combattute violenti battaglie nella penisola di Taman, dove operava il 46° Reggimento Bombardamento Notturno. L’aviazione sovietica non diede pace ai nazisti, tanto di giorno quanto di notte. E le ragazze del 46° Reggimento Bombardamento Notturno bombardavano le posizioni del nemico dal tramonto fino all’alba.
Avendo esaminato attentamente le azioni dell’aviazione notturna sovietica, il nemico decise di ricostruire il proprio sistema di difesa aerea. Portarono dalla Germania dei riflettori più potenti i quali disposti uno accanto all’altro erano in grado di illuminare a giorno grandi porzioni di cielo. Inoltre uno squadrone di piloti nazisti fu dislocato a Taman per combattere i piloti sovietici. La notte del 1 agosto 1943 fu applicata per la prima volta questa nuova tattica.
Nel volo verso l’obiettivo, le donne pilota sovietiche notarono un comportamento insolito del nemico. I riflettori nemici si accendevano e si spegnevano, ma non c’era fuoco antiaereo. L’insolito silenzio era inquietante ed allarmante.
Quando l’aereo di Ksenija Krutova e Lena Salikova, sganciò le sue bombe, immediatamente diversi grandi fari si accesero ed illuminarono a giorno il cielo. Nel frattempo però i cannoni antiaerei continuarono il loro incomprensibile silenzio. Ksenija Krutova cercò di sfuggire alla luce dei fari il più in fretta possibile, ma il silenzio fu rotto da raffiche continue di cannoni antiaerei. Ad un certo punto il fuoco cessò ed apparve improvvisamente un aereo tedesco il quale sparò raffiche della sua mitragliatrice a distanza ravvicinata contro l’aereo della Krutova, il quale prese fuoco ed iniziò a precipitare in picchiata. I proiettori si spensero ed il silenzio calò di nuovo.
Poco dopo i potenti proiettori si accesero nuovamente. In questa occasione evidenziarono l’aereo di Anna Visotskaja e del suo navigatore Gal’ja Dokutovič. Anna non si spaventò e si diresse rapidamente verso l’obiettivo da bombardare. La contraerea tedesca cominciò a spararle contro un volume di fuoco impressionante tanto che il loro aereo prese fuoco ed iniziò a precipitare al suolo.
Così furono abbattuti anche gli altri due aerei e la missione di quella notte fallì. Il mattino seguente, alla base del 46° Reggimento Bombardamento Notturno gli umori erano pessimi e gli animi distrutti. Otto loro amiche, otto bellissime ragazze, desiderose di vivere non c’erano più. Avevano dato la vita per un futuro libero e gioioso del proprio Paese.
Luca D’Agostini
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