Ogni volta qualcuno vi dovesse dire: «Assad usa le armi chimiche contro il suo popolo», ricordatevi di questo articolo che state per leggere e magari fatelo leggere proprio a costoro.
Seymour Hersh, il giornalista investigativo statunitense, vincitore nel 1970 del Premio Pulitzer, per il reportage sul massacro di My Lai del marzo 1968 durante la guerra del Vietnam, in cui le forze armate americane uccisero deliberatamente almeno 109 civili, nel 2014, tra il silenzio quasi assoluto e scontato dei principali media occidentali, pubblicò i risultati di una indagine la quale stabiliva che furono i mercenari sostenuti e finanziati dall’Occidente ad utilizzare le armi chimiche per compiere la strage nella località di Ghouta, nei pressi di Damasco, in Siria, mediante un’azione sotto copertura pianificata dai servizi segreti turchi per convincere Obama che Assad stesse utilizzando armi chimiche contro la popolazione siriana. (1)
L’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche (OPWC) ha confermato che le tracce del gas Sarin usato in quell’occasione non sono in alcun modo collegate all’ex riserva di armi chimiche e biologiche controllata dal governo siriano. Il rapporto conferma quanto dichiarato dalle autorità di Damasco secondo le quali responsabile di quell’attacco, così come di altri 11 casi precedenti, fossero i mercenari presenti in Siria e sostenuti dall’Occidente. Il rapporto, inoltre, rafforza le dichiarazioni di Ahmed al-Gheddafi al-Qahsi, cugino dell’ex leader libico Muammar Gheddafi, secondo il quale le armi chimiche usate a Ghouta furono sottratte in Libia e poi contrabbandate in Siria, attraverso la Turchia, dai cosiddetti «ribelli» sostenuti dall’Occidente. (2)
Riassumendo i fatti, all’alba del 21 agosto 2013, a Ghouṭa, una cittadina nella periferia orientale e meridionale di Damasco, la popolazione civile venne bombardata da missili superficie-superficie contenenti un totale di 350 litri di gas Sarin. (3) La strage si stima abbia provocato tra la popolazione civile, 1729 morti, tra i quali in maggioranza bambini. (4) Le immagini di lunghe file dei cadaveri, principalmente bambini, distesi a terra uno di fianco all’altro ed immagini di donne, anziani bambini che faticavano a respirare ed avevano la bava alla bocca, fecero rapidamente il giro del mondo e sconvolsero l’opinione pubblica. (3)
I cosiddetti «ribelli» ed il governo siriano si accusarono a vicenda di aver perpetrato la strage. Molti nell’Occidente, per sostenere le proprie considerazioni politiche, colsero l’occasione per attribuire frettolosamente la responsabilità ad Assad. Come ricorda Giulietto Chiesa, per settimane tutti i giornali e tutti i telegiornali italiani dissero, nei titoli, nei testi, nei commenti, come se fosse ovvio, che «il dittatore sanguinario Assad» gasava, massacrava i propri cittadini. Verifiche? Nessuna. Bastava copiare quello che diceva Obama e la sua amministrazione.
Le indagini svolte dalle Nazioni Unite dal 25 al 31 agosto 2013 rivelarono chiare tracce di gas Sarin nel terreno e sui cadaveri nella zona colpita. (5) (6)
La comunità internazionale si divise, con Stati Uniti, paesi membri della NATO, Unione Europea e Lega Araba che accusarono Bashar al-Assad e l’esercito siriano, mentre la Russia, la Cina e l’Iran appoggiarono il governo siriano, accreditando l’ipotesi di un attacco perpetrato dai jihadisti sostenuti dall’Occidente. (7) (8) (9) (10)
Il 28 agosto 2013 lo speaker alla Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, John Boehner, inviò una lettera ad Obama nella quale affermava l’esistenza delle prove dell’uso delle armi chimiche da parte dell’esercito siriano, chiedendo i dettagli operativi per l’imminente attacco militare statunitense che era stato previsto per la mattina del 2 settembre 2013. Le prove però non vennero mai rese pubbliche alla comunità internazionale e l’interpretazione di tali eventi, fatti dagli Stati Uniti, non venne accettata dalla Russia, per la quale non esistevano assolutamente prove riguardo il coinvolgimento o la responsabilità del governo di Assad. (11) Il Presidente Vladimir Putin dichiarò l’intenzione irremovibile di difendere la Siria da qualsiasi azione militare internazionale, aumentando la presenza militare russa in Siria.
Il 31 agosto 2013, Obama venne informato dalla sua intelligence che quanto aveva sinora dichiarato riguardo la responsabilità di Assad nell’attacco chimico avvenuto a Ghouta, non era vero e che la realtà attribuiva invece la responsabilità di quanto accaduto alla Turchia ed ai cosiddetti «ribelli» finanziati dall’Occidente. Quel giorno Obama, che non poteva ammettere di essersi sbagliato accusando Assad dell’accaduto e non potendo accusare apertamente Ankara, alleato Nato, si tirò indietro chiedendo un voto del Congresso per dare il via libera all’operazione. (12)
In un’intervista a Le Figaro, il 2 settembre 2013, e poi alla CBS il 9 settembre 2013, Assad smentì l’uso di armi chimiche e forte del sostegno di Mosca, minacciò ritorsioni in caso di attacco degli Stati Uniti. Solo grazie alla netta e ferma opposizione della Russia ad un intervento militare internazionale in Siria, si riuscì ad impedire una ingiusta risoluzione dell’ONU ed un probabile conflitto mondiale. Anzi, su iniziativa russa, la crisi internazionale si risolse il 14 settembre 2013 a Ginevra, con l’adesione della Siria alla Convenzione sulle Armi Chimiche e con la distruzione avvenuta in Norvegia, dell’arsenale chimico siriano, sotto egida dell’ONU con l’approvazione all’unanimità della risoluzione n. 2118. (3) (13)
Del tutto inediti sono due aspetti evidenziati dall’indagine di Seymour Hersh, il primo dei quali riguarda l’impegno statunitense per fornire armi ai jihadisti anti-Assad. L’amministrazione democratica aveva cioè creato fin dall’inizio del 2012 una struttura gestita dalla CIA, per trasferire armi dalla Libia all’opposizione siriana tramite la Turchia. Al contrario di quanto affermato pubblicamente circa gli scrupoli nell’assistere solo i gruppi più moderati dell’opposizione, questo materiale è spesso finito nelle mani di formazioni integraliste, comprese quelle di Al-Nusra e quelle affiliate ad Al-Qaeda. Questa operazione segreta era descritta in un allegato del rapporto prodotto dalla commissione del Senato sui Servizi Segreti per fare chiarezza sui fatti che portarono all’assassinio a Bengasi dell’ambasciatore degli Stati Uniti in Libia, Christopher Stevens, e di altri tre cittadini statunitensi l’11 settembre del 2012. Nell’allegato viene descritta l’attività della CIA in una struttura apposita che sorgeva non lontana dal consolato di Bengasi, da dove l’agenzia di intelligence conduceva le operazioni necessarie a rifornire i mercenari presenti in Siria con le armi appartenute a Gheddafi. Le forniture erano scaturite da un accordo tra gli Stati Uniti e la Turchia, in base al quale il governo di Ankara, assieme alle monarchie assolute di Arabia Saudita e Qatar, si occupava dei finanziamenti e la CIA, in collaborazione con l’MI6 britannico, della logistica. Per evitare di mettere al corrente il Congresso dell’operazione, come avrebbe dovuto fare secondo la legge statunitense, la CIA si appellò a un cavillo, facendo passare la missione come un’iniziativa dei britannici a cui gli agenti della CIA fornivano la loro cooperazione. La collaborazione tra Washington e Ankara conduce infine alla rivelazione più eclatante dell’indagine di Hersh in relazione al comportamento di un governo turco già profondamente scosso e infastidito dai rovesci patiti dai ribelli per mano dell’esercito siriano. Erdogan, perciò, prese la decisione di provocare un intervento militare americano per ribaltare gli equilibri del conflitto. I vertici turchi provarono verosimilmente a convincere Obama già nella primavera del 2013 che Assad stesse utilizzando armi chimiche. Washington, però, continuò a mostrare cautela, anche dopo l’incontro tra i due leader alla Casa Bianca nel mese di maggio. Il resoconto di una cena tra Obama e Erdogan in occasione della trasferta americana di quest’ultimo fornisce un quadro sufficientemente dettagliato dell’impazienza e del nervosismo del leader turco per le sorti del conflitto in Siria. In quell’occasione, Erdogan era affiancato dal suo ministro degli Esteri, Ahmet Davutoglu, e dal capo dei servizi segreti turchi, Hakan Fidan. La cena era stata dominata dai tentativi quasi disperati di Erdogan di dimostrare l’uso di armi chimiche in Siria ad opera dell’esercito siriano. Secondo quanto riferito successivamente dall’allora consigliere per la sicurezza nazionale di Obama, Tom Donilon, Erdogan esprimeva in maniera molto accesa le sue tesi, puntando ripetutamente il dito contro il presidente degli Stati Uniti. Obama, da parte sua, impedì più volte al capo dei servizi segreti turchi di prendere la parola dicendogli che la sua amministrazione era a conoscenza di «ciò che state facendo con gli integralisti in Siria». Il rifiuto di Obama scosse comunque seriamente il governo di Ankara, visto che «senza il supporto militare degli Stati Uniti ai ribelli, il sogno di Erdogan di instaurare un regime amico in Siria stava svanendo». Inoltre, come racconta un anonimo ex agente dell’intelligence statunitense, «se la Siria vincesse la guerra, Erdogan sa che i cosiddetti «ribelli» gli si rivolteranno contro», così che si ritroverà con «migliaia di fondamentalisti nel suo giardino». (1)
In questo scenario si inserisce la descrizione di un briefing segreto preparato dall’intelligence statunitense per il capo di Stato Maggiore, generale Martin Dempsey, e il Segretario alla Difesa, Chuck Hagel, circolato qualche settimana prima dell’attacco del 21 agosto 2013 a Ghouta. L’analisi metteva anche in guardia dal fatto che la leadership turca aveva espresso «la necessità di fare qualcosa per provocare una risposta militare degli Stati Uniti. I turchi, prosegue l’ex agente segreto americano, «dovevano provocare un’escalation con un attacco con gas chimici a Damasco o nelle vicinanze quando gli ispettori delle Nazioni Unite erano in territorio siriano». Furono i servizi segreti russi a fornire le prove che gli agenti chimici utilizzati non provenivano dagli arsenali del governo siriano, ma dai jihadisti sostenuti dall’Occidente. (14) Così, l’intelligence militare degli Stati Uniti «dovette confermare che il gas Sarin era giunto ai jihadisti grazie alla Turchia». I servizi segreti ed i militari turchi, inoltre, si erano occupati anche «dell’addestramento per produrre il gas Sarin e delle modalità per maneggiarlo». (1)
L’indagine di Seymour Hersh mette a nudo ancora una volta le vere ragioni del coinvolgimento degli Stati Uniti e dei loro alleati mediorientali in Siria, nonché le manovre segrete che vengono condotte da governi che hanno ben poco interesse per la sorte e le aspirazioni democratiche della popolazione di questo paese. L’indagine del giornalista statunitense evidenzia anche come i media occidentali siano poco più che organi di propaganda dei rispettivi governi, dal momento che essi sono stati praticamente unanimi nel condannare Bashar al-Assad per gli attacchi con armi chimiche registrati nel 2013 nonostante le perplessità da subito emerse e riportate spesso in maniera convincente dalla stampa alternativa non allineata alle posizioni governative. In questi anni, oltre alle grandi agenzie di stampa americane, alcune ONG come il Syrian Obervatory for Human Rights (in realtà un minuscolo ma iperattivo organo di propaganda anti-Assad, gestito principalmente da una sola persona che vive a Londra), si sono inspiegabilmente accreditate come fonti attendibili di quanto accadeva in Siria presso la quasi totalità dei media occidentali. La quantità di materiale non verificato prodotto da queste fonti e subito rilanciato dai media internazionali ha letteralmente invaso il flusso mediatico, imprimendo una direzione ben precisa a quelli che si chiamano «spin», cioè gli orientamenti iniziali e le percezioni generali indotte nell’opinione pubblica intorno ad una notizia. (15) Non a caso, d’altra parte, il lavoro di Hersh è stato in gran parte ignorato dai media occidentali, pronti al silenzio nel momento in cui appresero che ad utilizzare le armi chimiche erano quei cosiddetti «ribelli» sostenuti dalle potenze occidentali. (1) (16) Come afferma Giulietto Chiesa, «adesso i giornali e telegiornali italiani dovrebbero essere obbligati a smentire le falsità che raccontavano, ma non smentiscono. Dovrebbero licenziare i giornalisti bugiardi ed incompetenti. Ma non licenziano. I direttori di quei giornali e telegiornali dovrebbero apparire in video, o in prima pagina, scusandosi per i propri «errori» ed orrori. Ma fanno finta di non ricordarsi niente.» (17) Anche perchè tutto ciò causerebbe un ulteriore colpo per la credibilità della Casa Bianca, la quale per la terza volta in 15 anni avrebbe cercato di avviare una guerra già precedentemente pianificata contro uno Stato sovrano sulla base di accuse fumose, montature mediatiche e false prove, contribuendo questa volta ad armare proprio le formazioni dei cosiddetti «ribelli» che sono le uniche responsabili dell’utilizzo delle armi chimiche. (15)
Luca D’Agostini
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Fonti:
(1) Armi chimiche usate dai ribelli
(2) Ghouta
(4) Bodies still being found after alleged Syria chemical attack: opposition, in The Daily Star, 22 agosto 2013.
(5) Syria to allow UN to inspect ‘chemical weapons’ site, in BBC News, 25 agosto 2013.
(6) Ryan Lucas, UN Experts Enter Lebanon After Leaving Syria, in The Huffington Post, 31 agosto 2013.
(7) Arab League blames Syria’s Assad for chemical attack, in Reuters, 27 agosto 2013.
(8) Aaron Blake, White House lists 10 countries supporting action on Syria, in The Washington Post, 6 settembre 2013.
(9) Vladimir V. Putin, A Plea for Caution From Russia, in The New York Times, 11 settembre 2013.
(10) Aryn Baker, Russia and Iran Warn Against Intervention in Syria, in TIME, 27 agosto 2013.
(11) Articolo del Corriere della Sera
(12) RAI News
(13) Syria Will Sign Chemical Weapons Convention, Declare Arsenal, Foreign Ministry Says, in The Huffington Post, 10 settembre 2013.
(14) Articolo di «La Repubblica»
(15) Prove false
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