Sotto il regime comunista albanese, questo piccolo stato balcanico ha conosciuto un isolamento crescente per via di scelte politiche che lo hanno portato di fatto fuori da ogni sorta di alleanza politica. Dal 1946, dopo 7 anni dall’invasione italiana che costrinse alla fuga Re Zog, l’Albania divenne una repubblica socialista alleata dell’Unione Sovietica e il 14 maggio 1955 aderì al Patto di Varsavia, per poi uscirvi appena 6 anni dopo. Successivamente divenne uno stretto alleato della Cina ma nel 1978 ruppe anche questa alleanza, precipitando in un isolamento sempre più totale, e sebbene la morte di Hoxha del 1985 portò un certo miglioramento, la nazione rimase isolata fino al dicembre 1990, mentre l’anno successivo una grave crisi economica portò la popolazione a una fuga massiccia dal Paese, come immortalarono i telegiornali dell’epoca.
Paradossalmente, mentre Hoxha temeva paranoicamente una invasione italiana, testimoniata dai 750 mila bunker costruiti sulla costa con l’aiuto della Cina, di fatto negli anni ’90 accadde l’esatto contrario, furono gli albanesi a invadere le coste sudorientali italiane, anche se si trattava di civili e non certamente di marines.

Bunker sulle coste dell’Albania

Immigrati albanesi (1997)
Era il marzo del 1997. In Italia Prodi aveva vinto le elezioni l’anno precedente e dovette affrontare la crisi dell’Albania e il flusso di immigrati albanesi che giungevano sulle coste sudorientali italiane. In quell’anno di crisi degli anni Novanta, la squadra del governo italiano schierava i seguenti ministri: agli Esteri Lamberto Dini, alla Difesa Beniamino Andreatta, all’Interno Giorgio Napolitano e ai Trasporti e alla Navigazione (responsabile dei porti), Claudio Burlando. Ebbene. L’allora governo italiano offrì una «protezione temporanea» ai profughi e sostenne economicamente l’Albania, ma al contempo attuò un rigido blocco navale. Certo, Prodi di fronte ai deputati (era il 2 aprile 1997) provò a spiegare che «blocco navale» non era proprio il nome esatto con cui avrebbe chiamato l’operazione, da lui invece definita «attività volta soprattutto a stroncare la malavita organizzata che gestisce gli espatri«. Ma si trattava di masturbazione semantica.
Chi non aveva diritto d’accoglienza, veniva immediatamente rimpatriato seguendo le disposizione del ministro degli Interni Napolitano. Prodi in un discorso alla Camera dichiarò: «Mi sono adoperato senza risparmio per impartire direttive e formulare proposte legislative che hanno consentito un’attenta vigilanza intesa a garantire che chi ha bisogno di aiuti e di accoglienza dal nostro paese la abbia, come è giusto che sia, ma chi invece appartiene alla delinquenza organizzata sia tempestivamente e doverosamente espulso o respinto«.
La Repubblica titolava: «Blocco navale per fermare gli albanesi«. Incipit: «Da ieri è scattata la linea dura. Non sono più profughi, ma immigrati non in regola. E quindi vanno respinti«. Si faccia attenzione alle parole, che pesano come un macigno. «Immigrati non in regola» sta per «clandestini«. Il sottosegretario agli Interni, Giannicola Sinisi, nel ’97 spiegava: «Sulle nostre coste non stanno arrivando più profughi, gente spaventata, ma uomini e donne che vengono da zone dove la rivolta non è neppure arrivata. Cercano una vita migliore, un lavoro più redditizio, sono, insomma, immigrati«.
Con l’accordo firmato allora col premier albanese, l’Italia si impegnò a bloccare con mezzi navali militari l’emigrazione in massa dell’Albania. Le fregate della Marina Militare Italiana dovevano realizzare «manovre di allontanamento» in mare per intimidire i barconi carichi di immigrati e costringerli a fare marcia indietro. Solo due giorni dopo la firma, la motovedetta albanese «Katër i Radës» venne speronata dalla «Sibilia» una nave della Marina Militare Italiana. Fu una strage: 81 morti e 27 dispersi.

Relitto della motovedetta albanese «Katër i Radës»
Sempre nel 1997 un MiG-15 dell’Aeronautica Militare Albanese disertò in Italia atterrando a Galatina, dopo essere stato localizzato in maniera intermittente dai radar italiani (il che causò vari problemi politici in Parlamento per il fallimento della difesa aerea). I due piloti albanesi chiesero e ottennero asilo politico. Dopo la fine dell’assistenza cinese la situazione era talmente grave che non c’era nemmeno il carburante specifico per le turbine aeree.
Negli anni successivi la situazione albanese andò lentamente migliorando e attualmente la nazione cerca a fatica di consolidare la sua situazione economica.
Nel 2003, nonostante l’opposizione europea, l’Albania ha firmato un accordo bilaterale con gli Stati Uniti per non estradare cittadini statunitensi nelle altre nazioni, se non negli Stati Uniti logicamente.
Nel frattempo con l’aiuto statunitense furono eliminate le armi chimiche albanesi, complessivamente 16,7 tonnellate per un costo di 48 milioni di dollari, che ha richiesto 4 anni di tempo (fino al 10 luglio 2007).
Il 4 aprile 2009 l’Albania è divenuta un paese membro della NATO ma le sue forze armate sono dotate di armamenti di scarsissimo potenziale bellico e anche l’addestramento militare è di bassa qualità. L’adesione alla NATO ha comportato l’inizio di un lento programma di modernizzazione con l’acquisto di armamenti prodotti dai paesi dell’Alleanza Atlantica. Contemporaneamente è stato anche avviato un programma per lo smaltimento degli armamenti obsoleti acquistati nei decenni precedenti dall’Unione Sovietica prima e dalla Cina in seguito.
Attualmente la funzione delle forze armate albanesi è di garantire la difesa e l’integrità del territorio dell’Albania da minacce esterne, anche se gli esperti militari concordano sul fatto che a tutt’oggi sia totalmente inadeguato per lo svolgimento di questa funzione e che in tal caso necessita inevitabilmente di un supporto esterno da parte dei paesi della NATO.
Il quartier generale dell’Esercito albanese si trova a Tirana e il totale dei militari in attività è di 16.000 unità. La dotazione di armamenti è molto scarsa e non dispone di carri armati. Nel dettaglio gli armamenti a disposizione dell’esercito sono i seguenti:
— quali armi leggere che costituiscono l’equipaggiamento personale, i militari albanesi dispongono di armi di fabbricazione italiana come la pistola automatica 9x19mm Beretta «Px4» e il fucile mitragliatore 5,56×45 mm Beretta «AR70/90».
— 130 mezzi corazzati per il trasporto truppe «M113» di fabbricazione statunitense.
Anche l’Aeronautica Militare Albanese è molto debole i quanto non dispone di velivoli da combattimento o da bombardamento, ma dispone esclusivamente di elicotteri militari di servizio. Attualmente la dotazione di mezzi in forza all’Aviazione albanese è la seguente:
— 4 elicotteri Eurocopter AS532 Cougar di fabbricazione francese;

Elicottero Eurocopter AS532 Cougar (Aeronautica Militare Albanese)
— 2 elicotteri Eurocopter EC145 di fabbricazione francese;
— 5 elicotteri Agusta-Bell 205 di fabbricazione italiana;
— 5 elicotteri Agusta-Bell 206 di fabbricazione italiana;

Elicottero Agusta-Bell 206 (Aeronautica Militare Albanese)
— 1 elicottero Agusta-Westland AW109 di fabbricazione italiana;
— 8 elicotteri MBB Bo 105 di fabbricazione tedesca;

Elicottero MBB Bo 105 (Aeronautica Militare Albanese)
— 3 elicotteri Sikorsky UH-60 Black Hawk di fabbricazione statunitense.
Come detto per l’esercito e per l’aviazione, anche la Marina Militare Albanese rappresenta una forza militare decisamente debole. Attualmente la dotazione di mezzi in forza alla flotta navale albanese è la seguente:
— 4 pattugliatori costieri classe Damen Stan 4207 (dislocamento 200 t) di fabbricazione olandese;

Pattugliatore classe Damen Stan (Guardia Costiera Albanese)
— 5 guardia-costieri di 14 mt «RB-M» (dislocamento 16,3 t) di fabbricazione statunitense.

Imbarcazione RB-M (Guardia Costiera Albanese)
Tra i reparti speciali quello chiamato «RENEA» (Reparti i Neutralizimit te Elementit te Armatosur) è il principale. Fu creato negli anni ’90 soprattutto per azioni anticrimine dato il livello di delinquenza aumentato rapidamente dopo la caduta del comunismo. Inizialmente, ai tempi del comunismo, c’era l’Unità 326 (Reparti 326), che era utilizzata soprattutto per il controllo delle rivolte e che fu conseguentemente disciolta dopo la fine del regime.
Luca D’Agostini
Lascia un commento
Fonti
Вы должны авторизоваться чтобы опубликовать комментарий.