Il nome di Andrej Čikatilo è purtroppo divenuto tristemente noto in tutto il mondo.
Čikatilo nacque il 16 ottobre 1936 in un piccolo villaggio ucraino. Visse un’infanzia travagliata: suo fratello maggiore Stepan, scomparve nel 1931. I genitori sospettarono che fosse stato mangiato dai cannibali durante la terribile carestia che colpì l’Ucraina negli anni ’30. I terribili racconti della madre riguardo la morte del fratello, furono per il bambino un danno enorme per la psiche e ciò, forse, contribuì alla deviazione mentale del futuro serial killer.
La Grande Guerra Patriottica iniziò, il padre Čikatilo andò al fronte e fu catturato. Dopo il suo rilascio nel 1945 fu riconosciuto come «traditore della Patria» e fu impiccato. Per questo motivo a scuola il giovane Čikatilo fu costantemente attaccato dagli altri ragazzi.
In pratica crebbe da solo. Non aveva amici ed era molto timido. Inoltre i suoi compagni di scuola lo deridevano in continuazione poiché soffriva di incontinenza ed era miope. Inutile sottolineare che la sua infanzia fu piuttosto infelice.
Crescendo emersero anche problemi di natura sessuale. Alle prime relazioni con le ragazze scoprì di avere problemi di erezione e fu più volte ridicolizzato.
Dopo essersi diplomato si iscrisse all’università e si laureò con ottimi voti. Subito dopo la laurea fu assunto come ingegnere telefonico nella cittadina di Radionovo-Nesvetaevskj nella regione di Rostov. Čikatilo lavorò diligentemente e dopo aver accumulato una piccola somma di denaro, la inviò immediatamente a sua madre.
Nel 1962, sua sorella gli presentò una sua amica di nome Faina. I due si sposarono e nonostante i problemi di natura sessuale di Čikatilo, la coppia ebbe due figli: Ljudmila e Jurij. In quegli anni Čikatilo mostrò di essere un marito premuroso ed un ottimo padre per i suoi figli.
Nel 1970 si laureò una seconda volta, in questo caso in letteratura. Fu assunto così come insegnante nella scuola n. 32 di Novoshakhtinsk. Questa esperienza lavorativa si dimostrò infelice. Čikatilo non fu in grado di essere autorevole nei confronti dei suoi studenti, i quali anzi lo derisero costantemente. Nonostante le umiliazioni subite nel ruolo di insegnante, Čikatilo non pensò di cambiare lavoro.
Anzi un giorno cercò di convincere uno studente a praticare sesso orale, ma gli studenti più grandi se ne accorsero e lo picchiarono violentemente. Da quel giorno Čikatilo portò sempre un coltello nella sua valigetta.
All’interno della scuola il clima lavorativo divenne insostenibile e presto Čikatilo con la sua famiglia si trasferì nella città di Mines. Fu lì che iniziò i suoi sanguinosi crimini.
Il 22 dicembre 1978 commise il suo primo omicidio. La vittima fu Lena Zakotnova, una bambina di 9 anni. Notandola alla fermata del tram, il criminale l’attirò promettendole di offrirgli una gomma da masticare, all’epoca una rarità per una ragazza sovietica di periferia. Il maniaco la spinse a terra, tentò di violentarla e le inflisse diverse ferite da arma da taglio allo stomaco. Čikatilo lanciò la ragazza mezza morta nel fiume Grushevka, dove dopo due giorni ritrovarono il corpo.
Čikatilo poteva essere arrestato dopo il primo crimine. Ci fu una testimonianza di come la bambina fu condotta via da un uomo alto e magro con gli occhiali da miope. Čikatilo fu arrestato ma la moglie gli fornì un alibi per quel giorno. Se così non fosse stato, probabilmente le vite di altre 52 persone sarebbero state salvate.
Così fu arrestato un altro uomo corrispondente alla descrizione, il suo nome era Aleksandr Kravčenko. Nonostante il suo continuo dichiararsi innocente e del tutto estraneo ai fatti, Kravčenko fu giustiziato nel 1984.
Čikatilo riuscì a contenere i suoi terribili istinti criminali per tre anni. Il 3 settembre 1981, si verificò un altro omicidio, la vittima fu la diciassettenne Larisa Tkačenko. La ragazza era una prostituta minorenne. Il maniaco notò Larisa alla fermata dell’autobus, vicino alla biblioteca della città. Propose alla ragazza di fare una passeggiata e lei accettò senza pensarci due volte. Certo, non immaginava la fine che l’attendeva. Andarono in un bosco dove l’assassino gettò la ragazza a terra, la spoglio e la picchiò violentemente. Per attutire le sue grida, le riempì la bocca di terra. Presto Larisa smise di respirare. Il cadavere fu ritrovato il giorno successivo.
Nel 1982 il serial killer aveva già commesso 6 crimini. Il suo piano d’azione era sempre il solito: cercava bambini solitari, li attirava in un bosco e lì compiva i suoi omicidi.
Il corso delle indagini fu complicato da tre fattori: in primo luogo, i crimini di questo tipo erano nuovi per la polizia di Rostov la quale non disponeva di investigatori specializzati. In secondo luogo, si riteneva che l’assassino dei ragazzi fosse una persona diversa da quello delle ragazze. Infine, molti cadaveri furono ritrovati diversi mesi dopo l’omicidio ed alcuni non furono trovati affatto, risultò così difficile identificarli ed analizzarli al fine di giungere all’identità dell’assassino.
L’anno seguente Čikatilo commise altri 8 omicidi, tutti con terrificante crudeltà. La situazione stava diventando molto critica. Nel settembre del 1983, a coordinare le indagini giunse da Mosca il maggiore Michail Fetisov e la sua squadra investigativa. Fetisov si mostrò estremamente critico nei confronti del lavoro dei suoi predecessori, dichiarando immediatamente che tutti gli omicidi erano opera dello stesso maniaco sessuale.
La prima prova rilevata dalle indagini svolte dal maggiore Fetisov fu un campione di sperma dell’assassino prelevato dal corpo di una delle vittime.
Nel 1984, il maniaco commise 15 brutali omicidi: 9 donne e ragazze adulte e sei bambini. A dicembre si trasferì in un nuovo posto di lavoro, una fabbrica vicino a Novočerkassk. L’anno seguente commise due omicidi di donne, uno dei quali è a Mosca.
Nel dicembre 1985 le indagini passarono sotto il controllo del comitato centrale del PCUS (Partito Comunista dell’Unione Sovietica). Il nuovo capo del gruppo investigativo fu Issa Kostoev, il quale organizzò pattuglie nelle stazioni ferroviarie, furono mobilitate le migliori forze di polizia del Paese per catturare il maniaco. Tuttavia, il criminale non fu identificato.
Čikatilo comprese l’elevata attenzione posta in atto dagli investigatori sul caso e per più di un anno non commise alcun omicidio. Ma la sete di sangue era troppo forte e così nel 1987 riprese ad uccidere di nuovo.
Il 16 maggio 1987, durante un viaggio di lavoro negli Urali, Čikatilo uccise il tredicenne Oleg Makarenkov. Durante il viaggio successivo commise l’omicidio brutale di un ragazzo di 12 anni.
Il seguente omicidio avvenne a Leningrado il 15 settembre 1987 e la vittima fu un ragazzo di 16 anni di nome Jurij Tereščonok.
Nel 1988 credendo ancora di farla franca, Čikatilo tornò ad uccidere nella sua regione. Ad aprile uccise una ragazza della quale non fu mai ritrovato il cadavere, a maggio una bambina di 9 anni ed a luglio un ragazzo di 15 anni.
L’anno successivo iniziò con l’omicidio della sedicenne Tat’jana Rizova. Il maniaco attirò la ragazza nell’appartamento vuoto di sua figlia. Le offrì da bere della vodka e poi quando fu mezza ubriaca la uccise con un coltello da cucina. Sezionò il suo cadavere in piccole parti in modo da portarlo fuori dall’appartamento senza attirare l’attenzione.
Nel 1989 commise altri quattro brutali omicidi. I corpi ritrovati dalla polizia erano così spesso così sfigurati da non poter nemmeno essere identificati.
Nel 1990 commise altri otto crimini agghiaccianti.
Issa Kostoev decise di aumentare il numero di pattuglie di polizia in strada. Piccoli gruppi di poliziotti in borghese osservarono letteralmente ogni uomo sospetto, perlustrarono attentamente i boschi e le zone adiacenti alle stazioni ferroviarie. Tuttavia, ancora nessun risultato fu raggiunto.
Il 6 novembre 1990, alla stazione di Leskhoz il maniaco incontrò una ragazza di 22 anni di nome Svetlana Korostik. La condusse nel bosco dove la uccise. Dopo di che iniziò a tagliare pezzi di carne dal corpo della ragazza e li mangiò. Dopo aver terminato il suo sanguinoso rituale, Čikatilo si addormentò sul cadavere mutilato della donna. Sembrava che tutto fosse avvenuto come al solito, ma Čikatilo questa volta commise un errore fatale che gli costerà la libertà e poi la vita. Risvegliatosi ritornò alla stazione, dove attirò l’attenzione del sergente di polizia Igor Rjbakov: tracce di sangue della vittima erano rimaste sulla guancia e sul lobo dell’orecchio del maniaco. Il sergente gli chiese i documenti ma non avendo un motivo valido per arrestarlo lo lasciò libero.
Tuttavia il sergente Rjbakov non tralasciò di redigere un verbale del suo fermo e della successiva identificazione di Čikatilo. Il verbale giunse ad Issa Kostoev il quale ordinò che Čikatilo fosse pedinato costantemente.
Così il 20 novembre 1990 mentre era alla ricerca della sua prossima vittima, il gruppo che lo pedinava si allertò. Quel giorno il maniaco non fu fortunato: un ragazzo che aveva adocchiato fu portato via da sua madre ed un altro non riuscì a persuaderlo. Gli agenti di polizia osservarono tutta la strategia messa in atto dal maniaco e poco dopo tre agenti in borghese gli si avvicinarono e lo bloccarono mettendogli le manette ai polsi.
Il maniaco aveva una valigetta con sé, in cui trovarono un coltello, un pezzo di corda e un barattolo di vaselina. Durante la perquisizione dell’appartamento di Čikatilo, furono trovati altri 23 coltelli, un martello e un paio di stivali, una cui traccia era stata rinvenuta vicino al cadavere di una delle vittime. La moglie si rifiutò di credere che il serial killer fosse suo marito.
Dopo la perquisizione iniziarono una serie di duri interrogatori. Čikatilo fu portato in tutti i luoghi dove commise gli omicidi. In una occasione, quando fu portato sulla scena del delitto, i residenti della cittadina vennero a sapere della presenza del mostro. Si radunarono sul luogo e la polizia fu costretta a chiamare urgentemente la polizia antisommossa pere evitare il linciaggio di Čikatilo.
Il serial killer confessò tutti i suoi crimini fornendo i dettagli delle sue azioni criminali. Tuttavia, all’inizio del processo, ritrattò le sue confessioni, affermando di averle fatte sotto la pressione delle forze dell’ordine.
Il processo a Čikatilo iniziò il 14 aprile 1992. Durante il processo, fu tenuto in custodia nel centro di detenzione del KGB, per evitare che fosse ucciso in carcere.
L’avvocato di Čikatilo cercò di dimostrare che l’imputato era una persona mentalmente malata. Il maniaco stesso fingeva diligentemente di essere pazzo: si comportava in modo oltraggioso e beffardo verso i familiari delle vittime, insultò molto volgarmente il giudice ed il pubblico ministero. Una volta durante un’udienza del processo, mentre era rinchiuso nella gabbia si abbassò i pantaloni e scuotendo il pene provocò il giudice.
Al termine del processo, Čikatilo fu condannato alla pena di morte. Quando il giudice pronunciò la parola «esecuzione», i presenti al processo accolsero la sentenza con fragoroso applauso.
Prima dell’esecuzione della sentenza, Čikatilo scrisse una petizione con richiesta di clemenza all’allora presidente della Federazione Russa Boris Eltsin, il quale però respinse la sua richiesta.
Il 14 febbraio 1994, Andrej Čikatilo, condannato a morte per 52 omicidi intenzionali, fu giustiziato dagli agenti del KGB con un singolo proiettile nella parte posteriore della testa.
Luca D’Agostini
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