Questo articolo è dedicato ad uno dei più importanti scrittori e poeti russi del Novecento. Boris Leonidovič Pasternak nacque a Mosca il 10 febbraio 1890 (29 gennaio 1890 secondo il calendario giuliano) e morì a Peredelkino il 30 maggio 1960. (1)
Nacque da una agiata famiglia ebraica e trascorse l’infanzia in un ambiente intellettuale ed artistico. Suo padre Leonid era un artista e professore alla scuola moscovita di pittura, sua madre, Rosalia Kaufmann, era una pianista. Tra le varie personalità del mondo della cultura, quando era ancora ragazzo, Pasternak ebbe modo di incontrare a casa dei genitori anche Lev Tolstòj, per il quale suo padre Leonid illustrò i libri. In quegli anni Pasternak sognava di diventare un pianista e compositore e si applicava nello studio della musica. Terminati gli studi al liceo, cambiò idea riguardo le proprie aspirazioni e si iscrisse alla Facoltà di Filosofia dell’Università di Mosca. Nell’estate del 1912 e dopo i viaggi in Svizzera ed in Italia, maturò la sua decisione di dedicarsi alla poesia.
Nel 1922 Pasternak sposò Evgenija Vladimirovna Lourie da cui ebbe un figlio di nome Evgenij. Divorziarono nel 1931.
Seguì un secondo matrimonio nel 1934 con Zinaida Nikolaevna Neuhaus; la famiglia si trasferì nel sobborgo moscovita di Peredelkino nel 1936.
Nel 1946, nella redazione della rivista letteraria Novij Mir («Nuovo Mondo») conobbe la redattrice Ol’ga Ivinskaja la quale divenne la sua amante per il resto della vita. Lei aveva 34 anni, bionda con tristi occhi azzurri, due volte vedova, con due figli.

Boris Pasternak e Ol’ga Ivinskaja

Boris Pasternak con Ol’ga Ivinskaja e la figlia di lei Irina
Lui aveva 56 anni, era un famoso poeta e traduttore di Shakespeare e poteva curiosamente contare su una fondamentale immunità, probabilmente in nome delle sue splendide traduzioni dei poeti georgiani che toccavano la sensibilità di Stalin, il quale avrebbe ordinato di lasciare «Pasternak in pace fra le sue nuvole«, come si legge in un documento conservato negli archivi del Kgb. Ol’ga lo amò a tal punto che quando le autorità sovietiche cominciarono a perseguitare Pasternak, lo sostenne fino a diventare lei stessa oggetto di persecuzioni. Fu arrestata la prima volta nel 1949, interrogata e torturata per ottenere informazioni sulle presunte attività spionistiche dell’amante e sul libro sovversivo che stava scrivendo. Durante l’interrogatorio ebbe un aborto, ma fu ugualmente condannata a tre anni di lavori forzati nel gulag di Potma. (2)
Dopo la seconda guerra mondiale Pasternak mise mano al suo primo e unico romanzo, Il dottor Živago (Доктор Живаго). Il romanzo venne rifiutato dall’Unione degli Scrittori che ai tempi del regime bolscevico-stalinista non poteva permettere la pubblicazione di un libro che, fortemente autobiografico, raccontava i lati più oscuri della Rivoluzione d’ottobre. Il protagonista del libro, il medico Jurij Živago, passa attraverso le vicende più significative del suo Paese, la prima guerra mondiale, la rivoluzione, la guerra tra i comunisti rivoluzionari e le truppe fedeli allo Zar. (3) L’altra protagonista del libro è Lara (Larisa Fëdorovna), una ragazza povera e affascinante, che disperata per un debito di gioco del fratello, spara ad un avvocato sotto gli occhi di un silenzioso Živago. In seguito, ma all’insaputa l’uno dell’altra e con le rispettive famiglie, i due si trasferiscono sugli Urali, in due villaggi diversi. Qui la sorte li fa incrociare di nuovo, nella biblioteca di un piccolo paese frequentata da Jurij, il quale nel frattempo ha abbandonato la professione medica e conduce un’esistenza molto umile e svolgendo lavori servili per sopravvivere. Jurij rifiuta in ogni modo di diventare un membro della nuova classe intellettuale e si rinchiude in sé stesso scrivendo poesie. Ma viene comunque travolto dagli avvenimenti storici: catturato da una banda partigiana, deve abbandonare tutto. Al suo ritorno non troverà più la famiglia, trasferitasi all’estero, e anche il rinnovato amore per Lara, sarà di breve durata. Tornato solo a Mosca, Živago crea una nuova famiglia, dalla quale fuggirà, morendo ancora giovane, in totale solitudine. Lara, di ritorno a Mosca dopo anni di assenza, si troverà, per un ennesimo gioco del fato, davanti al cadavere di Živago, giacente in quella che fu la casa giovanile di suo marito, morto anni prima come misterioso eroe rivoluzionario. (4)
Pur intrecciando la storia del suo Paese con la storia d’amore di Živago, Pasternak non è affatto interessato ad esprimere un giudizio sugli avvenimenti storici. A tal proposito è significativo ciò che afferma lo stesso Živago: «L’epoca non tiene conto di me, mi impone ciò che vuole. Permettete dunque anche a me di ignorare i fatti.» Alla sua uscita «Il dottor Živago» venne letto soprattutto in chiave politica. (3) La stesura dell’opera, che fu bandita dal governo, fu causa per l’autore di persecuzioni intellettuali da parte del regime e dei servizi segreti che lo costrinsero negli ultimi anni della sua vita alla povertà e all’isolamento.
Ad ogni modo il manoscritto riuscì a superare i confini sovietici e il libro approdò dapprima in Italia. Qui infatti, l’editore Giangiacomo Feltrinelli, iscritto al P.C.I. (Partito Comunista Italiano), era alla ricerca di opere significative per dare slancio alla sua casa editrice, ed ebbe la fortuna di imbattersi in uno dei romanzi più significativi del Novecento russo, «Il dottor Živago» per l’appunto. Sergio D’Angelo, anch’egli iscritto al P.C.I., lavorava a Radio Mosca, e fungeva da talent scout per Feltrinelli in Unione Sovietica. Nel maggio del 1956, D’Angelo si recò al villaggio di Peredelkino, alle porte di Mosca. Qui riuscì ad incontrare il poeta, che gli affidò il manoscritto per permettere a Feltrinelli di iniziarne la traduzione. Pasternak, consapevole della sua decisione così come dei problemi che essa avrebbe comportato, congedò D’Angelo dicendogli: «Voi siete sin da ora invitato alla mia fucilazione«. (5) Il libro si diffuse in occidente e nel giro di pochissimo tempo, tradotto in più lingue.
Nel 1958, Il dottor Živago frutterà a Pasternak l’assegnazione del Premio Nobel per la letteratura e diede vita a vicende e ricostruzioni storiche che costituiscono un «romanzo nel romanzo».
Infatti, secondo il critico letterario russo Ivan Tolstòj, proprio l’assegnazione del premio scatenò una vicenda singolare che avrebbe visto il coinvolgimento dei servizi segreti occidentali. Tutto nascerebbe dal fatto che il regolamento dell’Accademia Svedese, ente designato a scegliere il vincitore del Premio Nobel per la letteratura, prevede che per ottenere il riconoscimento, l’opera in questione debba essere stata pubblicata nella lingua materna dell’autore, requisito di cui Il dottor Živago difettava. Pertanto, secondo la versione del critico russo, a pochi giorni dal momento in cui l’assegnazione avrebbe dovuto essere resa nota, un gruppo di agenti della CIA e dell’intelligence britannica sarebbe riuscita ad intercettare la presenza di un manoscritto in lingua russa all’interno di una valigia che viaggiava nella stiva di un aereo in volo da Mosca verso l’Italia. Avrebbero così obbligato l’aereo a deviare, fare scalo a Malta per un paio d’ore, aprire la valigia situata nella stiva che si presume appartenesse a Feltrinelli, per entrare in possesso momentaneamente del manoscritto che, fotografato pagina per pagina, sarebbe stato precipitosamente pubblicato su carta con intestazione russa e con le tecniche tipografiche tipiche delle edizioni russe. Questo, secondo lo studioso russo Ivan Tolstòj, fu lo stratagemma per consegnare il capolavoro all’Accademia Svedese. (4) (6)
Questa ricostruzione dei fatti è ritenuta piuttosto inverosimile dal prof. Paolo Mancosu, docente di filosofia negli Stati Uniti presso l’Università di Berkeley.
Ed ecco quindi un’altra versione che contribuisce ad alimentare nuovamente il «romanzo nel romanzo».
Secondo Mancosu la presenza di Feltrinelli su quel volo aereo non è stata mai documentata. Mancosu ritiene che la storia dell’edizione in lingua russa di «Il dottor Živago», sarebbe caratterizzata da altri scenari. Nel febbraio 1957 lo scrittore avrebbe ricevuto a Mosca la giovane slavista parigina Jacqueline de Proyart e di lì a poco le avrebbe fatto avere una versione del romanzo che presentava numerose variazioni rispetto al testo trasmesso l’anno precedente a Feltrinelli (si trattava con alcune correzioni del dattiloscritto consegnato alla rivista «Novyj Mir»). Di lì a poco Pasternak avrebbe nominato Jacqueline de Proyart sua unica referente in Occidente per la cura dei propri diritti letterari, ivi compresi quelle legati alla pubblicazione di «Il dottor Živago» in lingua originale. Pasternak avrebbe affidato alla de Proyart una lettera da trasmettere a Feltrinelli che lo informava della cosa e che invece non fu consegnata all’editore italiano. Si sarebbe creata dunque una situazione assai tesa e confusa e Feltrinelli sarebbe giunto alla conclusione di pubblicare il romanzo anche in russo, sebbene il contratto a suo tempo sottoscritto con Pasternak non chiarisse in modo certo la proprietà dei diritti sul romanzo nella lingua originale. Ma prima che l’editore milanese riuscisse a pubblicare il testo in lingua russa, presso la tipografia dell’editore olandese Mouton, sarebbe stata realizzata un’edizione pirata del libro e si registrò una tentata edizione negli Stati Uniti, presso la Michigan University, per iniziativa dell’editore Felix Morrow ex seguace di Trotskij. (7)
Ora, qualunque sia stata la storia della versione della pubblicazione in lingua russa, ricevuta la comunicazione dell’assegnazione del Premio Nobel per la letteratura, Pasternak inviò un telegramma a Stoccolma esprimendo la sua gratitudine attraverso tre parole: «Stupito. Commosso. Riconoscente!«
Alcuni giorni più tardi, Pasternak si trovò però di fronte due opzioni: la prima riguardante la minaccia dell’autorità sovietica relativa alla sua espulsione dalla Russia nel caso avesse accettato il Premio Nobel, la seconda riguardante la disponibilità offerta da molti paesi occidentali al riconoscimento del diritto di asilo politico qualora lo scrittore avesse deciso di ritirare il premio conferitogli. Di fronte a queste due opzioni, Pasternak comunicò all’Accademia Svedese la rinuncia al premio per via del suo attaccamento ed amore profondo allo spirito del popolo russo e per il timore di vedersi negata la possibilità di rientrare in Patria. In un Occidente che non riesce a capire l’amore che i russi provano per la loro terra, l’opinione pubblica rimase sbigottita dalla decisione presa senza indugio da Pasternak di rimanere a vivere in Unione Sovietica. Significative dello stato d’animo di Pasternak, che in tutta la vita non lasciò mai Mosca per più di qualche mese, sono le parole di una lettera inviata in quei giorni drammatici al Presidente Sovietico successore di Stalin, Nikita Chruščëv: «L’uscita dai confini della mia Patria equivale per me alla morte e perciò prego il governo di non prendere nei miei riguardi questa misura estrema.» (4)
Lo scrittore morirà due anni più tardi a seguito di un attacco cardiaco nella sua dacia nel villaggio di Peredelkino, nei dintorni moscoviti, nella notte tra il 30 e il 31 maggio del 1960. Subito dopo la morte, la sua amante Ol’ga venne arrestata una seconda volta. Interrogata alla Lubjanka e accusata di avere partecipato alla stesura del romanzo e di atti sovversivi all’estero, fu condannata con la figlia Irina a quattro anni di lavori forzati in Siberia. (2)

Ol’ga Ivinskaja
Nel 1984, a 24 anni dalla morte del poeta, le autorità sequestrarono la dacia ai suoi parenti. I suoi oggetti personali vennero letteralmente gettati per strada e gli amici ed i parenti del poeta riuscirono a salvarle con grande difficoltà.
Il romanzo fu pubblicato legalmente in Unione Sovietica solo nel 1988. Nel 1989, il figlio dell’autore Evgenij, anch’esso poeta, si recherà in Svezia per ritirare il premio spettante al padre 31 anni prima.

Evgenij Pasternak
Nel 1990, dopo molti sforzi, la dacia ha finalmente acquisito lo status di museo. Le cose sono ritornate al loro posto. Il custode del Museo, attualmente, è la nipote di Pasternak. (1)

Dacia di Pasternak

Dacia di Pasternak

Tomba di Pasternak
Nel 1995 a Mosca morì Ol’ga Ivinskaja. Le sue ultime lettere furono scritte a Boris Eltsin per richiedere la restituzione della corrispondenza con Pasternak confiscata dal Kgb dopo il suo arresto, ma non ricevette risposta. (2)
Concludo l’articolo riportando alcune frasi celebri di Boris Pasternak.
«Vivere significa sempre tendere in avanti, verso l’alto, verso la perfezione, e raggiungerla.» (8)
«Credo che non ti amerei tanto se in te non ci fosse nulla da lamentare, nulla da rimpiangere. Io non amo la gente perfetta, quelli che non sono mai caduti, non hanno inciampato. La loro è una virtù spenta, di poco valore. A loro non si è svelata la bellezza della vita.» (8)
«Bisogna essere di un’irrimediabile nullità per sostenere un solo ruolo nella vita, per occupare un solo e medesimo posto nella società, per significare sempre la stessa cosa.» (9)
«Se ogni giorno dite il contrario di quello che pensate, se strisciate davanti a ciò che detestate e vi rallegrate di quello che non vi porta altro che malessere, la vostra salute ne risentirà.» (10)
Luca D’Agostini
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Fonti
(1) Curiosità
(3) Dottor Zivago
(4) Boris Pasternak
(5) Biografia
(6) Ruolo della CIA
(8) Frasi celebri
(9) Aforismi
(10) Pasternak
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