In questo articolo parleremo della battaglia che si rivelò decisiva per l’esito della Grande Guerra Patriottica (Seconda Guerra Mondiale): la battaglia di Kursk, la più grande battaglia di mezzi corazzati e carri armati della storia.
Le battaglie che ebbero luogo sul fronte russo durante la Seconda Guerra Mondiale furono tra le più sanguinose e violente mai combattute. Tra il 1941 e il 1945, la Germania nazista e l’Unione Sovietica si affrontarono in una guerra che richiese il sacrificio di milioni di militari e di civili. Uno degli scontri più importanti avvenne nella poco conosciuta cittadina di Kursk, ai confini con l’Ucraina.
Nella grande offensiva del luglio 1943, denominata in codice «Zitadelle» dal comando tedesco, Hitler aveva programmato l’attacco decisivo.
Hitler aveva già sostenuto nel 1941 e nel 1942 che l’Armata Rossa era stata definitivamente sconfitta, ma i fatti gli avevano dato torto. Hitler era convinto che la battaglia di Kursk avrebbe costituito l’evento decisivo per la vittoria della guerra ed inoltre «Zitadelle» avrebbe dovuto cancellare l’onta della sconfitta di Stalingrado del febbraio del 1943. Così la nuova generazione di carri armati tedeschi, i «Panther» venne lanciata all’assalto dei «T-34», i carri armati sovietici. I primi «Panther» vennero prodotti in modo frettoloso e senza effettuare collaudi, in quanto la sconfitta di Stalingrado aveva prodotto timore, confusione e nervosismo all’interno dei vertici militari tedeschi. La prima versione dei «Panther», costituita da un numero di 200 nuovi carri armati, esordì nella battaglia di Kursk con un esito disastroso per via dei numerosi guasti meccanici, addirittura il primo giorno di battaglia se ne guastarono 60 su 200. Gli altri 140 nuovi carri armati tedeschi transitarono su un campo minato dall’Armata Rossa e vennero tutti totalmente distrutti.
Per la Germania era una catastrofe e ciò impose all’industria bellica tedesca di apportare immediate modifiche che resero le nuove versioni di «Panther» molto affidabili. Vennero così inviati a Kursk più di 100 nuovi carri armati pesanti, i «Tiger I» i quali erano armati con un cannone molto potente in grado di distruggere qualsiasi carro armato.

Tiger I
Inoltre, la Porsche aveva iniziato a produrre autonomamente un nuovo tipo di carro armato pesante che però non venne scelto da Hitler e rimase negli stabilimenti della Porsche. Hitler però aveva ordinato la costruzione di un nuovo cannone da 88 mm, molto più potente degli altri cannoncini in dotazione agli altri carri armati ed anche molto più lungo. Ma i «Tiger I» non erano in grado di montare questo tipo di arma e quindi per utilizzarla venne deciso di installarla sui telai già costruiti dalla Porsche. Nacque così un enorme carro armato pesante, l’Elephant. Nella battaglia di Kursk vennero così inviati 90 carri «Elephant», cioè il numero totale di «Elephant» prodotti.

Elephant
L’esercito tedesco fece molto affidamento sulla enorme potenza di questo mezzo il quale però a causa del suo peso era poco agile. L’enorme peso di questo carro armato era dovuto esclusivamente alla potenza del suo armamento in dotazione a totale discapito delle protezioni necessarie, il che lo rendeva vulnerabile dagli attacchi della fanteria. I soldati dell’Armata Rossa se ne resero subito conto e così li lasciavano passare ed una volta alle spalle del carro saltavano fuori dalle postazioni nascoste, andavano sotto il telaio, posizionavano l’esplosivo e li facevano saltare in aria.
Un altro modello di carro armato tedesco utilizzato nella battaglia di Kursk fu lo «Sturmgeschutz». Un carro armato privo di torretta che quindi ne rendeva più facile e veloce la produzione. Si stima che in tutto il periodo della seconda guerra mondiale siano stati prodotti più di 10.000 esemplari di questo carro. Lo «Sturmgeschutz» però aveva un notevole difetto: non essendo provvisto di torretta aveva poca angolazione nel puntare il proprio cannoncino e quindi per modificare l’angolo di puntamento era necessario spostare frequentemente il mezzo.

Sturmgeschütz
Hitler riteneva fondamentale il successo nella battaglia di Kursk ed aveva pianificato l’operazione «Zitadelle» nei minimi dettagli, rivedendo ed analizzando più volte i piani per verificare che nulla fosse stato lasciato al caso. Aveva affidato il comando delle operazioni al miglior generale tedesco, il cinquantacinquenne Feldmaresciallo Erich Von Manstein.

Feldmaresciallo Erich Von Manstein
Ma i russi conoscevano esattamente i piani dei tedeschi in quanto erano stati dettagliatamente informati da Rudolf Roessler, meglio conosciuto come la «spia Lucy». Roessler era un agente segreto tedesco, il quale era stato reclutato dai servizi segreti russi nella città svizzera di Lucerna (da qui il nome in codice «Lucy») ed il quale creò in Svizzera una rete di spionaggio antinazista al servizio dell’Unione Sovietica.

Rudolf Roessler «Spia Lucy» (l’uomo al centro)
I servizi segreti russi fornirono così ai vertici dell’Armata Rossa i piani dettagliati dei tedeschi al fine di poterli studiare attentamente e prendere le opportune contromisure. L’Armata Rossa conosceva quindi il giorno prescelto dai tedeschi per sferrare l’attacco, le loro strategie ed il numero esatto e la tipologia dei mezzi militari a loro disposizione nella battaglia di Kursk.
Stalin affidò il comando delle operazioni al miglior generale russo, il quarantaseienne Maresciallo Georgij Konstantinovič Žukov, vice Comandante Supremo dell’Armata Rossa, noto per essere stato l’unico uomo a poter contraddire Stalin.

Maresciallo Georgij Konstantinovič Žukov, vice Comandante Supremo dell’Armata Rossa
Stalin per la battaglia di Kursk aveva inizialmente predisposto una tattica offensiva, ma Žukov lo aveva persuaso ad adottare una tattica difensiva. Žukov sapeva che in una guerra logorante sono i numeri che contano e le sue forze erano più numerose in uomini e mezzi. Il piano di Žukov prevedeva di attirare le forze tedesche in una trappola bene organizzata e posizionando in luoghi strategici delle ben organizzate difese anticarro. Dato che ormai si conosceva in modo molto dettagliato il tragitto che i carri tedeschi avrebbero percorso nel giorno da loro pianificato per l’attacco, l’Armata Rossa con l’aiuto volontario di tutta la popolazione civile della zona di Kursk, 300.000 persone tra uomini, donne, anziani e bambini, mossi dall’odio comune verso l’invasore nazista, scavarono metro per metro lungo tali percorsi disseminando ovunque una quantità pari a 400.000 mine anticarro, in alcuni punti distanti tra loro solo trenta centimetri.
Poi la strategia di Žukov prevedeva un primo posizionamento di 5.000 km ininterrotti di trincee per bloccare i carri armati tedeschi superstiti all’attraversamento dei campi minati. Infatti i carri armati non erano in grado di attraversare un fossato stretto e profondo e finivano per caderci dentro rimanendo in bilico e bloccati.
Alle spalle delle trincee era posizionata una seconda linea di difesa con un numero enorme di mezzi di artiglieria anticarro in grado di colpire i carri tedeschi superstiti prima ancora che entrassero in contatto con le trincee.
Poi solo successivamente, nella terza linea di difesa era previsto l’intervento dei carri armati T-34 per sferrare il colpo finale. L’Armata Rossa trasferì nella battaglia di Kursk più di un milione di soldati, 20.000 pezzi di artiglieria anticarro, 3.000 carri armati «T-34» e 2.000 aerei.
A differenza dei carri armati tedeschi, i carri «T-34» russi erano molto più piccoli e meno pesanti, erano armati con cannoni da 76mm, potevano essere fabbricati in poco tempo ed in larga scala, necessitavano di poca manutenzione erano semplicissimi da guidare al punto che non necessitavano di un pilota specializzato ma potevano essere guidati da chiunque. Ma la differenza più importante consisteva nella corazza anteriore. Nei carri tedeschi la corazza d’acciaio anteriore era verticale e spessa 100mm. Nei «T-34» invece la corazza anteriore d’acciaio era obliqua e spessa 45mm. Il che contribuiva, non solo a rendere il «T-34» più leggero degli altri carri tedeschi, ma gli ingegneri russi avevano scoperto che una corazza obliqua pur se meno spessa, resisteva molto di più alla penetrazione dei colpi, rispetto ad una corazza verticale anche se questa era più spessa, in quanto con una corazza obliqua si aumentava di molto la quantità di acciaio che il proiettile doveva attraversare. Per questi motivi i «T-34» sono considerati i migliori carri armati medi della seconda guerra mondiale.

T-34
I giorni precedenti l’attacco tedesco, il Felmaresciallo Von Manstein inviò degli aerei da ricognizione per scovare l’ubicazione dell’artiglieria russa. Una volta individuati gli obiettivi, Von Manstein inviò i bombardieri «Stukas» per annientarli.
Dopo aver subito le prime perdite, Žukov ideò un piano per ingannare gli aerei tedeschi. Fece creare delle voluminose postazioni mimetizzate all’interno delle quali non vi era nulla. A ridosso di queste postazioni fece tracciare dai mezzi corazzati dei solchi sul terreno in modo tale che gli aerei tedeschi, notandoli, potessero credere che all’interno della postazione vi fosse un carro armato o un pezzo di artiglieria da distruggere. Questa operazione prese il nome di «Maskirovka», che in russo significa travestimento, camuffamento, occultamento. Così quando gli Stukas calavano in picchiata e colpivano queste false postazioni, in quel momento si trovavano ad una quota bassissima e senza più munizioni ed erano bersaglio dei colpi dell’Armata Rossa che riusciva facilmente ad abbatterli senza subire perdite.
Le fasi iniziali della battaglia iniziarono poco prima delle cinque del mattino del 5 luglio 1943. Il Maresciallo Žukov, ordinò di lanciare un attacco preliminare di artiglieria per cogliere di sorpresa i tedeschi durante le loro fasi di preparazione. L’artiglieria tedesca rispose all’attacco lanciato dai russi ed i colpi di artiglieria dei due schieramenti si protrassero ininterrottamente per un’ora. Il bombardamento dell’artiglieria sovietica riuscì a ritardare l’attacco tedesco che ebbe inizio due ore più tardi dall’orario previsto.
L’attacco tedesco venne guidato dalla fanteria. A nord, la 9° Armata tedesca poteva contare su quattro divisioni di carri armati «Panther» e su tre battaglioni di carri pesanti equipaggiati con i carri «Tiger I» e «Elephant». A sud era concentrata la 4° Armata tedesca composta da nove divisioni di fanteria, una divisione di granatieri, per un totale di 300.000 uomini, più quattro divisioni di carri armati delle «SS» equipaggiate con carri armati «Panther» e «Tiger I» ed un battaglione di carri pesanti «Tiger I». Si trattava di uno schieramento imponente, con un totale di 700 carri armati di ultima generazione e che costituiva ciò che di meglio la Germania poteva offrire all’epoca in termini di uomini e di mezzi. I campi minati avevano ostacolato molto l’offensiva tedesca. Per far fronte all’enorme quantità di perdite, Von Manstein ordino l’utilizzo dei «Goliath». I «Goliath» erano dei veicoli da demolizione, guidati con un radiocomando che passavano su un terreno minato per far saltare le mine presenti e consentire ai carri armati nelle retrovie di transitare in una zona bonificata. In due giorni di combattimento, a nord i tedeschi erano riusciti ad avanzare solo di 20 km. I carri armati «Elephant» inizialmente avevano ottenuto dei successi, ma i costanti spari provenienti dalle trincee dell’Armata Rossa, aveva impedito alla fanteria tedesca di seguirli. Quando gli «Elephant» persero contatto con la fanteria diventarono estremamente vulnerabili. Infatti non possedendo neanche una mitragliatrice a bordo, venivano assaltati da gruppi di soldati dell’Armata Rossa che uscivano dalle trincee, si sdraiavano sotto di loro e posizionavano velocemente nel telaio del carro l’esplosivo per farli saltare in aria.
A sud la 4° Armata tedesca riuscì invece ad avanzare a buon ritmo, riuscendo ad avanzare per 23 km in un solo giorno soprattutto per via dei successi ottenuti dalle quattro divisioni «SS». La 4° Armata tedesca non riuscendo a ricongiungersi con la 9° Armata proveniente da nord, decise quindi di puntare dritto verso la città di Prokhorovka, al fine di conquistarla ed attendere lì il ricongiungimento con la 9° Armata. Ma ciò che i tedeschi non sapevano era che nella città di Prokhorovka l’Armata Rossa aveva posizionato una notevole dispiegamento di uomini e mezzi corazzati. Tra queste forze c’era la 5° Guardia Corazzata dell’Armata Rossa, la quale disponeva di 850 carri armati tra cui i carri medi «T-34» ed i carri pesanti «KV-1» ed una unità di riserva denominata «Fronte della Steppa» composta da 400.000 uomini. Il loro comandante il giorno prima pronunciò alle truppe questo discorso: «Compagni, domani ci è stato chiesto di assaltare il nemico e questo è quel che faremo! Vendicheremo le atrocità che hanno commesso e la terra che hanno infettato. Domani ciascuno di noi darà la propria vita in nome dei nostri cari e della Madre Russia.«

KV-1
Fino al 12 luglio 1943, Prokhorovka era un piccolo villaggio sconosciuto, ma oggi al suo nome è famoso in tutto il mondo e si lega una delle battaglie decisive della seconda guerra mondiale. Quando l’11 luglio 1943 i carri armati delle «SS» erano giunti nei pressi di Prokhorovka, erano stati già pesantemente decimati dall’attraversamento dei campi minati e consistevano nel numero di 350 carri armati superstiti. Uno degli errori principali dei tedeschi fu di non calcolare il numero imponente di mezzi corazzati che li attendeva in quanto dopo due anni di guerra consideravano l’Armata Rossa ormai nettamente indebolita se non quasi totalmente distrutta.
Giunti a contatto a Prokhorovka, i due schieramenti si affrontarono frontalmente. A causa dei combattimenti ravvicinati tra i carri armati, l’artiglieria e gli aerei non poterono partecipare alla battaglia perchè il rischio di colpire le proprie forze era troppo alto. La battaglia a Prokhorovka durò complessivamente dodici ore.
Lo scenario è quasi impossibile da immaginare, e lo era anche per i soldati tedeschi prima della battaglia. Nella primavera del 1940, la Germania aveva vissuto l’euforia di una facile vittoria. I successi del generale Rommel e della «guerra lampo» avevano spinto migliaia di giovani tedeschi ad arruolarsi nelle truppe corazzate. Ma i loro sogni durarono poco! A Kursk i giovani carristi tedeschi non tardarono a scoprire cosa voleva dire combattere e morire dentro un carro armato. Cosa significava rimanere prigionieri per giorni dentro le lamiere dell’abitacolo, cosa significava respirare l’odore di carne bruciata dei loro compagni morti carbonizzati tra le lamiere dello stesso carro colpito dall’Armata Rossa. Infatti i carri armati tedeschi esplodevano rapidamente uno dietro l’altro. Gli equipaggi dei mezzi corazzati tedeschi urlavano mentre morivano bruciati al loro interno. Quelli non ancora colpiti saltavano fuori ed impauriti cominciavano a fuggire insieme alla fanteria tedesca completamente disorientata. Tra le file dell’esercito tedesco regnava il caos assoluto. E’ la più grande battaglia di mezzi corazzati della storia!
In dodici ore la 5° Guardia Corazzata dell’Armata Rossa riuscì a distruggere 150 carri armati delle divisioni «SS», la fanteria tedesca subì enormi perdite umane e questa enorme e rapida sconfitta determinò la ritirata delle truppe naziste. Dopo Prokhorovka i tedeschi non avevano più le forze necessarie per continuare l’avanzata. I soldati tedeschi sopravvissuti erano esausti. Nella zona i combattimenti minori si protrassero ancora per qualche giorno. Il 13 luglio 1943, Hitler dichiarò conclusa l’operazione «Zitadelle». A nord l’Armata Rossa iniziò ad attaccare la 9° Armata tedesca ormai notevolmente indebolita costringendola ad indietreggiare.
A Kursk la Germania aveva utilizzato le proprie forze militari d’élite nell’intenzione di ottenere una vittoria decisiva per gli esiti della seconda guerra mondiale, ma neppure le forze speciali delle SS riuscirono a dare ad Hitler la vittoria che desiderava.
La disfatta tedesca di Kursk concluse la Campagna di Russia ideata dai nazisti. Le miserabili truppe tedesche si ritirarono velocemente verso i propri confini inseguite dalla gloriosa Armata Rossa. Il vittorioso generale Žukov, al termine dei combattimenti pronunciò queste parole: «I tedeschi ora sono costretti a bere il calice amaro della rovinosa sconfitta ed a sentire la potenza delle armi sovietiche fabbricate dal popolo, per schiacciare un nemico forte e molto odiato!» Il generale Von Manstein incolpò Hitler della enorme sconfitta e si ritirò umiliato e moralmente distrutto.
La vittoria come aveva predetto Hitler avrebbe costituito un segnale per il mondo intero. Ma fu dei russi, non dei tedeschi!
Luca D’Agostini
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