La storia tende a considerare la medicina greca come il momento iniziale dell’arte medica occidentale, ma in realtà, come si può ricavare da antichi documenti databili intorno al 1200 a.C., essa rappresentò il punto di confluenza di altre esperienze, antecedenti di millenni, relative alle civiltà assiro-babilonese, indiana ed egizia. A tal proposito è opportuno ricordare il famosissimo Codice di Hammurabi (XVIII sec. a.C.), dal nome del re babilonese che codificò su una stele di basalto le «norme» che regolavano l’esercizio della medicina e della chirurgia, ed il medico-architetto, sacerdote e sapiente Imhotep, vissuto alla corte egizia del re Soser della III dinastia.
La leggenda dunque fa risalire le origini della medicina greca ai mitici Dei dell’Olimpo, ai quali erano riconosciute capacità propiziatrici di salute e guaritrici di malattie, da Giunone particolarmente abile nel «prendersi cura delle partorienti», a Diana «distributrice di vita fresca e vigorosa», a Minerva «dispensatrice di buona salute», ad Ercole «cultore di piante medicinali», ad Apollo «protettore dalle sventure e guaritore di malattie»; quest’ultimo era considerato il «medicus» per eccellenza e trasmise la sua sapienza medica al centauro Chirone.
Quindi Asclepio (traslitterato dal greco Asklēpiós) o Esculapio (dal latino Aesculapius), figlio di Apollo è un personaggio della mitologia greca.
Secondo il mito, il bellissimo dio Apollo si innamorò di Coronide mentre ella faceva il bagno nel lago Beobi, in Tessaglia. Coronide era la figlia di Flegia, il re dei Lapiti e quindi non era una dea ma una comune mortale. Coronide è descritta come una donna di grande bellezza. Era talmente bella che rubò il cuore del dio Apollo, che cadde ai suoi piedi appena la vide. Il mito narra che si unirono vicino a un lago e che da questa unione, Coronide rimase incinta. I due consumarono la loro passione molto intensamente ma poi Apollo dovette allontanarsi in quanto dovette tornare a Delfi per un po’ di tempo.

Apollo e Coronide
Gelosissimo, Apollo chiese al suo servitore, ossia il corvo, che all’epoca era un uccello dal bellissimo piumaggio bianco (avete letto bene!), di sorvegliare la fanciulla e riferirgli ogni cosa. Il corvo obbediente si mise ad osservare Coronide giorno e notte, ma chi mai avrebbe voluto tradire un dio, il più bello tra gli dèi poi, quando aveva la fortuna di esserne l’amante? E invece la bella Coronide si innamorò del comune mortale Ischi, con il quale tradì più volte il dio; secondo alcune versioni del mito, approfittando dell’assenza di Apollo, stava addirittura per sposarlo. Il corvo accortosi di tutto volò per andare a riferire ad Apollo ciò che aveva visto. Sulla strada, incontrò un cornacchia che lo avvertì che non era una buona idea portare cattive notizie, ma il corvo la ignorò. In virtù di ciò, il solerte corvo riferì tutto al suo padrone.
Venuto a sapere del tradimento, Apollo, per vendicare il disonore subito, incaricò sua sorella Artemide di uccidere Coronide trafiggendola con una delle sue frecce infallibili. Un’altra versione della leggenda narra che fu Apollo stesso a scoccare due frecce e ad uccidere Coronide e Ischi. Ma prima di morire la ragazza rivelò al dio che portava in grembo suo figlio. Rimpiangendo ciò che aveva fatto, Apollo decise di salvare il piccolo che Coronide aveva in grembo, e chiese ad Ermes di prenderlo dal corpo della madre che stava per essere cremato (primo esempio di parto cesareo della storia). Apollo decise di dare al piccolo il nome di Asclepio e per l’educazione lo affidò a Chirone, il centauro guaritore che lo iniziò alla medicina.

Apollo uccide Coronide

Nascita di Asclepio
Adirato per aver ucciso la donna che amava, Apollo se la prese col fedele corvo, lanciandogli addosso una perenne maledizione destinata a perpetuarsi nei secoli perché non aveva vigilato abbastanza sulla sua Coronide e soprattutto non aveva punito l’affronto accecando Ischi a colpi di becco. Apollo con la sua maledizione tramutò in nero il piumaggio del suo corvo e quello di tutta la sua progenie. Ecco perché si narra che da quel giorno i corvi furono condannati per il resto dei tempi ad avere le piume nere. Inoltre Apollo condannò per sempre i corvi a gracchiare fastidiosamente, a cibarsi di carogne e a essere considerati simbolo di cattiva sorte. Da allora il corvo viene considerato un uccello di cattivo auspicio, «uccellaccio del malaugurio».
Asclepio crebbe sotto la guida del centauro Chirone, un insegnante che conosceva a fondo le arti curative. Sin da tenera età, pertanto, acquisì familiarità con le piante medicinali e le tecniche di trattamento.

Asclepio e il centauro Chirone
Asclepio, oltre ad essere un medico eccezionalmente bravo e dotato di una perfetta conoscenza delle virtù curative delle piante, fu anche l’ideatore di sonde, di bende, di particolari fasciature per le ferite, di numerose ricette alle quali si aggiungevano spesso suggerimenti di supporto quali l’esercizio fisico, la caccia, l’equitazione, la scherma, lo svago attraverso gli spettacoli e la lettura.
Secondo il mito, il semidio Asclepio ricevette dalla dea Atena il dono di cambiare il suo sangue con quello di Medusa la Gorgone. Da allora il sangue che sgorgava dalle vene del suo fianco sinistro era velenoso e portatore di sventure, ma quello del fianco destro aveva il potere di guarire qualsiasi malattia e persino di fare risorgere i morti, ciò fece arrabbiare sia Zeus che Ade, poiché l’afflusso dei morti dell’oltretomba diminuiva.
La leggenda narra che Asclepio avrebbe guarito dalla pazzia le Pretidi, dalla cecità i Fineidi, dalle ferite Ercole. Secondo una variante del mito, Asclepio inventò una tecnica di guarigione che gli permetteva di guarire ogni tipo di ferita ed ogni tipo di malattia, facendo addirittura risorgere i morti. Asclepio divenne così bravo nell’arte medica che riuscì anche a risuscitare i morti, come fece con Orione, Capaneo, Ippolito, Tindareo e altri.
Proprio per questi poteri simili a quelli di un negromante, ovvero guarire i mali, riportare in vita i morti e garantire una vita straordinariamente lunga, Zeus decise di fulminarlo perché temeva che il particolare potere che Esculapio condivideva con gli uomini avrebbe potuto minacciare la fede negli dei, annullando di fatto la sostanziale differenza fra divinità e uomini, ovvero l’immortalità.
Apollo però, si sentì oltraggiato per il trattamento severo riservato a suo figlio e si vendicò uccidendo i tre Ciclopi che forgiavano le folgori di Zeus.
Per placare Apollo, Zeus rese Asclepio immortale facendolo diventare un «dio minore» (date le circostanze non era certo possibile riportarlo in vita), tramutandolo nella costellazione di Ofiuco (che in greco vuol dire «colui che tiene il serpente«), che può essere vista da maggio a settembre e che viene anche chiamata Serpentario. Dunque Asclepio, che era nato come semidio, divenne un dio sotto forma di costellazione.
La morte di Asclepio permise che si sviluppassero grandi virtù nella famiglia che aveva lasciato sulla Terra. Sua moglie, Epione, acquisì il potere di calmare il dolore. Asclepio ed Epione ebbero tre figli e cinque figlie:
- Macaone, un chirurgo che combatté a Troia e fu ucciso da Euripilo. Macaone divenne protettore dei chirurghi;
- Podalirio, medico e divenuto protettore dei medici;
- Telesforo, dio della convalescenza;
- Igea, la salute;
- Panacea, che aveva il dono di curare tutte le malattie;
- Iaso, personificazione della guarigione;
- Egle, madre delle Grazie;
- Acheso, che sovrintendeva al processo di guarigione;
I nomi delle figlie sono tutti collegati al concetto di «buona salute».
Dalla famiglia dei discendenti di Asclepio sarebbe nato Ippocrate nel 460 a.C, e precisamente nella diciottesima generazione.
Nell’antica Grecia si pensava che bastasse dormire in un santuario consacrato ad Asclepio per guarire da ogni malattia. In ogni tempio c’era almeno un serpente, che proveniva dal santuario di Asclepio ad Epidauro, in quanto si credeva che fossero animali sacri per la divinità, poiché simbolo del rinnovamento (infatti mutano la pelle ciclicamente). Uccidere un serpente di un tempio di Asclepio era considerato come un grande sacrilegio.
Nell’iconografia solitamente Asclepio veniva raffigurato come un giovane con la barba, dall’aspetto benevolo e paterno, stante o seduto in trono, avvolto in un «himation«, che lasciava scoperta la spalla o il tronco. I suoi attributi distintivi sono in particolare il bastone a cui si appoggiava e al quale si attorcigliava il serpente, due elementi che «posti insieme significano la sanità del corpo mantenuta per vigor dell’animo, e degli spiriti«. L’icona combina il serpente, che con il cambiamento della pelle simboleggia la rinascita e la fertilità, con il bastone, semplice strumento che in alcune raffigurazioni di Asclepio assume la funzionalità di stampella; altri ritengono che il simbolo identificasse rettitudine e vigore o coloro che, come medici, estraevano da sotto la cute dei piccoli vermi facendoli attorcigliare intorno a un bastoncino.

Statua in marmo nero raffigurante Asclepio-Esculapio (Musei Capitolini — Roma)

Simbolo internazionale dei soccorritori
Si ritiene che la rappresentazione di questa divinità munita di bastone e serpente si debba probabilmente a una leggenda, la quale narra che un giorno, mentre Asclepio pensava in che modo resuscitare l’eroe Glauco, teneva in mano un bastone, sul quale cercò di salire un serpente. Il dio, infastidito, lo uccise a bastonate. Poco dopo giunse un altro serpente che pose sulla testa del serpente morto un’erba grazie alla quale resuscitò. Asclepio allora trovò la soluzione che stava cercando per far resuscitare Glauco, utilizzando la stessa erba usata dal serpente.
Da questa leggenda trae origine il fatto che il bastone sacro che Asclepio porta con sé, sia divenuto il simbolo internazionale del soccorso medico. Secondo il mito infatti, il bastone di Asclepio aveva poteri terapeutici, era capace di guarire ogni tipo di malattia.
Esculapio è l’adattamento latino (Aesculapius) del nome greco Asklepios, ma si tratta dello stesso dio. Come narra Plinio, (Naturalis Historia, XXIX, 16) per ordine dei Libri Sibillini, il suo culto fu introdotto a Roma sull’Isola Tiberina, in seguito all’epidemia del 293 a.C.
La tradizione vuole che in quell’anno la popolazione della città fosse colpita dalla peste. Dopo aver consultato i Libri sibillini, il Senato romano decise di costruire un tempio dedicato al dio, e a questo scopo fu inviata una delegazione ad Epidauro per ottenere la statua del dio. Al ritorno, mentre la barca che trasportava la statua risaliva il Tevere, un serpente, simbolo del dio, sceso dall’imbarcazione, nuotò verso l’isola Tiberina. L’evento fu interpretato come volontà del dio di scegliere il luogo dove sarebbe sorto il suo tempio, che sull’isola fu costruito, comunque fuori dal pomerio cittadino, in quanto si trattava di un dio straniero. Di lì a poco la peste cessò.
L’isola, a ricordo dell’evento, fu in seguito rimodellata a forma di trireme. Un obelisco fu infatti posto al centro dell’isola, davanti al tempio, in modo da assomigliare ad un albero maestro, mentre sulle rive furono posizionati blocchi di travertino, scolpiti in modo da sembrare una poppa e una prua.

L’Isola Tiberina e la sua caratteristica forma di imbarcazione

Il Tempio di Esculapio sull’Isola Tiberina (Giovanni Battista Piranesi)
Ma, dunque, chi si rivolgeva ad Esculapio per cercare un beneficio? Le evidenze archeologiche ed epigrafiche ci forniscono la risposta: a lui si rivolgevano uomini di ogni estrazione sociale che avevano malattie giudicate incurabili, che non potevano sostenere le spese mediche o che non volevano cure dolorose. Il dio ridava la salute a chi era malato, soprattutto tramite la pratica dell'»incubatio«, che prevedeva un sonno ristoratore nel tempio durante il quale il dio invocato – che solitamente era Asclepio, ma poteva anche essere un’altra divinità salutare quale Iside e Serapide – appariva al paziente e apportava la guarigione o direttamente oppure fornendogli informazioni mediche utili per la cura. Queste ultime, chiamate «sanationes«, venivano trascritte dai sacerdoti, inizialmente su tavolette di legno e in seguito, a causa del loro deterioramento, riportare su stele di pietra, allo scopo di conservare la tradizione di queste guarigioni sacre e divulgare la magnificenza del dio. Sono proprio questi reperti che, analizzati attentamente dagli studiosi, hanno permesso di scoprire quali fossero le antiche cure, composte perlopiù da erbe ed elementi naturali, spesso associate a una corretta igiene e alla pratica di esercizi fisici.

Rilievo votivo in marmo, Incubatio, IV sec. a.C., Atene, Museo Archeologico del Pireo
Con il processo di cristianizzazione, il tempio fu demolito ma la gente si recava ancora in quel luogo per ottenere miracoli o guarigioni. Nel tempio si praticava l’antico rito dell'»incubatio«, da cui il termine «incubo», perchè con il nuovo culto cristiano tutto ciò che proveniva dall’inconscio o dai sogni era negativo, e il lato sinistro, cioè l’inconscio, era diventato appunto «sinistro».
Non a caso il termine destro è destrezza e sinistro è pericoloso e oscuro. Le religioni monoteiste sono basate sul rispetto delle leggi divine, mentre le più antiche religioni si basavano sul «Conosci te stesso«, come era iscritto sul frontone del Tempio della Madre Terra a Delfi.
Plutarco ce lo riferisce nei Dialoghi Delfici e narra che il tempio fu demolito per essere sostituito dal tempio di Apollo, e il serpente sacro, già simbolo della Madre Terra, passò al suo tempio. Infatti il serpente, simbolo di tutte le grandi Madri in ogni angolo della terra, sacro ai buddisti, agli indiani e in tutto l’Oriente, diventa per la religione cattolica simbolo del demonio.
Nel tempio di Esculapio si effettuava dunque l'»incubatio» per cui i fedeli dormivano all’interno o sulla soglia del tempio e, attraverso i sogni inviati dalla divinità, ottenevano rivelazioni e consigli per la guarigione.
Era talmente usato da avere anche una sua infermeria con letti e sacerdoti infermieri, tanto che i Romani, per non spendere soldi per curare gli schiavi, li piazzavano tutti nel tempio, per cui Augusto, che la sapeva lunga, fece un editto per cui ogni schiavo guarito nel tempio diventava automaticamente libero.
Così i padroni romani sapevano che risparmiavano i soldi ma potevano rimetterci lo schiavo.
In seguito alla demonizzazione dei pagani, la Chiesa non solo perseguitò i pagani e ne distrusse ogni memoria demolendo preziosissime opere d’arte, ma inventò leggende che mettessero in pessima luce gli Dei passati a gloria del nuovo Dio monoteistico.
Tra queste la Passio del protovescovo e martire di Ascoli Piceno, Emidio, dove il giovane santo, prima di giungere ad Ascoli, passò per Roma e provocò con un terremoto il crollo del tempio dell’Isola Tiberina.
Naturalmente non ci fu alcun terremoto, sia perchè il tempio fu distrutto dai cattolici, sia perchè, pur essendo riferita al 303, la vita del santo fu redatta dai monaci nell’XI sec. con il proposito di retrodatare l’antichità della loro chiesa.
Secondo un’altra leggenda le ossa dei santi Sabino ed Essuperanzio, martiri sotto Massimiano, sarebbero state rinvenute in fondo al pozzo di Esculapio, come se i Romani inquinassero le acque, miracolose per giunta, gettandovi dentro i cadaveri, quando a Roma c’era il famoso Ustrinum comune dove si bruciavano i corpi per i quali nessuno pagava un funerale. Nel tempio c’era e c’è ancora un pozzo sacro al Dio, le cui acque erano considerate taumaturgiche; ma ora l’acqua miracolosa poteva essere attribuita alle reliquie dei santi.
Tra il X e XI sec. d.c. il cattolico imperatore Ottone III trasferì dalla cattedrale di Gniezno a Roma le reliquie di Adalberto di Praga, missionario e martire degli slavi pagani della Polonia, nella nuova chiesa di S. Bartolomeo, costruita sulle rovine del tempio di Esculapio. L’apostolo aveva infatti grande fama di taumaturgo per cui poteva ben sostituire l’antico Dio greco.
Lo si invocava per guarire dalle convulsioni, dalle possessioni demoniache e dai disturbi mentali. Nella Passio di Bartolomeo, tratto dalla cattolica Vita dei Santi, prima del martirio Bartolomeo guarì infatti una principessa armena che soffriva di turbe psichiche ed epilessia.
Per ragioni di trasferimento di culto, l ‘antico pozzo sacro a Esculapio non venne distrutto, ma fu inglobato nel nuovo edificio, debitamente effigiato colle figure del Cristo, di San Bartolomeo, di Sant’Alberto di Praga e di Ottone III. Inoltre fu lasciato un piccolo bassorilievo del serpente di Esculapio che ancor oggi possiamo vedere sulla «prua» dell’isola.
La tradizione medica dell’Isola Tiberina durò più di un millennio, si che oggi l’isola è in larga parte occupata dalle strutture cattoliche dell’Ospedale Fatebenefratelli.

Il bastone di Esculapio raffigurato su lastre di marmo bianco nell’Isola Tiberina (Roma)

Il bastone di Esculapio raffigurato su lastre di marmo bianco nell’Isola Tiberina (Roma)
Luca D’Agostini
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Fonti
Nicola Reggiani, Alessia Bovo, Asclepio: medicina e culto, Athenaeum Edizioni Universitarie, Parma 2020
De Sensi Sestito, L’arte di Asclepio. Medicina e malattie in età antica, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ) 2008
G.G. Porro, Asclepio. Saggio mitologico sulla medicina religiosa dei greci, Victrix, Forlì 2009
Claudio Monachesi, Esculapio. Sulle orme dell’antico Dio della medicina, Feltrinelli, Roma 2012
Adalberto Pazzini: Storia dell’Arte Sanitaria (dalle origini ad oggi), Edizioni Minerva Medica, Roma 1973
Luciano Sterpellone: Dagli Dei al Dna, Antonio Delfino Editore, Roma 1989
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