Antonina Michajlovna Mashenko nacque il 31 gennaio 1927 nel villaggio di Belovodsk, sito nell’attuale Repubblica Popolare di Lugansk.
Studiò ottenendo eccellenti risultati e ogni anno ricevette lettere di merito.
Suonava bene la chitarra e praticava pattinaggio su ghiaccio. Ma la sua passione era il ricamo. Un cuscino con margherite di campo e fiordalisi ricamati su di esso è tutt’oggi esposto al Museo della Giovane Guardia di Krasnodon.
La sua famiglia si trasferì a Krasnodon nel 1940. Antonina Mashenko era una ragazza bassa di statura, con una lunga treccia lungo la schiena, sempre allegra ed estremamente sensibile.
Durante i giorni della guerra, condusse una grande corrispondenza con i soldati dell’Armata Rossa. Partecipò sempre attivamente alla raccolta di doni per i soldati dell’Armata Rossa, inviando loro scatoloni di sciarpe ricamate da lei a mano. Suo fratello Boris, morì durante la guerra vicino Stalingrado.
Nel marzo del 1942, Antonina Mashenko si unì al Komsomol (L’Unione della Gioventù Comunista Leninista di tutta l’Unione) e poi aderì al gruppo Giovane Guardia.
Il suo compito principale era quello di ricopiare e distribuire i volantini. Il Museo della Giovane Guardia di Krasnodon conserva ed espone ancora oggi un volantino con il messaggio dell’Ufficio Informazioni del 22 novembre 1942 sull’offensiva delle truppe sovietiche vicino a Stalingrado, scritto dalla sua mano.
Il 4 gennaio 1943, Antonina Mashenko fu arrestata. Fu rinchiusa in una piccola cella umida, sporca e puzzolente. Il pavimento era bagnato, l’acqua scorreva su di esso in sottili corsi d’acqua.
Antonina Mashenko sopportò coraggiosamente tutte le torture. Ricordiamo che era solo una bambina di 15 anni. Fu appesa per le sue trecce ad un gancio del soffitto e lasciata penzolare. Il peso staccò gran parte del suo cuoio capelluto. Fu frustata con il filo spinato e con un coltello inflissero molti tagli sulla pelle del collo. Confessò di aver scritto i volantini ma di disse che fu una sua idea e che non conosceva nessun altro che li avesse scritti. A quel punto, essendo mancina, le frantumarono le ossa della mano sinistra a colpi di bastone. Non rivelò mai nessun nome e così fu fucilata il 15 gennaio 1943.
Il 16 gennaio, insieme ai suoi compagni, fu gettata nella fossa comune N. 5.
Antonina Michajlovna Mashenko è stata insignita postuma dell’Ordine della Guerra Patriottica di 1° grado e della medaglia «Partigiano della Guerra Patriottica» di 1° grado.
Questo il ricordo di Antonina Mashenko effettuato da sua madre Marija dopo la liberazione della città di Krasnodon: «Mia figlia Antonina Mashenko è morta per mano dei barbari tedeschi. Ma il mio orgoglio è eccezionale, l’orgoglio di una madre sovietica. Mia figlia era un membro della Giovane Guardia e del Komsomol. La città di Krasnodon non si sottomise al nemico, diede eroicamente la vita dei suoi giovani ragazzi per la liberazione della nostra Patria. La mia Antonina si è dimostrata una vera figlia del popolo, una coraggiosa figlia della Patria Sovietica. Fin da bambina, ho allevato in mia figlia con le migliori qualità di un giovane sovietico: amore per la Madrepatria, verità, onestà, accuratezza, diligenza, socievolezza.
Già durante l’infanzia in Antonina, si manifestavano tratti di un carattere forte e volitivo. Allo stesso tempo, mia figlia era obbediente ed esecutiva.
Nel maggio del 1942, due mesi prima dell’arrivo dei tedeschi a Krasnodon, Antonina si unì al Komsomol. Brillante e esultante, mi mostrò con orgoglio il suo tesserino di riconoscimento del Komsomol.
I tedeschi entrarono a Krasnodon. Nuvole nere coprirono il cielo, dolore e sventura abitavano in ogni casa. La vita divenne difficile, soffocante, travolgente. Antonina decise di non fuggire e rimase in città. La nostra famiglia viveva in gravi difficoltà: io ero malata e mio marito Michail era stato trasferito per lavorare a Baku.
Antonina non riuscì a sopportare il fatto che i dannati tedeschi vivessero e governassero in una città sovietica. Rabbia e odio ribollivano nel suo cuore. Non avrebbe potuto essere diversamente! In effetti, fin dalla prima infanzia, mia figlia era cresciuta innamorata della madrepatria, innamorata della sua gente.
A settembre, Antonina è diventata membro dell’organizzazione giovanile Giovane Guardia. Nascondeva persino a me le sue attività, come fosse un segreto militare.
Antonina era in collegamento con la Giovane Guardia, svolgeva incarichi importanti e responsabili.
Una notte di ottobre accostò la sua guancia alla mia e disse: «Vedi, mamma, domani ci sarà una bandiera rossa a scuola». Ho chiesto come lo sapesse. Lei rispose: «Non importa mamma, l’importante è che sventolerà!»
E infatti, quando ci siamo svegliati una bandiera sovietica svolazzò sulla scuola. Antonina saltò di gioia e batté le mani. Spesso nelle terribili serate autunnali mi diceva: «Mamma, vuoi sapere le notizie dal fronte, come fa l’Armata Rossa a battere il maledetto tedesco?»
Altre volte mi diceva: «Non ti rattristare mamma. Presto il nostro popolo espellerà i tedeschi e libererà Krasnodon».
Mia figlia scriveva i volantini chiusa nella sua stanza. Mi diceva di non far entrare nessuno in casa. Una sera me ne accorsi e convinsi mia figlia ad aiutarla a scrivere dei volantini.
Una mattina, la Gestapo entrò in casa e portò me e mia figlia in prigione. È difficile e impossibile trasmettere a parole tutto ciò che ho visto e vissuto lì. Poco dopo mi lasciarono andare. Pensavo che anche mia figlia fosse stata rilasciata, invece quando giunsi a casa mi accorsi che l’avevano trattenuta.
Mia figlia è stata torturata barbaramente, ma i tedeschi non ricevettero da lei le informazioni sperate. Quando il cadavere di Antonina fu rimosso dalla fossa comune insieme ad altre Giovani Guardie, fu difficile identificare la mia ragazza. Il filo spinato era intrecciato nelle sue trecce, non c’erano metà dei suoi magnifici capelli. Mia figlia era stata appesa per i capelli e torturata da quegli animali. Ma Antonina, come un vero membro di Komsomol e fedele figlia della Patria, non pronunciò una sola parola. La Madrepatria ha assegnato a mia figlia ordini e medaglie postumi, elogiando l’eroica impresa di una partigiana di 15 anni«.
Luca D’Agostini
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