Anna Bolena è una delle figure femminili che hanno maggiormente segnato la storia moderna d’Inghilterra e d’Europa; dalla sua scandalosa relazione con Enrico VIII ebbero origine lo scisma religioso che portò alla nascita della Chiesa Anglicana, un chiacchieratissimo matrimonio e, infine, la prematura scomparsa della donna, vittima soprattutto del suo carattere spregiudicato e dell’infinità di intrighi che mai smise di tessere a corte.
Ma cosa sappiamo di questa astuta dama di compagnia che riuscì a diventare regina?
Anne Boleyn (o Bullen o Boullan), italianizzata in Anna Bolena, fu una figura chiave alla corte inglese dei Tudor. A suo modo fu responsabile dei pesanti sconvolgimenti di stampo politico e religioso, che portarono il sovrano inglese Enrico VIII a distaccarsi dalla Santa Chiesa di Roma, dando vita allo Scisma Anglicano.
Definita come «la Tentatrice«, Anna Bolena seppe tenere in scacco per ben dieci anni il sovrano inglese, riuscendo infine a diventare regina per appena tre anni, prima di finire processata e decapitata dallo stesso Enrico.1
Appartenente a una famiglia che vantava nobili origini, Anna nacque probabilmente nel castello di Hever, in una data compresa tra il 1501 e il 1507. Per mancanza dei registri parrocchiali, non si conosce il giorno e l’anno esatto della sua nascita, anche se ancora oggi si dibatte intorno a queste due date. Lo storico britannico Ives propende per l’anno 1501, mentre la studiosa statunitense Warnicke opta per l’anno 1507: la scelta di questi due anni è incentrata su una lettera scritta da Anna nel 1514 dal Belgio (dove si stava istruendo) a suo padre in Inghilterra. Sull’analisi della grafia e dello stile Ives sostiene che Anna nel 1514 doveva avere circa tredici anni, mentre secondo la Warnicke doveva essere più giovane, stando a degli errori grammaticali e ortografici contenuti nella lettera. Si è soliti optare però più per l’anno 1501 che per l’anno 1507 come data di nascita, tenendo conto di altre testimonianze sulla sua vita alla corte inglese.
Trascorse l’infanzia presso il castello di famiglia, insieme alla sorella Mary e al fratello George; inoltre, aveva altri due fratelli (Henry e Thomas), che non superarono però l’età infantile.
Il padre di Anna, Thomas Bolena, era un eccellente diplomatico, intelligente e grande conoscitore delle lingue e, grazie alle sue conoscenze, nel 1513 riuscì a far diventare sua figlia damigella d’onore presso la reggente dei Paesi Bassi Margherita d’Asburgo, figlia di Massimiliano I. Successivamente, dopo il matrimonio tra Maria Tudor (sorella di re Enrico VIII) e Luigi XII di Francia, il padre inviò Anna alla corte francese, dove diventò prima damigella d’onore della stessa Maria Tudor e, in seguito, della quindicenne Claudia di Francia, regina consorte del re Francesco I. Grazie a questi incarichi la Bolena ebbe modo di ricevere un’impeccabile educazione, di imparare il francese, di sviluppare svariati interessi, come quello per l’arte, la musica, la poesia, la letteratura e la filosofia religiosa, e di istruirsi sulla danza, sul galateo e sui precetti dell’amore cortese, tutte doti che le sarebbero state utili alla corte inglese di Enrico VIII.
Nel 1522, Anna fu richiamata in Inghilterra per contrarre matrimonio con un vecchio cugino irlandese, in modo da appianare una disputa familiare, ma l’unione non fu celebrata.
Pochi anni prima, anche la sorella Mary, che era stata inviata con Anna in Francia, era rientrata in Inghilterra, portando con sé la reputazione di amante del re francese Francesco I. Mary sposò il cortigiano William Carey e, poco tempo dopo, divenne l’amante del re Enrico VIII: nello stesso periodo in cui rimase l’amante del re, Mary ebbe due figli, Catherine e Henry, probabilmente figli dello stesso sovrano.
Ancora oggi vi sono dubbi sulla paternità dei figli di Mary (Maria Bolena), che assunsero ovviamente il cognome Carey, poiché molti studiosi ritengono il re padre, se non di entrambi, almeno di Henry. Tuttavia, il re non riconobbe mai come suoi i due bambini, a differenza di un altro bambino, Henry Fitzroy, nato da una sua amante, che venne ufficialmente riconosciuto come figlio del re.
A differenza di Mary, Anna rientrò in Inghilterra con la reputazione intatta, pronta a debuttare alla corte inglese, dove si ritrovò a ricoprire il ruolo di dama di compagnia della regina spagnola Caterina d’Aragona, consorte del re Enrico VIII.
Di sicuro Anna Bolena era una ragazza fuori dalla norma, per non dire unica, fisicamente e intellettualmente. In un periodo in cui una vera bellezza era considerata bionda, chiara di carnagione e con occhi azzurri, lei, così scura di sguardo, capelli, persino di pelle, sconcertava, impressionava e si faceva notare. Persino il timbro della sua voce era particolare, e anche la risata, alta, sfrontata, insolente. Inoltre era colta, aveva una personalità affascinante e modi eleganti per la rozza Inghilterra.2
Anna debuttò ufficialmente alla corte inglese nel marzo 1522, prendendo parte ad specie di rappresentazione teatrale in cui ogni partecipante rivestiva un ruolo con danze e canti. Con il suo aspetto così diverso da quello delle altre dame inglesi, vestita con un abito di raso bianco ricamato con fili d’oro e interprete della parte della «Perseveranza», Anna Bolena attirò su di sé gli sguardi di tutti, venendo considerata una vera bellezza, graziosa ed elegante.
Tra i suoi ammiratori spiccò il giovane Henry Percy, VI conte di Northumberland, con cui Anna intrecciò una relazione e con cui si fidanzò segretamente nel 1523. Tale relazione fu però osteggiata dal padre di Percy, il quale considerava Anna di grado sociale inferiore rispetto a quello detenuto da suo figlio: nel 1524, il cardinale Wolsey, di cui il giovane Percy era pupillo, impedì le nozze tra i due giovani.
Allontanata dalla corte inglese per separarla da Percy, Anna Bolena fu inviata al castello di famiglia, mentre Percy fu fatto sposare con una giovane nobildonna. Solo dopo tali nozze, Anna fu richiamata a corte, sempre come dama di compagnia della regina Caterina, ruolo cui si dedicò completamente.
Nella primavera del 1526, il re Enrico VIII si innamorò di Anna, per la sua bellezza e fascino fuori dal comune, e iniziò a corteggiarla insistentemente, premendo affinché ella diventasse sua amante, anche ufficiale. Anna però rifiutò ogni tentativo di seduzione, non volendo finire come sua sorella Mary, prima usata dal re e poi scartata. Inoltre, Anna Bolena dovette intuire in quell’interesse profondo che il re nutriva per lei un’opportunità ambiziosa, capace di poterla portare fino ai vertici del potere. Così, iniziò uno spietato gioco di ritrosia e seduzione, spingendo il re verso l’unica scelta possibile se davvero egli intendeva averla: il divorzio dalla sua prima moglie, Caterina, e il successivo matrimonio con Anna Bolena, la quale sarebbe diventata sua moglie ufficiale e nuova regina d’Inghilterra.
Il progetto di Anna, spinta anche dalla sua famiglia, era fin troppo ambizioso ma pienamente realizzabile: il re era da anni scontento di sua moglie, incapace di generare un erede maschio (gli aveva dato solo una figlia femmina, la futura regina Maria la Sanguinaria, oltre a vari aborti) e ormai troppo anziana, e desiderava ardentemente poter avere una discendenza maschile. Inoltre, era tormentato dal fatto che Caterina fosse stata precedentemente sposata a suo fratello maggiore Arturo, morto dopo quattro mesi, un periodo di tempo sufficientemente lungo per consumare il matrimonio, nonostante la regina, al momento del matrimonio con Enrico, avesse giurato di essere rimasta vergine per i problemi di salute del principe.
Se il matrimonio tra re Enrico e la vedova del fratello era stato possibile grazie a una dispensa papale, adesso il sovrano si appellava ad un passo biblico del Levitico, che impedisce di contrarre matrimonio con la vedova del fratello, pena la maledizione di entrambi, oltre che ai suoi dubbi sulla presunta verginità della regina Caterina al momento del matrimonio.
Scopo del sovrano era quello di invalidare le sue prime nozze, in modo da poter sposare Anna Bolena e ottenere un figlio maschio, nonostante la regina Caterina rifiutasse le accuse e si proclamasse moglie e regina valida a tutti gli effetti.
La «Grande Questione» sull’annullamento delle prime nozze del sovrano fu affidata al cardinale Wolsey, il quale avrebbe dovuto trattare con il Papa per risolvere il problema. Il processo si tenne prima a Londra, dove Caterina si batté fieramente per non essere spodestata come moglie e regina ufficiale, e poi si spostò a Roma, mentre invece Anna Bolena acquisiva sempre più potere ed influenza sul sovrano inglese.
Poco tempo dopo, il cardinale Wolsey fu accusato di tradimento e destituito dal suo ruolo, mentre Caterina fu bandita dalla corte ed esiliata: Anna occupò i suoi appartamenti e ormai tutta la corte vociferava che sarebbe presto diventata regina e madre del futuro successore di Enrico VIII.
Esasperato dalle lunghe ed infruttuose trattative con la Chiesa di Roma, sempre più infatuato di Anna e deciso ad avere un erede maschio, ormai certo dell’invalidità del suo matrimonio con la spagnola Caterina, nel 1532, con la Sottomissione del Clero, re Enrico VIII si decise a proclamare la sua supremazia come sovrano su quella della Chiesa e del papa, iniziando a preparare il terreno per il futuro scisma.
Così, dopo anni di attese, Anna Bolena diveniva sempre più vicina al trono d’Inghilterra.
Se ancora doveva diventare moglie ufficiale a tutti gli effetti, Anna era però di fatto moglie del sovrano, il quale decise di concederle dei titoli adeguati al suo futuro come regina. Così, il 1° settembre 1532, Anna ricevette il titolo di «marchese di Pembroke»: marchese e non marchesa, a sottolineare come il titolo fosse stato concesso per proprio diritto.
Nell’ottobre dello stesso anno, il re ed Anna si recarono a Calais per incontrare il re francese Francesco I ed ottennero la sua approvazione per le nozze. Subito dopo essere tornati in Inghilterra, i due si sposarono con una cerimonia segreta ed Anna si sentì finalmente sicura del suo ruolo, così sicura da decidere di concedersi finalmente al sovrano: la prima settimana di dicembre del 1532 si scoprì incinta, attendendo fiduciosa la nascita di un maschio. Venuto a conoscenza della gravidanza di Anna, Enrico VIII, sapendo che le nozze segrete non erano legalmente valide, decise di varare una nuova legge che gli avrebbe permesso un matrimonio legale secondo le leggi della nuova Chiesa inglese.
Il 25 gennaio 1533 Anna sposò il sovrano in una seconda cerimonia, tenuta anch’essa segreta fino ad aprile, poco prima dell’incoronazione di Anna Bolena come regina d’Inghilterra. A maggio, l’arcivescovo di Canterbury Cranmer concluse di sua iniziativa il processo contro Caterina d’Aragona, dichiarando nullo il primo matrimonio del re e riconoscendo pienamente valide le nozze di Enrico VIII Tudor e Anna Bolena.
Con l’annullamento del primo matrimonio, il titolo di regina passava di diritto ad Anna: il 1° giugno 1533, al sesto mese di gravidanza, Anna fu incoronata regina nell’Abbazia di Westminster, nonostante il popolo inglese la osteggiasse, preferendo di gran lunga la pia Caterina d’Aragona, ritenuta ancora la vera ed unica regina ufficiale.
La Bolena era odiata dagli inglesi per aver umiliato e scacciato l’amata regina Caterina e per aver spinto il re a separarsi dalla Chiesa di Roma: per questo, fu ritenuta una strega, capace di esercitare influenze negative sul sovrano. Tale diceria era avvalorata anche dai pettegolezzi secondo cui Anna era afflitta da sconcertanti deformazioni che la obbligavano a nascondere la testa e le mani quando qualcuno la guardava da vicino. Sul collo si notava un grosso neo, una macchia troppo evidente per poterla nascondere nei folti capelli neri. Su una mano era cominciato a crescere un sesto dito con una doppia unghia e un rigonfiamento eccessivo di carne: tutti segni che indicavano commistioni demoniache e maligne, con il ricorso ad atti di magia e stregoneria.3
Contemporaneamente, Papa Clemente VII invalidò la sentenza di annullamento del primo matrimonio del re emanata da Cranmer, emettendo anche una provvisoria scomunica contro il re e contro lo stesso Cranmer e dichiarando valide le nozze tra Enrico VIII e Caterina. Per tutta risposta, il sovrano, nel 1534, emanò l’Atto di Supremazia, con cui Enrico si riconosceva capo supremo della Chiesa inglese, rompeva i suoi contatti con la Chiesa di Roma e assumeva pieni poteri spirituali, oltre a quelli temporali già detenuti: si verificava quindi lo Scisma Anglicano, la profonda spaccatura tra l’Inghilterra e il Papa.
Prima c’erano state le predizioni, poi le conferme mediche: Anna avrebbe sicuramente partorito un figlio maschio, su questo erano tutti certi, primo fra tutti il re. Iniziarono così i preparativi per festeggiare a dovere il futuro principe, che avrebbe avuto il nome di Enrico o Edoardo.
La nuova regina si ritirò al Palazzo di Greenwich, per trascorrere serena gli ultimi mesi di gravidanza: proprio lì, il 7 settembre 1533, diede alla luce non un maschio, ma una femmina: la futura regina Elisabetta I.
La nascita di una figlia deluse molto il re, soprattutto dopo le predizioni di astrologi e medici sul sesso del bambino e dopo le continue rassicurazioni della stessa Anna: velocemente, dovettero essere ridimensionati i festeggiamenti e il sovrano, dopo un momentaneo atteggiamento ostile, dovette tranquillizzare la regina, dispiaciuta e soprattutto impaurita che la primogenita Mary, figlia di Enrico e Caterina, potesse togliere il titolo di principessa alla nuova nata. Il re decise così di separare le bambine e di spedire Elisabetta a Hatfield House, dove trascorse l’infanzia.
Nonostante la delusione e lo scontento per la nascita di una femmina, Enrico e Anna credevano di poter avere altri figli, tra cui l’erede maschio, ma questo finì per diventare una vera e propria ossessione, come già era accaduto ai tempi del primo matrimonio del re.
Il rapporto tra Enrico e la Bolena, inoltre, non era più come ai tempi del corteggiamento e del fidanzamento: frequenti erano i periodi di tensione e di accesi litigi, dovuti alle infedeltà del sovrano, che non erano tollerate da Anna, di natura irascibile e collerica; d’altro canto, il re non ammetteva le sfuriate della regina rivolte contro di lui, redarguendola a seguire l’esempio di chi già l’aveva preceduta nel suo ruolo. A ciò, si univa la disperata ricerca di un figlio maschio, l’unico motivo che avrebbe assicurato ad entrambi pace e stabilità per la loro unione.
Purtroppo, la seconda gravidanza di Anna si risolse con un aborto spontaneo nell’estate del 1534. Il re iniziò a preoccuparsi e a dare credito ai pettegolezzi sulla regina, incapace anche lei di donargli un erede maschio, ma presto i due sovrani si riconciliarono e Anna si scoprì ancora una volta incinta nell’ottobre del 1535.
Nel gennaio 1536, Caterina d’Aragona, da tempo malata, morì. Il giorno dei funerali della vecchia regina, il 29 gennaio 1536, Anna ebbe l’ultimo aborto spontaneo, che la portò a partorire un feto morto con delle sembianze maschili.
Tra le ipotesi sulle cause dell’ennesima gravidanza andata male vi sono lo spavento che colpì Anna pochi giorni prima, quando il re cadde da cavallo e rimase incosciente per qualche ora, oppure quando, entrando in una stanza, vide il sovrano con sulle ginocchia una delle sue dame, Jane Seymour.
L’ultimo aborto, per di più di un maschio, deteriorò completamente il rapporto tra Anna ed Enrico, convinto ormai dell’incapacità di Anna di procreare un erede, tanto da pronunciare che «non avrebbe avuto altri figli da lei«.1 Inoltre, il re iniziò a considerare il suo matrimonio come frutto di un sortilegio e, di conseguenza, maledetto da Dio, avvalorando le tesi di stregoneria che circolavano sulla sua seconda moglie.
L’aborto avvenuto fu circondato da mistero; si mormorava che il feto oltre ad essere maschio, fosse anche deforme. Ora sì che Anna era proprio nei guai. La paranoia che cova da anni nella mente del sovrano esplode: Dio lo punisce, non benedice l’unione con Anna perché probabilmente Anna è una strega. Se il feto era deforme, come testimoniò il fedele ministro Cromwell, significava secondo il re che Anna s’era data a pratiche sessuali contro natura. Voleva dire che Anna era una libertina e che alla corte francese dove aveva servito da giovane aveva appreso abitudini che non si attuavano nella casta Inghilterra. Si mormorava che le aveva attuate perfino col suo proprio fratello, considerato un pederasta, un sodomita. Superstizioso, vendicativo, Enrico VIII era pronto a credere a tutto. Non indagò a quale fazione interessasse la caduta di Anna e di tutti i Bolena che la sua ascesa avevano assunto i più alti incarichi a Corte. Il re aveva fretta di risposarsi, nella speranza ossessionante di un figlio maschio.
Così, il sovrano iniziò a corteggiare, nel marzo del 1536, la dama di corte Jane Seymour, che sarebbe poi diventata la sua terza moglie. Enrico la ricoprì di piccoli doni e fece alcune concessioni alla famiglia, allo stesso modo in cui anni prima aveva fatto con Anna Bolena: Anna iniziò quindi a sospettare che ben presto sarebbe stata ripudiata come Caterina d’Aragona. Non sapeva ancora che il re aveva in serbo per lei una fine ancora più tragica e cruenta.
Il carattere impetuoso ed irascibile di Anna, la sua incapacità di procreare un erede maschio e l’ostilità nei suoi confronti malcelata da molte persone della corte e soprattutto del popolo, indussero il re a considerare la regina come un personaggio scomodo di cui liberarsi. Era ormai passato il tempo dell’infatuazione e del desiderio e ad Enrico non rimanevano che speranze disilluse e una moglie troppo ingombrante da cui separarsi.
Nell’aprile del 1536 Anna fu indagata per alto tradimento e il 2 maggio 1536 fu arrestata e condotta nella Torre di Londra. Non ci sarà verso di dimostrare che non è vero, perché chi l’accusa non ha prove, non ne ha bisogno. Una volta enunciato, il crimine esiste, lei l’ha compiuto, e se non confessa è solo perché perversa, sfrontata. Subito dopo, con l’accusa di essere stati gli amanti della regina, furono arrestati suo fratello George Bolena, il musicista Mark Smeaton, il poeta Thomas Wyatt, il cortigiano Henry Norris, il gentiluomo Francis Weston e altri due cortigiani, William Brereton e Richard Page.
L’unico a confessare di aver avuto una relazione con la regina fu il musicista Smeaton, un disgraziato pieno di debiti che mentendo confessò sotto tortura o dietro la promessa di libertà, mentre tutti gli altri accusati negarono fortemente le accuse, soprattutto George, accusato del grave peccato di incesto con la sorella. Nonostante non ci fossero particolari prove o testimonianze, furono riconosciuti colpevoli e condannati a morte. Il 17 maggio 1536 tutti gli accusati furono giustiziati nella Tower Hill, il luogo della Torre di Londra dove avvenivano le esecuzioni, e nello stesso giorno l’arcivescovo Cranmer dichiarò nullo il matrimonio tra Anna e il sovrano e illegittima la loro figlia Elisabetta.
Il 15 maggio 1536, intanto, era iniziato il processo contro Anna Bolena: dinanzi a una giuria di Pari (che comprendeva anche il suo antico fidanzato, Henry Percy, e un suo zio materno, il duca di Norfolk), Anna fu processata per adulterio, incesto, stregoneria e alto tradimento per aver ingannato e tradito il re, irretendolo con le sue arti demoniache e tramando con i suoi amanti di farlo uccidere.
Anna negò con fermezza ogni accusa e si difese strenuamente, ma invano: il re aveva deciso di sbarazzarsi di lei e così anche Anna Bolena fu dichiarata colpevole e condannata a morte.
Sorvegliata da quattro dame, che avevano il compito di riferire ogni sua parola, Anna trascorse gli ultimi giorni di vita rinchiusa nella Torre di Londra, alternando crisi nervose a stati di profonda quiete e passando dal riso al pianto repentinamente. Le lettere del carceriere Kingston al primo ministro Cromwell tratteggiano le contraddizioni nel comportamento dell’ormai condannata a morte, che oscillava tra la speranza di aver salva la vita ed essere chiusa in convento e la certezza della morte imminente, accolta sovente come liberazione da tutte le sue angosce e patimenti.
Secondo l’Atto di Tradimento (emesso durante il regno di Edoardo III), i reati di cui era accusata Anna Bolena prevedevano come pena di morte il rogo, ma il re, in segno di clemenza verso quella che era stata sua moglie e regina, commutò il rogo con la decapitazione, consentendo anche l’uso non della scure, ma della spada, più adatta a una regina. Per questo, il sovrano fece arrivare dalla Francia un boia esperto e rapido per eseguire la condanna: come riporta ancora una volta una lettera del carceriere Kingston, Anna commentò tale decisione del sovrano asserendo: «Ho sentito dire che il boia è molto bravo, e poi il mio collo è sottile«.
Come luogo dell’esecuzione, per evitare una folla numerosa, si evitò di scegliere la Tower Hill e si preferì il cortile interno, più piccolo e facilmente controllabile.
Nella «Cronaca Spagnola» si trova in dettaglio l’evento dell’esecuzione di Anna Bolena, avvenuta il 19 maggio 1536. Mentre Anna è alla Torre, il re Enrico VIII gozzoviglia. Tra musica, balli, banchetti annega i pensieri. Ma c’è un posto vuoto a tavola, che la faccia vacua di Jane Seymour non basta a riempire. Manca l’erotica, la spavalda Anna Bolena. Colta, vivace, Anna l’aiutò a esistere. Perché dietro l’ immagine tronfia e corpulenta del sovrano, c’era in realtà un uomo esitante; dietro il tiranno si celava un vigliacco; e dietro l’educazione regale che aveva ricevuto, si palesava un’impressionante mancanza di stile. Era Anna che lo guidava. Che gli aveva dato il coraggio della separazione da Roma. Ma non gli aveva dato il figlio maschio. E per questo ora languiva alla Torre. Quando capì che era proprio finita, Anna Bolena cercò di sfruttare anche questa disgrazia come fosse un’occasione. Chiese perdono a Maria Tudor, la figlia di Enrico e Caterina. Lo fece per Elisabetta. Sperava che tra le due sorellastre non s’accendesse la rivalità che c’era stata tra le madri, sperava addirittura che Maria potesse proteggere sua figlia. Le cose andarono diversamente, le due sorelle non si amarono, ma sul letto di morte Maria mandò a Elisabetta i suoi gioielli e si scambiarono di fatto tra femmine la corona del padre.4
La regina fu accompagnata al patibolo dalle sue dame, vestita con una sottoveste cremisi su cui indossava una veste di damasco verde scuro con pelliccia e un mantello di ermellino, mentre un copricapo nascondeva la cuffia in cui erano avvolti i capelli. Col volto sereno, forse pronta a terminare tutte le sue sofferenze, fece un breve discorso alla folla: «Non hai fatto che elevarmi; da semplice gentildonna a marchesa, da marchesa a regina e ora che non puoi ulteriormente promuovermi in questo mondo, fai di me una santa in Paradiso«. Poi spese buone parole per il sovrano e chiese di pregare per la sua anima.4
C’era una piccola folla ad attenderla nel cortile dove eressero il patibolo. L’ora dell’esecuzione fu spostata più volte, proprio per evitare folle più vaste. Erano presenti gli aspiranti al trono Charles Brandon e il duca di Richmond. Era presente Thomas Cromwell, il quale aveva architettato tutto e sapeva che lei era innocente. Dopo pochi comunque toccò anche a lui salire sul patibolo. Era presente il sindaco di Londra il quale sapeva che Anna Bolena era innocente, ma che nulla poteva fare per evitare l’esecuzione capitale. La parata dei potenti era patetica, squallida: erano quasi tutti uomini con la testa che prima o poi sarebbe stata separata dal corpo. D’improvviso Anna provò sollievo: era giunto finalmente il momento della fine di quell’incubo. Sorrise. Salì i pochi gradini e si slacciò da sola il colletto bianco. Non volle la benda sugli occhi. Disse di non avere paura. Il prete le suggerì comunque di chiuderli e lei accettò il consiglio. Anna Bolena si inginocchiò e iniziò a ripetere la preghiera: «Rimetto a Dio l’anima mia«. Il boia si tolse le scarpe e piano, senza che lei se n’accorgesse, senza che potesse girare la testa verso di lui e guardarlo negli occhi, si avvicinò e le assestò il colpo fatale. La testa rotolò sul patibolo. Non si udì volare una mosca. Il boia dimenticò di ripetere la formula di rito: «Così periscono i traditori«. Ma era francese, non era abituato alle usanze inglesi.4
Le stesse dame che l’avevano accompagnata si occuparono del corpo, che fu poi ricomposto e sepolto in una tomba anonima nella cappella reale della Torre di Londra, accanto al fratello George.5 Soltanto undici giorni dopo, il 30 maggio 1536, il sovrano si sposò sposato con Jane Seymour.
Anna Bolena, colei che era stata regina d’Inghilterra per tre anni, si congedava così dal mondo, lasciando come eredità sua figlia Elisabetta, la quale sarebbe diventata la più grande sovrana della storia inglese.
Luca D’Agostini
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Fonti
1) Antonia Fraser, Le sei mogli di Enrico VIII, Mondadori, Milano, 1992
2) Marina Minelli, Le regine e le principesse più malvagie della storia, Newton Compton Editori, Roma, 2013
3) Carolly Erickson, Anna Bolena, Mondadori, Milano, 1990
4) Strega
5) Alison Weir, Anna Bolena. L’ossessione del re, Neri Pozza Editore, Vicenza, 2019
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