I suoi contemporanei ed in seguito gli storici ritennero Andrej Aleksandrovič Ždanov il probabile successore di Stalin.
Ždanov è considerato come il teorico dello «Ždanovismo» o «Dottrina di Ždanov», una dottrina ideologica che mirava ad isolare la cultura sovietica dall’influenza straniera.
Ždanov nacque il 28 febbraio del 1896 a Mariupol. Il padre lavorava come ispettore scolastico. Il nonno materno era uno studioso biblico ortodosso ed ispettore dell’Accademia teologica di Mosca. Il nonno paterno era un sacerdote del villaggio della provincia di Rjazan. Il padre di Ždanov seguì le orme del suo genitore: si diplomò in un seminario teologico, poi si laureò in un’accademia teologica nella capitale. Rimanendo assistente professore presso il dipartimento, divenne il primo ricercatore dell’Apocalisse ma si interessò alle idee del marxismo, motivo per il quale fu espulso immediatamente dall’accademia.
Il padre era un oratore eccellente, in grado di influenzare la gente con i suoi discorsi e così influenzò anche suo figlio instillando in lui le idee della socialdemocrazia. Dopo la morte del capofamiglia, la madre con i suoi quattro figli (Andrej e tre sorelle) si trasferì a Tver. Nel 1915 Ždanov si diplomò con ottimi voti in tutte le materie ottenendo solo un quattro in disegno. Nello stesso anno divenne membro del Partito Comunista dell’Unione Sovietica (PCUS).
Nell’estate del 1916, Andrej Ždanov fu arruolato in un battaglione studentesco nel quale all’epoca venivano reclutati i giovani considerati «inaffidabili». Un anno dopo divenne cadetto della scuola di fanteria e fu assegnato al 39° Reggimento di Fanteria di riserva di stanza negli Urali.
La biografia di Ždanov è strettamente legata al partito bolscevico. Nel 1918 divenne organizzatore di un giornale bolscevico degli Urali. Nello stesso anno fu inviato a Perm per condurre corsi preparatori per operatori politici.
Nell’estate del 1918, Ždanov fu nominato ispettore-organizzatore dell’ufficio di propaganda presso il Commissariato militare del distretto degli Urali. Un anno dopo gli fu affidato l’insegnamento dell’alfabetizzazione politica ai corsi di comando di cavalleria dell’Armata Rossa.
Nel 1922 divenne presidente del comitato esecutivo e nel 1927 membro del Comitato Centrale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica.
Nel 1934, dopo l’assassinio di Sergej Kirov, Ždanov fu nominato segretario del comitato del partito cittadino di Leningrado nel 1938 fu nominato segretario del Consiglio Supremo di Leningrado. Ricoprendo questa carica si rese artefice del terrore stalinista in città, firmando 176 esecuzioni a morte.
Durante la Grande Guerra Patriottica ebbe un ruolo importante nella difesa dall’assedio di Leningrado. Successivamente, alcuni anni dopo la sua morte, Ždanov fu accusato di aver commesso anche alcuni errori nella difesa della città. Tuttavia però occorre ricordare che Ždanov non era un comandante e che l’approccio rapido delle orde di Hitler alla città non fu un suo errore. Per quanto riguarda l’evacuazione, più di un milione di persone erano nelle liste di evacuazione, ma semplicemente non fu possibile evacuarle tutta prima dell’assedio. Si sarebbe potuto fare di più? Probabilmente si, ma per questo, l’evacuazione di Leningrado sarebbe dovuta iniziare contemporaneamente con lo scoppio della guerra, ma nessuno si aspettava uno sviluppo così catastrofico della situazione sul fronte. Il fatto invece che Leningrado continuasse a vivere e lavorare in condizioni difficili, nonostante la carestia, i bombardamenti, il feroce inverno del 1941-1942, era in gran parte dovuto al suo leader.
Nel 1946 Stalin incaricò Ždanov di supervisionare la politica culturale in Unione Sovietica. Svolgendo il suo compito, alla fine dello stesso anno, criticò il lavoro di Anna Achmatova e di Michail Zoščenko. Ždanov definì la poesia di Achmatova «completamente lontana dalla gente«, e la poesia di Zoščenko come una «cazzata letteraria«.
Il rapporto di agosto del 1946 divenne la base di un decreto nel quale Ždanov proclamava che «l’arte apolitica è un «sabotaggio ideologico» e che l’unico conflitto possibile consentito nelle opere della cultura sovietica è il conflitto tra il bene e il meglio«.
Ždanov odiava l’arte espressa dell’élite degli intellettuali. Una volta un parente in sua presenza disse: «Siamo aristocratici dello spirito«. Ždanov reagì immediatamente e duramente affermando: «Ma io sono un plebeo!» Andrej Ždanov in realtà non era un plebeo, considerava semplicemente l’arte lontana dalle aspirazioni della gente, inutile e persino dannosa. Credeva che il popolo sovietico avesse bisogno del «realismo socialista», che potesse innalzare le masse per il restauro del Paese dopo la guerra, per la costruzione di nuove città e fabbriche.
Nel febbraio del 1948, l’ideologo stalinista si impegnò a «ripulire» i ranghi dei musicisti, definendo tale processo «la lotta contro il formalismo«. I compositori Dmitrij Šostakóvič, Sergej Prokof’ev, Aram Chačaturjan e dozzine di altri caddero sotto la «purga stalinista».
Nel 1948 Ždanov cadde in disgrazia. A giugno del 1948, Stalin inviò lui e Georgij Malenkov a Bucarest, dove in una riunione della Cominform i delegati sovietici furono incaricati di condannare la Jugoslavia ed il suo leader Tito. Nell’atto di accusa, Ždanov contrariamente a Malenkov mostrò dolcezza. Stalin ne rimase negativamente colpito ed al suo ritorno in Unione Sovietica lo rimosse da tutti gli incarichi che ricopriva affidandoli a Malenkov.
I problemi di salute di Ždanov peggiorarono presto e fu ricoverato in un sanatorio a Valdai dove morì il 31 agosto 1948 per insufficienza cardiaca. Il suo medico curante, Lidija Timašuk non era d’accordo con l’opinione del consiglio dell’Amministrazione medica e sanitaria del Cremlino, che aveva diagnosticato un infarto a Ždanov. La dottoressa scrisse una lettera al Comitato Centrale nella quale indicò che furono i metodi di trattamento errati a causare la morte del paziente.
Nel 1952, in seguito alla lettera della dottoressa Timašuk fu avviata un’indagine la quale condusse all’esito che Ždanov fu vittima di «dottori parassiti«.
Andrej Ždanov fu sepolto vicino al muro del Cremlino, sulla Piazza Rossa. Nel 1948 la sua città natale fu ribattezzata con il nome «Ždanov» e nella sua piazza centrale fu eretto un monumento in suo onore. Ma nel 1989, alla città fu restituito il nome di «Mariupol» e l’anno successivo il monumento fu smantellato.
Per quanto riguarda la vita personale di Ždanov, sua moglie Zinaida Kondratiev era figlia di un esiliato. La coppia ebbe un figlio, Jurij Ždanov il quale sposò la figlia di Stalin, Svetlana Allilueva. Nel 1950, due anni dopo la morte di Andrej Ždanov, nacque sua nipote Ekaterina. Due anni dopo la nascita della bambina, Jurij e Svetlana divorziarono.
Jurij Andreevič Ždanov divenne un professore universitario di chimica ed in seguito rettore dell’Università di Rostov. Morì nel 2006. Zinaida Kondratiev, la moglie di Andrej Ždanov, morì nel 1973.
Nelle sue memorie Nikita Chruščëv definì Ždanov un «alcolizzato«, affermando che Stalin gli urlò più volte che gli avrebbe sostituito l’alcol con i succhi di frutta. Gli amici di Ždanov erano di diversa opinione e sostenevano che Stalin considerava Ždanov come suo successore, ma il cattivo stato di salute dovuto al diabete ed il cuore debole, così come gli intrighi di Lavrentij Berija e Georgij Malenkov, cancellarono i piani del Segretario Generale.
Luca D’Agostini
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