Anastasija Aleksandrovna Biseniek (nata con il cognome «Finogenova»), nacque nel 1899 nella città di Dno, situata nella regione di Pskov.
Anastasija Biseniek fu un importante membro dell’organizzazione partigiana sovietica e durante l’occupazione tedesca organizzò il sabotaggio del trasporto ferroviario, riuscì a far evadere alcuni prigionieri dai campi di prigionia creati dai nazisti nella zona occupata. Nel 1965 gli fu conferito postumo il titolo di Eroe dell’Unione Sovietica.
Suo padre Aleksandr Pavlovič Finogenov lavorava come guardiano alla stazione ferroviaria di Dno ed aveva 8 figli: 4 maschi (Aleksandr, Vasilij, Pavel e Sergej) e 4 femmine (Anastasija, Evgenija, Elizaveta e Klavdija).
Nel 1914, in occasione della prima guerra mondiale, Aleksandr Pavlovič Finogenov fu arruolato nell’esercito zarista. Pochi anni dopo fu smobilitato come invalido, ritornò nella città di Dno e si mise a riparare gli stivali, divenendo noto in città come uno dei migliori calzolai.
Dopo aver ricevuto la sua istruzione primaria, Anastasija lavorò per un breve periodo alla stazione di Dno, e nel 1914, prima di partire per l’esercito, suo padre la portò a Pietrogrado e con l’aiuto dei suoi parenti riuscì a farla lavorare in una fabbrica di abbigliamento. Nel 1917, pochi giorni dopo la Rivoluzione d’Ottobre, si verificò una tragedia nella vita di Anastasija: il suo fidanzato Boris fu ucciso di notte da una pattuglia della polizia.
Nel 1919, Anastasija tornò a Dno e trovò un lavoro in una scuola ferroviaria. Nel 1921 sposò un rifugiato lettone Fëdor Biseniek e prese il suo cognome. Dal loro matrimonio nacque presto il loro figlio Jurij. Nel 1922, Fëdor ricevette il permesso di tornare in Lettonia, dove aveva una famiglia, e lasciò senza alcuna comunicazione Anastasija. Non sapendo dell’esistenza di un’altra famiglia, lei, insieme al suo giovane figlio, andò a cercare suo marito, attraversò illegalmente il confine e visse per 10 anni in Lettonia, impiegandosi nei lavori più umili e dando alla luce il suo secondo figlio Konstantin.
Nel 1932 decise di tornare in Unione Sovietica insieme ai suoi due figli. Lavorò alla stazione ferroviaria, prima come pesatrice presso la stazione merci, poi quale conduttrice di vagoni ferroviari.
Nel 1937, per motivi poco chiari, Anastasija fu arrestata dall’NKVD a seguito di una denuncia di un cittadino, ma fu rilasciata poco tempo dopo. Dopo la liberazione, Anastasija tornò al lavoro alla stazione dove conobbe Vasilij Ivanovič Zinovev, il quale in seguito divenne il comandante del distaccamento partigiano.
Il 18 luglio 1941, Zinovev e Timokhin, quest’ultimo il quale ricopriva la carica di segretario del comitato distrettuale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica (PCUS), prevedendo il ritiro dell’unità difensiva del 22° Corpo dei Fucilieri e l’offensiva tedesca, decisero di organizzare a Dno un distaccamento partigiano. Zinovev assunse il ruolo di comandante e Timokhin il ruolo di commissario. Il figlio maggiore di Anastasija, Jurij aderì al distaccamento partigiano come combattente.
Prima di trasferirsi e nascondersi nella foresta vicino Dno, i partigiani incontrarono Anastasija Biseniek la quale decise di rimanere in città per accudire al meglio il figlio minore Konstantin. La invitarono a collaborare fornendo informazioni sulla situazione relativa al centro abitato ed allo svincolo ferroviario. Anastasija accettò volentieri ed organizzò riunioni segrete nell’appartamento di suo padre, in quanto molti cittadini avevano necessità di riparazioni di calzature e quindi il continuo afflusso nella sua casa di numerosi visitatori non avrebbe causato molti sospetti.
Il 19 luglio 1941 le truppe tedesche occuparono la città di Dno. Mediante il suo lavoro segreto, Anastasija riuscì a reclutare nuovi membri per il distaccamento dei partigiani e riuscì a creare problemi tecnici in stazione ritardando il movimento dei treni tedeschi che trasportavano rifornimento alle truppe naziste che avevano posto sotto assedio Leningrado.
Dall’agosto 1941, con il permesso delle autorità di occupazione, in città furono organizzati i bazar della domenica. Una delle prime domeniche, Evgenija, sorella di Anastasija, la quale lavorava come insegnante nel villaggio di Lukomo, portò a casa di suo padre volantini di propaganda sovietica sparsi da un aeroplano. Anastasija chiese alla sorella di sorvegliare la strada nei pressi del villaggio di Lukomo e, se possibile, informarla del movimento delle unità militari tedesche ed il giorno successivo distribuì i volantini tra gli operai del deposito di locomotive. Successivamente, Evgenija visitò ripetutamente sua sorella Anastasija, consegnandole volantini e fornendole informazioni relative ai movimenti delle unità tedesche ed alle azioni dei partigiani sovietici nell’area di Lukomo. Così Anastasija distribuì ripetutamente i volantini sovietici tra gli operai della ferrovia, così come si occupò della distribuzione del giornale «Dnovets», segretamente pubblicato, esortando i lavoratori a sabotare binari e treni.
Anastasija addestrò come sue aiutanti due giovani ragazze del Komsomol (L’Unione della Gioventù Comunista Leninista di tutta l’Unione): Zinaida Egorova e Nina Karabanova.
Zina Egorova, la quale prima della guerra lavorava come telefonista in un magazzino militare e durante la guerra come cameriera in una mensa in un aeroporto tedesco e quindi comunicava con piloti ed il personale tecnico, organizzò una raccolta di informazioni di spionaggio da inviare a Mosca ed in seguito stabilì contatti con gli ufficiali dell’intelligence dell’Armata Rossa, aiutandoli a sistemare l’esplosivo che fece saltare in aria il quartier generale dell’aviazione tedesca a Dno.
Nina Karabanova, la quale aveva ottenuto un lavoro come addetta alle pulizie in un’unità militare tedesca, stabilì contatti con i prigionieri di guerra sovietici e fornì loro cibo, vestiti civili, medicine e volantini. Anastasija, attraverso Nina, consegnò una mappa ed una bussola ad uno dei prigionieri di guerra rinchiuso nel comando tedesco, permettendo a diversi prigionieri sovietici di fuggire dalla prigionia.
Nel 1942, il funzionario dell’intelligence partigiana Dmitrij Jakovlev, che prima della guerra lavorava come macchinista ed era riuscito a fuggire dalla prigionia tedesca, si presentò a casa dei Biseniek, con l’intenzione di visitare il padre di Anastasija. Ma così facendo commise un errore fatale in quanto a seguito di una perlustrazione in corso, fu riconosciuto dalla polizia tedesca che lo arrestò immediatamente. L’arresto di Jakovlev allarmò Anastasija; la sorella Evgenija le suggerì di lasciare la città insieme a lei, ma Anastasija rifiutò, sapendo che in questo caso i nazisti avrebbero iniziato ad arrestare i suoi parenti e quelli con cui aveva intrattenuto contatti evidenti. Presto, Anastasija ed Evgenija furono convocate dalle autorità naziste per l’interrogatorio. Le due donne furono mostrate anche al malridotto e torturato Jakovlev, il quale pur sotto tortura negò la conoscenza con le due sorelle. Così Anastasija e Evgenija furono rilasciate e Dmitrij Jakovlev fu ucciso con un colpo di pistola alla testa.
Secondo le memorie di Konstantin, il figlio più giovane di Anastasija, il 4 gennaio 1943, Anastasija chiese a Konstantin di nascondersi sul ponte della ferrovia a 5-6 chilometri di distanza dalla città e scoprire il numero e la posizione dei cannoni tedeschi a guardia del ponte. Eseguendo il suo compito, il giovane Konstantin fu individuato da un soldato tedesco il quale gli sparò senza fortunatamente colpirlo. Pochi giorni dopo, quei cannoni tedeschi furono distrutti dai paracadutisti dell’Armata Rossa.
In una delle battaglie di gennaio del 1942 nella città di Kholm, il comandante del distaccamento partigiano Zinovev morì. Il figlio maggiore di Anastasija, Jurij fu gravemente ferito.
Nel dicembre del 1941, tre famosi piloti nati a Dno, Davjdov, Kapustin e Skripovskij, i quali parteciparono alle ostilità come parte del 95° distaccamento partigiano, tornarono a Dno con un incarico speciale. Contattarono lo specialista di esplosivi dell’esercito tedesco Muller, il quale aveva manifestato molta sensibilità per il denaro. Gli proposero di far uscire dell’esplosivo dal deposito tedesco ricambiandolo con una ingente quantità di denaro. Muller accettò. Kapustin si rivolse a Biseniek e chiese di prendere gli esplosivi che gli sarebbero stati consegnati dal traditore tedesco Muller. Il giorno seguente, Anastasija, con le sembianze di un sacchetto di patate, consegnò l’esplosivo a Kapustin ed ai suoi compagni. In uno dei giorni di gennaio del 1942, l’esplosivo ricevuto da Biseniek fu deposto segretamente nella fornace di una locomotiva tedesca e provocò la distruzione di un intero contingente militare nazista. Esperti tedeschi accertarono la causa dell’esplosione e gli agenti della GUF (la polizia militare tedesca) furono inviati al deposito di locomotive. Ma i partigiani sovietici decisero continuare il piano che avevano elaborato ed in modo molto rischioso organizzarono un secondo attacco con l’esplosivo ai danni delle truppe tedesche. Il giorno seguente Davjdov, Kapustin e Skripovskij furono arrestati dalla polizia tedesca e nel febbraio del 1942 furono fucilati.
Dopo la morte del gruppo di Kapustin, il sabotaggio allo snodo ferroviario di Dno cessò per un po’ di tempo e tutti i macchinisti e gli operai che i tedeschi ritenevano sospetti furono licenziati.
Successivamente Anastasija riuscì a reclutare l’anziano autista Filjukhin, il quale godeva della speciale fiducia dei nazisti ed aveva il diritto di camminare liberamente lungo i binari. La mattina del 23 febbraio, Anastasija fece deporre da Filjukhin un ordigno esplosivo all’interno di una locomotiva tedesca. L’esplosione dell’ordigno distrusse molto materiale militare tedesco. Una settimana più tardi, un nuovo sabotaggio fu organizzato da Anastasija Biseniek e da Filjukhin.
Nell’estate del 1943, Anastasija Biseniek fu arrestata dagli agenti della polizia segreta tedesca. La polizia nazista non aveva alcuna prova contro di lei, e l’investigatore cercò di convincerla a collaborare con il controspionaggio tedesco. Anastasija si rifiutò di collaborare, adducendo come scusa i genitori malati. Anastasija rimase in stato di arresto e fu rinchiusa in prigione. Un mese dopo il suo arresto, Anastasija fu rilasciata dal carcere inaspettatamente come era stata arrestata.
Ma subito dopo la sua liberazione Anastasija fu segretamente posta sotto sorveglianza per monitorare i suoi spostamenti e le sue frequentazioni, al fine di identificare i suoi contatti. Pur sospettando che l’avrebbero osservata, Anastasija decise comunque di incontrarsi con Filjukhin e durante l’incontro gli disse chiaramente che era anche sotto sorveglianza. Due mesi dopo, Filjukhin fu arrestato e mandato in un campo di concentramento anche senza che vi fossero prove sul suo coinvolgimento con i partigiani. Dopo la guerra tornò in Unione Sovietica, ma morì poco tempo dopo il suo ritorno.
Comprendendo la delicatezza della sua posizione ed anticipando un nuovo arresto, Anastasia decise di lasciare la città di notte. Per tre giorni trovò sistemazione in uno dei villaggi circostanti ma non riuscì ad instaurare contatti con i partigiani. Tornò così a casa ma da amici di famiglia apprese la terribile notizia che i suoi genitori e suo figlio minore Konstantin erano stati arrestati. Apprese anche della morte del suo figlio maggiore Jurij, impiegato nelle attività con i partigiani. Qualche minuto dopo aver appreso queste notizie, Anastasija fu arrestata una seconda volta dalla polizia segreta tedesca. Dopo il suo arresto, i suoi genitori e suo figlio furono liberati, ma il padre di Anastasija dal dolore provato per l’arresto della figlia e la morte del nipote Jurij, si ammalò velocemente e morì poco dopo.
Nell’agosto del 1943, Anastasija fu inviata a Porkhov, dove il controspionaggio tedesco comandato dall’ufficiale nazista von Vogel, tentò di persuaderla a collaborare fornendo nomi ed indicazioni per il rintraccio dei partigiani di Dno. L’investigatore Timman la torturò con scosse elettriche. Anastasija perse conoscenza diverse volte, ma si rifiutò fermamente di collaborare con i nazisti. Dopo qualche tempo, il torturatore Trodler decise di sperimentare su di lei una nuova tortura che aveva ideato, divenuta poi nota come «tortura della sete di vita». Ma anche a seguito di questa tortura, Anastasija rifiutò di cooperare con i nazisti.
Dopo il fallimento del suo esperimento, lo stesso torturatore Trodler ordinò che Anastasija fosse inviata «diavolo con un occhio solo«, cioè il campo di prigionia di Zapoljanskij, situato non lontano da Porkhov, il cui comandante era l’ufficiale nazista Gembek, il quale aveva per l’appunto un occhio solo. Nel campo di Zapoljanskij, dove partigiani e prigionieri di guerra sovietici che si rifiutavano di cooperare con le autorità tedesche furono torturati e più di tremila persone furono uccise durante i 10 mesi della sua esistenza, Anastasija cercò in tutti i modi di aiutare gli altri prigionieri e si guadagnò il loro rispetto.
Il figlio di Anastasija, Konstantin, scoprì la sorte di sua madre e le fece visita diverse volte, ottenendo il permesso di parlarle attraverso il filo spinato. Il 18 settembre 1943 Konstantin visitò sua madre per l’ultima volta; realizzando che presto le avrebbero sparato e temendo che lo arrestassero, Anastasija gli disse di non farle più visita, ma di lasciare la città e aggregarsi ai partigiani nella foresta. Konstantin rispettò la volontà di sua madre anche considerando la possibilità di salvarla, ma una volta arruolatosi nel movimento partigiano capì che lui ed i suoi compagni non sarebbero stati in grado di organizzare la fuga di sua madre, sia poiché stremata dalla lunga prigionia e dalle torture alle quali era stata sottoposta, sia perché Zapoljanskij era un campo di prigionia ottimamente sorvegliato e protetto.
In seguito, quando la città di Dno fu liberata, suo figlio Konstantin, come gli altri partigiani fu arruolato nell’Armata Rossa con il grado di soldato semplice.
Dopo la smobilitazione si laureò in ingegneria e lavorò come ingegnere a Nižnij Novgorod, dove visse per il resto della sua vita.
Il 13 ottobre 1943, Anastasija fu fucilata direttamente dal comandante del campo, l’ufficiale nazista con un solo occhio Gembek.
Nel novembre 1943, tre mesi prima della liberazione della stazione ferroviaria di Dno da parte delle truppe dell’Armata Rossa, le autorità di occupazione nazista decisero di eliminare il campo di Zapoljanskij, abbattendo tutte le strutture da loro create e dando fuoco ai cadaveri ed ai resti umani di tutti coloro che furono assassinati durante i 10 mesi della sua esistenza. Per questo motivo il corpo di Anastasija non fu mai ritrovato.
Per decreto del Presidium del Soviet Supremo dell’Unione Sovietica dell’8 maggio 1965 n. 3574-VI (alla vigilia del 20° anniversario della Vittoria nella Grande Guerra Patriottica) Anastasija Aleksandrovna Biseniek ottenne postumo il titolo di Eroe Unione Sovietica.
Alla stazione ferroviaria di Dno, su un piedistallo è stata installata una targa di granito con la scritta «Qui, alla stazione di Dno, durante la temporanea occupazione nazista della città, lavorò un membro di un’organizzazione partigiana, l’Eroe dell’Unione Sovietica Biseniek Anastasija Aleksandrovna. La coraggiosa patriota fu brutalmente torturata dai carnefici fascisti nell’ottobre del 1943. Eterna gloria agli eroi che hanno dato la vita per la libertà e l’indipendenza della nostra Patria«.
In sua memoria, una delle vie centrali della città di Dno porta il suo nome.
Negli anni ’80, lo scrittore di documentari di Leningrado, Nikolaj Vissarionovič Masolov si interessò al destino di Anastasija Biseniek, incontrò i suoi parenti e gli ex appartenenti alla formazione partigiana di Dno e scrisse così una splendida biografia su di lei. Questo articolo è stato realizzato attingendo quale fonte proprio alla biografia di Anastasija Biseniek scritta da Masolov.
Luca D’Agostini
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Fonti
Масолов Н. В. За особые заслуги: О Герое Сов. Союза А. А. Бисениек. — М.: Политиздат, 1988. — 94 с. — (Герои Советской Родины)
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