Ad Anassagora va il merito di aver introdotto la filosofia ad Atene, allora sotto il governo di Pericle.
Anassagora scrisse «Sulla natura«, opera di cui rimangono pochi frammenti. Anassagora condivide la teoria di Parmenide secondo cui nulla nasce dal nulla e nulla perisce nel nulla, interpretando, però, il verbo nascere come riunirsi e il verbo perire come separarsi.
A unirsi e a separarsi sono i «Semi», particelle piccolissime e invisibili di materia di qualità differenti.
Anassagora si colloca nel contesto dei pluralisti, coloro cioè che pur conservando alcuni presupposti degli Eleatici (quale l’immutabilità dell’Essere ), si allontanano dalla concezione tipicamente eleatica dell’immobilità dell’Essere: immutabile non è l’Essere nel suo insieme, ma i princìpi ultimi che lo costituiscono, i quali sono – secondo Anassagora, e pure secondo Democrito — un’infinita pluralità (da qui il nome «pluralisti»). La filosofia pluralista parte proprio dalla confutazione, o meglio, dal ribaltamento delle tesi di un Eleatico, Melisso: egli aveva detto che se l’Essere fosse molteplice, il molteplice dovrebbe avere alcune caratteristiche dell’Essere, quali l’eternità, l’immobilità, ed altre: ma dato che non le ha, l’Essere non è molteplice. I pluralisti ribaltano completamente le tesi di Melisso e dicono : dato che il molteplice c’è (e lo vediamo tutti) , bisogna ammettere per forza che questi esseri molteplici abbiano caratteristiche dell’Essere. Per i pluralisti vi è dunque una molteplicità di elementi in movimento, ciascuno dei quali è immutabile: si rendono infatti conto che è contraddittorio parlare di nascita e di morte (da dove si nasce? Dove si finisce una volta morti? Nel non Essere! Il che è assurdo) e perciò chiamano morte e nascita i processi di aggregazione e disgregazione. Sono proprio i concetti di aggregazione e disgregazione che implicano la pluralità e il movimento degli elementi: per aggregarsi e disgregarsi, infatti, devono essere diversi e in movimento.
Anassagora nacque a Clazomene (nella Ionia) tra il 500 e il 496 a.C. e sappiamo che nel 462 a.C. abbandonò la sua città per stabilirsi ad Atene. Qui visse per circa 30 anni, stringendo amicizia con il famoso Pericle. Ma nel 438 un indovino di nome Diopite fece approvare un decreto in base al quale erano perseguibili dalla legge tutti coloro che insegnavano e divulgavano cose empie a riguardo dei fenomeni celesti: Anassagora fu processato per aver sostenuto che il sole è una pietra incandescente e la luna un corpo terroso. Possiamo cogliere in questo processo non tanto un processo contro ciò che effettivamente affermava Anassagora, quanto piuttosto una condanna di carattere politico e sociale rivolta a tutti i conoscenti di Pericle. Tuttavia le dottrine fisiche di Anassagora erano un esplicito attacco a credenze e pratiche religiose. Se infatti si accettavano le sue tesi, i fenomeni celesti non potevano più essere considerati segni inviati dalle divinità agli uomini. Va poi detto che il libro in cui Anassagora esponeva le sue dottrine fisiche «Perì fuseos», si era sparso a macchia d’olio per via del suo basso costo nella città di Atene, che si stava progressivamente alfabetizzando. Così Anassagora fu sottoposto a un processo e dovette abbandonare Atene per rifugiarsi a Lampsaco, nella Ionia, dove morì nel 428 a.C.
Anassagora, come molti altri filosofi, affronta il problema di come si sia costituito il mondo nel quale viviamo. Egli ravvisa la matrice originaria del mondo in una totalità indistinta di tutti i materiali da cui risultano costituite le cose. Questi materiali sono da lui chiamati «SEMI» (in realtà oggi li possiamo definire «particelle», ma al tempo di Anassagora la conoscenza scientifica non poteva far utilizzare questo termine e quindi il filosofo li chiama «semi») ed egli afferma, seguendo la scia degli Eleati, che non nascono né periscono, ma permangono costanti: al di là del mutamento degli enti fenomenici, questi «semi» restano come sono, eterni. Egli riprende il concetto di mescolanza introdotto da Parmenide e sfruttato contemporaneamente da Empedocle: dice che ogni cosa è una mescolanza di questi «semi», che però non sono visibili ad occhio nudo: prendiamo ad esempio un libro blu: noi lo vediamo blu perchè i «semi» di colore blu sono in netta prevalenza su quelli degli altri colori, che tuttavia sono tutti presenti. Probabilmente Anassagora era arrivato a trarre queste conclusioni a riguardo dei «semi» partendo dall’osservazione del processo di crescita degli esseri viventi mediante la nutrizione. Egli si deve essere posto questa domanda : «Come è possibile che il pane che noi mangiamo diventi sangue, muscoli, ossa? «. La risposta che egli dà a questa domanda è che «tutto sta in tutto» : nel pane ci sono «semi» di tutte le cose, di sangue, di ossa, di carne, di muscoli. Quindi quando mangiamo il pane i «semi» di muscoli vanno ad alimentare i muscoli, quelli di ossa vanno ad alimentare le ossa, e così via. Ma come mai noi vediamo solo il pane e non tutti gli altri semi? Così come nel caso del quaderno noi vediamo il verde perchè c’è una prevalenza di «semi» verdi, così nel caso del pane noi vediamo il pane perchè i «semi» di pane sono in maggioranza.
Partendo dal visibile (il pane), arriviamo a capire l’esistenza dell’invisibile (i «semi»): ecco spiegato il celebre motto di Anassagora: «Le cose visibili sono uno sguardo su quelle invisibili«, con il quale è messa in luce la possibilità di un’inferenza dal visibile all’invisibile. Va specificato che nel mondo in cui viviamo non esistono propriamente parlando «semi», ossia particelle allo stato puro dal momento che in ogni cosa continuano a sussistere particelle di tutte le altre cose: noi vedremo il verde non perchè una sostanza sia effettivamente verde, ma perchè il verde prevale su tutti gli altri semi, che tuttavia sono presenti, anche se noi non riusciamo a vederli. In questo senso Anassagora ammette la divisibilità all’infinito, senza che sia mai possibile raggiungere un minimo.
Aristotele riprenderà questi concetti e chiamerà i «semi» di Anassagora col nome di «omeomerie«, vale a dire entità le cui parti sono simili al tutto. Tale è per esempio il caso della carne: se prendiamo una qualsiasi parte di carne sempre carne è, ma se prendiamo una faccia e la dividiamo non avremo tanta facce, ma parti differenti dalla faccia iniziale. Ma propriamente per Anassagora il rapporto di mescolanza tra i semi è diverso secondo i casi e nel mondo che ci circonda non c’è nessuna entità omogenea, ossia tale che tutte le sue parti siano simili al tutto di cui fanno parte. Anassagora è convinto che dalla totalità indistinta di tutti i semi non si è formato soltanto il nostro mondo: per lui si sarebbero formati anche altri mondi , anch’essi abitati da uomini e da esseri viventi. Quindi per Anassagora il nostro mondo non è il centro del tutto così come coloro che lo abitano. Resta però da spiegare come avvenne la transizione dalla totalità originaria alla pluralità dei mondi nelle loro differenziazioni. Chiaramente questa transizione richiede un movimento, ma da che cosa dipende tale movimento? Qui subentra quella che già a Platone e ad Aristotele era sembrata la maggiore innovazione di Anassagora, anche se ai loro occhi non sufficientemente sfruttata. Anassagora infatti introduce un intelletto cosmico, il «NOUS» come agente dell’impulso originario di questo movimento. Aristotele ci parla di questo «Nous» nella «Fisica»: ciò che più emerge è il fatto che questo intelletto cosmico è un potere assoluto , separato da tutto e per questo non impacciato o condizionato da nulla e quindi capace di sottoporre tutto al suo dominio. E’ proprio questo potere che consente al «Nous» di dare origine alla formazione e alla progressiva differenziazione delle cose, pur nella persistenza in tutte dei semi di ogni tipo. L’intelletto cosmico ha quindi un’intelligenza totalmente differente rispetto a quella umana: il «Nous» ha un potere incomparabile e questo è per Anassagora dovuto al fatto che esso sia l’unica realtà data non da una mescolanza di semi. Se fosse mescolato con qualcosa sarebbe infatti impedito nella sua azione e non potrebbe pertanto imprimere il movimento iniziale alla massa originaria. Ciò non comporta che per Anassagora il «Nous» sia una sostanza spirituale né che esso si identifichi con la divinità. Pur chiamando questo motore originario «intelletto», Anassagora non gli attribuì la funzione di progettare secondo un fine e precisamente in vista del meglio. La principale differenza rispetto ad Empedocle è che non ci sono le due forze che aggregano e disgregano; va poi detto che non è una visione ciclica e pendolare (come era quella di Empedocle) , ma è unidirezionale: non si tornerà più alla situazione di partenza.
Dunque per Anassagora si parte da questa totale mescolanza dei «Semi» (lui la chiama «MIGMA», dal verbo «mignumi», mescolo = mescolanza totale); poi interviene il «Nous» che smuove il tutto. Da notare che la forza del «Nous» non può essere né totalmente aggregatrice né totalmente disgregatrice. Abbiamo detto che Platone e soprattutto Aristotele lo accusavano di usare poco la causa finale che aveva abilmente introdotto (il «Nous»): molto probabilmente però Aristotele (Metafisica) e Platone (Fedone) hanno preso una cantonata perchè hanno tradotto la parola «Nous» con «intelletto»; ma la lingua greca di Anassagora era differente rispetto alla loro: ai suoi tempi infatti la parola «Nous» veniva spesso usata con il significato di «anima», «vita». Probabilmente Anassagora non voleva parlare di un’intelligenza divina e di una causa finale, ma voleva semplicemente dire che dove c’è movimento c’è vita. Tuttavia se l’intelligenza umana è inferiore rispetto a quella del «Nous», essa è superiore (come già aveva detto Alcmeone) a quella degli animali. Essa richiede l’impiego della procedura che inferisce ciò che non è visibile a partire da ciò che lo è. Questa procedura sorregge buona parte della stessa costruzione teorica di Anassagora, come si è visto. Il sapere umano per lui è acquisito gradualmente e non è un possesso istantaneo.
Anassagora traccia una sequenza cronologica delle acquisizioni : 1) «Esperienza», 2) «Sophia» (Sapienza), 3) Techne (Tecnica). La sensazione avviene per contrari, in quanto il caldo può essere avvertito mediante il freddo e viceversa: se mettiamo una mano in un secchio pieno di acqua fredda e ne aggiungiamo di calda, la sentiamo benissimo quella calda. Se però ne aggiungiamo di fredda non percepiamo quella fredda aggiunta. Dalla sensazione e dall’osservazione ripetuta si passa alla conservazione di questa nella memoria. Su questa base diventa possibile il costruirsi di un sapere. E’ interessante che come ultimo momento Anassagora indichi la Tecnica: è essa che propriamente permette agli uomini di servirsi degli stessi animali e quindi di collocarsi al di sopra di essi. La superiorità dell’uomo sugli altri animali riposa sul fatto che solo l’uomo sa costruire oggetti a lui utili, ossia sa sfruttare al meglio il proprio sapere. Del resto, Anassagora vive in quell’Atene del V secolo, brulicante di cantieri e di lavori splendidi. In questo contesto si comprende forse meglio il significato della celebre tesi secondo la quale l’uomo è più intelligente degli altri animali perchè ha la mano che gli consente di stabilire un diverso rapporto con la realtà. Il possesso della mano si collega strettamente all’esercizio di attività tecniche, che appaiono indice decisivo di umanità.
Aristotele invece avanzerà un’ipotesi antitetica rispetto a quella di Anassagora: dal momento che l’uomo è il più intelligente degli animali la natura gli ha dato la mano. Tra l’altro l’affermazione di Anassagora ci consente di capire quanto poco il finalismo rientri nelle sue teorie e di conseguenza se ne evince che la traduzione di Aristotele di «Nous» con intelligenza è erronea. Sempre Aristotele (Metafisica, libro I) ribalta la tesi anassagorea della superiorità della Tecnica sulla Sapienza, arrivando a mettere al vertice del sapere il «sapere per il sapere«, ossia il sapere disinteressato, privo di risvolti pratici.
Frasi celebri di Anassagora:
— «L’uomo è il più intelligente degli animali per il possesso delle mani.«
— «A causa dell’opacità dei sensi non siamo in grado di giudicare il vero.«
— «Tutte le cose erano insieme; poi venne la mente e le dispose in ordine.«
— «Tutto ha una spiegazione naturale. La Luna non è una dea, bensì un grande globo roccioso, e il Sole non è un dio, ma un immenso mondo infuocato.«
— «La discesa all’Ade è la stessa da ogni luogo.«
Luca D’Agostini
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Fonti
1) http://www.filosofico.net/anassag.htm
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