Molti credono che Amerigo Vespucci sia stato solo un furbo mistificatore il quale riuscì ad appropriarsi della gloria di quella che è stata una delle più importanti scoperte di tutti i tempi, alle spese dell’ingenuo Cristoforo Colombo. Occorre tuttavia rendere a ciascuno il suo merito e chiarire, oltre ai meriti del grande fiorentino, il fatto che l’attribuzione del suo nome al Nuovo Continente avvenne a sua insaputa e senza che facesse nulla per attribuirsi questo onore.
Infatti il nome alla nuova terra fu dato da altri e proviene da un opuscolo del 1499 dove il navigatore descrisse il suo primo viaggio: una lettera all’amico Vettori che fu stampata in forma di relazione a Saint Dié nel 1507 col titolo «Mundus Novus Americi Vespucci«. Vi si descrive il viaggio compiuto nel 1501-1502 a servizio del Re del Portogallo, asserendo che si trattava del terzo viaggio dopo altri due compiuti al servizio del Re di Castiglia.
Per la novità e l’interesse delle notizie che vi si trovano il «Mundus Novus Americi Vespucci» ebbe una risonanza vastissima e in pochi mesi fu ristampato a Strasburgo, Milano, Roma, Anversa, Colonia, Rostock, Norimberga, Augusta, fu volgarizzato dal cosmografo Alessandro Zorzi e si diffuse in ogni parte d’Europa, tanto che in mezzo secolo ebbe almeno cinquanta edizioni. L’originale in latino purtroppo è andato perduto e le prime edizioni, sempre in latino, presentano spesso discordanze e imprecisioni.
Il governatore del principato di Saint Dié, che si trovava nei Vosgi, nella Francia orientale a 800 chilometri dal mare, in quel tempo era Renato II, duca di Lorena, grande mecenate e amante della cosmografia. Questi progettò con gli accademici di corte, principalmente l’esperto cartografo Martin Waldseemüller r il sio aiutante Ringmann, di fare una nuova edizione aggiornata della Geografia di Tolomeo. Apparve così nel 1507 la «Cosmographie Introductio» accompagnata da una mappa dal titolo: «Universalis cosmographia secundum Pthloloemaei traditionem et Americi Vespucii aliorumque lustrationes«: vi campeggiavano le immagini di Tolomeo e Amerigo Vespucci quali descrittori del globo, in quanto gli autori si erano giovati dell’opuscolo scritto dal toscano.
A questa mappa seguì una stampa segmentata della Terra a spicchi che potevano essere incollati su una sfera in modo da ottenere un mappamondo (e questo fu il primo ad essere stampato) dove col nome America s’indicava l’America meridionale. Seguirono altre versioni realizzate in altri istituti e nel 1513-15 apparve il Globo verde, un mappamondo di legno dipinto che si conserva ancora alla Biblioteca Nazionale di Parigi, dove il nome America appare sia sulla parte meridionale che su quella settentrionale del continente. Amerigo, lontano o già morto, non aveva mosso un dito.
L’invidia, di cui fu oggetto ben presto il navigatore, si diffuse rapidamente e molti cominciarono a chiedere giustizia mascherandosi da difensori di Colombo contro un supposto torto da questi subito. La terra scoperta si doveva chiamare Colombia ma il nome non ebbe successo. Fu proposto il termine Fer-Isabellica, in onore dei protettori di Colombo: Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia. In onore di Carlo V si pensò di chiamarla Orbis Carolinas; Cabozia e Sebastiania in onore di Caboto; Ganoviana o Odenosaunia ricordando la Long-House americana, quindi Alleghania e anche Ofira, dal nome della regione lontana e sconosciuta, mai individuata con precisione, da cui la Bibbia dice che Salomone traeva oro, metalli preziosi, gemme, legnami rari per la costruzione del Tempio di Gerusalemme e dei suoi palazzi, che si diceva in India, in Arabia o in Etiopia. Ma il nome America rimase.
Amerigo Vespucci nacque a Firenze il 9 marzo 1454 da una famiglia molto agiata, proprietaria di terre e fondi. Suo padre era un notaio e suo zio era un insegnante di varie scienze: lingua latina, grammatica, logica e cosmografia. Poco altro si sa dei suoi primi 26 anni fino al 1480 quando partì per la Francia al seguito di una legazione guidata dall’ambasciatore fiorentino Guido Antonio Vespucci, suo parente lontano. Da questo si può arguire che la sua giovinezza sia passata in un apprendistato al servizio di privati o di uffici pubblici. In seguito ebbe vari incarichi nell’ambito degli affari della famiglia Medici.
Era particolarmente legato a Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici, cugino di Lorenzo de’Medici. Di Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici, sappiamo moltissimo. Era il misterioso Mercurio che appare nella parte sinistra della Primavera di Botticelli: possedeva una straordinaria precocità e maturità, una cultura rara persino in quei tempi coltissimi: era amico di Poliziano e di Marsilio Ficino; fu il destinatario della Primavera, di Pallade e il centauro e della Nascita di Venere del Botticelli; e sempre al Botticelli commissionò le illustrazioni della Divina Commedia. Negli anni novanta protesse il giovane Michelangelo, e aspirò a diventare signore di Firenze. Come Mercurio, si occupava di commerci e di banche, sia in Italia che in Spagna: Vespucci lavorava per lui e acquistava per lui merci preziose.
Sotto l’ombra protettiva di Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici, Amerigo Vespucci partecipò e collaborò alle fitte discussioni geografiche e cosmografiche, che in quel periodo erano vivacissime a Firenze. Al cuore di queste discussioni, stava sempre Paolo dal Pozzo Toscanelli, figura straordinaria di geometra, matematico, filosofo, medico, astronomo, astrologo, il quale discorreva con Filippo Brunelleschi, Leon Battista Alberti, Marsilio Ficino, Pico della Mirandola e Nicola Cusano. Qualche decennio prima, era stata tradotta in latino la Cosmographia di Tolomeo: mentre, nel poema «Il Guerin meschino«, che ebbe un grande successo di lettori, Andrea da Barberino divulgava le nuove conoscenze geografiche. A partire da quel momento migliorarono e si moltiplicarono le carte nautiche, i portolani, i manuali mercantili e i planisferi.
L’interesse geografico aveva un fondamento pratico: come raggiungere la Cina e il Giappone? In Cina era caduta la dinastia mongola: i sovrani mongoli della Persia si erano convertiti all’Islam; così ora, dopo un secolo e mezzo di viaggi protetti dalla benevola tolleranza dei Khan, le strade di terra verso la Cina erano nuovamente chiuse. L’Asia meravigliosa e miracolosa di Marco Polo si poteva raggiungere varcando il capo di Buona Speranza, come Bartolomeo Diaz e Vasco de Gama fecero verso la fine del quindicesimo secolo. Ma la strada verso Occidente? Con l’aiuto del mappamondo prestatogli da Francesco Castellani, Paolo dal Pozzo Toscanelli cominciò i suoi calcoli. Nel giugno 1474, inviò a Fernam Martins, canonico di Lisbona, amico e familiare del Re di Portogallo, una lettera famosissima che Cristoforo Colombo conobbe. «Rimetto a Sua Maestà una carta fatta con le mie mani, nella quale si trovano disegnati i vostri lidi, e le isole dalle quali il viaggio si dovrebbe cominciare, sempre verso Occidente, e i luoghi ai quali si dovrebbe giungere, e quanto si dovrebbe declinare dal polo, e dalla linea equatoriale, e quanto spazio, ossia quante miglia converrebbe percorrere per giungere ai luoghi fertilissimi d’ogni specie di aromi e di gemme».
Nel 1491 si recò a Siviglia, in Spagna, al seguito di Giovinozzo Berardi, fornitore della marina spagnola, quindi fu curatore degli affari dei Medici in quel paese prendendo sempre più pratica di commerci, trasporti per mare e navigazione. Tutta la sua vita cambiò. Imparò il suo mestiere non più sulle carte e i mappamondi, ma sulle banchine dei moli, dove raccoglieva avidamente le notizie giunte dalle Indie. Nel settembre 1494, si occupò della seconda spedizione di Colombo: una grande flotta di diciassette navi e milleduecento uomini, salpata da Cadice. Comprese che quello era il suo momento, atteso da tanti anni. Presto sarebbe partito anche lui per le terre appena scoperte: non come uomo di mare, ma come cosmografo-astronomo, esperto di computi matematici. Al termine della sua vita egli effettuò quattro viaggi transatlantici, i primi due al servizio della Spagna (1497-1498 e 1499-1500) e gli altri al servizio del Portogallo (1501-1502 e 1503-1504).
Così, il 10 maggio 1497 partì da Cadice su quattro navi spagnole per il suo primo viaggio d’esplorazione oltre oceano.
Amerigo Vespucci non era nato per il mare, poco seppe in gioventù di navigazione e di venti di cui ebbe notizia interessandosi del commercio, attraverso il quale arrivò sul ponte di comando di una nave. Non era propriamente un marinaio e, venendo da un altro mondo, tardi e per vie indirette, non piaceva agli uomini di mare. Tuttavia era un uomo di grande intelligenza e di notevoli intuizioni il quale fece un uso di nuovi strumenti di navigazione che gli altri non seppero utilizzare. Anche Colombo si fidò più delle stelle che del sestante, ma ebbe a suo modo ragione.
Tornò dal primo viaggio il 18 ottobre 1498, dopo aver avvicinato uomini dalla pelle rossa dei quali l’avevano colpito la bellezza, in particolare delle donne, e la «disordinata lussuria«. Portò 200 di quei nativi in Spagna. Si pensò che avesse toccato già in quella spedizione le terre dell’America meridionale, mentre altri ritengono che abbia visitato soltanto l’odierna Virginia. I ritorni economici del viaggio furono scarsi, ma notevoli gli apporti scientifici.
Il 18 maggio 1499 partì da Cadice facendo la rotta di Capo Verde che accorciava la traversata atlantica tra i punti più vicini dei due continenti. Fece ritorno l’8 settembre 1500. L’impresa più importante fu il suo terzo viaggio compiuto per conto del Re del Portogallo, giovandosi dei mezzi della marina portoghese che aveva fama d’essere la migliore del mondo. La partenza avvenne il 13 maggio 1501 con tre caravelle al comando del capitano Gonzalo Coelho seguendo la rotta lungo le coste occidentali dell’Africa si volse a Capo Verde e poi a Sud Ovest fino al capo detto di San Rocco in Brasile; costeggiò la zona dell’Uruguay e cambiando rotta puntò all’isola detta di Re Giorgio, ma stranamente trovò un freddo terribile e un uragano che lo fecero tornare verso Nord.
Tempeste, vari inconvenienti, disagi tra cui la scarsa intelligenza del capitano misero a dura prova l’entusiasmo di Amerigo Vespucci il quale risolse grazie all’astrolabio problemi di rotta. Scoprì molti aspetti antropologici sconcertanti: il libero amore praticato fisicamente anche in pubblico, la bellezza dei corpi degli indigeni, il cannibalismo facendone anche le spese con alcuni membri della spedizione catturati e divorati da una tribù. Tornò a Lisbona il 7 settembre 1502. Fu con questo viaggio che giunse più a Sud fornendo concretamente le dimensioni di continente alle nuove terre scoperte. Aveva visto il cielo australe e contemplato la Croce del Sud.
Il 6 agosto 1508 fu nominato Piloto Mayor, cioè primo comandante delle flotte commerciali spagnole, con uno stipendio annuo di 75.000 maravedi, carica che tenne fino alla morte che avvenne il 22 febbraio 1512. Non ebbe alcun figlio che avrebbe potuto proseguire il suo lavoro.
Di lui abbiamo conservate la lettera indirizzata a Pier Soderini, gonfaloniere della repubblica e suo vecchio compagno di scuola, e altre quattro lettere scritte dal 1500 al 1502 indirizzate a Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici.
Il grande merito di Amerigo Vespucci fu quello di intuire per primo e a suo modo dimostrare l’indipendenza dell’America dall’Asia: Colombo credé d’essere arrivato nelle Indie, quindi in una terra già conosciuta. Vespucci si convinse che le terre che Colombo aveva esplorato e quelle che egli aveva circumnavigato, non appartenevano alle estreme propaggini dell’Asia. Lì non era giunto nessun Marco Polo. Egli aveva conosciuto un Mundus novus: un mondo incognito, che fino allora nessun uomo, provenendo da Occidente o da Oriente, aveva mai visto. Vespucci, estendendo la sua navigazione e costeggiando la terraferma in profondità nella zona meridionale, capì che si trattava di un nuovo continente di dimensioni smisurate che non aveva relazione con l’Asia ed era incognito ai navigatori e ai cosmografi europei.
Per comprendere la qualità della ricognizione di Amerigo Vespucci basta pensare che egli navigò tra latitudini distanti circa 85°, vale a dire quasi 10.000 km, mentre Colombo esplorò terre comprese tra 10° e 11° di latitudine: tra i 1000 e 1200 km e Caboto in quel periodo non andò oltre i 10° e 15° di latitudine: al massimo 1500 km. L’entità della rilevazione immensamente superiore offrì la certezza del fatto che si trattava d’un nuovo continente e non poteva per ragioni di distanze e conformazioni trattarsi dell’Asia.
A questo si aggiunge anche che Colombo pensò di navigare su un globo di dimensioni inferiori del 25% della misura reale per cui poteva anche illudersi d’essere arrivato in Asia.
Quindi Amerigo chiamò Mundus Novus le terre che visitò ed ebbe certezza, per l’estensione e per altri elementi, che si trattava di un mondo all’epoca del tutto ignoto.
In questo il coraggio che Colombo aveva mostrato solcando per primo le onde sconosciute, Vespucci lo fece vedere sul piano intellettuale, sfidando da solo e con argomenti validi un problema di estrema importanza per le sue implicazioni di diversa natura: i religiosi dovevano fare i conti con popoli che non sapevano nulla della Redenzione; i geografi per secoli erano stati sicuri che sotto un certo livello della zona torrida le terre fossero inabitabili; i filosofi dovevano stabilire chi fossero e cosa quegli esseri dai costumi tanto diversi con pratiche sconcertanti come il cannibalismo; i matematici dovevano rivedere i loro calcoli errati sulle dimensioni della Terra: questo per dire lo sgomento e lo sconcerto, oltre alla meraviglia e all’impreparazione in cui si trovavano le popolazioni allora civilizzate di fronte a un simile evento.
Luca D’Agostini
Lascia un commento
Вы должны авторизоваться чтобы опубликовать комментарий.