La rivoluzione del 1917 esaltò all’istante molte persone ma al contempo le privò all’istante di tutto. Questo il destino che attese il più brillante dei politici russi dell’epoca, il leader degli Ottobristi, Aleksandr Ivanovič Gučkov.
Gučkov nacque a Mosca il 26 ottobre 1862, al culmine delle riforme che risvegliarono un’intera generazione di russi. I suoi antenati erano mercanti e crearono un’intera città tessile a Lefortovo. Ivan, il padre di Aleksandr sposò una donna francese con la quale ebbe cinque figli.
Particolarmente violento crebbe il terzo figlio, Aleksandr, il quale fu soprannominato il «filibustiere«, cioè persona priva di scrupoli, cinica e spregiudicata.
I suoi fratelli si impegnarono nella vita pubblica. Il maggiore, Nikolaj fu eletto alla Duma di Mosca e divenne anche sindaco. Suo fratello gemello Fëdor fondò il famoso quotidiano «La Voce di Mosca». Il più giovane dei suoi fratelli, Konstantin, gestiva la Banca dei Prestiti di Mosca. Aleksandr era profondamente interessato alla politica e a tutto ciò che stava accadendo nel Paese e all’estero, senza aver paura di andare nei suoi discorsi contro l’opinione generale.
Nel 1878 fu anche picchiato violentemente dai suoi compagni di classe del 2° ginnasio, in quanto Gučkov si pronunciò contro l’assoluzione di Vera Zasulič, la giovane rivoluzionaria russa la quale nel luglio del 1877 aveva sparato al governatore Trepov, ferendolo gravemente. Processata da un tribunale civile, il 31 marzo 1878 fu assolta e Gučkov criticò aspramente la sentenza.
Quando iniziò la guerra contro la Turchia, Aleksandr Gučkov visitò i feriti in ospedale, dove suo padre era un guardiano. Dopo la guerra, oltraggiato dalla posizione anti-russa del primo ministro britannico Benjamin Disraeli, Gučkov decise di ucciderlo. Acquistò una pistola al mercato nero, ma non disponeva di denaro sufficiente per recarsi in Inghilterra e il piano fallì.
Dopo essersi diplomato al liceo con una medaglia d’oro, si iscrisse alla facoltà di storia e filologia dell’Università di Mosca, ma prima di laurearsi si arruolò come volontario nel 1° Reggimento dei Granatieri di Ekaterinoslav. Non rimase a lungo nell’esercito e avendo appreso la notizia della carestia nella regione del Volga, si affrettò a partire come volontario per l’assistenza alle popolazioni colpite.
Per questo impegno fu premiato con l’Ordine di Sant’Anna di 3° grado. Tornò quindi a Mosca, dove fu eletto deputato della Duma della città, raggiungendo suo padre, suo zio e due fratelli erano già eletti anche loro. Ciò giustificò la voce popolare che definiva questa istituzione «Nido dei Gučkov«.
Ma dopo qualche tempo si annoiò di doversi occupare dei problemi della capitale russa ed effettuò vari viaggi in Turchia, Manciuria, Tibet, Cina e Mongolia.
Nel 1898 lavorò alle dipendenze del servizio di sicurezza della linea ferroviaria in costruzione in Manciuria. Ma nel 1899 fu licenziato per aver duramente picchiato un ingegnere polacco che si permise di insultare la Russia. Dopo il licenziamento tornò a Mosca ma partì di nuovo presto per recarsi in Sud Africa a combattere la guerra boera schierandosi dalla parte dei boeri. Lì fu ferito a una gamba, catturato, ma fu presto rilasciato dagli inglesi, ammirati dal suo coraggio.
La ferita che lo rese zoppo per il resto della vita non raffreddò il suo fervore: nel 1900 si recò in Cina aiutando il governo a sopprimere delle rivolte locali, nel 1903 combatté con i turchi in Macedonia.
Nello stesso anno si sposò con Marija Ziloti, cugina del compositore Sergej Rakhmaninov. Il matrimonio e la nascita di un figlio non cambiarono il carattere di Gučkov: la guerra successiva, quella russo-giapponese, lo spinse di nuovo lontano da casa. In Manciuria, fu responsabile della Croce Rossa e dopo la sconfitta nella Battaglia di Mukden rimase con i feriti catturati dai giapponesi.
Fu rilasciato solo nella primavera del 1905 e tornò immediatamente in Russia, dove la rivoluzione stava già imperversando.
A Mosca fu accolto come un eroe: nella Duma della città lo omaggiarono con un’ovazione e fu immediatamente eletto. Nell’assemblea si scontrò subito con Miljukov il quale chiese l’autonomia per la Polonia, mentre Gučkov si oppose fermamente, difendendo l’indivisibilità dell’impero e l’autorità del governo zarista. Successivamente, lo stesso Nikolaj II (Nicola II) attirò l’attenzione su di lui e lo invitò a Peterhof. Eccitato, l’ospite parlò a lungo allo Zar del disordine nell’esercito, della mediocrità dei comandanti militari e civili che portarono il Paese alla rivoluzione. Concluse il suo discorso con un appello per convincere lo Zar a realizzare delle riforme per mantenere la calma nel Paese.
Lo Zar sembrò avergli dato ragione e aver accettato il suo appello, ma poco dopo Gučkov scoprì che lo Zar nominò Rukavishnikov quale sindaco di Mosca e costui aveva idee e vedute completamente diverse alle sue.
Ma come leale monarchico costituzionale, Gučkov sostenne la legge «Alto Manifesto sul miglioramento dell’ordine statale» del 17 ottobre 1905, dichiarando: «Noi costituzionalisti non vediamo nella nostra monarchia costituzionale alcuna diminuzione del potere zarista; al contrario, nelle forme di stato aggiornate vediamo l’introduzione di questo potere a un nuovo splendore, la rivelazione di un futuro glorioso per esso«.
Nel 1905 divenne uno dei fondatori del Partito Liberale Conservatore. Gučkov era un sostenitore del governo presieduto da Stolipin e anche profondo ammiratore di Stolipin stesso il quale riteneva essere uno dei pochi in grado di riformare la Russia.
Nelle elezioni per la Terza Duma, gli Ottobristi ottennero ben 154 seggi e Gučkov entrò a far parte della Commissione per la difesa dello stato. Miljukov non fu ammesso nella commissione e offeso iniziò a criticare Gučkov in ogni occasione. Ma quando Miljukov accusò Gučkov di mentire dal podio della Duma, quest’ultimo lo sfidò a duello.
Nel 1910, Gučkov fu eletto presidente della Terza Duma. Negli anni successivi ebbe continui contrasti con lo Zar, il quale cadde sempre più sotto l’influenza di Grigorij Rasputin.
Fu così che Gučkov realizzò un progetto fino a poco prima impensabile: iniziò a distribuire finte lettere dell’Imperatrice destinate a Rasputin, nelle quali vi erano inventate una quantità enorme di sensuali effusioni. Da allora, l’Imperatrice Aleksandra Fëdorovna Romanova definì Gučkov una «bestia» e sognava di impiccarlo. All’udienza di addio dei deputati della Terza Duma, Nikolaj II (Nicola II) fece finta di non notare Gučkov, l’unico dei presenti al quale lo Zar non strinse la mano.
Non perdendosi d’animo Gučkov partì per una nuova guerra nei Balcani. Il suo carattere fu descritto da un collega di partito Nikolaj Savič: «Dotato di una grande mente, talento e capacità politiche spiccate, Gučkov era molto orgoglioso e vanitoso, inoltre si distingueva per la sua testardaggine che non tollerava l’opposizione ai suoi piani«. L’orgoglio suscitato dall’offesa ricevuta dalla mancata stretta di mano da parte dell’Imperatore, lo trasformò da sostenitore del potere zarista in suo ostinato nemico. In una conferenza degli Ottobristi disse: «Siamo costretti a difendere la monarchia contro il monarca«.
Il primo giorno della Prima Guerra Mondiale, Gučkov scrisse a sua moglie: «La resa dei conti sta iniziando«. Durante la guerra si occupò dell’assistenza ai feriti sotto la bandiera della Croce Rossa. Nel 1915, era a capo del Comitato Industriale Militare centrale, che distribuiva ordini militari alle fabbriche. Per il suo incarico fu anche eletto al Consiglio di Stato. Tale elezione fu accolta dall’Imperatrice con tale esclamazione: «Che schifo!«
Aleksandr Gučkov divenne sempre più convinto che le autorità zariste non fossero in grado di vincere la guerra o di salvare il Paese dalla rivoluzione.
All’inizio Gučkov interpretò la Rivoluzione di Febbraio come una semplice rivolta di strada. Quando il 28 febbraio 1917 la guarnigione di Pietrogrado si schierò con i ribelli, ordinò allo Stato Maggiore: «Inviate immediatamente truppe per difendere il trono«. «Non ci sono!«, risposero brevemente dallo Stato Maggiore. Quindi Gučkov si recò al Palazzo Tauride ed entrò nel Comitato Provvisorio della Duma formato lì. Il 1° marzo, su sua iniziativa si recò a Pskov insieme a Vasilij Shulgin, per convincere lo Zar a rinunciare al trono, suggerendogli: «Cambiate lo Zar e salverete lo zarismo«.
Fu una sorpresa per lui quando Nikolaj II (Nicola II) rinunciò non solo personalmente, ma assicurò la rinuncia al trono anche da parte di suo figlio. Il giorno dopo anche il Granduca Michail rinunciò al trono. Il potere zarista stava crollando rapidamente, il Paese stava scivolando verso l’anarchia, della quale Aleksandr Gučkov aveva enorme timore.
Fu così creato un governo provvisorio nel quale a Gučkov fu offerto il posto di ministro della Guerra. Ma allo stesso tempo, il Soviet di Pietrogrado adottò l ‘»Ordine n. 1«, che consentiva ai soldati di non obbedire agli ufficiali. Su insistenza di Gučkov, fu inviato l'»Ordine n. 2«, nel quale si specificava che al fronte era mantenuta la disciplina precedente. Ma questo non aiutò. Una valanga di disertori si riversò nelle retrovie. I posti di comando andarono persi. Gučkov capì: il governo provvisorio era sospeso in aria, sopra c’era il vuoto istituzionale, sotto l’abisso dell’anarchia. Nonostante i suoi sforzi Gučkov non riuscì a fermare il collasso generale del Paese.
La sua colpa consistette nel fatto di aver indotto la monarchia al collasso, pensando ingenuamente che gestire un enorme Paese non fosse più difficile che gestire una fabbrica o un reggimento.
Ricoprì il ruolo di ministro per soli 60 giorni, essendo sostituito ad aprile da Aleksandr Kerenskij. L’ambasciatore francese scrisse allora: «Le dimissioni di Gučkov segnano il fallimento del governo provvisorio e del liberalismo russo«. L’ultima speranza di Gučkov era rappresentata dal generale Kornilov, il quale decise di ristabilire l’ordine nella capitale. Gučkov raccolse una grossa somma di denaro per sostenerlo, ma il tentativo di Kornilov fallì miseramente. Affranto e deluso partì per sostenere delle cure mediche a Kislovodsk, dove fu colto da una nuova rivoluzione.
Gučkov riuscì a fuggire dai bolscevichi travestito da pastore protestante. Si recò in Europa per chiedere aiuti necessari per combattere i bolscevichi. Ma molti non potevano perdonarlo di aver partecipato alla distruzione della monarchia. Una volta nella metropolitana di Berlino, il giornalista Sergej Taboritskij lo picchiò con un ombrello e l’ex filibustiere dovette sopportare le percosse.
Temendo per la sua vita, si trasferì a Parigi, dove riunì tutta la famiglia. A quel punto, il rapporto con sua moglie andò in crisi: instaurò una relazione con una giovane donna russa emigrata in Francia di nome Lidija Chasar, la quale si autodefinì «Madame Gučkova» e diede alla luce suo figlio Andrej, un futuro famoso fotografo. Offesa da ciò, la figlia di Gučkov, Vera Gučkova, si unì al Partito Comunista Francese e incontrò i «rimpatriati», tra cui molti agenti sovietici. Costoro avevano molto interesse nel tenere sotto sorveglianza suo padre, considerato uno dei nemici più pericolosi del bolscevismo.
Vera riferì a Mosca di ogni passo compiuto da suo padre. I suoi ospiti frequenti fecero lo stesso: il generale Skoblin e sua moglie, la cantante Nadezhda Plevitskaja, la quale lavorò anche per l’NKVD. Per questo motivo, lo scrittore Roman Gul scrisse che negli ultimi anni Gučkov era «sotto una doppia cupola di vetro«.
Tentò ancora di combattere, di radunare gli emigranti russi, cercò il sostegno dei Paesi europei, compresa la Germania nazista. Ma sempre più, stanchezza e disperazione si accumulavano. In una lettera inviata a un suo amico scrisse di sentirsi: «Scialbo, a disagio, infreddolito, affamato«. Nel 1935, quando i medici gli diagnosticarono il cancro intestinale, Gučkov iniziò a fare ciò che aveva evitato da molto tempo: dettare le sue memorie al suo vecchio amico Nikolaj Bazili.
Il 14 febbraio 1936 Aleksandr Ivanovič Gučkov morì a Parigi. Nel suo testamento scrisse la sua ultima volontà: «Più tardi, quando cadranno i bolscevichi, chiedo di trasportare i miei resti nella mia nativa Mosca«. Ma questo desiderio non si avverò: durante l’occupazione tedesca della Francia, l’urna con le ceneri di Gučkov scomparve misteriosamente dal cimitero di Pere Lachaise dove era riposta.
Luca D’Agostini
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