Ancora oggi, molti considerano Aleksandr Fëdorovič Kerenskij il «responsabile» della fine della monarchia russa, accusandolo sia della morte della famiglia reale che del sanguinoso caos che si verificò dopo il rovesciamento della monarchia.
Divenne il «primo sovrano» non per diritto di eredità della grande Russia e fu portato su questa vetta dal vento rivoluzionario. Ma fu lo stesso vento a far saltare via Kerenskij dal «trono». Secondo la leggenda, dal Palazzo d’Inverno dovette fuggire travestito in abiti da donna. Alcuni dicono,nei panni di un’infermiera, altri sostengono vestito da cameriera.
Kerenskij nacque il 22 aprile 1881 a Simbirsk, la stessa città in cui nacque Lenin. Ma a causa della differenza di età (Lenin era nato 11 anni prima), i due ragazzi non erano amici, ma lo erano i loro genitori in quanto i loro padri insegnavano nella stessa scuola.
Kerenskij si dimostrò uno studente di grande successo e mostrò notevoli capacità artistiche. Nel 1899, Aleksandr Kerenskij si diplomò alla scuola superiore ottenendo la medaglia d’oro e si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di San Pietroburgo.
Dopo la laurea, a San Pietroburgo Aleksandr Kerenskij iniziò una carriera legale di successo. Comprese rapidamente lo spirito dei tempi e fu felice di svolgere la funzione di avvocato nei processi politici. Era particolarmente favorevole ai rivoluzionari, i quali difendeva ardentemente nei tribunali. Nel 1912, fu invitato a dirigere la Commissione Pubblica presso la Duma di Stato. Quest’anno è considerato il punto di partenza per la biografia politica di Aleksandr Kerenskij.
La sua carriera fu rapida. Il giovane avvocato fu eletto deputato della Quarta Duma di Stato. Presto divenne l’idolo dei liberali. Dal 1915, era conosciuto come il miglior oratore della Duma di Stato. La sua demagogia raggiunse l’apice nel 1916 quando in un folle discorso affermò che l’imperatrice Aleksandra Fëdorovna avrebbe dovuto essere impiccata.
Dopo un paio di mesi scoppiò la rivoluzione di febbraio. Kerenskij era tra i suoi leader. La monarchia fu rovesciata, si era avverato ciò che lui aveva a lungo sognato e per cui si era adoperato. Kerenskij con brillanti abilità oratorie convinse facilmente i soldati dell’esercito zarista a passare dalla parte della rivoluzione. Supervisionò personalmente gli arresti di funzionari zaristi e dei ministri.
Kerenskij divenne un vero idolo della gioventù dei rivoluzionari. Era adorato come una divinità.
In quel periodo anche il suo aspetto era curato nei minimi particolari. Il suo famoso taglio di capelli definito tipo «castoro», fu voluto dalla sua giovane moglie. Indossava una giacca militare, anche se non era mai stato un militare.
Dopo che Aleksandr Kerenskij divenne ministro del governo provvisorio, si trasferì a vivere al Palazzo d’Inverno. Nella rivoluzionaria Pietrogrado, si diffuse la voce che Kerenskij dormisse nel letto che era stato dell’Imperatore, così iniziarono a chiamarlo «Alessandro IV».
Per ordine del nuovo leader, tutti i rivoluzionari tornarono dall’esilio. Il sistema giudiziario fu stravolto. Abolì la Corte Suprema Penale, le Camere di Giustizia e le Corti Distrettuali. I giudici furono licenziati senza spiegazioni tramite l’invio di una semplice lettera.
Tuttavia, nel 1917, il pendolo della storia oscillò nella direzione opposta. Il primo colpo notevole alla reputazione di Kerenskij fu il fallimento dell’offensiva di giugno del 1917. Il collasso dell’economia, la crescente povertà della popolazione, l’esercito precipitato nel caos, dissiparono l’aura intorno a Kerenskij, il quale fu così costretto a cambiare drasticamente il corso del governo. Dovette affidarsi ad ufficiali conservatori, nominando quale comandante in capo il generale Kornilov, il quale trasferì le truppe a Pietrogrado per riportare l’ordine agendo direttamente contro i bolscevichi.
Kerenskij comprese che con questa mossa Kornilov intendeva non solo «fare pulizia» tra i bolscevichi, ma anche nel governo guidato da lui. Pertanto, il politico dichiarò il generale un ribelle e invitò i bolscevichi a combatterlo.
Per contrastare il generale Kornilov, Kerenskij si schierò insieme ai bolscevichi e con la classe operaia di Pietrogrado. Più tardi però, nel mese di ottobre del 1917, la maggior parte di quei lavoratori confluì tra le file dei bolscevichi. Lenin era determinato a rovesciare il governo Kerenskij prima che avesse la possibilità di legittimarsi dopo le elezioni previste dall’Assemblea Costituente, così i bolscevichi presero il potere in quella che divenne nota come la seconda rivoluzione o Rivoluzione d’Ottobre.
Nell’emergenza della situazione, Kerenskij annunciò la formazione di un nuovo governo di coalizione social-borghese con alcuni socialisti di spicco. Impotente nel fermare la disgregazione delle forze armate e l’entità delle rivolte sul campo, fu costretto ad osservare i chiari preparativi dei bolscevichi per la presa del potere senza essere in grado di impedirla. Un ultimo disperato tentativo di neutralizzare Lenin e compagni fallì e durante la Rivoluzione d’Ottobre, Kerenskij dovette forzatamente lasciare la capitale la notte del 6 novembre 1917. La sua fuga dal Palazzo d’Inverno fu ingloriosa. Scappò travestito da donna e si allontanò con l’autovettura dell’ambasciatore statunitense.
Dopo aver vagato per la Russia per tentare di salvare la sua vita, si trasferì all’estero. Lì tentò invano di raggiungere un accordo con i leader politici al fine di organizzare un intervento straniero avente quale obiettivo rovesciare i bolscevichi, i quali avevano preso saldamente il potere nelle loro mani.
Per un po’ di tempo Kerenskij visse a Parigi. Poi si trasferì negli Stati Uniti, dove iniziò a scrivere memorie e si dedicò all’insegnamento.
Alla fine degli anni ’60, Aleksandr Kerenskij cercò di ottenere il permesso di entrare in Unione Sovietica, ma il permesso fu giustamente negato.
Per quanto concerne la sua vita personale, Kerenskij si sposò la prima volta nel 1904. La sua prima moglie fu una giovane ragazza di nome Ol’ga Baranovskaja, figlia di un colonnello dello Stato Maggiore. I genitori di lei erano contrari a questo matrimonio, tuttavia i due si sposarono comunque.
Il successo della carriera politica di Kerenskij ebbe ripercussioni negative sulla vita familiare. La moglie dovette prendersi cura da sola dei loro due figli. Poi nel 1912, quando Kerenskij fu eletto alla Duma di Stato, divenne una persona pubblica e un idolo delle donne con la conseguenza che il loro matrimonio cominciò a incrinarsi. Per un po’ di tempo la moglie chiuse un occhio sui numerosi intrighi di suo marito, ma poi non riuscì più a sopportarli. La goccia che fece traboccare il vaso fu la relazione tra Kerenskij e una cugina della moglie.
Nel 1917, la famiglia si ruppe. Kerenskij, come abbiamo descritto prima, fuggì in modo rocambolesco e sua moglie rimase in Russia. Visse in estrema povertà, perseguitata dalle autorità e nascondendosi in villaggi abbandonati insieme ai suoi due figli.
Dopo un paio d’anni, riuscì a trasferirsi all’estero, in Estonia. Da lì, l’ex marito portò la moglie ed i figli in Inghilterra, e li lasciò lì.
La seconda moglie di Kerenskij fu la giornalista Lidia Tritton, corrispondente parigina per diverse pubblicazioni australiane, la quale morì precocemente di cancro.
Ironia della sorte, la storia del travestimento da donna da parte di Kerenskij, si ripeté ancora, ma questa volta negli Stati Uniti. L’anziano e malato Kerenskij si recò in ospedale ma non c’era posto per un paziente povero. Riuscì ad ottenere un letto in ospedale travestendosi da donna e fu ricoverato in un posto letto gratuito nel dipartimento di ginecologia.
Ma Kerenskij, un veterano della politica russa considerava questa una terribile umiliazione. I suoi figli in Inghilterra trovarono i soldi per le cure mediche vendendo l’archivio del loro padre. In seguito agli esami medici si scoprì che aveva il cancro. Kerenskij rifiutò le cure sanitarie, rifiutò di mangiare ed ogni volta che gli somministravano soluzioni nutritive in endovena, si strappava via l’ago.
Aleksandr Kerenskij morì l’11 giugno 1970 nella sua casa di New York. La Chiesa ortodossa statunitense rifiutò di accogliere le sue ceneri nei propri cimiteri, ritenendolo il responsabile della vittoria dei bolscevichi; anche la Chiesa ortodossa serba non diede ospitalità alla sua tomba e pertanto Kerenskij fu seppellito a Londra, dove il figlio lo seppellì in uno dei cimiteri, che non appartiene a nessuna religione.
Luca D’Agostini
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