Achat Abdulchakovič Achmetjanov è stato uno dei migliori cecchini dell’Armata Rossa durante la Grande Guerra Patriottica.
Nacque da una famiglia di contadini a Makarov, nell’attuale Repubblica del Baškortostan (Baschiria) il 10 agosto 1918.1 2
Prima della guerra lavorava come insegnante di matematica in una scuola della Baschiria.1 2
Nel 1941 fu arruolato nell’Armata Rossa e con il grado di sergente maggiore, fu assegnato al 260° reggimento di fanteria della 168° Divisione Fucilieri.1 2
Al termine della guerra (entro il 15 gennaio 1944), con il suo fucile aveva ucciso personalmente ben 502 nemici.1 2
Era un cecchino molto famoso durante la guerra. I giornali dal fronte scrivevano della sua straordinaria ingegnosità nella ricerca degli obiettivi, della sua capacità di sparare con estrema precisione.
Ecco l’estratto di un articolo riguardante Achat Abdulchakovič Achmetjanov, pubblicato sul giornale «Stella Rossa» n. 305 del 26 dicembre 1943. Il titolo dell’articolo era «Duello di cecchini». «Il combattimento è durato due giorni. Il nostro cecchino ed un cecchino tedesco erano in competizione per assicurarsi una posizione di sparo strategica, dalla quale avrebbero potuto compiere strage del nemico. Il cecchino nazista si nascose proteggendosi dietro una protezione blindata. Da lì sparò alle nostre posizioni. Achat Abdulchakovič Achmetjanov trascorse due giorni ad individuare la posizione da dove uccidere il fascista con un solo colpo e senza rischiare di fallire l’obiettivo.
Il tedesco, a quanto pare, sentì di avere a che fare con un cecchino esperto e sparava brevemente dopo lunghi intervalli per evitare di essere individuato. Durante uno di questi intervalli, Achat Abdulchakovič Achmetjanov con il suo binocolo notò un periscopio sopra la protezione blindata. Sparò un colpo, colpì il fucile del tedesco rompendolo, ma il cecchino nemico rimase in vita.
Achmetjanov cambiò posizione di fuoco, sparò nuovamente più volte ma la protezione blindata rese il tedesco invulnerabile.
Il secondo giorno stava volgendo al termine. La notte stava arrivando. Approfittando dell’oscurità e della fitta vegetazione, Achmetjanov si avvicinò strisciando alla posizione del tedesco. Lungo una stradina sterrata che conduceva alla posizione del cecchino nemico, Achmetjanov seppellì una mina, lasciando sporgere una piccolissima estremità sulla quale attaccò un pezzo di carta bianca.
Al mattino seguente, il sergente maggiore Achmetjanov preparò un’imboscata per stanare il cecchino tedesco. Era necessario assicurarsi che il tedesco arrivasse sul posto dove durante la notte aveva occultato la mina. Achmetjanov, via radio, chiese ad un soldato dell’Armata Rossa di posizionarsi lungo la strada sterrata in una posizione ben distante però dalla quale era sistemata la mina. Una volta giunto lì, chiese al soldato di procurare dei riflessi giocando con il sole e con uno specchio tascabile.
Il tedesco, visto il singolo bagliore, decise di avvicinarsi alla luce per operare un’imboscata a sua volta un’imboscata nell’intento di accaparrarsi un’arma lunga. Il tedesco si mosse con molta circospezione, non camminando sulla strada bensì strisciando a margine della stessa, nascosto però da una scarsa vegetazione. Achmetjanov seguì con pazienza tutti i movimenti del tedesco e quando questo giunse all’altezza della mina, sparò con estrema precisione alla base di dove era collocato il pezzo di carta bianca. Lo sparo di Achmetjanov procurò un esplosione ed il corpo del cecchino tedesco fu disintegrato dalla mina.
Era il 204° fascista sterminato da Achmetjanov.
Un’altra volta, Achmetjanov insieme al suo compagno Sauchiev partì per realizzare un’imboscata ad un cecchino nemico. L’obiettivo come sempre era scegliere una comoda e sicura posizione di tiro. A circa 400 metri di distanza da loro, notarono il lampo di uno sparo. Guardando con il binocolo, notarono un cecchino tedesco, in agguato dietro una protezione blindata. Era chiaro che non era il caso di sparare se non si fosse stati sicuri di centrare l’obiettivo. Un piano audace sorse nella testa di Achmetjanov: quello di catturare vivo il cecchino tedesco. Ordinò a Sauchiev di strisciare inosservato verso il tedesco. Era un’azione audace e rischiosa. Achmetjanov fece da esca. Cambiando spesso le posizioni di fuoco, attirò il fuoco del cecchino nemico su se stesso e riuscì sempre a non farsi colpire. Nel frattempo Sauchiev strisciò verso il tedesco da dietro e lo afferrò puntandogli la baionetta alla gola. Il cecchino tedesco fu legato, trasportato e consegnato vivo al comando del 260° Reggimento di Fanteria dell’Armata Rossa«.1 2
Achat Abdulchakovič Achmetjanov fu ferito 4 volte, riportando una commozione cerebrale.
Essendo purtroppo divenuto disabile, a causa del suo stato di salute non poté continuare il servizio militare ed il 1 ° maggio 1944 fu smobilitato.1
Fu premiato con l’Ordine della Stella Rossa, la medaglia «Per la difesa di Leningrado», con l’Ordine sul Fronte di Leningrado, l’Ordine della Guerra Patriottica di 2° grado.1
Ritornò nella sua città, Makarov, dove riprese ad insegnare matematica e ricoprì anche la carica di direttore della scuola.1
Dopo la guerra si sposò ed ebbe cinque figli.1
Morì il 3 agosto 1976.1
Luca D’Agostini
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