In questo articolo analizzeremo la scelta di un indegno generale il cui cognome, nella società russa, è divenuto sinonimo della parola “tradimento”.
Andrej Andreevič Vlasov nacque il 14 settembre 1901 in una grande famiglia contadina nel villaggio di Lomakino, nella provincia di Nižnij Novgorod. Era il tredicesimo figlio di una famiglia numerosa.
Dopo essersi diplomato in una scuola religiosa entrò nel seminario di Nižnij Novgorod. Fin dall’infanzia, il ragazzo mostrò una mente acuta e la capacità di adattarsi al mondo che lo circondava. Sognava di diventare un ecclesiastico, ma rendendosi conto che il regime sovietico non favoriva i sacerdoti, lasciò il seminario senza esitazione, andando a studiare come agronomo.
Nel 1919, Vlasov fu chiamato per il servizio militare nell’Armata Rossa e decise di continuare la carriera militare anche dopo il servizio di leva.
Si iscrisse all’Accademia Militare e nell’aprile del 1938 divenne assistente comandante della 72° Divisione di Fanteria.
Nell’autunno del 1938, Vlasov fu distaccato in Cina come consigliere militare, e nel 1939 divenne capo consigliere militare in carica dell’Unione Sovietica sotto il governo di Chiang Kai-shek.
Dopo essere tornato in Unione Sovietica, nel gennaio del 1940, Vlasov fu nominato comandante della 99° Divisione di Fanteria. Presto la divisione divenne la migliore nel distretto militare di Kiev ed il suo comandante risultò un esempio di professionalità e competenza.
Nel gennaio 1941 il generale Vlasov fu nominato comandante del 4° Corpo Meccanizzato del Distretto Militare Speciale di Kiev ed un mese dopo gli fu assegnato l’Ordine di Lenin.
Anche il periodo iniziale della Grande Guerra Patriottica fu trascorso da Vlasov con dignità. La sua unità militare frenò l’assalto dei nazisti.
Durante la difesa di Kiev, il generale Vlasov comandò la 37° Armata e riuscì ad uscire dall’accerchiamento in cui furono uccisi e catturati centinaia di migliaia di soldati e comandanti sovietici.
Nella successiva battaglia di Mosca, Vlasov comandò unità militari della 20° Armata che si distinse nelle battaglie contro la 4° Armata Panzer tedesca. Per il successo nelle battaglie vicino a Mosca, Andrej Vlasov fu insignito dell’Ordine dello Stendardo Rosso e fu promosso tenente generale.
Nella primavera del 1942, Vlasov divenne uno di quei leader militari che godevano di grande fiducia dell’alto comando. Pertanto, non sorprende che nel marzo 1942 fu nominato vice comandante del Fronte Volkhov e che gli fu assegnato il compito di sconfiggere il gruppo tedesco nella regione di Leningrado e di liberare la città dall’assedio.
Così alla fine di marzo del 1942, Vlasov fu inviato alla 2° Armata d’Assalto che era in prima linea nell’offensiva. Parti della 2° Armata d’Assalto sfondarono le difese del nemico nell’area del villaggio di Miasnaja Bor e penetrarono profondamente nelle retrovie nemiche, avanzando nella direzione della città di Ljuban. Tuttavia poco dopo i tedeschi riuscirono a bloccare l’avanzata della 2° Armata d’Assalto e riuscirono addirittura ad accerchiarla. In queste difficili condizioni, Vlasov, pur rimanendo vice comandante in capo, assunse il comando dell’esercito dal generale Klikov, il quale era gravemente malato.
Alla fine di maggio del 1942, il quartier generale ordinò l’organizzazione del ritiro immediato della 2° Armata d’Assalto dall’accerchiamento, ma il generale Chozin, il comandante del Fronte di Leningrado e il gruppo di forze di Volkhov ritardarono l’attuazione di questa decisione, con la conseguenza che l’esercito di Vlasov fu completamente circondato.
A sua volta, Vlasov, sulla cui esperienza e abilità faceva affidamento il comando sovietico, si limitò esclusivamente a richieste disperate di aiuto, perdendo il contatto con le unità rimaste nella zona. Inoltre, dal 21 giugno 1942, il comando sovietico perse tutti i contatti con il generale Vlasov, il quale con un piccolo gruppo di soldati si rifugiò nella foresta. Contemporaneamente alla vigliacca fuga di Vlasov, 27.000 soldati ed ufficiali sovietici della 2° Armata d’Assalto morirono o furono fatti prigionieri, combattendo con onore.
Nelle settimane successive diversi gruppi di ricognizione dell’Armata Rossa furono incaricati di penetrare nell’area dell’accerchiamento alla ricerca del generale Vlasov. I membri della maggior parte di questi gruppi morirono durante l’incarico, inconsapevoli che il generale si era vergognosamente dato alla fuga.
Esistono circa una dozzina di versioni diverse di come fu catturato esattamente il tenente generale Vlasov. Tuttavia, tutti e due, sia tedeschi che sovietici, concordano su una circostanza: non ci fu battaglia ed in effetti non vi furono tentativi di resistenza attiva da parte sua. Al contrario, appena vide i tedeschi, Vlasov si mostrò molto soddisfatto e si arrese.
Cosa spinse Vlasov sulla strada del tradimento?
Durante la Grande Guerra Patriottica furono catturate diverse decine di generali sovietici e quasi tutti si dimostrarono molto degni del grado che ricoprivano. Il generale Dmitrij Karbišev pur di non tradire il suo Paese morì durante le torture subite in un campo di concentramento. Non tradì la sua terra natale, non collaborò con i tedeschi. Il comandante del fronte sud-occidentale, Michail Kirponos, rimasto circondato a Kiev, nella sua ultima battaglia combatté come un normale soldato, fornendo esempio di grande coraggio.
Vlasov scelse una strada diversa. Come già accennato, fin dall’infanzia sapeva adattarsi al mondo che lo circondava. È possibile che nelle foreste vicino Leningrado abbia ritenuto che fosse tempo di unirsi ad una parte più forte per preservare non solo la vita ma anche una posizione elevata.
Per i propagandisti del Terzo Reich fu una vera scoperta. Se altri generali sovietici catturati non avevano collaborato, Vlasov invece accettò volentieri di firmare tutti i volantini e gli appelli della campagna di propaganda nazista. Nel campo vicino a Vinnitsa, dove venivano rinchiusi i membri dell’alto comando dell’Armata Rossa catturati dai tedeschi, Vlasov, a differenza degli altri, non fu picchiato o torturato. Non ce ne fu bisogno. I nazisti, abituati alla fermezza dei comandanti sovietici, furono sorpresi da quanto attivamente Vlasov collaborasse.
Inizialmente, Vlasov fu usato esclusivamente come agitatore e propagandista, ma poi il comando tedesco ebbe l’idea di creare un’unità militare costituita da prigionieri di guerra sovietici. All’inizio del 1943 iniziò così la formazione del cosiddetto Esercito di Liberazione Russo (ROA). Il comando tedesco iniziò a riunire tutte le formazioni collaborazioniste russe in questa struttura.
Vlasov fu portato nei campi di concentramento, dove tenne discorsi di propaganda.

Vlasov insieme agli ufficiali nazisti in cerca di reclute nei campi di concentramento
Riuscì a reclutare poche persone: alcuni prigionieri stanchi delle torture e della fame, con l’aggiunta di qualcuno che voleva in questo modo avere un’opportunità per fuggire. I tedeschi decisero di scommettere davvero su Vlasov solo nel novembre del 1944, quando fu istituito a Praga il cosiddetto Comitato per la Liberazione dei Popoli della Russia, guidato proprio da Vlasov. Il comitato, infatti, doveva diventare il governo della Russia in esilio, la cui componente di potere era il ROA.
Parti del ROA furono attivamente utilizzate dai tedeschi per svolgere operazioni di polizia militare. I “vlasoviti” si affermarono molto rapidamente come maestri del lavoro sporco. Come gli ucraini seguaci di Bandera, mostrarono particolare crudeltà verso partigiani e civili.
Nel novembre 1944 i tedeschi riuscirono a formare una divisione di fanteria del ROA imponendogli di partecipare alle battaglie contro l’Armata Rossa nella fase finale della guerra.

Vlasov mentre passa in rassegna i soldati del ROA
I soldati dell’Armata Rossa incontrarono unità del ROA in Germania all’inizio del 1945 e si resero conto che i “vlasoviti” combattevano come disperati, in quanto erano coscienti che non potevano contare sul perdono.
Lo stesso Vlasov, all’inizio del 1945 aveva ben compreso come sarebbe finita la guerra e quindi cercò in tutti i modi di arrendersi alle truppe degli Stati Uniti e della Gran Bretagna per evitare di tornare in Unione Sovietica.
Il 12 maggio 1945, sul territorio della Cecoslovacchia il generale Vlasov continuò a cercare di raggiungere un accordo con gli statunitensi, ma vicino alla città di Pilsen fu catturato dai soldati dell’Armata Rossa del 25° Corpo Carri. Dopo un interrogatorio presso il quartier generale del maresciallo Konev, fu inviato a Mosca dove ad attenderlo c’era il tribunale militare.
Vlasov ammise la sua colpa sapendo comunque che non poteva contare sull’indulgenza.
Il 30 e 31 luglio 1946, a Mosca, ebbe luogo il processo contro il generale Vlasov ed altri membri del ROA.
Con il verdetto del Collegio Militare della Corte Suprema dell’Unione Sovietica, gli imputati furono privati dei ranghi militari e condannati a morte per impiccagione.
Il 1 agosto 1946, Andrej Vlasov ed i suoi complici furono giustiziati nel cortile della prigione di Butirka.
Vlasov con la sua scelta aveva condizionato il suo destino. Scegliendo tra morte e tradimento, scelse il tradimento. Con la sua scelta, disonorò il ricordo dei soldati e dei comandanti della 2° Armata d’Assalto i quali avevano combattuto fino all’ultimo, affrontando la morte o la prigionia con onore. Vlasov calpestò la memoria degli ufficiali sovietici che non si spezzarono sotto le torture subite durante la prigionia tedesca e non passarono dalla parte del nemico. Vlasov tradì il suo popolo, il quale nonostante le terribili perdite, riuscì a spezzare la schiena della bestia nazista.
Luca D’Agostini
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