Durante gli anni della Grande Guerra Patriottica, 800.000 donne sovietiche, tra le quali alcune molto giovani ed ancora studentesse, combatterono spalla a spalla con gli uomini nelle file dell’Armata Rossa, con l’intento di scacciare gli invasori nazisti. Spesso queste donne erano infermiere. Il loro ruolo richiedeva enormi dosi di coraggio, molta resistenza fisica ed un’infinita pazienza. Ogni giorno della guerra, giovani ragazze, sotto il fuoco incessante delle pallottole, dovettero trasportare i soldati feriti fuori dai campi di battaglia.
Il poeta presente al fronte, in prima linea, Musa Jalil, in memoria delle coraggiose ragazze infermiere, scrisse nel suo poema “Morte di una ragazza”:
“Sul terreno un centinaio di feriti
e li hai salvati uno per uno,
li hai salvati dal fuoco,
hai dato loro l’acqua
ed hai fasciato le loro ferite.
Sotto una pioggia di piombo caldo
strisciavi, strisciavi senza fermarti
e dopo aver raccolto un soldato ferito,
hai recuperato anche il suo fucile.”
Per legge, gli ufficiali degli ordini medici ricevettero importanti premi statali, insieme agli ufficiali dell’intelligence, ai fanti ed agli artiglieri. Le coraggiose ragazze infermiere non solo aiutarono i feriti, ma agendo in condizioni estremamente difficili e rischiose, imbracciarono le armi, uccisero i nazisti ed affiancarono i soldati nei combattimenti. Tra i membri degli ordini medici operanti al fronte, il 40% erano donne. Tra i 44 medici premiati con il titolo di Eroe dell’Unione Sovietica, 17 sono donne. Secondo la poetessa Drunina, lei stessa infermiera durante la guerra, “uomini con il cappotto insanguinato chiamavano una ragazza in cerca di disperato aiuto“.
Tra le famose eroine della seconda guerra mondiale c’e Marija Sergeevna Borovičenko. Masha nacque il 21 ottobre 1925 nel villaggio di Mishelovka alla periferia di Kiev, in Ucraina. Purtroppo la madre di Masha morì molto presto e quindi la bambina fu allevata da sua zia perchè suo padre era un operaio è trascorreva buona parte della giornata in fabbrica.
La zia ricordò: “Dopo la morte di sua madre, ho allevato Marija, la quale è cresciuta ed ha studiato. Non avevo figli, quindi ho dato tutto il mio affetto e la mia attenzione a lei e l’ho cresciuta come fosse mia figlia. Marija amava la natura, la musica, il canto, la danza e lo sport. Sognava di diventare un insegnante o un dottore.“
Nel 1941, all’età di quasi 16 anni, si diplomò ai corsi per infermiera. Non ebbe purtroppo il tempo di continuare i suoi studi: la guerra iniziò.
I tedeschi occuparono il suo villaggio natale nell’agosto del 1941. Insieme a suo zio, Marija lasciò la casa e andò in prima linea. Recatasi nel quartier generale della 5° Brigata Aviotrasportata dell’Armata Rossa, Masha acquisì immediatamente la fiducia e la simpatia dei combattenti, e in seguito divenne un angelo custode per molti di loro.
Dopo la guerra, il generale Rodimtsev, due volte Eroe dell’Unione Sovietica, comandante della 5° Brigata Aviotrasportata, scrisse la storia “Marija da Mishelovka” che divenne una delle prove documentarie delle imprese della giovanissima infermiera. Il generale Rodimtsev, , nelle sue memorie ricordò: “Il 10 agosto 1941, uno dei giorni più difficili per la capitale dell’Ucraina, Kiev, dalla zona occupata dal nemico, due persone passarono attraverso la nostra linea di difesa. Chiesero di essere condotte al posto di comando. La prima persona ad entrare fu una ragazza mora e con gli occhi neri, la quale camminava a piedi nudi. Dietro di lei c’era suo zio, un uomo tarchiato, con la barba, di circa quarantacinque anni, con i capelli grigi ed anch’egli a piedi scalzi. La ragazza mi si avvicinò e con l’aria da bambina mi guardò fisso negli occhi. Lei e suo zio si mostrarono veri e propri esploratori e facendosi strada in prima linea, riuscirono ad osservare e memorizzare importanti informazioni militari che quel giorno erano venuti a raccontarci. Grazie a quelle informazioni, la nostra artiglieria ha distrutto molti cannoni nemici e punti mitragliatrici“.
Il giorno dopo, l’11 agosto 1941, Masha che allora aveva quasi 16 anni d’età e suo zio furono reclutati tra i combattenti della 5° Brigata Aviotrasportata. Due giorni dopo, il 13 agosto, durante la battaglia sul territorio dell’Istituto Agrario di Kiev, Marija Borovičenko salvò otto feriti dal campo di battaglia e sparando uccise due tedeschi mentre soccorreva il comandante del battaglione Simkin.
Il generale Rodimtsev scrisse: “Quando il nostro primo battaglione, comandato dal capitano Simkin, irruppe nell’edificio dell’Istituto Agricolo di Kiev, ne seguì un combattimento corpo a corpo, e la sedicenne infermiera era a fianco dei paracadutisti sovietici. Riuscì a soccorrere otto dei nostri soldati feriti nell’istituto. Sorpreso dal coraggio di questa ragazza, il capitano Simkin le ordinò di tornare alla postazione sanitaria del battaglione. Tuttavia, poche ore dopo, il capitano vide di nuovo l’infermiera nel cortile dell’istituto: aveva tra le braccia un fucile mitragliatore ed aveva l’aria sorridente. Una pistola tedesca che aveva catturato usciva fuori dalla sua cintura. Il capitano Simkin si arrabbiò terribilmente e disse: «Come osi non eseguire l’ordine? Ora ci mancavano solo i bambini che corrono sotto il fuoco degli spari. Corri immediatamente alla postazione sanitaria!» Mezz’ora dopo, il capitano Simkin fu gravemente ferito. Perdendo conoscenza, vide una ragazza dagli occhi neri con una pesante borsa sanitaria sopra la spalla, che correva verso di lui attraverso il fumo e la polvere della battaglia. L’intenzione dei tedeschi era di catturare vivo l’ufficiale dell’Armata Rossa. Così tre soldati nazisti si precipitarono contemporaneamente verso il capitano ferito, ma Masha riuscì a correre più veloce e quindi a giungere prima di loro. Accovacciandosi sulle sue ginocchia, Marija afferrò la pistola e uccise sul colpo due soldati tedeschi. Il terzo si gettò di lato e si sdraiò dietro un cumulo di macerie. Imbracciò la mitragliatrice, prese la mira, ma non ebbe il tempo di sparare: uno dei soldati sovietici lanciò una granata che esplose disintegrando il corpo del terzo soldato nazista.“
Il 4 e il 5 settembre 1941, nella battaglia di Konotop, Masha riuscì non solo a salvare più di 20 combattenti, ma anche a stabilire una postazione mitragliatrice all’altezza del fiume Sejm, che decise l’esito della battaglia. Convinse il tiratore a cambiare la posizione del punto di tiro e l’aiutò rifornendo di cartucce l’arma. La missione di combattimento ottenne ampio successo.
Nell’estate del 1942, vicino al villaggio di Gutrovo, Marija Borovičenko andò in ricognizione con i soldati. Di notte, distrussero un convoglio di carburante che riforniva tutti i carri armati della guarnigione del nemico. Nel pomeriggio successivo, durante la battaglia, Masha andò all’attacco insieme a tutti i soldati sovietici della sua brigata, uccise quattro nazisti e aiutò diversi soldati feriti.
Durante l’eroica battaglia di Stalingrado, Marija Borovičenko era in prima linea come parte della 13° Divisione Fucilieri della Guardia, comandata dal generale Rodimtsev. Il 14 febbraio 1943 le fu assegnata la medaglia “Per il merito militare”.
Il diciassettenne scout dell’Armata Rossa Michail Kravčenko e la diciassettenne infermiera Marija Borovičenko, si conobbero durante la battaglia di Stalingrado e si fidanzarono. Da allora cercarono di restare uniti, combatterono fianco a fianco, si aiutarono a vicenda e mostrarono un coraggio incredibile, rischiando più volte la vita.
Dalle memorie del generale Rodimtsev si apprende che: “A Stalingrado, i combattenti della 13° Divisione Fucilieri della Guardia combattevano senza paura per ogni piazza e strada, per ogni quartiere e casa, per ogni seminterrato e piano. Al mattino presto del 24 settembre 1943 ero al posto di comando. Il rumore dei carri armati, le raffiche delle mitragliatrici, si fusero in un continuo frastuono ininterrotto. Di tanto in tanto i proiettili sfioravano le nostre teste, le mine esplodevano vicino con un breve squillo acuto, i frammenti bucavano le pareti ed i muri crollavano. Trovandosi nei crateri delle bombe, nascondendosi dietro cumuli di macerie e i resti delle mura, i nostri mitraglieri falciavano i fascisti da una distanza di venti-trenta metri. Una granata esplose vicino a me, un muro crollò parzialmente e si alzò una intensa nube di polvere.
Masha che insieme al personale medico era vicina a me, avendo udito le urla di sofferenza di un nostro soldato si precipitò attraverso il buco nel muro e scomparve dalla nostra vista. Dopo due o tre minuti vidi Michail Kravčenko impolverato, con un soprabito sbrindellato, il quale insieme a Masha portavano alla postazione sanitaria un soldato gravemente ferito.
Masha e Michail decisero che si sarebbero sposati dopo la fine della battaglia di Stalingrado. Due giorni prima della distruzione dei nemici in città, per ispezionare i feriti si recarono alla fabbrica Krasnij Oktjabr che nel frattempo era stata adibita ad ospedale da campo. Purtroppo quel giorno, davanti agli occhi di Masha, Michail Kravčenko fu ucciso da un cecchino tedesco mentre si trovava nei pressi del cancello della fabbrica.
È incredibile quanto forte fosse il senso del dovere militare nella ragazza. Quando il suo fidanzato cadde colpito alla testa dal proiettile di un nazista, Masha che non dimentichiamolo aveva solo 17 anni di età, non perse l’autocontrollo, lanciò immediatamente due granate per sfruttare il fumo con il quale nascondersi dal cecchino, trasportò il corpo di Michail all’interno della fabbrica e si inginocchiò di fronte a lui.
Nell’estate del 1943, ci furono feroci battaglie vicino a Oboja, dove le unità naziste cercarono di sfondare a Kursk. Marija Borovičenko arrivò a Kursk con il grado di sergente maggiore. L’unità militare in cui Masha prestava servizio era nel settore più pericoloso e doveva costantemente respingere gli attacchi del nemico. Come parte del 31° Reggimento di Artiglieria della 13° Divisione Fucilieri della Guardia, Marija Borovičenko continuò il suo eroico lavoro quotidiano sotto le pallottole nemiche.
Il 14 luglio 1943, vicino al villaggio di Orlovka, nella regione di Belgorod, Masha portò fuori dal campo di battaglia quattro soldati feriti. Dopodiché tornò immediatamente sul campo di battaglia per salvare un comandante di plotone, il tenente Kornienko. Assediata dai soldati nemici lanciò una granata contro un carro armato tedesco ma poco dopo fu colpita al cuore da un proiettile sparata da un soldato nazista. Così, tre mesi prima di compiere 18 anni, Marija Borovičenko morì eroicamente sul campo di battaglia.“
Per decreto del Presidium del Soviet Supremo dell’Unione Sovietica del 6 maggio 1965, Marija Sergeevna Borovičenko è stata insignita postuma del titolo Eroe dell’Unione Sovietica.
Nello stesso anno in Unione Sovietica fu girato e pubblicato il film “Nessun soldato è sconosciuto“, diretto dal regista Sulamifju Tsjbulnik. Il film si basa sul libro del generale Rodimtsev “Marija da Mishelovka“. Nel film il ruolo di Masha è interpretato dall’attrice Natal’ja Rjchagova.
In sua memoria una strada di Kiev ha assunto il suo nome. Anche la scuola numero 122 della città di Kiev, in cui l’eroina ha studiato, prende il nome da lei. Nel cortile della scuola c’è un monumento a lei dedicato e sulla facciata è installata una targa commemorativa.
Luca D’Agostini
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