Questo articolo è dedicato ad un’eroica donna, uno dei 27 milioni di morti sovietici ai quali ogni essere umano dovrebbe inchinarsi, nonostante la becera, idiota ed infame risoluzione del Parlamento Europeo.
Purtroppo, prima di parlare di questa eccezionale donna dobbiamo chiarire cosa è accaduto il 19 settembre 2019.
Ho già scritto molti articoli riguardo gli eroi della Grande Guerra Patriottica e continuerò a scriverne moltissimi altri. Oggi è per puro caso che il commento sulla squallida decisione del Parlamento Europeo, sia abbinata alla storia di Anna Afanas’evna Morozova.
Gli ignoranti deputati, che un altrettanto ignorante elettorato ha eletto al Parlamento Europeo, hanno votato una risoluzione che equipara comunismo e nazismo.
Ora, premettiamo immediatamente che Madre Russia non è un associazione di orientamento politico comunista, tanto meno nostalgica dell’Unione Sovietica. Il regime sovietico ha prodotto nell’arco della sua esistenza una serie di crimini che devono essere pubblicamente ed onestamente condannati, ma come ed allo stesso modo dei crimini realizzati dai Paesi occidentali, molto spesso invece in modo ipocrita occultati.
Perché nello stesso secolo, sono crimini i genocidi commessi dagli Stati europei nelle loro colonie africane ed asiatiche, sono crimini quelli commessi dagli Stati Uniti con l’inutile lancio di due bombe atomiche in Giappone, sono crimini contro l’umanità quelli ancora commessi dagli Stati Uniti nei Paesi dell’America Centrale, in Vietnam, In Iraq ed in Afghanistan, quelli commessi dalla NATO in Jugoslavia, sono crimini tutti quegli attentati di Stato e stragi mai chiarite a partire da quella di Ustica.
Ma l’Occidente è un mostro morente, avvinghiato su se stesso mentre si contorce in preda ai suoi dolori interni. Così, in questo caso accodandosi all’isteria lanciata nei pesi dell’Est Europa, dove dagli ultimi venticinque anni è in atto una vera e propria caccia alle streghe di carattere russofobo, le istituzioni comunitarie dimostrano tutta la loro miopia ed ipocrisia accettando la realizzazione di un colpo di Stato ed il ritorno al potere in Ucraina di organizzazioni politiche e militari apertamente naziste.
Lo scrittore tedesco Thomas Mann, premio Nobel nel 1929, dopo la guerra scrisse: “Collocare sul medesimo piano il comunismo russo e il nazifascismo in quanto entrambi sarebbero totalitari, nel migliore dei casi è superficialità, nel peggiore è fascismo. Chi insiste su questa equiparazione può ben ritenersi un democratico, in verità e nel fondo del cuore è in realtà già fascista, e di certo solo in modo apparente ed insincero combatterà il fascismo, mentre riserverà tutto il suo odio al comunismo“.
Questo concetto Thomas Mann lo espresse nel 1945. Oggi è anacronistico stare ancora a parlare di fascismo e comunismo, ed è ridicolo che per far valere le proprie idee politiche, economiche e sociali, da entrambe le parti si sventolino le paure che possano far sorgere nell’opinione pubblica uno o l’altro regime. Credo che in questo caso, le parole più significative siano ancora una volta quelle dell’unico statista presente nel panorama politico mondiale, cioè il presidente Putin, il quale nel 2010 aveva dichiarato: “Chi non rimpiange il collasso dell’Unione Sovietica, non ha cuore, ma chi la vuole restaurare non ha cervello.” E questa frase del Presidente, rende proprio l’idea di una discussione anacronistica.
Ciò che però non è anacronistico, è la difesa della memoria storica, è il rispetto che si deve a 27 milioni di morti. Il loro sacrificio, al quale tutti dobbiamo inchinarci, ha permesso anche ad una pletora di “capre”, di pascolare liberamente all’interno di un assemblea legislativa. Ma l’ignoranza di questi politici burattini è talmente vasta che inorridisce e lascia basiti. Così, la risoluzione da loro votata pochi giorni fa giustifica moralmente la rimozione nei Paesi europei dei monumenti ai caduti sovietici. Infatti, nel paragrafo M, punto 18 della risoluzione, in merito a tali monumenti, si afferma che la loro presenza “spiana la strada alla distorsione dei fatti storici circa le conseguenze della Seconda guerra mondiale, nonché alla propagazione di regimi politici totalitari“.
Ma questa risoluzione ha il merito di smascherare la vera natura dell’Unione Europea. Infatti al suo interno si pone in evidenza un altro concetto, ossia la sua subalternità atlantica attraverso la coincidenza tra adesione all’Unione Europea e l’adesione alla NATO (paragrafo M, punto 14) e il suo spirito profondamente antisovietico prima ed anti russo oggi (paragrafo M, punti 15 e 16).
Solo perla cronaca, per chi fosse appassionato della ridicola politica interna italiana, tale indegna risoluzione è stata approvata dai deputati del Partito Democratico (PD), Lega, Fratelli d’Italia (FDI) e Forza Italia (FI). I parlamentari del Movimento 5 Stelle, lavandosi le mani in perfetto stile Ponzio Pilato, si sono astenuti. A tutti coloro che hanno votato e che astenendosi non hanno contrastato tale risoluzione, giunga forte tutto il disprezzo dell’Associazione Madre Russia.
Ora, dopo questa triste ma doverosa premessa, ci concentreremo sulle nostre sorelle e fratelli, ai quali dobbiamo la nostra vita. Ernest Hemingway scrisse: “Ogni essere umano che ami la libertà deve più ringraziamenti ad ogni singolo soldato dell’Armata Rossa, di quanti ne possa pronunciare in tutta la sua vita.“
Il 9 maggio 1965, in occasione del 20° anniversario della Vittoria, la televisione sovietica mostrò una serie televisiva chiamata “Chiamo il fuoco su di noi“, che spesso viene considerata la prima serie televisiva sovietica. La sua trama è basata sulle attività di un gruppo di partigiani in un aeroporto tedesco situato in Russia a Seshe. Il personaggio principale della serie televisiva era Anna Afanas’evna Morozova.
Anna nacque il 23 maggio 1921 in una famiglia di contadini nel villaggio di Poljani, nella provincia di Kaluga. Quindi, insieme ai suoi genitori, si trasferì prima a Brjansk, e poi nella piccola città di Seshe.
Qui si diplomò come ragioniera ed iniziò a lavorare. La famiglia Morozov aveva cinque figli, Anna era la maggiore ed aveva necessità di aiutare i suoi genitori.
Negli anni ’30, a Seshe fu costruito un aerodromo militare per aerei pesanti e lì, prima della guerra, Anna Morozova lavorava quale ragioniera.
Purtroppo la rapida offensiva tedesca all’inizio della guerra portò alla cattura di Seshe. Il comando di Hitler, apprezzando il campo d’aviazione sovietico, pose lì la base della 2° Divisione Aeronautica nazista, composta da 300 bombardieri tedeschi.
L’area in un raggio di 5 chilometri dall’aeroporto era considerata un’area speciale, nella quale era vietato a chiunque l’ingresso o il transito. I nazisti intendevano così garantire la sicurezza della base aerea proteggendosi dalle azioni dei partigiani sovietici.
Sembrava che l’aeroporto fosse stato trasformato dai tedeschi in una fortezza inespugnabile. Ma anche tutte le precauzioni adottate dai nazisti alla fine risultarono vane.
La ragioniera Morozova, i primi giorni dell’invasione tedesca si unì alle delle truppe sovietiche che procedevano in ritirata. Ma ben presto tornò a Seshe. Sottoposta a controlli ed interrogatori da parte delle autorità tedesche, Anna Morozova raccontò apertamente del suo lavoro precedente e non suscitò sospetti tra i nazisti. Non la considerarono una spia, ma una semplice ragazza di 20 anni la quale voleva tornare da sua madre il più presto possibile.
Ad Anna fu permesso di stabilirsi a Seshe, dove trovò lavoro come lavandaia per i nazisti. Le sue amiche d’infanzia lavoravano con lei: Pasha Bakutina, Svetlana Senchilina, Tanja Vassenkova e Lidja Korneeva. La Gestapo non avrebbe mai potuto immaginare che questa allegra compagnia di amiche, fosse in realtà un gruppo di spie le quali raccoglievano informazioni sulla base aerea tedesca ed attraverso i partigiani le comunicavano a Mosca.
Anna Morozova mantenne i contatti inizialmente con la 1° brigata partigiana di Kletnjanski, e poi con il gruppo di ricognizione della 10° Armata del fronte occidentale. Il suo soprannome era Rezeda.
Il suo lavoro era molto pericoloso: qualsiasi piccolo errore avrebbe potuto portare all’identificazione dell’intero gruppo ed alla morte dei suoi membri.
Per ottenere informazioni precise su ciò che stava accadendo all’interno dell’aeroporto, erano necessarie persone che vi avevano accesso. Come operai del campo d’aviazione, i tedeschi usavano i polacchi poiché non si fidavano dei russi. Le ragazze del gruppo di Morozova strinsero amicizia così con gli operai polacchi per apprendere da loro le informazioni.
Grazie alle informazioni assunte da Anna Morozova e dalle sue amiche, nell’autunno del 1942, i piloti sovietici bombardarono l’aeroporto quasi ogni notte. In totale, sulla base nazista furono sganciate circa 2.500 bombe aeree, le quali causarono la distruzioni di moltissimi aerei nemici e la distruzione di piste e strutture logistiche.
Alcuni soldati di nazionalità ceca appartenenti alle truppe naziste, si unirono al gruppo di Anna Morozova: Wendelin Roblichka, il quale era un caporale e lavorava nella base tedesca ed il suo connazionale Gern Rubert, un segnalatore delle piste dell’aeroporto. Il primo passò le password agli operai polacchi, grazie alle quali potevano penetrare in qualsiasi parte dell’aerodromo, il secondo forniva informazioni sui piani di volo degli aerei tedeschi.
Anna Morozova ricevette delle mine magnetiche appositamente costruite dalla brigata partigiana e le consegnò agli operai polacchi i quali le posizionarono nella stiva delle delle bombe dei bombardieri tedeschi. In questo modo, 26 aerei dei nazisti furono distrutti in volo, ancora prima di raggiungere i loro obiettivi.
Il comando tedesco comprese che un gruppo di spie e sabotatori operava a Seshe. La Gestapo riuscì a identificare gli operai polacchi ed i due soldati cechi e li giustiziò, ma non riuscì ad identificare le ragazze del gruppo della Morozova.
Nel settembre del 1943, le truppe sovietiche liberarono Seshe. La storia del gruppo di Anna Morozova finì in quel momento. Anna fu arruolata nella 10° Armata dell’Armata Rossa e le fu conferita la medaglia “Per il coraggio”.
A 22 anni, Anna Morozova aveva già fatto molto per il suo Paese. Ogni giorno aveva rischiato la vita, avrebbe avuto tutto il diritto di tornare ad una vita pacifica, tanto più che a Seshe c’era molto da fare per tornare alla normalità della vita quotidiana. Ma Anna chiese di essere arruolata e di continuare la lotta contro il nemico. Fu così inviata alla scuola di intelligence dell’Armata Rossa, dopo di che fu inclusa nel gruppo speciale “Jack” come operatore radio, ricevendo un nuovo soprannome: “Cigno”.
Il gruppo “Jack” fu paracadutato in Germania nell’estate del 1944. L’intelligence doveva essere condotta in condizioni difficili: senza l’aiuto della popolazione locale e con il costante inseguimento dei nazisti, che cercavano di liquidare il gruppo nelle loro retrovie il più presto possibile.
Le informazioni ottenute dal gruppo “Jack” e trasmesse via radio dal “Cigno” furono di notevole importanza. Ma i membri del gruppo pagarono con la vita per fornire queste informazioni. I tedeschi definirono i paracadutisti sovietici “fantasmi della foresta”. Infatti, i membri del gruppo “Jack”, soffrendo di fame, malattie e terribile stanchezza, sembravano davvero dei fantasmi. La loro condizione si andò presto deteriorando.
A novembre del 1944, il gruppo “Jack”, a causa dell’impossibilità di continuare le operazioni in Germania, chiese di essere trasferito in Polonia. Tale permesso fu concesso, ma solo quattro membri del gruppo riuscirono a lasciare il territorio della Germania. Tra loro quattro c’era anche Anna Morozova.
In Polonia, i superstiti del gruppo “Jack” stabilirono contatti con i partigiani polacchi e ripresero le loro operazioni. Ma il 27 dicembre 1944, i tedeschi attaccarono i quattro eroici membri del gruppo. Ne scaturì un violento scontro a fuoco e di questi “magnifici quattro” eroi sovietici, solo Anna Morozova riuscì a sopravvivere alla battaglia.
Dal radiogramma di Anna Morozova del 30 dicembre 1944, si apprende: “Dal Cigno al Comando Centrale. Tre giorni fa, gli uomini delle SS ci hanno improvvisamente attaccato. Giugno fu ferito gravemente al petto. Mi disse: «Se puoi, di a mia madre che ho fatto tutto quello che potevo per la mia Patria e sono morto degnamente”. Poi prese la pistola e si sparò. Anche il Gladiatore e la Talpa furono feriti, ma ho perso il contatto con loro. Io sono riuscita a raggiungere un vicino villaggio polacco, ma tutti i villaggi erano presidiati dai tedeschi e quindi mi sono dileguata. Per tre giorni ho vagato nella foresta fino a quando ho incontrato gli scout del gruppo speciale del Capitano Černich. Non è stato possibile stabilire il destino del Gladiatore e della Talpa“.
Morozova si unì così ad uno speciale gruppo di sabotaggio e ricognizione del dipartimento di ricognizione del 2° Fronte bielorusso. Al gruppo fu ordinato di trasferirsi dall’area della città di Pshasnysh nelle vicinanze di Plock, per rifugiarsi lì nelle pianure alluvionali del fiume Vkra. Al gruppo si unirono alcuni partigiani polacchi. Il 31 dicembre 1944, dopo una traversata di 14 ore, il gruppo dell’Armata Rossa ed i partigiani polacchi si fermarono a riposare nella fattoria di Novaja Ves. Ma qui furono raggiunti dalle SS. Ne scaturì una battaglia, durante la quale Anna Morozova fu gravemente ferita: una pallottola le tranciò un polso facendole perdere la mano sinistra. I partigiani polacchi l’aiutarono ad arrivare al fiume Vkra. Ma la valorosa operatrice radio era stata gravemente ferita e non era assolutamente in grado di attraversare il fiume a nuoto.
Un partigiano polacco le disse che un suo parente era un contadino di piccolo villaggio vicino, il quale poteva essere raggiunto a piedi anziché a nuoto e soprattutto che il suoi parente avrebbe accettato di riceverla e di offrirgli un nascondiglio. Anna però rifiutò affermando che se durante le ricerche l’avessero trovata, i nazisti avrebbero sparato a lei ed al contadino con tutta la sua famiglia. Anna chiese ai partigiani polacchi di costruirle velocemente un riparo di fortuna sulle rive del fiume e di allontanarsi in fretta.
Rimasta sola e ferita, Anna Morozova fu trovata dalle truppe tedesche che stavano effettuando le ricerche con l’ausilio dei cani.
I due partigiani polacchi che le avevano costruito il riparo, sulla loro strada incontrarono i soldati tedeschi ed avviarono con loro uno scontro a fuoco. Uno di loro, Mecheslav Novitsky, fu catturato e fucilato. L’altro, Pavel Yankovsky, riuscì a nascondersi. Assistette a ciò che accadde dopo e che ora descriveremo.
I nazisti offrirono a Morozova la possibilità di arrendersi, ma in risposta lei lanciò contro di loro una granata. Questa esplosione uccise due cani e ferì gravemente uno dei soldati tedeschi. Poi, sdraiata a terra, con una sola mano, imbracciò il suo fucile e sparò due colpi uccidendo due soldati nazisti. Subito dopo, improvvisamente dal suo rifugio calò il silenzio e lei simulò di essere morta. Quando i tedeschi le si avvicinarono a meno di due metri, Anna Morozova li fece saltare in aria con se stessa facendo esplodere l’ultima granata che le era rimasta.
Nel suo libro, Ovid Gorčakov scrisse che quando il corpo mutilato della Morozova fu consegnato al villaggio polacco più vicino, il comandante locale delle SS ordinò ai suoi soldati di marciare davanti al corpo della giovane ragazza russa, rendendo omaggio con il saluto militare al suo coraggio ed alla sua valorosa resistenza.
Anna Morozova fu sepolta a Radzanovo, 12 chilometri a est della città polacca di Plock.
Con un decreto del Presidio del Soviet Supremo dell’Unione Sovietica dell’8 maggio 1965, Anna Afanas’evna Morozova, ricevette postumo il titolo di Eroe dell’Unione Sovietica per l’esecuzione esemplare di missioni di comando e per il coraggio e l’eroismo mostrato nelle battaglie contro gli invasori nazisti durante la Grande Guerra Patriottica. La Repubblica Popolare Polacca conferì ad Anna Morozova l’Ordine della Croce di Grunwald di II Grado.
Il 28 aprile 2011, Seshe è stato insignito del titolo onorifico di “Villaggio della Gloria Partigiana” della regione di Brjansk.
Luca D’Agostini
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