Questo articolo è dedicato ad Aleksandra Pavlovna Romanova, la giovane principessa divenuta una moneta di scambio nei giochi di politica estera di fine Settecento.
La granduchessa Aleksandra Pavlovna era la terza figlia e la figlia maggiore della famiglia del futuro imperatore Paolo I. Fu educata, insieme alle quattro sorelle più giovani, dalla contessa Charlotte Liven, una scrittrice severa ed esigente. La sua educatrice la rimproverava spesso per i più piccoli difetti: un sorriso dimenticato, una riverenza non ben esternata o una sciarpa caduta accidentalmente.
I talenti di Aleksandra Pavlovna erano diversi: dipingeva benissimo e scolpiva la cera, suonava e cantava in modo perfettamente intonato ed imparò diverse lingue contemporaneamente.
L’imperatrice Caterina II prestò particolare attenzione a sua nipote. Inizialmente, l’imperatrice considerava la ragazza di bellezza inferiore alle altre figlie di suo figlio. Quando Aleksandra Pavlovna era ancora una bambina, Caterina II disse che non era “né pesce né pollame“. Tuttavia, nel settembre 1790 la sua opinione cambiò. Era evidente all’imperatrice che la ragazza stava crescendo diventando sempre più carina, il che significa che poteva diventare la sposa desiderata per uno dei re europei.
Aleksandra Pavlovna aveva enormi occhi marroni e capelli leggermente ricci. Certo, non era una bellezza fatale, ma molti contemporanei notarono in lei un fascino speciale per i movimenti e le andature.
L’imperatrice Caterina II decise di pianificare il matrimonio di sua nipote con la corona svedese. Come sposo, l’imperatrice russa scelse il re svedese di 17 anni Gustavo Adolfo IV. Allo stesso tempo, l’imperatrice non era imbarazzata dal carattere capriccioso e irascibile dell’autocrate scandinavo, dal momento che la Russia aveva bisogno di pace con la Svezia, alla quale furono anche promessi sussidi finanziari in occasione del contratto di matrimonio. Per la Svezia, indebolita dalle sconfitte subite nelle guerre, questo fattore era molto importante.
Il re Gustavo Adolfo IV fu invitato a Pietroburgo, dove incontrò la sposa. In città erano state organizzate magnifiche celebrazioni: balli, spettacoli, ricevimenti e cene di corte. Il giovane re svedese era contento della timida Aleksandra Pavlovna ed era determinato a sposarla.
Nel settembre 1796, l’ambasciatore di Svezia, in un’audizione solenne a nome del suo re, chiese a Caterina II le mani della granduchessa. L’imperatrice russa concesse la benedizione imperiale e così fu dato iniziò alla preparazione della dote. I gioiellieri di Pietroburgo realizzarono una serie di splendidi gioielli per adornare la futura regina svedese. Nel frattempo Aleksandra Pavlovna iniziò a studiare la lingua svedese.
Tuttavia, il matrimonio fu annullato da Caterina II proprio il giorno del fidanzamento ufficiale di sua nipote. La ragione fu il fermo rifiuto dell’imperatrice russa alla richiesta svedese di cambiare la religione della granduchessa.
Pochi mesi dopo Caterina II morì e le speranze di Aleksandra Pavlovna rivolte ad una soluzione positiva della trattativa con la corona svedese, naufragarono quando Gustavo Adolfo IV sposò Federica di Baden.
Tre anni dopo Aleksandra Pavlovna divenne di nuovo una pedina sullo scenario politico europeo. Il suo matrimonio doveva diventare la base per l’alleanza tra la Russia e l’Austria contro la Francia di Napoleone.
Nel 1798 l’imperatore Paolo I ricevette una proposta per l’eventuale matrimonio di sua figlia Aleksandra con l’arciduca Giuseppe, Palatino di Ungheria, fratello dell’imperatore austriaco.
Il fidanzamento ebbe luogo il 4 marzo 1799. Lo sposo trattava la sua giovane prescelta con amore e adorazione. Il matrimonio ebbe luogo ad ottobre a Gatčina in Russia e poco dopo Aleksandra Pavlovna partì per l’Austria. Come se anticipasse la sua sfortuna, disse prima di andarsene che non avrebbe mai più visto la Russia ed i suoi parenti. Così è successo!
Nonostante la cura e l’attenzione di suo marito, a Vienna, Aleksandra Pavlovna si fece una acerrima nemica. Ciò fu dovuto al fatto che l’imperatore austriaco Francesco II era affascinato da Aleksandra Pavlovna in quanto notò che assomigliava alla sua prima moglie, Elisabetta di Württemberg. Così la moglie dell’imperatore austriaco, la napoletana Maria Teresa di Borbone prese ad odiare Aleksandra Pavlovna, perseguitandola con intrighi, dispetti ed indecenti buffonate. Ovviamente, l’imperiosa Maria Teresa aveva timore di perdere influenza a corte ed anche le attenzioni di suo marito.
Di conseguenza, Maria Teresa di Borbone insistette affinché l’arciduca Giuseppe e la sua giovane moglie partissero per la residenza di Ofen, nella capitale del principato ungherese. Questo era un luogo che Aleksandra Pavlovna adorava. Mostre e festival musicali si tennero in suo onore. Ciò infastidì ancora di più la moglie dell’imperatore austriaco, al punto tale che quando Aleksandra Pavlovna si ammalò, Maria Teresa le inviò dei medici inesperti e si premurò che la sua rivale fosse alimentata male. L’arciduca Giuseppe era attento a sua moglie ma aveva un carattere debole ed era scoraggiato ed intimorito dall’ira mostrata dalla moglie di suo fratello.
Verso la primavera del 1801, l’arciduca Giuseppe fu convocato a Vienna per prendere il comando delle truppe, in quanto l’esercito francese era giunto già ai confini dell’Austria. Mentre l’arciduca era nella capitale austriaca, sua moglie che era in stato di gravidanza, partorì. Aleksandra Pavlovna era in uno stato di salute molto debole e la neonata che diede alla luce morì dopo un paio d’ore.
Aleksandra Pavlovna afflitta da sepsi, morì il nono giorno dopo il parto, il 4 marzo 1801. Non aveva nemmeno 18 anni.
È noto che il 16 marzo 1801, l’arciduca Giuseppe scrisse all’imperatore russo Paolo I queste parole: “Ho avuto una disgrazia irreparabile nel perdere mia moglie. Non è più qui e tutta la mia felicità è scomparsa con lei.” Ma l’imperatore russo non era destinato a leggere queste righe: i suoi cospiratori lo uccisero a San Pietroburgo l’11 marzo 1801.
Maria Teresa di Borbone non lasciò in pace Aleksandra Pavlovna nemmeno dopo la sua morte. Non consentì che fosse seppellita nel giardino del palazzo imperiale. La bara rimase così per diversi giorni in un seminterrato al punto tale che l’ambiente dove era riposta diventò irrespirabile per via del deterioramento della salma.
Tempo dopo le ceneri furono sepolte in una tomba di una chiesa ortodossa che si trova a Budapest.
Luca D’Agostini
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