Anzitutto voglio ringraziare Natal’ja Sergeevna Demčenko, la direttrice della scuola russa “Kirilliza” di Roma, per il contributo da lei fornito nella realizzazione di questo articolo.
Oggi voglio portarvi a conoscenza di una bellissima canzone basata su una vicenda realmente accaduta, l’emozionante storia di Nugori Izrailova, la madre di un soldato dell’Armata Rossa durante la Grande Guerra Patriottica.
La storia parla dell’amore materno di una donna per il suo unico figlio, il quale purtroppo non tornò più dalla guerra. Il 29 agosto 1969 morì Nugori Izrailova, una mamma che per molti anni onorò la memoria di suo figlio. Sulle pareti della casa in cui viveva Nugori era appeso lo strumento a corde di suo figlio, lo Čogur (uno strumento a corde tradizionale del Daghestan).
I vicini spesso ricordavano una donna seduta in una stanza buia con una candela di fronte allo strumento musicale. In quei momenti per lei, suo figlio tornava in vita e le cantava con amore le canzoni che conosceva.
Quando Nugori accendeva le luci della stanza, i suoi occhi si riempivano di lacrime. Il dolore che lei provava era enorme e dopotutto non è difficile immaginare il dolore di una madre la quale dentro di sé spera che suo figlio sia da qualche parte, anche se molto lontano, ma vivo e che tornerà sicuramente a casa.
Nel 1916, Nugori Izrailova si trasferì a Derbent, una città della Russia meridionale, situata nella Repubblica Autonoma del Daghestan e sposò Juno Garagedeo. Juno era un ufficiale dell’esercito zarista russo. Nel corso della Prima Guerra Mondiale, quando le truppe statunitensi transitarono attraverso Derbent, Juno Garagedeo svolgeva un normale e tranquillo servizio di guardia, indossando la sua uniforme. Ma uno dei soldati statunitensi lo uccise vigliaccamente e senza alcun motivo con un colpo di sciabola. Nugori rimase da sola con la loro piccola figlia, ma poco dopo i parenti del marito, non riconoscendo la madre, ottennero l’affidamento della bambina. Secondo le antiche usanze del Daghestan, i bambini rimasti orfani di un genitore dovevano essere allevati dai genitori del marito.
Nugori non ebbe scelta. Dovette rinunciare alla sua piccola bambina che teneva amorevolmente tra le braccia. Acquistò un pezzo di terra sul quale costruire una casa.
Dopo un po’ di tempo Nugori si sposò una seconda volta. Dal suo matrimonio, nel 1923 nacque un bambino e Nugori e suo marito lo chiamarono Shori, che in traduzione in lingua tat significa “gioia”. Ed infatti, la vita di Nugori divenne piena di giorni gioiosi. Lei e suo marito lavoravano nella fattoria collettiva ed il piccolo Shori crebbe avvolto dall’affetto dei suoi genitori. Era da tutti considerato un ragazzo talentuoso ed affettuoso. Imparò a suonare magnificamente lo Čogur.
Ma il tragico destino si accanì nuovamente contro la famiglia di Nugori. Nel 1931 suo marito si ammalò gravemente e morì. Nugori dovette di nuovo sopportare il dolore della perdita del marito ma non fece mai mancare nulla a suo figlio.
Nel 1941 Shori compì 18 anni. Purtroppo il periodo del servizio militare coincise con il periodo della guerra. L’Unione Sovietica fu invasa dalle truppe naziste ma Nugori non sospettava minimamente la gravità del conflitto che stava per straziare il suo Paese e quindi dopo la classica festa effettuata in occasione della partenza per il servizio militare, salutò suo figlio. Shori fu arruolato nella Flotta del Ma Nero. Quasi ogni giorno scriveva una lettera alla madre, sapendo che lei attendeva il suo ritorno con impazienza. Ogni lettera si concludeva con la frase: “Mia cara madre, presto arriverà il tuo Shori, ancora un po’ di pazienza!“
Sei mesi dopo, la madre ricevette l’ultima lettera, la lettera che nessun postino voleva consegnare al destinatario in quegli anni. La lettera conteneva l’avviso che suo figlio era scomparso e che di lui non si avevano più notizie. Da quel giorno la gioia uscì dalla sua casa ed abbandonò la vita di Nugori, anche se nel suo cuore c’era la remota speranza che Shori fosse ancora vivo.
Ogni giorno, Nugori pregava per suo figlio e sperava in una buona notizia. Ma suo figlio non suonerà più lo Čogur e non canterà più canzoni alla sua mamma.
Nugori invecchiò rapidamente e negli ultimi anni della sua vita perse parzialmente la memoria, tanto che spesso si recava alla stazione per abbracciare suo figlio mentre scendeva dal treno.
La guerra ha portato la tragedia in tutte le famiglie sovietiche. Ogni famiglia ha avuto un evento tragico sul quale versare le sue lacrime. Ciascuna famiglia sovietica è stata colpita dal dolore. Questa storia, piena di sentimenti tragicamente amari, parla di amore materno, dell’amore provato da tutte le mamme sovietiche durante la Grande Guerra Patriottica e dal dolore non ostentato pubblicamente ma terribilmente profondo che moltissime madri hanno dovuto provare per colpa di vili e meschini invasori.
Prima di mostrarvi il video di questa bellissima e toccante canzone, voglio soffermarmi sull’analisi del testo del brano. La tragedia della guerra, sia negli anni del conflitto che negli anni successivi, è stato un tema affrontato da molti poeti, scrittori, pittori ed autori di brani musicali. Le opere riguardanti il tema della Grande Guerra Patriottica non riguardano solo l’eroico comportamento delle persone che hanno difeso il loro Paese, non riguardano solo la lotta contro gli invasori, ma è anche il dolore della perdita di parenti ed amici. Quasi ventisette milioni di persone hanno dato la vita per la libertà non solo dell’Unione Sovietica, ma grazie al loro sacrificio hanno permesso alle altre nazioni di ottenere una libertà che senza il sangue sovietico eroicamente versato, non avrebbero mai ottenuto. Ma esiste sicuramente la più terribile delle perdite, la perdita dell’unico figlio o figlia.
È questo il tema della “Ballata della madre”. Il dolore di perdere un figlio, la riluttanza ad ammettere che è morto, la speranza cieca ma infondata del cuore di una madre amorevole.
La guerra solitamente non ha un volto femminile, ma in questa canzone il volto è quello di una madre premurosa ed amorevole, in una vana e straziante attesa del ritorno di suo figlio, l’unico affetto che le era rimasto durante la sua tragica vita.
La canzone narra di un documentario sulla guerra mostrato agli abitanti di un villaggio negli anni della Grande Guerra Patriottica. Le persone del villaggio si radunano al cinematografo per assistere alla visione del documentario. Ad un certo punto, una madre vede suo figlio sullo schermo. Dimentica che quella è solo un’immagine registrata in un video e ed è felice perchè vede suo figlio vivo ed in buona salute. Ma non capisce che quella è solo un’immagine e che quando suo figlio ha incrociato con lo sguardo l’obiettivo della telecamera, in realtà non ha fissato negli occhi sua madre che lo stava guardando sulla pellicola proiettata. La battaglia imperversa e la madre si alza dalla sua sedia e corre ad abbracciarlo nel tentativo di proteggerlo con il suo corpo, ma purtroppo abbraccia l’immagine di suo figlio nel documentario. A nulla vale chiamarlo urlando forte il suo nome. Lui non la può sentire ed il pianto doloroso della madre aumenta la sensazione di perdita irrimediabile.
Nel video che le scorre di fronte ai suoi occhi, suo figlio mostra tutto il suo eroismo lanciandosi all’attacco contro l’invasore. Come tutti i soldati dell’Armata Rossa, non ha paura della morte e guarda audacemente in faccia al nemico.
Eppure, anche razionalmente sapendo che tutti i sopravvissuti della guerra erano da tempo tornati dal fronte e che suo figlio doveva essere da qualche parte seppellito in una fossa comune senza nome, la madre crede ancora ciecamente in un miracolo. Lei si aspetta che suo figlio torni a casa improvvisamente, bussando ai vetri della finestra della stanza della sua casa, dove lei è disperatamente seduta ad aspettarlo. E’ un’attesa straziante: la madre crede che suo figlio è ancora vivo, magari ricoverato in qualche ospedale, ma che presto tornerà a casa. Gli anni passano, ma il figlio non tornerà e la madre può solo scorrere nella sua mente le immagini che ha visto nel documentario, dove suo figlio era ancora vivo.
Vi lascio a due video relativi a questa canzone sapendo benissimo che, dopo aver letto questo articolo, durante la loro visione le lacrime solcheranno il vostro viso.
Il primo video riporta immagini del bellissimo film “La ballata del soldato”, diretto nel 1959 dal regista russo Grigorij Naumovič Čuchraj. Nel 1960 il film fu presentato in concorso al 13° Festival di Cannes e nel 1962 fu candidato all’Oscar per la migliore sceneggiatura originale.
Il film (che consiglio a tutti di vedere), è ambientato nella Grande Guerra Patriottica e narra della storia Alëša, un giovane soldato sovietico, il quale si distingue al fronte mettendo fuori combattimento alcuni carri armati tedeschi, utilizzando il fucile anticarro PTRD-41. Il suo generale, come premio, lo vuole decorare, ma il ragazzo chiede in cambio una breve licenza per recarsi al proprio paese per far visita alla madre. Tale richiesta viene accolta e così Alëša affronta un turbolento viaggio ricco di imprevisti ma addolcito dall’incontro con Shura, una sua coetanea con la quale nasce un profondo affetto.
Sullo sfondo vi è una nazione devastata dalla guerra, come testimoniano i vari personaggi incrociati da Alëša, tra i quali un militare che ha perso una gamba (e che non ha il coraggio di tornare dalla moglie perché si sente ormai un peso per lei) e la guardia di un treno merci che accetta di far salire Alëša in cambio di cibo in scatola.
Durante il tragitto, il ragazzo ha anche l’incarico di portare del sapone alla moglie di Pavlov, un suo commilitone, ma quando la incontra scopre che lei è legata nel frattempo ad un altro uomo, perciò, disprezzandola, decide di lasciare quel sapone al padre di Pavlov, che si occupa di un gruppo di bambini poveri.
Infine, contrariamente ai propri desideri, Alëša deve separarsi da Shura, la ragazza incontrata durante il suo viaggio ed avrà appena il tempo di salutare sua madre, per poi tornare in guerra e purtroppo non fare più ritorno.
La voce narrante del film dice: “È triste pensare a chi avrebbe potuto essere e non è stato, alle cose che avrebbe potuto fare e non ha fatto, all’amore che poteva dare e non ha dato. Ha avuto solo il tempo di essere un soldato“.
Questo di seguito è invece il video della canzone cantata in teatro da Zara. Inevitabile, anche in questo caso, l’emozione sul volto della cantante e del pubblico presente.
Per chi avesse il piacere di vedere il film in lingua originale, può farlo anche ora. Buona visione!
Luca D’Agostini
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