In Unione Sovietica, tra il 1979 ed il 1980, l’opinione pubblica fu scioccata dai crimini commessi da uno dei serial killer più sanguinosi e misteriosi della storia del Paese.
Il 30 gennaio 1979, nella città di Pečora, Anatolij Gusejnovič Nagiev incontrò una donna di nome Ol’ga Demjanenko, la invitò ad andare a casa sua per bere una bottiglia di vino e fare del sesso. La donna accettò la proposta, ma invece di intrattenersi in un reciproco piacere carnale, Nagiev assalì la donna, l’uccise con trenta colpi di pugnale ed ebbe rapporti anali con il cadavere. Già una tale breve introduzione delle azioni del criminale fa comprendere la follia e la brutalità di questo serial killer.
Nato nel 1958 in una famiglia di daghestani e kazaki, Nagiev visse un’infanzia traumatica ed isolata. I suoi genitori vivevano nella miseria e non si presero cura del proprio figlio, facendogli mancare totalmente il loro affetto. Fu però in seguito la madre che fornì alla polizia le indicazioni che permisero l’arresto del serial killer il 12 settembre 1980.
Il futuro assassino nacque nella città di Angarsk, nella regione di Irkutsk, dove visse fino al 1963. La famiglia si trasferì più volte e alla fine scelse di vivere in un villaggio tristemente desolato, composto solo da due stradine, a 70 km da Kursk. Lì purtroppo i servizi di assistenza statale non arrivavano, i giovani avevano da tempo abbandonato il villaggio, le generazioni più anziane, coloro che sopravvissero alla Grande Guerra Patriottica, erano dedite all’alcolismo e vivevano nel degrado. Anatolij Nagiev, che presto si diede al vagabondaggio, amava vivere in strada e non si preoccupava di dove avrebbe trascorso la notte e di cosa avrebbe mangiato. Nagiev odiava l’idea una vita tranquilla e sognava di entrare in una scuola di un circo. Fu proprio il desiderio di fare carriera in un circo che lo ha spinse ad allenarsi autonomamente praticando ginnastica e sollevamento pesi, tanto che così all’età di 15 anni era divenuto già molto forte fisicamente.
Nel maggio del 1975, Nagiev violentò una assistente di laboratorio. La ragazza non denunciò il reato alla polizia e lo stupratore la fece franca. A giugno dello stesso anno compì un altro stupro, ancora senza che la vittima sporgesse denuncia, e poi un terzo. Qui però il silenzio delle vittime si interruppe. La vittima (una compagna di classe di Nagiev in una scuola rurale) denunciò alla polizia lo stupro. Nagiev fu così arrestato e condannato a sei anni di reclusione in prigione, sebbene fosse minorenne.
Per via dei reati commessi, secondo le allora usanze delle prigioni sovietiche, Nagiev sarebbe dovuto divenire a sua volta vittima di stupro da parte degli altri carcerati. Ma la forza fisica di Nagiev e la sua follia gli consentirono di scampare questo pericolo. Durante il suo periodo di reclusione infatti, Nagiev ricevette il soprannome di “pazzo”, ma questo appellativo non aveva affatto un carattere offensivo. Essere “pazzo” significava essere arrogante e senza paura. Dopo aver superato le difficoltà iniziali di adattamento in carcere, Nagiev familiarizzò con gli altri criminali rinchiusi in prigione. Cominciò addirittura a comportarsi bene, tanto che le autorità carcerarie ritenevano avesse intrapreso con successo la via della correzione. Così, nel gennaio del 1979 fu rilasciato in anticipo rispetto alla scadenza della pena e gli fu affidato un posto di lavoro in un villaggio a 32 km dalla città di Pečora.
La libertà però risvegliò i suoi istinti criminali e le sue manie sessuali. Come riportato all’inizio dell’articolo, il 30 gennaio 1979, due settimane dopo essere uscito dal carcere, uccise Ol’ga Demjanenko. Nagiev era sicuro che la polizia risalisse a lui e che sarebbe stato di nuovo arrestato, ma con il passare dei giorni e delle settimane, divenne chiaro per l’assassino che era riuscito a cavarsela del tutto.
Il cadavere di Ol’ga Demjanenko fu scoperto tre giorni dopo il suo omicidio, ma la negligenza delle indagini non consentì l’individuazione del colpevole. Infatti, se un anno e mezzo dopo, lo stesso Nagiev non avesse confessato l’omicidio, nessuno lo avrebbe collegato a questo crimine.
L’omicidio successivo fu compiuto il 28 maggio 1979. Nagiev salì sul treno Ukhta-Pečora, pagando il prezzo del biglietto al conduttore. Il treno alla fine del percorso era già quasi vuoto, la durata restante del viaggio superava a malapena i 40 minuti. Tuttavia, per Nagiev il tempo fu sufficiente per fare conoscenza con Dar’ja Kravčenko, un’impiegata contabile in viaggio di lavoro. Nagiev le propose di fare sesso, ma la donna si offese e rifiutò categoricamente la sua proposta. La reazione di Nagiev fu furiosa, la colpì inizialmente due volte sul petto con un coltello, poi la strangolò con uno scialle di seta che la donna aveva sulle sue spalle. Dopo l’omicidio ebbe un rapporto anale con il cadavere.
Successivamente, il serial killer derubò la vittima, sottraendo al cadavere tre anelli d’oro ed un paio di orecchini con le perle. Quindi Nagiev nascose il corpo nel bagagliaio sotto il sedile e si trasferì sul vagone successivo. All’arrivo a Pečora, scese con calma dal treno come se nulla fosse accaduto.
Dopo gli omicidi della Demjanenko e Kravčenko, campioni di spermatozoi della stessa persona erano a disposizione delle autorità investigative. In entrambi gli episodi, il criminale aveva usato un coltello. Tuttavia, questi elementi non furono utili alle forze dell’ordine. Addirittura, il conduttore del treno, che ben poteva descrivere i pochi passeggeri che saliti sul treno, omise di descrivere un uomo con le caratteristiche fisiche di Nagiev, per il semplice fatto che quando Nagiev salì sul treno pagò il prezzo del viaggio al conduttore ma si diresse velocemente in un altro vagone. Così non avendo avuto il tempo di staccare il biglietto e consegnarlo al passeggero, il conducente intascò i soldi e non fece risultare la vendita del biglietto. Impaurito per le conseguenze della sua azione omise quindi di menzionare e descrivere le caratteristiche fisiche di quel passeggero.
L’assassino vendette così tranquillamente anche gli oggetti sottratti alla vittima uccisa sul treno.
Nel periodo da metà novembre 1979 a metà settembre 1980 (cioè 10 mesi), Nagiev commise oltre trenta aggressioni contro donne a scopo di rapina e stupro. La notte del 4 luglio 1980, sul treno “Char’kov-Mosca” Nagiev uccise quattro donne gettando i loro corpi dai finestrini del treno in corsa.
Inizialmente, il criminale non aveva alcuna intenzione di attaccare le donne ed aveva programmato di arrivare a Mosca senza attirare l’attenzione. A quei tempi Mosca si preparava a ricevere i Giochi olimpici e la città veniva “ripulita” dalle forze dell’ordine. Quando provò a comprare il biglietto per Mosca, la vendita gli fu vietata per via dei suoi precedenti penali. Nagiev così corruppe un ferroviere per consentirgli di salire sul treno. Aveva intenzione di recarsi a Mosca per rapire, violentare ed uccidere la famosissima cantante Alla Pugačëva. Tuttavia, una delle donne passeggere del treno gli ricordò così tanto la Pugačëva che Nagiev non trattenne il suo impulso sessuale. Le offrì di fare sesso e, dopo essere stato rifiutato, la aggredì con un coltello.
Iniziando ad uccidere, Nagiev non riuscì a fermarsi e uccise una seconda donna che sospettava essere una testimone. Quindi il criminale cambiò carrozza in cerca di ulteriori possibili testimoni ed incontrò prima una donna di nome Tat’jana Kolesnik ed in un altro vagone una donna di nome Marija Lopatkina. Le donne non sospettavano neppure cosa fosse successo negli altri vagoni, ma ciò non le salvò dal loro tragico destino. Nagiev accoltellò entrambe le donne senza esitazioni ma all’improvviso comparve un uomo, un elettricista dell’equipaggio del treno, Aleksandr Prilutskij, il quale era in cerca di uno scompartimento vuoto per dormire la notte. Nagiev minacciò Prilutskij con il coltello, dicendogli che lo avrebbe sgozzato se avesse raccontato quanto visto, quindi come se nulla fosse, si voltò e se ne andò. L’elettricista scioccato chiuse a chiave la porta dello scompartimento e rimase lì senza chiudere gli occhi fino al mattino, convinto che il criminale tornasse per ucciderlo.
Nagiev giunto alla prima stazione disponibile scese con calma dal treno passando inosservato ed il povero Prilutskij fu fermato dalla polizia dei trasporti di Kursk. Gli agenti gli chiesero se avesse visto l’autore degli omicidi o se sospettasse di qualcuno. Prilutskij intimorito disse che non aveva visto nulla e che aveva dormito tutto il tempo. La polizia non convinta delle sue dichiarazioni, gli comunicò che da quel momento era il principale sospettato degli omicidi. Davanti a lui, per procurarsi delle prove inconfutabili, la polizia sporcò le scarpe dell’elettricista con il sangue delle donne assassinate. Il piano della polizia riuscì! Prilutskij infatti questa volta si spaventò sul serio e denunciò immediatamente che aveva visto il misterioso assassino. In seguito, una squadra speciale del Ministero degli Interni scoprì anche una fitta rete di ferrovieri corrotti che intascavano i soldi dei biglietti.
Attenzione, molti lettori si staranno chiedendo ma per quale motivo Nagiev lasciò in vita il testimone? Sul treno, Nagiev aveva velocemente realizzato un piano. Dopo l’uccisione della passeggera somigliante ad Alla Pugačëva, decise di indirizzare le indagini su una pista falsa ed escogitò un piano solo apparentemente arguto. Alle donne uccise sul treno sottrasse 17 gioielli d’oro, tra i quali un anello prezioso piuttosto insolito ed abbastanza riconoscibile. Consegnò questo anello ad un suo amico con il quale aveva condiviso gli anni della prigione, un certo Grigorij Dugin. Dugin assomigliava fisicamente a Nagiev: era basso, magro ma muscoloso, giovane, senza barba e baffi. Nagiev suppose che Dugin avrebbe venduto a qualche oreficeria questo anello e così sarebbe stato individuato quale il sospettato degli omicidi.
Il piano paradossalmente poteva anche riuscire, ma fu contrastato da sviluppi imprevisti. Dugin non vendette immediatamente l’anello e anzi l’indossò al dito. Il giorno dopo il dito si gonfiò così tanto che era impossibile rimuovere l’anello. Dugin si precipitò da un gioielliere, ma costui, rendendosi conto che di fronte aveva un criminale con un anello femminile al dito, chiamò immediatamente la polizia senza esitazione. Dugin fu trasportato nel dipartimento di polizia delle indagini penali di Kursk, dove fu accusato degli omicidi commessi sul treno. Rendendosi conto che era stato incastrato da Nagiev, raccontò alla polizia esattamente cosa era accaduto. Così l’8 luglio 1980, le indagini giunsero al nome e cognome del vero assassino.
Alla ricerca del criminale furono attivate le forze del Ministero degli Affari Interni di tutta l’Unione Sovietica. La sua operazione di cattura fu supervisionata personalmente dal Ministro degli Interni Shchelokov. Il Comitato per la Sicurezza dello Stato scoprì che suo zio negli anni Venti si era trasferito prima in Giordania e poi in Iran. Attraverso il KGB, furono prese misure preventive per intercettare eventuali tentativi di Nagiev di attraversare il confine sovietico-iraniano.
La famiglia di Nagiev e tutti i suoi parenti furono pesantemente posti sotto pressione. In una perquisizione a casa di suo fratello, il quale viveva separatamente nella piccola città di Lgov, nella regione di Kursk, fu trovato un taccuino sul quale Anatolij Nagiev aveva scritto un elenco di aggressioni pianificate. È noto che Nagiev era “ossessionato” dalla cantante Alla Pugačëva, ma in realtà il criminale aveva in programma di aggredire anche la cantante Sof’ja Rotaru. Riuscì addirittura ad individuare gli indirizzi presso i quali la Rotaru soggiornava a Mosca ed in Crimea. Il taccuino riportava i dati di 319 donne che Nagiev intendeva aggredire, molte delle quali non lo conoscevano affatto.
La madre di Nagiev era estremamente spaventata dalla pressione esercitata sui membri della famiglia dagli agenti di polizia e sottoposta ad un duro interrogatorio alla fine riferì che secondo lei il figlio si nascondeva da un amico di Dnepropetrovsk. L’interrogatorio della madre era stato organizzato perchè lo stesso Nagiev aveva contattato la madre. Il 10 settembre 1980 infatti telefonò al posto di lavoro della madre per sapere cosa era successo ai suoi parenti? Ma Nagiev e la sua famiglia erano sottoposti ad un’ampia rete di intercettazione telefonica la quale consentì la registrazione la conversazione. Durante la telefonata la madre chiese a suo figlio Anatolij dove si trovasse. Lui rispose con una frase enigmatica che la madre mostrò però di comprendere. A quel punto scattò l’interrogatorio della madre la quale capì che non poteva più coprire suo figlio e diede le informazioni necessarie alla polizia. Fu così che Nagiev venne arrestato il 12 settembre 1980.
Nel luglio 1981, Nagiev fu condannato alla pena capitale, ma il 19 agosto 1981, mentre insieme ad altri detenuti si trovava lungo un binario di un treno per essere trasferito nella prigione di Novočerkassk, dove avrebbe dovuto essere detenuto fino all’esecuzione della condanna a morte, Nagiev riuscì a compiere la sua fantastica fuga, correndo velocemente. Gli agenti non riuscirono a sparare per via della presenza di altri detenuti. Solo tre poliziotti corsero dietro a Nagiev, ma lui riuscì a seminarli grazie alla sua migliore condizione atletica. Purtroppo la sua fuga fu agevolata da errori commessi dalla polizia carceraria nelle procedure di trasferimento dei detenuti.
Immediatamente fu attuata una imponente caccia all’uomo a seguito della quale Nagiev fu ritrovato, il 29 settembre 1981, nelle campagne a 120 km da Novočerkassk.
Il criminale provò a resistere alla cattura ma fu ferito dalle forze dell’ordine che gli spararono e riuscirono ad arrestarlo nuovamente. Nel tentativo di ottenere il rinvio della condanna a morte, Nagiev iniziò ad autoaccusarsi di aver commesso un gran numero di omicidi, che erano rimasti sconosciuti alle forze dell’ordine o che secondo lui erano stati erroneamente associati alle azioni di altri criminali. Nagiev per guadagnare tempo manifestò il suo desiderio di fornire dettagli sugli omicidi commessi e di consolidare la sua testimonianza supportando le azioni investigative nei vari luoghi dei crimini. La procura, tuttavia, ritenne che fosse un tentativo da parte di Nagiev di manipolare la giustizia al fine di ritardare l’esecuzione della pena e sfruttare l’opportunità di preparare e commettere una nuova fuga. Le dichiarazioni di Nagiev non furono prese in considerazione ed il criminale fu fucilato nella prigione di Novočerkassk il 28 ottobre 1981.
Luca D’Agostini
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