Secondo i criminologi, i crimini commessi da maniaci sessuali si basano su profondi disturbi della personalità mentale. Una persona normale in nessun caso può eseguire tali azioni. Pertanto, qualsiasi serial killer maniaco può essere considerato uno psicopatico, anche se non ha una diagnosi psichiatrica. Un residente di Dnepropetrovsk, Alexander Berlizov, divenne una specie di predecessore di Andrej Romanovič Čikatilo e il primo criminale dell’Unione Sovietica ufficialmente riconosciuto come maniaco sessuale.
All’inizio del 1972 nella città ucraina di Dnepropetrovsk, iniziarono numerose aggressioni contro giovani donne. L’allora sconosciuto criminale agiva solo di notte e per questo motivo ottenne il soprannome di “demone notturno”. Cercava le sue vittime in luoghi appartati, poi una volta trovate le colpiva stordendole in modo da fargli perdere conoscenza ed a quel punto le violentava. Avendo realizzato la sua intenzione criminale, lo stupratore si allontanava dal luogo della violenza. Uccise le donne che violentò solamente se queste rinsavirono durante lo stupro e quindi videro la sua faccia.
Il maniaco non lasciò tracce evidenti e ciò mise in netta difficoltà anche i migliori detective della città. Essendo appassionato di criminologia ed e avendo un po’ di familiarità con le pratiche operative della polizia, il criminale non lasciò tracce sui corpi delle sue vittime. Distrusse accuratamente le prove, non lasciò mai nulla sulla scena del crimine, calpestò le tracce, rimosse le tracce esterne di sperma. A quel tempo, nell’Unione Sovietica, le competenze forensi, sia chimiche che biologiche, erano ancora poco sviluppate e gli investigatori non riuscirono quindi nemmeno a tracciare un ritratto del criminale, a determinare la sua età e professione. Le indagini seguirono metodi tradizionali di lavoro operativo. Furono controllati i registri di tutte le persone che avevano precedentemente commesso reati sessuali e che erano stati condannati in precedenza.
Le forze di polizia di Dnepropetrovsk furono incrementate con l’invio di 3.000 poliziotti provenienti dalle regioni più vicine. Furono perquisiti tutti i luoghi sospetti in cui un maniaco poteva nascondersi, tra cui soffitte, scantinati, case vuote e dacie. Di notte, squadre di polizia ed investigatori criminali in borghese erano di servizio in città.
Il maniaco sessuale avvertì l’accresciuta attività delle forze dell’ordine e smise di commettere crimini. Tuttavia, non appena i rinforzi della polizia lasciarono la città, nella stessa notte il colpevole violentò una nuova vittima. Il panico avvolse di nuovo la città. Le giovani donne avevano paura di uscire la sera. A questo proposito, la direzione del partito comunista di Dnepropetrovsk, annullò temporaneamente il secondo e il terzo turno di fabbrica per tutte le donne lavoratrici. Potevano lavorare solo durante il giorno e tornavano a casa prima del buio, accompagnate da parenti o colleghi. Ma non poteva andare avanti così per lungo tempo.
Il viceministro degli affari interni della Repubblica Socialista Sovietica di Ucraina, Bondarenko, giunse personalmente a Dnepropetrovsk per coordinare tutte le azioni della polizia locale.
Presto gli investigatori ottennero un indizio importante. Ottennero le dichiarazioni di una donna che finse di essere svenuta durante lo stupro e la quale ricordava l’aspetto del maniaco. La donna non era in grado di comporre un identikit affidabile e realistico ma affermò con sicurezza che sarebbe stata sicuramente in grado di riconoscerlo qualora l’avesse visto dal vivo. Il vicecapo del dipartimento di polizia di Dnepropetrovsk, Tokar, e diversi agenti di scorta, quotidianamente per un mese si recarono con la testimone in vari luoghi pubblici della città, cinema, negozi e mercati in modo tale che la donna potesse identificare il criminale.
Fu così che un giorno la testimone riconobbe davvero lo stupratore. Accadde durante un viaggio sul tram. Tuttavia il maniaco avendo notato la sua vittima circondata uomini in borghese, saltò fuori dal tram in movimento e riuscì a sfuggire alla cattura. L’unica cosa che gli agenti del dipartimento investigativo criminale erano in quel momento in grado di fare era realizzare un esatto identikit del maniaco.
L’identikit del criminale fu inviato a tutti i servizi e alle stazioni di polizia. Uno dei poliziotti della polizia di Dnepropetrovsk dichiarò al dipartimento investigativo criminale che conosceva una persona che sembrava corrispondere all’immagine dell’identikit. Il sospetto era un certo Aleksandr Berlizov, il quale lavorava come elettricista nello stabilimento aerospaziale di Yuzhmash ed era una persona insospettabile ed un cittadino sovietico rispettabile.
In alcune pubblicazioni post-perestroika e film televisivi, è stato affermato che Aleksandr Berlizov era il segretario dell’organizzazione Komsomol (L’Unione della Gioventù Comunista Leninista di tutta l’Unione) dell’intera fabbrica di Yuzhmash. Ma ciò non è del tutto vero. Nel 1972, Berlizov aveva solo 20 anni e nessuno lo avrebbe nominato per un incarico di così alta responsabilità. In realtà effetti, il criminale guidava l’organizzazione Komsomol solo in uno dei laboratori della fabbrica, composto da pochissime persone.
Il ruolo politico che Berlizov ricopriva, unitamente al fatto che ci si trovava di fronte solamente a testimonianze confuse della vittima e ad un identikit, redatto dagli sforzi congiunti della testimone e della polizia, indussero il procuratore della regione ha respingere la richiesta d’arresto avanzata dalle forze dell’ordine. Il procuratore riferì ai funzionari di polizia ed agli investigatori che Yuzhmash era una struttura puramente segreta in cui lavorano persone di fiducia e che quindi un leader attivo di Komsomol non poteva essere affatto un criminale.
In effetti, lo stabilimento Yuzhmash era la più grande impresa del complesso militare-industriale, non solo in Ucraina, ma in tutta l’Unione Sovietica. Tutti i lavoratori impiegati in questo tipo di azienda, non solamente dovevano essere dotati delle più alte qualifiche professionali, ma erano anche sottoposti segretamente a controlli approfonditi da parte delle autorità competenti. Inoltre, l’accusa ad un dipendente di Yuzhmash per un crimine così atroce e risonante avrebbe gettato un’ombra sull’intera squadra della famosa impresa. Pertanto gli investigatori criminali dovettero agire con estrema cautela.
Stabilirono una sorveglianza esterna costante del sospetto e poi perquisirono la casa dei genitori di Berlizov, che vivevano nel territorio di Stavropol. Lì, in un piccolo nascondiglio, furono rinvenuti oggetti che lo stupratore aveva sottratto alle sue vittime. Infatti Berlizov, aveva sempre preso un oggetto di proprietà della vittima al termine delle sue violenze sessuali. Come se si trattasse di un “souvenir”: furono rinvenuti un pettine, uno specchio, un rossetto, una borsa ed un indumento intimo delle vittime.
Gli oggetti rinvenuti durante le perquisizioni furono ritenuti una prova attendibile e così Aleksandr Berlizov fu immediatamente arrestato. Durante gli interrogatori ebbe risposte pronte per tutte le domande poste dagli investigatori, era molto razionale e prudente. Ma i detective russi furono abili nel farlo cadere in contraddizione al punto che Berlizov non resse più il confronto psicologico con i suoi interrogatori.
Una successiva visita medica forense stabilì che Aleksandr Berlizov era una persona sana di mente, ma che soffriva di psicopatia sessuale.
Secondo il verdetto della corte per i 9 omicidi e 42 stupri commessi, il maniaco di Dnepropetrovsk fu condannato alla pena capitale e giustiziato nel 1972.
Luca D’Agostini
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