Dall’analisi di alcuni documenti desecretati dal governo degli Stati Uniti, emerge chiaramente come la CIA abbia protetto molti criminali nazisti subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. In questo articolo ci occuperemo del caso di Ante Pavelić, l’ex dittatore e leader dei fascisti croati “Ustascia”.
Questo criminale nacque il 14 luglio 1889 a Bradina, oggi Konjic, una cittadina della Bosnia Erzegovina, all’epoca appartenente all’impero austro-ungarico. Studiò in un collegio dei gesuiti e nel 1915 si laureò in giurisprudenza a Zagabria, perché sosteneva che aveva intenzione di difendere i croati da un processo iniquo.1
Nel 1919 entrò a far parte dell’organizzazione nazionalista “Giovane Croazia”, che sosteneva l’indipendenza della Croazia con l’adesione alla stessa della Bosnia e della Dalmazia. Dal 1919 al 1927 fu deputato locale della municipalità di Zagabria, mentre dal 1927 fu eletto deputato all’Assemblea Popolare della Jugoslavia quale membro del Partito Contadino Croato e si batté per la concessione dell’autonomia alla Croazia, nell’ottica poi di creare uno stato croato indipendente.1
Nel 1928, iniziò la formazione dell’organizzazione paramilitare illegale croata Hrvatski Domobran. Il 7 gennaio 1929 annunciò la trasformazione di Hrvatski Domobran nell’organizzazione rivoluzionaria croata “Ustascia” e il 20 gennaio fuggì in Austria.1
In una dichiarazione congiunta con le organizzazioni nazionali di liberazione di Ungheria e Bulgaria nell’aprile 1929, dichiarò la necessità di rovesciare il governo di Belgrado, dopo di che fu accusato di tradimento e condannato a morte in Jugoslavia. Nel 1932 organizzò una rivolta in Croazia. Per realizzare ciò si trasferì a Fiume (Italia), da dove diresse le attività degli Ustascia con l’approvazione e l’appoggio di Benito Mussolini.1

Benito Mussolini e Ante Pavelić
Sotto lo pseudonimo di Hadjia fu il comandante del campo degli Ustascia a Boveno (vicino Brescia), dove addestrò i terroristi a commettere omicidi politici, tra i quali quello dell’omicidio a Marsiglia del re di Jugoslavia Alessandro I (1934). Dopo questo attentato fu arrestato in Italia e i campi degli Ustascia sul suolo italiano furono temporaneamente chiusi.1
Il 6 aprile 1941, i paesi dell’Asse invasero la Jugoslavia sopprimendo rapidamente la resistenza dell’Esercito Reale di Jugoslavia, che si arrese undici giorni dopo. Il piano operativo tedesco includeva promesse politiche ai croati al fine di alimentare le contraddizioni interne. I nazisti desideravano che qualsiasi governo da loro nominato per il nuovo stato fantoccio croato godesse di un sostegno popolare. Ciò si rendeva fondamentale per controllare la zona di occupazione con forze militari minime e utilizzare le risorse disponibili in modo pacifico. L’amministrazione della Banovina di Croazia sotto la guida del leader del Partito Contadino Croato, Vladko Maček, riscosse un notevole sostegno tra i croati. I tedeschi offrirono a Maček la possibilità di proclamare uno Stato croato indipendente e di formare il suo governo. Quando Maček si rifiutò di collaborare, i nazisti si resero conto che non avevano altra scelta che sostenere Ante Pavelić. Ma non avevano fiducia nel fatto che gli Ustascia fossero stati in grado di governare la Croazia come desiderava la Germania. Poco prima dell’invasione tedesca, Pavelić aveva dichiarato che gli Ustascia disponevano di circa 40mila sostenitori, ma al momento dell’invasione i tedeschi si resero conto che in realtà erano circa 900 i sostenitori a disposizione degli Ustascia. I tedeschi inoltre vedevano Ante Pavelić come un “uomo di Mussolini” e avrebbero preferito fare affidamento su un leader degli Ustascia più filo-tedesco come Slavko Kvaternik.1
Comunque le cose andarono diversamente. Il 15 aprile Pavelić giunse a Zagabria, dove il giorno dopo formò il governo divenendo contemporaneamente Presidente del Consiglio e Ministro degli Esteri. La prima legge adottata dal suo governo fu la Legge sulla Cittadinanza del 30 aprile 1941 che vietava a tutti i non ariani (i croati furono considerati ariani) di diventare cittadini della Croazia. I non ariani (principalmente i serbi) non erano considerate persone libere, ma di proprietà dello stato, alla stregua delle cose e del bestiame e lo stato poteva disporre di loro a proprio piacimento. Lo stesso giorno furono approvate le leggi razziali sulla razza, sulla protezione del sangue ariano e l’onore del popolo croato, che proibivano i matrimoni interetnici. La Legge sulla protezione della cultura nazionale ariana del popolo croato, varata il 4 giugno 1941 proibiva ai non ariani di lavorare in organizzazioni e istituzioni pubbliche, sportive e culturali del popolo croato, nonché nelle attività letterarie e giornalistiche, nel campo della pittura, della musica, dell’architettura, del teatro e del cinema.1

Ante Pavelić capo del governo croato
Il governo di Ante Pavelić si rese colpevole di una vasta pulizia etnica, sfociata nel genocidio del popolo Serbo. Gli Ustascia compirono continue aggressioni ai villaggi abitati dai serbi e inventarono persino il “Seroborez”, un coltello speciale per aprire la gola dei serbi. Gli Ustascia usarono quei coltelli anche per squartare le pance delle donne serbe in gravidanza e per asportare dal grembo i loro bambini. Inoltre gli Ustascia crearono molti campi di concentramento nei quali rinchiudevano serbi, zingari ed ebrei. In questi campi la gente moriva di epidemie e di fame, ma la maggior parte veniva uccisa per divertimento con l’uso dei coltelli “Seroborez”. Gli Ustascia si sfidavano in gare tagliando ai prigionieri la gola, le mani, i piedi, le orecchie, le lingue e cavando gli occhi.2
Il frate francescano croato Miroslav Filipović-Majstorović era il capo-guardia responsabile delle esecuzioni dei campi di sterminio di Jasenovac e Stara Gradiska. Filipović, soprannominato “Il diavolo di Jasenovac” e “Fratello di Satana“, fu l’organizzatore dei massacri di migliaia di donne, anziani e bambini. Soprattutto al frate, che odiava terribilmente i serbi, piaceva tagliare la gola ai bambini piccoli e uccidere le persone adulte con colpi di martello in testa. Nel 1946, il diavolo di Jasenovac fu condannato a morte e impiccato.2

Frate francescano croato Miroslav Filipović-Majstorović

Frate francescano croato Miroslav Filipović-Majstorović
Gli stessi nazisti rimasero scioccati dalla crudeltà degli scagnozzi di Pavelić. Infatti, Il 10 luglio 1941, il generale della Wehrmacht Edmund Gleize-Horstenau riferì all’Alto Comando tedesco quanto segue: “Le nostre truppe sono costrette a essere testimoni silenziosi di tali eventi. Ritengo che le forze di occupazione tedesche dovrebbero intervenire nel limitare le atrocità degli Ustascia“.2 Pensare che si tratta delle parole di un ufficiale nazista, aiuta a comprendere quale fosse quel livello di crudeltà.
Il 15 giugno 1941, la Croazia si unì alla Germania, all’Italia e al Giappone e il 26 giugno 1941 al Patto anti-Comintern contro l’Unione Sovietica. Il 14 dicembre 1941, la Croazia dichiarò guerra alla Gran Bretagna e agli Stati Uniti e un contingente militare partecipò all’invasione dell’Unione Sovietica.1
Nel febbraio del 1942, Heinrich Himmler ricevette un rapporto su ciò che stava accadendo in Croazia, dove l’intensificazione delle attività delle formazioni partigiane era direttamente collegata alle atrocità commesse dai croati: “La crescente attività delle bande partigiane è dovuta principalmente alla crudeltà delle formazioni degli Ustascia in Croazia nei confronti della popolazione ortodossa. Gli Ustascia commettono le loro atrocità nel modo più brutale, non solo contro uomini in età militare, ma soprattutto contro uomini, donne e bambini indifesi. Il numero di cristiani ortodossi uccisi dai croati o torturati sadicamente a morte arriva a trecentomila“.2
Il genocidio di serbi faceva parte della politica pubblica croata. Uno dei leader del regime, Mile Budak dichiarò: “Distruggeremo una parte dei serbi, l’altra sarà espulsa, il resto sarà convertito alla fede cattolica e convertito in croati. Pertanto, le loro tracce andranno presto perse e ciò che rimarrà sarà solo un brutto ricordo di esse. Per serbi, zingari ed ebrei, abbiamo tre milioni di proiettili“.2 Nel maggio del 1945 i partigiani jugoslavi catturano Budak e lo giustiziarono a Zagabria.

Mile Budak

Mile Budak
Nonostante tutto ciò, nel settembre del 1942 Ante Pavelić fu invitato in Germania dove ricevette il permesso di Hitler di rafforzare ulteriormente il regime del proprio potere personale.1

Adolf Hitler e Ante Pavelić
I nazisti ritennero così utile la crudeltà degli Ustascia croati che molti li reclutarono direttamente nella struttura della Wehrmacht. Fu così che nel luglio 1941 fu formato il 369° Reggimento di Fanteria Croato, noto anche come la Legione Croata. Era formata da croati e musulmani bosniaci di enorme crudeltà. Per questo motivo fu inviata a combattere contro l’Armata Rossa vicino a Stalingrado. Ma gli eroici soldati sovietici non ebbero pietà di quei vili criminali e nel gennaio del 1943, lì sterminarono proprio nei pressi di Stalingrado non lasciando vivo neanche un superstite. Fu così che il 369° Reggimento di Fanteria Croato scomparve dalla faccia della Terra. Il suo comandante, il tedesco Fritz Naidholdt rimasto in Jugoslavia fu condannato a morte da un tribunale di Belgrado nel febbraio 1947.2

I soldati del 369° Reggimento di Fanteria Croato vicino Stalingrado prima di scontrarsi con l’Armata Rossa

I soldati del 369° Reggimento di Fanteria Croato, vicino Stalingrado, dopo essersi scontrati con l’Armata Rossa
Dopo la sconfitta delle truppe tedesche, Ante Pavelić fuggì da Zagabria il 6 maggio 1945, riuscì a trasferirsi con la sua famiglia in Austria e finire nella zona di occupazione statunitense. Nello stesso anno, la Corte Popolare Jugoslava lo condannò a morte in contumacia.1
Gli statunitensi gli fornirono documenti falsi a nome di un cittadino peruviano, Don Pedro Goner. Il criminale Pavelić fu vestito da prete e trasferito in Italia. La scelta di trasformarlo in un prete non fu casuale. Infatti durante la guerra, con la complicità del Vaticano, Ante Pavelić riuscì a trasportare in Occidente diverse tonnellate di oro e gioielli rubati a ebrei e serbi. I documenti desecretati dal governo degli Stati Uniti, datati 21 ottobre 1946 e recanti la firma dello statunitense Emerson Biglow, indicano che le autorità croate trasferirono ingenti quantità di oro sui conti della Santa Sede aperti in banche svizzere, ottenendo in cambio una liquidità pari a 350 milioni di franchi svizzeri. È infatti noto che la Svizzera fu coinvolta in questo tipo di operazioni con l’oro sequestrato dai nazifascisti.3
Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna ricevettero rassicurazioni sul fatto che Pavelić ricevesse asilo in Vaticano. In una lettera desecretata ed inviata dall’agente segreto della CIA colonnello Blund, al generale di brigata delle truppe di stanza in Europa Carl Fritch, c’è scritto: “Ho incontrato il signor Bendal dell’ambasciata britannica e l’ambasciatore degli Stati Uniti. Li ho informati che Ante Pavelić si nasconde in Vaticano“. In un’altra lettera desecretata, l’agente speciale del controspionaggio militare del Pentagono Robert Clayton Mood, il 12 febbraio 1947 scrisse: “I soci di Pavelić, il comandante dell’aeronautica Vladimir Kren e anche il vice ministro degli Esteri Vekoslav Vrančić, si nascondono a Roma nella Chiesa di San Girolamo dei Croati, sotto protezione del Vaticano. Secondo informazioni provenienti da fonti affidabili, nel prossimo futuro Pavelić e i suoi collaboratori saranno trasferiti in Sud America“.3
Nel libro “Hunting Evil” (“La caccia al male. La storia della ricerca e del perseguimento di criminali fuggitivi nazisti”), il corrispondente del Times Guy Walters ha scritto: “Suppongo che Pavelić sia stato salvato dai servizi segreti britannici per la futura guerra contro la socialista Jugoslavia e il maresciallo Tito. L’intelligence e lo spionaggio non hanno mai seguito i principi della moralità. La moralità è negativa per servizi segreti. Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, l’Occidente iniziò a temere sempre più l’Unione Sovietica e Stalin. La CIA e l’MI-6 erano pronte a cooperare con tutti i criminali nazisti al fine di combattere il Comunismo con tutti i mezzi“.4
E così fu. Con l’appoggio della CIA e del Vaticano, il vigliacco Pavelić si nascose in Italia, Argentina e Spagna.
In Argentina divenne consigliere per la sicurezza di Evita e Juan Peron. A quel tempo, Peron aveva già dato rifugio a molti criminali nazisti: Adolf Eichmann, Josef Mengele, Klaus Barbie e Branko Benzon.
Lo stesso Tito sapeva bene che Pavelić sarebbe stato usato dalla CIA per combattere la Jugoslavia. Belgrado diverse volte cercò ufficialmente di convincere l’Argentina a estradare il criminale nazifascista. Naturalmente, a Buenos Aires, queste richieste non furono ritenute degne di attenzione.
Il 10 aprile 1957 a Lomas del Palomar, in Argentina, alcuni migranti jugoslavi provarono ad ucciderlo. I serbi Blagoje Jovović e Milo Krivokapić attesero Ante Pavelić fuori casa sua e appena lo videro rientrare gli spararono cinque colpi di pistola. Purtroppo il vile criminale fu colpito solo da due proiettili alla spalla sparati da Blagoje Jovović. Il rumore degli spari allertò le guardie armate presenti nella sua casa le quali uscirono immediatamente e costrinsero alla fuga i due serbi.1

L’eroico Blagoje Jovović che provò ad uccidere Ante Pavelić
Pavelić sopravvisse ma la CIA ritenendo che i servizi segreti jugoslavi avrebbero di nuovo attentato alla vita di Pavelić, lo trasferirono in Spagna con tutta la sua famiglia. In Spagna inoltre avevano trovato rifugio migliaia di Ustascia, tra i quali Vjekoslav “Maks” Luburić, il capo del campo di concentramento di Jasenovac, che divenne il principale simbolo dello sterminio di serbi in Croazia. In Spagna fu sottoposto alla protezione dei servizi segreti statunitensi e spagnoli, ma questo non gli consentì comunque di vivere a lungo. A causa delle conseguenze delle gravi ferite alla spalla inflettigli dagli spari dal serbo Blagoje Jovović e per via del diabete, le sue condizioni di salute peggiorarono drasticamente dopo due anni e mezzo, e fu ricoverato in un ospedale di Madrid, dove finalmente morì il 28 dicembre 1959.1 3
Poco prima della sua morte, questo vile assassino ricevette la remissione di tutti i peccati. Papa Giovanni XXIII credeva che Pavelić fosse un buon cattolico e una persona meravigliosa. Chissà, forse tutto l’oro ricevuto dagli Ustascia potrebbe aver condizionato il giudizio papale.
Occorre inoltre considerare che Pavelić e lo stato croato rappresentavano per la Chiesa cattolica un bastione contro l’ortodossia, l’islam e il comunismo.
Il numero esatto delle vittime del genocidio serbo condotto dagli Ustascia dal 1941 al 1945 è ancora oggi sconosciuto. Secondo le stime più prudenti, circa 200mila persone sono state sterminate, ma la maggior parte degli storici ritiene che il numero delle vittime sia molto più alto e possa arrivare a 800mila. Fino a 400mila serbi furono espulsi dalle loro terre, un altro quarto di milione fu costretto a convertirsi forzatamente al cattolicesimo.
Luca D’Agostini
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Fonti
1) Анте Павелич
2) Aif.ru
4) Guy Walters, Hunting Evil, Bantan Books, New Yok 2010
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