Aleksandr Vasil’evič Kolčak è stato senz’altro un’importante figura politica e militare della storia della Russia, nonché un esploratore polare. Durante la guerra civile entrò nelle cronache storiche come leader dell’Armata Bianca. La valutazione della personalità di Kolčak è una delle pagine più controverse e tragiche della storia russa del XX secolo.
Aleksandr Vasil’evič Kolčak nacque da una famiglia di nobili, il 16 novembre 1874 in un villaggio alla periferia di San Pietroburgo. La sua famiglia divenne famosa nel campo militare, servendo l’impero russo per molti secoli. Suo padre era un eroe della difesa di Sebastopoli durante la guerra di Crimea.
Kolčak, fino all’età di 11 anni ricevette l’istruzione in casa. Nel 1885 fu iscritto al ginnasio di San Pietroburgo, dove si diplomò nel 1888. Subito dopo entrò nel Corpo dei cadetti navali, dove conseguì un eccellente successo in tutte le materie. In qualità di migliore studente del suo corso, fu arruolato nei guardiamarina e nominato sergente maggiore. Nel 1894 si laureò all’accademia navale.
Dal 1895 al 1899, Kolčak prestò servizio nelle flotte militari del Baltico e del Pacifico e fece il giro del mondo tre volte. Nel 1900, con il grado di luogotenente fu trasferito all’Accademia delle Scienze. In quel momento iniziarono a comparire i primi lavori scientifici, in particolare fu pubblicato un articolo sulle sue osservazioni riguardo le correnti marine. Ma l’obiettivo del giovane ufficiale non era solo la ricerca teorica, ma anche pratica: sognava di intraprendere una delle spedizioni polari.
Così partecipò ad una spedizione organizzata per la ricerca della leggendaria Terra di Sannikov. Durante questa pericolosa spedizione, Kolčak sopravvisse miracolosamente dopo una grave polmonite.
Nel marzo 1904, subito dopo l’inizio della guerra contro il Giappone, senza riprendersi dalla sua malattia, Kolčak raggiunse la direzione dell’assediata Port Arthur. Il cacciatorpediniere “Arrabbiato” sotto il suo comando prese parte all’installazione di mine di sbarramento in vista di una pericolosa incursione giapponese. Grazie a questa azione, molte navi nemiche furono affondate.
Negli ultimi mesi dell’assedio, comandò l’artiglieria costiera, causando danni significativi al nemico. Durante i combattimenti fu ferito e venne catturato. In riconoscimento del suo valore, il comando dell’esercito giapponese concesse l’onore delle armi a Kolčak e lo liberò dalla prigionia.
Per via delle ferite riportate fu ricoverato per sei mesi in ospedale.
Nel giugno 1906, Kolčak diresse la commissione presso lo Stato Maggiore della Marina per accertare le cause che portarono alla sconfitta a Tsushima.
Come esperto militare, intervenne spesso alle udienze della Duma di Stato per sostenere la necessità dell’assegnazione dei fondi necessari.
Al contempo, per il suo inestimabile contributo allo studio del Nord della Russia, il tenente Kolčak fu eletto membro della Società Geografica Russa.
Notevole fu il contributo di Kolčak durante la Prima Guerra Mondiale. L’Impero Prussiano era intenzionato ad attaccare via mare San Pietroburgo. Heinrich di Prussia, il comandante della flotta tedesca, contava già nei primi giorni della guerra di attraversare il Golfo di Finlandia e di sottoporre la città ad un pesante bombardamento navale. Se fosse riuscito a bombardare la città, aveva poi intenzione di sbarcare le sue truppe per impadronirsi di San Pietroburgo e porre fine alle rivendicazioni militari della Russia. L’attuazione dei progetti prussiani fu ostacolata dall’esperienza strategica e dalle brillanti azioni degli ufficiali della Marina Russa.
Tenendo conto della considerevole superiorità numerica delle navi prussiane, la tattica di una guerra di posizionamento mine fu riconosciuta come la strategia iniziale adatta per combattere il nemico. Così su indicazione di Kolčak, già durante i primi giorni di guerra furono depositate nel Golfo di Finlandia ben 6.000 mine, le quali divennero uno scudo affidabile per la difesa della città e sventarono i piani della flotta prussiana per conquistare la Russia.
Nel settembre del 1915, Kolčak fu nominato comandante di una divisione navale. All’inizio di ottobre del 1915, intraprese una coraggiosa manovra per sbarcare sulla costa del Golfo di Riga ed aiutare gli eserciti del Fronte settentrionale. L’operazione fu condotta con tanta efficacia che il nemico non si rese nemmeno conto della presenza dei russi.
Nel giugno 1916 Kolčak, con il grado di ammiraglio, fu nominato comandante in capo della flotta del Mar Nero.
In occasione degli eventi della rivoluzione di febbraio, Kolčak rimase fedele all’imperatore fino alla fine. Quando i marinai fedeli ai rivoluzionari gli imposero di consegnare le sue armi, Kolčak gettò in mare la sua spada ricevuta precedentemente in premio come onorificenza per il suo valore militare, argomentando la sua azione con le parole: “Anche i giapponesi non mi hanno tolto la mia arma, non l’avrei nemmeno data a voi!“
Arrivato a Pietrogrado, Kolčak incolpò i ministri del governo provvisorio per il crollo dell’esercito e della nazione. Ben presto però, il pericoloso ammiraglio fu effettivamente rimosso dal suo incarico ed inviato in esilio. Nel dicembre 1917, chiese al governo britannico di essere arruolato nelle sue forze militari. Tuttavia, le istituzioni militari britanniche stavano già pianificando la collaborazione di Kolčak, individuandolo quale autorevole leader capace di unire le forze in Russia nella lotta contro il bolscevismo.
Le autorità britanniche erano convinte che per raggiungere il loro scopo avevano bisogno di una personalità forte e quindi chiesero a Kolčak di accettare il titolo di capo del governo russo.
Kolčak accettò. La sua politica mirava a ripristinare le basi dell’Impero Russo. I suoi decreti bandirono tutti i partiti estremisti.
Le più importanti vittorie dell’esercito di Kolčak furono raggiunte nella primavera del 1919, quando occupò il territorio degli Urali. Tuttavia, dopo i successi iniziarono una serie di fallimenti militari causati da numerosi errori di tattica.
Nel novembre 1919, Kolčak fu costretto a lasciare Omsk; nel gennaio 1920, trasferì i suoi poteri a Denikin. Poco tempo dopo fu catturato ad Irkutsk.
Il suo destino fu segnato da una fine tragica. Alcuni storici sostengono che la causa della sua morte sia dovuta ad un ordine segreto impartito da Lenin in persona, il quale temeva che Kolčak potesse essere liberato dalle truppe dell’Armata Bianca che si stavano affrettando a soccorrerlo.
Così Kolčak fu ucciso il 7 febbraio 1920 ad Irkutsk. Avendo appreso che sarebbe stato fucilato, Kolčak rifiutò di essere bendato e regalò il suo portasigarette all’ufficiale del plotone di esecuzione.
Per quanto concerne la sua vita familiare, Kolčak era sposato con la nobildonna Sof’ja Omirova. La coppia ebbe tre figli: la prima figlia, nata nel 1905, morì in tenera età, suo figlio Rostislav nacque nel 1910, mentre sua figlia Margarita, nata nel 1912, morì all’età di due anni.
Kolčak e sua moglie divorziarono nel 1918. Nel 1919, sua moglie con l’aiuto britannico, emigrò con suo figlio a Costanza, e più tardi a Parigi. Morì nel 1956 e fu sepolta nel cimitero dei parigini russi.
Suo figlio Rostislav divenne un impiegato della Banca d’Algeria e durante la guerra combatté contro i tedeschi militando nelle file dell’esercito francese. Morì nel 1965. Il nipote di Kolčak, Aleksandr, nacque nel 1933 e vive a Parigi.
Kolčak dopo il divorzio, iniziò una relazione con una donna di nome Anna Timireva. La donna fu arrestata ad Irkutsk insieme a Kolčak. Dopo l’esecuzione dell’ammiraglio trascorse quasi 30 anni prigione. Morì nel 1975 a Mosca.
Luca D’Agostini
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