L’incredibile storia del caso Litvinenko, un agente segreto russo avvelenato con il polonio a Londra, costituisce uno dei tanti tasselli della demonizzazione occidentale nei confronti del Presidente Putin. In questo articolo oltre all’esposizione dei già noti fatti di cronaca mi soffermerò sulle assurdità di una arbitraria inchiesta politica condotta nel Regno Unito e che va ad ampliare la folta schiera di quegli ossessionati dalla figura del Presidente Putin e per i quali ogni cosa accada è da attribuire alla volontà e responsabilità del Presidente Russo.
Aleksandr Litvinenko, era un ex sottotenente dell’Armata Rossa assegnato successivamente, prima al KGB e poi ad unità di antiterrorismo dell’FSB e divenuto in seguito cittadino britannico il 13 ottobre 2006. (1) (2) Era intimo amico dell’oligarca e mafioso russo Boris Berezovskij, come lui esule in Gran Bretagna. L’avvelenamento di Litvinenko avvenne il 1° novembre 2006 all’Hotel Millenium di Londra in Grosvenor Square mediante una sostanza radioattiva denominata Polonio 210. La morte di Litvinenko avvenne dopo una lunga agonia, il 23 novembre 2016, nell’ospedale London University College Hospital presso il quale era ricoverato. (3) Secondo una assurda inchiesta condotta nel Regno Unito, il Presidente Vladimir Putin in persona “probabilmente approvò” l’eliminazione dell’ex agente segreto perchè secondo l’accusa aveva cominciato a svelare le trame delle bande criminali russe, le loro connessioni e le loro protezioni al Cremlino. (1)
L’inchiesta si concluse con quello che di fatto è un riassunto dei fatti già di pubblica conoscenza. Infatti, già nel 2006 si conoscevano i nomi di Andrej Lugovoj e Dmitry Kovtun, accusati di aver versato la sostanza radioattiva in un the bevuto dall’ex spia a metà pomeriggio al bar dell’Hotel Millenium successivamente all’incontro avvenuto tra Litvinenko ed il pluripregiudicato faccendiere italiano Mario Scaramella presso il ristorante sushi Itsu a Piccadilly Circus. Si sapeva che dopo aver incontrato Lugovoj e Kovtun, Litvinenko prima di tornare presso la propria abitazione si recò a fare visite al suo amico Berezovskij. Si sapeva altresì che Lugovoj e Kovtun erano tornati a Mosca, si sapeva che erano due ex agenti del KGB e che una volta rimpatriati beneficiarono di ampie protezioni. Conosciuta era anche la causa della dolorosa morte di Aleksandr Litvinenko. Si sapeva già infatti che l’ex agente segreto venne avvelenato dal Polonio 210, che una volta ingerito provoca vomito, diarrea, cefalea e dolori addominali. Il polonio 210 causa una morte lenta, così i giorni seguenti l’avvelenamento il soggetto avvelenato perde i capelli e soffre un grave danneggiamento del fegato, dei reni, dei polmoni e del midollo osseo. La morta è simile a quella provocata da un tumore fulminante. Per uccidere un uomo adulto basta una quantità di polonio 210 pari alla
duecentesima parte di un granello di sale da cucina e per uccidere Litvinenko sono stati utilizzati 10 microgrammi di Polonio, sufficienti per uccidere circa 150 persone. (1)(3)
L’unica novità dell’inchiesta condotta nel Regno Unito riguarda l’accusa esplicita al Presidente Vladimir Putin, accusa che però non è circostanziata. Leggete bene questa frase del magistrato responsabile dell’inchiesta, Sir Robert Owen: “I due accusati con forte probabilità agirono sotto la direzione del servizio segreto russo FSB e tenuto conto di tutti gli elementi e le analisi a mia disposizione l’operazione per assassinare Litvinenko fu probabilmente approvata da Nikolai Patrushev, all’epoca capo dell’FSB, come anche dal Presidente Putin.” E ora considerate la tempistica dell’inchiesta avviata il 22 luglio 2014 ovvero poche settimane dopo lo scoppio della crisi ucraina, con il colpo di stato appoggiato dall’Occidente ed il rovesciamento del legittimo e democraticamente eletto governo ucraino di Yanukovich, seguito dal referendum che sancì l’indipendenza della Crimea dall’Ucraina e subito dopo la scandalosa imposizione delle sanzioni alla Russia. (1) Infatti l’inchiesta non nasce dalla magistratura britannica, che aveva già svolto e bene le indagini nel 2006, ma è stata avviata su precisa richiesta del governo britannico, come risulta alla pagina 7 dal rapporto ufficiale che trovate qui e in cui Sir Owen afferma che: “il 22 Luglio 2014 il Segretario di Stato agli Affari Interni Theresa May ha annunciato, in una dichiarazione scritta presentata dinanzi alla Camera dei Comuni, che si sarebbe aperta un’inchiesta circa la morte di Alexander Litvinenko”. In pratica l’ammissione che l’indagine ha avuto una chiara origine politica, provenendo l’input niente meno che dal Ministero degli Interni britannico e nonostante vi fosse già un precedente investigativo all’epoca dei fatti. (4)
Ora, non necessariamente occorre essere un avvocato, ma chiunque sa che non si possono emettere verdetti sulla base di supposizioni: affermare che molto probabilmente una persona è responsabile è, giuridicamente, un’aberrazione. O è colpevole e si hanno le prove o non può essere additata come responsabile, a meno che non prevalgano altre considerazioni, ad esempio di natura politica. (1) Inoltre, per quanto riguarda il polonio, Sir Owen afferma che viene prodotto in alcuni laboratori statali russi e che, “nonostante non si possa dire che il polonio-210 col quale il signor Litvinenko è stato avvelenato debba provenire dagli impianti Avangard, esso potrebbe certamente provenire da lì.” Quindi, ad un “probabilmente” riferito al Presidente Putin, occorre aggiungere un “potrebbe” riferito al polonio. Non una base solida, se pensiamo che la produzione di polonio avviene, seppur in quantità minori, anche in Occidente. (4) Infatti il fisico statunitense Prof. William Happer, professore di Fisica all’Università di Princeton e durante l’amministrazione Bush dal 1991 al 1993 Direttore del Dipartimento di Energia dell’Ufficio di Scienza, sostiene che non sono attendibili le dichiarazioni della scrittrice anti-russa Masha Gessen la quale sosteneva che la Russia era l’unica fonte possibile dove reperire il polonio, in quanto come afferma il Prof. Happer il polonio stesso è relativamente facile da acquistare da una molteplicità di fonti. (5) Ecco che allora ricondurre così direttamente al governo russo quella che sarebbe la maggiore prova a carico pare davvero troppo consequenziale. Soprattutto se poi si scopre che nel dossier britannico non viene
riportato che nel 2006, durante una conversazione cordiale tra l’ex agente della CIA Henry Crumpton e l’alto ufficiale dell’FSB Anatolij Safonov, il russo rivela che già da prima che Litvinenko venisse avvelenato i servizi russi erano a conoscenza che a Londra erano presenti persone con materiale radioattivo, ma che gli inglesi avevano rassicurato che tutto fosse sotto controllo. Evidentemente non proprio tutto! Inoltre si fatica a credere che i due presunti killer, Lugovoj e Kovtun, avessero così tanto polonio su di loro da lasciarne traccia ovunque, dalle poltrone dell’hotel in cui effettivamente incontrarono Litvinenko ai sedili dell’aereo con cui lasciarono Londra, e a rimanere a tutt’oggi in vita ed in buona salute. (4) Possibile che agenti segreti incaricati di una missione così delicata fossero dei perfetti idioti capaci di sparpagliare ovunque un potentissimo veleno anziché tenerlo ben chiuso ed al sicuro? (3) Per quanto riguarda Andrej Lugovoj c’è poi da aggiungere che Blake C. Burgess, un professionista inglese esperto di poligrafia, riconosciuto internazionalmente, fece un test della verità ad Andrej Lugovoj dal quale emerse che disse la verità quando negava di aver mai avuto a che fare con la morte di Litvinenko e che lo stesso non bevve nulla durante l’incontro avvenuto insieme a Kovtun. (2) (5)
Sir Robert Owen da poi una discreta importanza ad una breve dichiarazione di Litvinenko dal letto di morte, in cui punta il dito nettamente e senza giri di parole sul Presidente Vladimir Putin, quale mandante del proprio omicidio. Ma allora chiediamoci perché Litvinenko criticasse il Presidente russo e cosa mai quest’ultimo avesse da temere da lui. Quali accuse ha formulato Litvinenko? Se analizziamo l’insieme delle sue dichiarazioni, scopriamo che ha accusato il Presidente Putin in pratica di qualsiasi cosa. Nell’ordine, ha ritenuto responsabile il governo russo, dal 1999 al 2006 (ovvero dall’ascesa del Presidente Putin al Cremlino), di aver organizzato le stragi delle bombe degli appartamenti di Mosca del settembre 1999 e gli attentati al parlamento armeno dell’ottobre 1999; di aver cooptato terroristi ceceni per il massacro al teatro Dubrovka a Mosca del 2002; di aver portato a termine la terribile strage nella scuola di Beslan del 2004 come operazione false flag (per chi fosse interessato ad analizzare questo evento, in data odierna ho pubblicato un articolo riguardante la strage di Beslan); di aver infiltrato gruppi fondamentalisti islamici per gli attentati alla metropolitana di Londra del 2005; di finanziare ogni gruppo terroristico del pianeta, dall’Irlanda al Medio Oriente, citando, tra gli altri, il famigerato terrorista internazionale Carlos e Ocalan; di aver legami consolidati con Al-Qaeda; di aver montato ad arte la violentissima polemica sulla pubblicazione in Danimarca di vignette satiriche su Maometto al solo scopo di punire i danesi per non aver concesso l’estradizione di alcuni terroristi ceceni; dell’assassinio della giornalista Anna Politkovskaja. Inoltre, Litvinenko ha accusato il Presidente Vladimir Putin di favorire personalmente il traffico di droga in Afghanistan, di essere in buoni rapporti con la mafia russa sin dagli anni novanta ed addirittura di essere un pedofilo. Tra tutte queste assurde e false accuse, ha pure accusato l’ex Presidente del Consiglio italiano Romano Prodi di aver lavorato al servizio del KGB nel corso della guerra fredda. Ora, a sostegno di tutte queste accuse ovviamente non è stata fornita alcuna prova, al di là della loro evidente enormità e bizzarria. Anzi occorre ricordare che Litvinenko stesso aveva stretti rapporti con la mafia russa come dimostrano i suoi legami con l’oligarca e mafioso russo fuggito in occidente Boris Berezovskij. Soffermiamoci quindi a ragionare: le insinuazioni di Litvinenko ricalcano perfettamente quelle che ogni giornalista russofobo d’occidente muove al Presidente Vladimir Putin da quasi vent’anni e che dal popolo russo vengono praticamente ignorate.
Per cui, in cosa consisterebbe il pericolo per il Presidente? In dichiarazioni prive di fondamento e senza lo straccio di indizi o di una minima prova e già ripetute da anni dalla propaganda dei media occidentali? (4) Sarebbero queste le ragioni per cui si è compiuto un omicidio su mandato in modo così spettacolare, utilizzando una sostanza facilmente tracciabile, rarissima e costosissima (la quantità di polonio utilizzata sarebbe costato decine di milioni di dollari) invece di un comune e rapido veleno oppure un’arma da fuoco, consentendo così a Litvinenko di fornire prove ed informazioni riguardo le sue accuse? (3) (4) Quindi se questo castello indiziario vacilla per mancanza di contenuti effettivi, non potrebbe forse trattarsi di un’operazione politica, l’ennesimo episodio della guerra dei media imbastito per screditare la Russia agli occhi dell’opinione pubblica occidentale? (4) Ricordiamoci infatti che chi ha ucciso Litvinenko sapeva che l’agonia sarebbe durata molti giorni e che addirittura potesse essere ripresa dai media giorno per giorno come in realtà è accaduto per sensibilizzare l’opinione pubblica mostrando quotidianamente le sofferenze di un uomo e potendo continuamente associare la crudeltà delle immagini riprese dal letto dell’ospedale con l’accusa al Presidente Putin. Una goccia cinese utilizzata dall’informazione occidentale a meri scopi di propaganda anti russa. Chi aveva questa esigenza quindi poteva essere solamente chi voleva far credere all’opinione pubblica occidentale che la responsabilità dell’avvelenamento, delle sofferenze atroci e della morte di Litvinenko dovessero essere attribuite al Presidente Putin. D’altronde tutta la gestione della pianificazione e dell’esecuzione dell’assassinio risulta talmente cialtronesca da far seriamente sospettare che sia stata costruita ad arte.
Le stranezze sul caso non finiscono comunque qui. La moglie di Litvinenko, Marina, ha dichiarato che il marito si sarebbe convertito all’Islam durante la sua permanenza in Inghilterra, dopo aver fatto amicizia con alcuni politici ceceni. Come interpretare un’informazione simile? Né è l’unica rivelazione della moglie di Litvinenko, che ha pure dichiarato che il marito era un consulente dei servizi segreti inglesi e che i servizi segreti russi lo volevano morto in quanto venduto e traditore. Ma se era così chiaro che volessero ucciderlo, perché Litvinenko incontrò, quasi ingenuamente, proprio due ex-colleghi? Forse perché, da quel poco che si è venuto a sapere non era veramente una spia ma i suoi incarichi al FSB erano quelli di un poliziotto. E quindi, di nuovo, che senso ha? Ad aumentare il caos non potevano poi mancare le dichiarazioni in totale controtendenza di Maksim Litvinenko, fratello di Aleksandr, il quale in almeno due occasioni ha rilasciato interviste spiegando che non ritiene in alcun modo il governo russo colpevole dell’assassinio del fratello, che il suo annuncio finale dal letto di morte è un falso e che Litvinenko era in realtà, pur facendo propaganda in senso opposto, rimasto fedele a Mosca e che aveva raccolto informazioni su dissidenti russi in Inghilterra, preparandosi a tornare in Russia, e che per questo, se qualcuno aveva interesse ad ammazzarlo, bisognava al contrario pensare agli 007 inglesi.
(4) Infatti, tutte le dichiarazioni e interviste rilasciate sul letto di morte da Litvinenko, in cui questi avrebbe accusato il Presidente Putin di averlo fatto avvelenare, sono state rilasciate esclusivamente ad Alex Goldfarb, un russo che a New York dirige l’International Foundation for Civil Liberties di Berezovsky, l’oligarca mafioso russo nemico del Presidente Vladimir Putin. Prima di ciò Goldfarb aveva lavorato in una delle tante fondazioni di George Soros, altro nemico dichiarato del Presidente. (6)
La conclusione è chiara come afferma Marcello Foa (giornalista e docente di Comunicazione e Giornalismo presso l’Università della Svizzera Italiana a Lugano): “Sembra tanto una manovra per screditare la Russia, in un’epoca in cui le guerre non si combattono solo con le armi ma anche, e talvolta soprattutto, con strumenti opachi, asimmetrici, invisibili al grande pubblico. Ed è noto a tutti che Washington, di cui Londra è il più fedele alleato, voglia arrivare ad un cambio di governo a Mosca, dunque alla caduta di Putin. A tal fine, tutto aiuta.” (6) Anche un’inchiesta farsa, di carattere politico, dove si dichiara che l’imputato probabilmente poteva essere a conoscenza dei fatti e la quale ha l’unico scopo di contribuire a quell’insieme di menzogne create ad arte per screditare il Presidente Vladimir Putin.
Luca D’Agostini
Fonti:
(3) Gli elementi che non tornano
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