Questo articolo è dedicato ad Aleksandr Jurevič Borodaj, il capo dell’Unione dei Volontari del Donbass. All’interno dell’articolo è presente un estratto di un intervista rilasciata da Borodaj, in modo tale che avrete l’opportunità di conoscere ed apprezzare il suo pensiero in relazione agli eventi accaduti e che tutt’ora accadono nel Donbass.
Aleksandr Jurevič Borodaj è nato a Mosca il 25 luglio 1972.
Ha partecipato agli eventi di settembre-ottobre 1993 a Mosca, schierandosi dalla parte del Consiglio Supremo della Federazione Russa che si opponeva al presidente Boris Eltsin.
Nel 1994 si è laureato in filosofia all’Università Statale di Mosca. E’ specializzato in filosofia sociale, con una tesi su “Conflitti etnici e teoria delle élite“.
Da giugno del 1994, durante la prima guerra cecena, in qualità di giornalista è stato inviato di guerra per il gruppo media RIA Novosti.
Il 16 maggio 2014 era stato eletto come il primo Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Popolare di Donetsk. E’ rimasto in carica per pochi mesi, in quanto il 7 agosto 2014 rassegnò le proprie dimissioni, motivandole con queste parole: “Annuncio le mie dimissioni in quanto mi occuperò di un altro incarico. Sono venuto qui come manager per la gestione della crisi quando la Repubblica Popolare di Donetsk era in fase di realizzazione. Ora è uno stato reale. Ha un esercito governativo. La Repubblica è divenuta un soggetto di diritto internazionale“.
Dal 2015 dirige l’Unione dei volontari del Donbass. Il Servizio di Sicurezza dell’Ucraina, ha annunciato che Borodaj è ricercato con l’accusa di creare un’organizzazione terroristica (articolo 258-3 del codice penale dell’Ucraina). E ciò ha del paradossale: un governo golpista accusa di terrorismo chi si oppone alle conseguenze del colpo di stato e chi difende la propria terra e la propria comunità dalle violenze perpetrate da bande neo naziste che trovano la loro legittimazione proprio tra i leader golpisti di Kiev.
Come accennato all’inizio dell’artico, di seguito potrete leggere l’estratto di un intervista rilasciata da Aleksandr Borodaj nel dicembre 2018 al giornale “Zavtra”.
Zavtra: “Aleksandr Jurevič Borodaj, l’Unione dei Volontari del Donbass esiste da tre anni. Forse, nell’opinione pubblica non c’è una chiara comprensione di che tipo di organizzazione sia: un club di veterani della guerra del Donbass, una fondazione di beneficenza, un reggimento militare, una forza politica?”
Aleksandr Jurevič Borodaj: “In linea di massima, l’Unione dei Volontari del Donbass è quasi tutto questo. Prima di tutto, è una missione sociale e umanitaria. Esistono ancora volontari nelle repubbliche popolari del Donbass. Certo, non nella quantità del 2014-2015. Ma i volontari stanno tuttora combattendo e morendo. Dobbiamo prenderci cura delle vittime, una ad una. Di conseguenza, aiutiamo a seppellire, se necessario, forniamo assistenza materiale alle famiglie. Curiamo i feriti. L’Unione è anche impegnata nella socializzazione dei volontari: per quanto possibile, stiamo riportando le persone ad una vita pacifica. Prima di tutto, stiamo parlando, ovviamente, dell’occupazione. Interagiamo con le autorità e con gli uomini d’affari. Non chiediamo denaro a nessuno. Ma quando le persone sono pronte ad aiutare, ad esempio, con l’impiego dei nostri compagni, ne siamo molto, molto grati.
Un’altra importante funzione è di natura socio-politica. Tutti sanno che ci sono volontari, ma a volte nella società non si sa come trattare i volontari. Quindi, la nostra importante funzione è l’introduzione nel contesto pubblico del concetto di volontariato in combattimento. Non volontari che aiutano le donne anziane oppure i gatti, ma volontari combattenti. Dopotutto, questo fenomeno è caratteristico del nostro Paese. Si può dire che i primi volontari furono espressione della milizia di Minin e Požarskij. Pensiamo alla milizia nella Guerra Patriottica del 1812. Oppure ai volontari che sono andati a combattere nella guerra turco-serba, aiutando la Serbia che cercava di liberarsi dal giogo ottomano.
Al giorno d’oggi, è stata la guerra del Donbass a mostrare il carattere di massa del movimento dei volontari. Ci sono 11 mila persone nelle nostre file. E non c’è dubbio che la nostra Unione sia un’organizzazione politica. Qualsiasi organizzazione sociale, persino un gruppo di tessitori di macramè fa parte della politica. Inoltre, è evidente che l’Unione unisce persone appassionate. Il fatto è che tutte le forze patriottiche della Russia, dall’estrema sinistra all’estrema destra, hanno nominato i loro rappresentanti nel Donbass. Nella guerra, nella stessa trincea, tutti erano in grado di superare le contraddizioni ideologiche, unite sulla piattaforma del tipico patriottismo russo, nell’aiutare il popolo russo del Donbass.
Inoltre, non nascondo che l’Unione dei Volontari del Donbass ha carattere di mobilitazione militare, ma non siamo un reggimento militare inquadrato nelle forze armate governative. Un altro fattore importante consiste nel fatto che se i volontari russi fossero disponibili per contribuire a risolvere alcuni problemi geopolitici che riguardano la Federazione Russa, siamo pronti a cooperare. Non lo nascondo
Pertanto, l’Unione dei Volontari del Donbass è potenzialmente una forza politica seria ma che non si cimenta nei giochi parlamentari e nelle elezioni. Il Presidente della repubblica Popolare di Donetsk ci soddisfa completamente. Ma se dovesse accadere qualcosa di sbagliato dal nostro punto di vista, abbiamo l’opportunità di intervenire politicamente. Le agenzie di intelligence occidentali stanno lavorando molto intensamente contro di noi“.
Zavtra: “È possibile descrivere il tipico volontario partecipante alla guerra del Donbass?”
Aleksandr Jurevič Borodaj: “I volontari sono affluiti con alcune ondate. Secondo me, l’ondata più brillante e qualitativa di volontari è composta da quelli accorsi nel primo periodo: in aprile, maggio, giugno 2014. Queste persone hanno assunto il massimo rischio, poiché la posizione della Federazione Russa non era ancora chiaramente definita. E di conseguenza, prevedere il destino del futuro non è stato facile. Ora lo Stato ci dà supporto. Aiuta ad erigere monumenti ai volontari: in Crimea ed a Rostov-sul-Don, i memoriali vengono aperti con l’aiuto e la partecipazione di alti funzionari governativi. Quindi, i volontari sono percepiti, mi scuso per l’alta stima, come eroi.
Se prendiamo la fascia di età, è chiaro che ci sono sempre delle eccezioni alle regole, nel nostro caso vi sono sia volontari molto giovani che anche persone anziane. Ma il gruppo principale di volontari ha tra i 30 e i 50 anni, veri uomini russi. Molti sono miei coetanei, io sono nato nel 1972. Cioè, le persone che si sono formate negli anni più difficili per la Russia, e il cui sentimento, se vuoi, del bisogno di vendetta nazionale è particolarmente acuto. Queste persone hanno iniziato il loro corso di vita in Unione Sovietica, hanno vissuto in un grande Paese e lo ricordano, anche se sono ricordi puramente giovanili. Poi l’impero sovietico crollò, diventando un vero nulla. E poi da questa nullità divenne, come una fenice dalle ceneri, nuovamente un grande Paese. E queste persone sono naturalmente interessate alla crescita continua.
In particolare la spina dorsale del movimento volontario è composta da persone con esperienza di combattimento. Alcuni hanno combattuto in Transnistria, altri hanno combattuto in Cecenia, qualcuno in Tagikistan. Ciò contribuisce all’efficacia delle nostre formazioni.
È stato interessante registrare da dove provengono i volontari. Per molto tempo non sono riuscito a capire perché così tanti volontari dell’Estremo Oriente. Sto cercando di capire cosa significa, guardo i nomi e sono interamente di origine ucraina, come la mia. Confronto i fatti, analizzo e sono giunto a questa conclusione. Durante la riforma agraria attuata da Pëtr Arkad’evič Stolipin, i contadini della cosiddetta Slobozhanshchina poterono lasciare i loro sovrappopolati territori per raggiungere nuove terre fertili. Questo progetto si concentrava soprattutto al di la degli Urali. Così, dal 1908 fino all’inizio della prima guerra mondiale, migrarono circa 2,8 milioni di persone in Siberia e nell’Asia Centrale. Questi contadini provenivano dalle attuali regioni ucraine orientali. Questi volontari sono i loro discendenti, sono dei veri «ucraini imperiali» i quali semplicemente non capiscono la divisione della loro terra dalla Russia. E nel Donbass proteggono l’unità del grande popolo russo.
Molti volontari provengono da Altaj. I sentimenti patriottici sono molto forti in quella regione, le persone sono indipendenti e formidabili cacciatori.
Tra Mosca e San Pietroburgo, è stata San Pietroburgo ad offrire il numero maggiore di volontari. Ma la capitale si è rivelata un formidabile esercito di guerrieri via internet“.
Zavtra: “In qualche modo hai detto che se più rappresentanti delle “truppe da divano” arrivassero al Donbass, allora tutto sarebbe potuto andare diversamente”.
Aleksandr Jurevič Borodaj: “Quando nella primavera e nell’estate del 2014 sono venuto a Mosca per uno o due giorni per negoziare, ho sempre incontrato persone che sinceramente mi chiedevano: «Quando arriverete a Kiev? Perché ancora non avete conquistato Char’kov?» Credevano avessimo la forza di fare tutto ciò, ma in realtà c’erano 3.000 persone che combattevano come volontari sul territorio della Repubblica Popolare di Donetsk e dovevano affrontare decine di migliaia di militari ucraini, anche se scarsamente addestrati e scarsamente armati.
Se fosse giunta nel Donbass una enorme quantità di volontari, la situazione sarebbe stata più facile. Anche l’effetto politico sarebbe stato tremendo. È chiaro che ci sono stati quelli che hanno guidato il lavoro dal fronte ideologico o hanno raccolto aiuti umanitari. E questo è importante e necessario. Tuttavia, la cosa più importante è dimostrare il potere del movimento in tutto il mondo. I volontari giunsero nel Donbass prima a dozzine, poi a centinaia, poi a migliaia. Ma se fossero immediatamente giunti decine di migliaia di volontari, la situazione sarebbe stata risolta molto tempo fa.
E esattamente lo stesso si può dire della popolazione locale. La stragrande maggioranza del Donbass desiderava molto diventare Russia, come accaduto in Crimea. Molti però hanno aspettato passivamente il «miracolo di Crimea» e si sono uniti alla milizia solo quando videro con i loro occhi cosa era la giunta di Kiev. Anche se la parola «giunta» si adatta male alla feccia che siede in posizioni di rilievo a Kiev. Quando tutti hanno visto che sono capaci di bombardare le aree residenziali, quando sono state dimostrate le mostruose atrocità delle bande neo naziste, allora si è mobilitato un gran numero di popolazione locale. Molti si unirono alla milizia quando realizzarono che la guerra è una realtà ineludibile, che la loro casa deve essere protetta proprio qui e ora. Tuttavia, è stato perso tempo“.
Zavtra: “Avete vinto?”
Aleksandr Jurevič Borodaj: “Sì, penso che questa sia una vittoria, perché siamo fuori da una situazione critica. Se nel maggio-giugno 2014 pensavo questa fosse un’illusione, poi da luglio fino a metà agosto 2014 ho seriamente temuto di non uscire vivo da questa situazione. Ma questo non è successo, grazie a Dio. Le nostre grandi vittorie sono state decisive: il calderone del sud, poi il calderone Ilovaiskij. Abbiamo raggiunto Mariupol, avremmo dovuto conquistarla, ma non ce l’abbiamo fatta.
Tutta la Russia, non solo il Donbass, è stata ispirata da questa serie di vittorie di alto profilo. E il flusso di volontari è notevolmente aumentato. Un altro importante periodo di attività militare è avvento a febbraio 2015 con l’operazione Debaltsevo. Dopo questa, non sono avvenute altre significative battaglie nel territorio del Donbass“.
Zavtra: “Per molti anni sei stato un eminente analista politico. Diventando il Primo Ministro della Repubblica Popolare di Donetsk, sei diventato un politico”.
Aleksandr Jurevič Borodaj: “Correggerò un po’. Non ero tanto un politologo quanto un consulente politico. L’analista politico non sempre dice la verità, spesso segue la linea del partito che paga per le sue attività. Ho lavorato come consulente e lui, come il medico, è obbligato a dire cose difficili e spiacevoli al cliente. E suggerire metodi per risolvere i problemi.
La mia premiership nella Repubblica Popolare di Donetsk è stata una mossa forzata. Prima di Donetsk, ho partecipato a molti progetti sociali e politici interessanti in diverse regioni del mondo. E ho sempre cercato di stare dietro le quinte degli eventi, quel ruolo mi andava bene. Ed anche qui stava accadendo la stessa cosa. Ma è stato necessario uscire alla ribalta. Decisi che sarei stato me stesso, cioè, non avrei ingannato nessuno. In particolare, sono stato l’oratore principale in diversi raduni di Donetsk. E non ho mentito al pubblico, non ho fatto promesse non realistiche. Quindi, non ho mai affermato che le autorità russe sostengono il Donbass, ho detto: «La Russia e il popolo russo ci sostengono». Io stesso sono un membro del popolo russo che è giunto nel Donbass per sostenere i propri fratelli. Dico anche che il governo della Federazione Russia è venuto in soccorso del Donbass. Sfortunatamente, finora l’assistenza della Federazione Russa si è limitata a forme diplomatiche ed umanitarie. Ma ci sono ragioni sostanziali per questo“.
Zavtra: “In seguito ai bombardamenti ed alla morte dei civili abitanti nel Donbass, vengono regolarmente tirati in ballo gli accordi di Minsk”.
Aleksandr Jurevič Borodaj: “Gli accordi di Minsk sono parte del necessario gioco diplomatico che la Federazione Russa sta conducendo con i suoi avversari occidentali. A causa di certe regole politiche era impossibile non prendere parte a questi negoziati. Inoltre, le logiche diplomatiche degli accordi di Minsk consentono alle repubbliche del Donbass di diventare più forti nella coscienza pubblica di altri Paesi.
Ma dobbiamo subito ricordare che i veri obiettivi di “Minsk” sono diversi per tutte le parti in causa. Ed era chiaro fin dall’inizio che nessuna delle due parti aveva intenzione di rispettare i paragrafi degli accordi di Minsk. Ogni parte in causa ha firmato l’accordo per proprie ragioni. Oggi, il formato di Minsk è del tutto privo di significato, tutti lo sanno. I negoziati procedono come al solito. Tutte le parti stanno solo aspettando l’opportunità a loro più confacente per realizzare i propri piani.
Ucraina e Stati Uniti sono una delle parti in causa. Non dico solo l’Ucraina perché il governo di Kiev è un burattino nelle mani dei servizi speciali statunitensi. Loro stanno aspettando una sorta di disordine in Russia e le futura elezione di un presidente diverso dal presidente Putin, così poi tenteranno di invadere militarmente il Donbass. Noi da parte nostra stiamo aspettando che l’Ucraina imploda naturalmente. E quando una di queste cose accadrà, la situazione politica nel Donbass cambierà in modo significativo.
Dovrebbe essere chiaro che l’intero gioco in Ucraina è un gioco tra noi e i servizi segreti statunitensi. Non hanno iniziato con Maidan. Iniziarono sostenendo il malcontento degli oligarchi ucraini i quali avevano semplicemente paura di perdere le loro risorse e opportunità. E’ stata poi una parte degli oligarchi ucraini a dare il via agli eventi di Maidan, anche utilizzando fondi privati molto consistenti. I servizi di intelligence occidentali sono intervenuti nella fase di rovesciamento di Janukovič. Le attuali autorità di Kiev sono al 100% marionette dei servizi segreti statunitensi. L’unica cosa che gli americani non possono fare è impedire il processo di furto di denaro da parte dei politici ucraini. Ma ciò accade inesorabilmente perché l’istinto di furto dell’attuale élite ucraina supera tutti gli istinti base dell’essere umano. Gli americani semplicemente non potranno mai farcela ad evitarlo.
Con dispiacere noto che gli europei sono costretti a seguire la linea politica statunitense. Non solo perché gli Stati Uniti sono ancora i dominatori militari e finanziari globali, ma anche perché hanno un’unica élite, anche se nascosta dietro le cortine della loro lotta bipartisan, che promuove il concetto di sviluppo degli Stati Uniti come un soggetto egemone mondiale. Ciò non significa che l’élite americana sia monolitica, incapace di biforcazioni e trasformazioni. In sostanza, Trump è la personificazione della crisi nella politica statunitense. Ha portato una tremenda tensione nella loro realtà politica interna. Ma, come si vede, la politica estera degli Stati Uniti rimane la stessa. E dall’Ucraina stanno attivamente cercando di creare un contrappeso alla Russia, per creare un anti-Russia.
Questo processo è già avvenuto in Polonia, alla quale è stato attribuito il ruolo di avamposto occidentale contro la Russia.
Gli Stati Uniti non si aspettavano che la Russia potesse annettere la Crimea e farlo così rapidamente. Non si aspettavano che almeno una parte del Donbass potesse sfuggire al controllo delle autorità ucraine. Ma a causa di determinate circostanze politiche, siamo costretti ad osservare come l’Ucraina stia lavorando per trasformare la gente in un nemico del proprio sangue e persino della fede“.
Zavtra: “Le due Repubbliche popolari dovrebbero unirsi?”.
Aleksandr Jurevič Borodaj: “È molto difficile che le due repubbliche si uniscano, perché esiste una divisione regionale tradizionale che non unisce affatto Lugansk e Donetsk. Inoltre, Lugansk è più piccola, più debole dal punto di vista finanziario, quindi Lugansk tradizionalmente teme di essere soffocata da Donetsk.
E, soprattutto, non abbiamo bisogno di costruire e completare l’intera statualità regionale. Per ora la guerra nel Donbass continua. Dobbiamo ancora finire il lavoro.
Le due repubbliche popolari hanno l’obiettivo di unirsi alla Russia. Questo non è accaduto per questioni geopolitiche. Ma verrà il momento, e abbastanza presto! E poi il territorio di entrambe le repubbliche, così come quei territori che sono attualmente occupati dal nemico, entreranno a far parte della Federazione Russa. Quali saranno confini di quelle terre che diventeranno parte della Russia, non posso prevederlo. Ma penso che sia molto più a ovest di Donetsk o Lugansk“.
Noi di Madre Russia speriamo con tutto il cuore che ciò accada il prima possibile.
Luca D’Agostini
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