Tutte le formidabili vittorie ottenute dall’Esercito russo nel corso della sua storia, sono ancora vive nella memoria collettiva del popolo russo, ma ve ne sono alcune di queste che sono persino divenute parte della lingua russa. La conquista dell’inespugnabile fortezza di Izmail, costituisce uno di questi esempi. Così, ancora oggi, quando si è di fronte ad una quantità estremamente grande di lavoro che deve essere eseguita in un breve periodo di tempo, si usa l’espressione “взятием Измаила”, si pronuncia: “Vziàtiem Izmaìla” e significa per l’appunto “la presa di Izmail“.
La conquista di Izmail fu l’apoteosi della Guerra Russo-Turca del 1787-1791. La guerra fu scatenata dalla Turchia che cercava di vendicarsi delle precedenti sconfitte. Per raggiungere tale intento, i turchi si affidarono all’appoggio di Gran Bretagna, Francia e Prussia che supportarono la Turchia ma non intervennero con loro eserciti nelle ostilità.
Nel 1787 la Turchia emanò un ultimatum alla Russia chiedendo la restituzione della Crimea, la rinuncia alla protezione della Georgia e l’accettazione che le navi mercantili russe fossero ispezionate durante l’attraversamento dello stretto del Bosforo. Naturalmente la Russia rigettò l’ultimatum e la Turchia dichiarò guerra. Dal canto suo la Russia, consapevole della propria forza militare, decise di sfruttare l’occasione di essere stata aggredita per espandere i possedimenti nella regione settentrionale del Mar Nero. Così ebbe inizio la Guerra Russo-Turca del 1787-1791.
Le battaglie di questa guerra furono assolutamente disastrose per i turchi. L’Esercito russo inflisse una sconfitta dopo l’altra al nemico, sia a terra che in mare. Nelle battaglie della guerra del 1787-1791, brillarono due geni militari russi: il generale Aleksandr Vasil’evič Suvorov e l’ammiraglio Fëdor Fëdorovič Ušakov.

Generale Aleksandr Vasil’evič Suvorov

Ammiraglio Fëdor Fëdorovič Ušakov
Alla fine del 1790, era chiaro che la Turchia stava per essere decisamente sconfitta. Tuttavia, i diplomatici russi non riuscirono a convincere i turchi a firmare un trattato di pace. Si rendeva necessario un altro decisivo successo militare russo.
Le truppe russe si avvicinarono alle mura della fortezza di Izmail, un elemento chiave della difesa turca e considerata la migliore fortezza esistente all’epoca nel mondo. Izmail si trova nell’attuale Ucraina, nella regione di Odessa, Distretto di Kiliskij. La fortezza, situata sulla riva sinistra dell’estuario del Danubio, controllava direzioni strategiche molto importanti. La sua caduta avrebbe creato la possibilità di uno sfondamento da parte delle truppe russe attraverso il Danubio fino alla Dobrugia, minacciando i turchi della perdita di vasti territori e persino del crollo dell’Impero Ottomano.
Preparandosi alla guerra con la Russia, la Turchia aveva rafforzato il più possibile la fortezza di Izmail. I migliori ingegneri militari franco-tedeschi furono impegnati nei lavori di fortificazione, tanto che Izmail fu universalmente considerata inespugnabile. Undici enormi e altissimi bastioni sui quali erano posizionati un totale di 260 cannoni (circa 24 cannoni per ogni bastione rendono l’idea della maestosità della fortezza), un ampio fossato profondo 10 metri, una guarnigione militare perfettamente addestrata e composta da 40 mila soldati turchi, rendevano praticamente impossibile l’assedio e la conquista della fortezza.
Ciò nonostante, il comandante in capo dell’Esercito russo, Sua Altezza Serenissima il Principe Grigorij Aleksandrovič Potëmkin, diede l’ordine di conquistare Izmail affidando l’incarico al conte Ivan Vasil’evič Gudóvič e all’ammiraglio Osip (Iosif) Michajlovič Deribas, un ammiraglio di origini italiane, nato a Napoli con il nome di José de Ribas e discendente da una nobile famiglia spagnola.
Tuttavia, l’assedio alla fortezza di Izmail fu preparato molto lentamente e non fu mai tentato un assalto. Il conte Gudóvič e l’ammiraglio Deribas non erano codardi, ma erano consapevoli dell’impossibilità di portare a termine con successo la missione affidatagli. Così, alla fine di novembre del 1790, Gudóvič e Deribas decisero di ritirare le loro truppe nelle caserme invernali e sospendere le attività di preparazione dell’assedio.
Quando il Principe Potëmkin apprese della decisione dei due comandanti, andò su tutte le furie. Annullò immediatamente l’ordine di ritirarsi nelle caserme invernali e affidò l’incarico della conquista della fortezza di Izmail al generale Aleksandr Vasil’evič Suvorov.

Principe Grigorij Aleksandrovič Potëmkin
I rapporti tra Potëmkin e Suvorov erano pessimi. L’ambizioso Principe Potëmkin era un amministratore di talento, ma le sue capacità di leadership erano molto limitate. Al contrario, la fama del generale Suvorov si diffuse non solo in tutta la Russia, ma anche all’estero. Potëmkin era invidioso dei successi militari di Suvorov e non intendeva fornire al generale una nuova possibilità di eccellere, ma non c’era nulla da fare: Izmail era più importante delle relazioni personali. Tuttavia, si ritiene che il Principe Potëmkin nutrisse segretamente la speranza che Suvorov si sarebbe “spezzato il collo” sui bastioni di Izmail.
Il risoluto Suvorov arrivò nei pressi delle mura della fortezza di Izmail, fece un sopralluogo di perlustrazione e dichiarò: “Questa fortezza non ha punti deboli“. Ma subito dopo dispiegò nuovamente le truppe che stavano abbandonando la zona. Come al solito, con il suo entusiasmo e la sua fiducia nel successo avevano contagiato tutti quelli che lo circondavano.
Qualche anno dopo dichiarò: “Solo una volta nella vita si può assumere la decisione di prendere d’assalto una tale fortezza.“
Suvorov comunque non perse tempo. In soli sei giorni pianificò il piano d’assalto. Attuò un blocco navale e terrestre per evitare qualsiasi rifornimento e contatto esterno della fortezza. Nel frattempo inviò gran parte dei suoi soldati nei villaggi vicini ove fece costruire strutture per l’addestramento al superamento degli ostacoli.
Dopo aver completato i preparativi per la battaglia, il generale Suvorov inviò un ultimatum al capo della fortezza, il famoso comandante ottomano Aydozle-Mehmet Pasha. Lo scambio di lettere tra i due capi militari è passato alla storia. Suvorov in modo estremamente sintetico scrisse: “Sono arrivato qui con le truppe. Ventiquattro ore per arrendervi – libertà. Il mio primo colpo – schiavitù. L’assalto – morte“. Aydozle- Mehmet Pasha rispose scrivendo: “È più probabile che il Danubio scorrerà all’indietro e che il cielo cadrà a terra, piuttosto che Izmail si arrenderà“.
Come già accennato, la fortezza disponeva di un esercito ben addestrato alla sua difesa, composto da 40 mila soldati turchi. L’Esercito russo contava 31 mila combattenti, di cui un terzo erano truppe irregolari. Secondo i canoni della scienza militare, un assalto in tali condizioni è destinato al fallimento. Ed è per questo che la risposta di Aydozle-Mehmet Pasha a Suvorov non risulterebbe presuntuosa, ma abbastanza ragionevole.
Qualsiasi altro comandante si sarebbe davvero “spezzato il collo”, ma stiamo parlando di Aleksandr Vasil’evič Suvorov.
Il giorno pianificato per sferrare l’assalto non fu una sorpresa per la guarnigione a difesa di Izmail, in quanto fu rivelato ai turchi da alcuni disertori delle truppe irregolari che affiancavano l’Esercito russo e che, a quanto parve, non credettero nel genio militare di Suvorov.
Suvorov divise le forze in tre distaccamenti composti di tre colonne ciascuno. Un distaccamento di 9 mila uomini agli ordini dell’ammiraglio Deribas attaccò dal lato del fiume; l’ala destra composta da 7.500 soldati agli ordini del generale Pavel Potëmkin attaccò la parte occidentale della fortezza; l’ala sinistra formata da 12 mila soldati agli ordini del generale Samoilov, attaccò la parte orientale. Duemila cinquecento cavalieri formavano l’ultima riserva di Suvorov, pronti ad entrare in azione nella situazione più critica.
Alle 3 del mattino del 22 dicembre 1790, le truppe russe lasciarono il campo e iniziarono a concentrarsi nei punti stabiliti per sferrare l’assalto. Alle 5:30 del mattino, circa un’ora e mezza prima dell’alba, le tre colonne d’assalto iniziarono il loro attacco. Ne scaturirono immediatamente feroci combattimenti durante i quali i turchi si difesero strenuamente, ma il simultaneo attacco da tre diverse direzioni li disorientò, non permettendo loro di concentrare le loro forze in un’unica direzione.
Alle 8 del mattino divenne chiaro che le truppe russe avevano catturato la maggior parte delle fortificazioni esterne e iniziarono a spingere il nemico verso il centro della città. I combattimenti di strada si trasformarono in una vera e propria carneficina: le strade erano ricoperte di cadaveri, i cavalli fuggivano ovunque e le case bruciavano. Suvorov diede l’ordine di introdurre all’interno della fortezza 20 cannoni leggeri e di colpire con un fioco martellante tutte le strade. Alle 11 del mattino, le unità russe avanzate sotto il comando del generale Boris Lass occuparono la parte centrale di Izmail.
All’una del pomeriggio, la resistenza organizzata fu spezzata. Centri di resistenza indipendenti, furono soppressi dai russi alle quattro di sera.
Alcune migliaia di turchi, al comando di Kaplan Girey, tentarono una disperata fuga dalle mura della fortezza, ma contro di loro Suvorov indirizzò i 2.500 cavalieri russi che costituivano la riserva. Gli esperti cavalieri russi spinsero il nemico sulle rive del Danubio e uccisero uno per uno tutti quelli che erano fuggiti dalla fortezza.
Alle quattro del pomeriggio, Izmail era stata completamente conquistata. Il prezzo pagato dai russi per la vittoria fu di 1815 morti e 2445 feriti. Per le truppe ottomane fu una carneficina senza eguali e indimenticabile: i turchi morti furono oltre 26 mila e oltre 9 mila furono catturati come prigionieri. Altresì, le truppe russe catturarono 265 cannoni, circa 3 mila pud di polvere da sparo (corrispondenti a circa 50 mila tonnellate), 20 mila palle di cannone e molte altre scorte di munizioni, circa 400 stendardi, grandi scorte di provviste e gioielli per un valore di diversi milioni di rubli.
Per l’Impero Ottomano fu un completo disastro militare. E sebbene la guerra finì solo nel 1791 e la pace fu sancita nel Trattato di Iași firmato nel 1792, la caduta di Izmail spezzò il morale dell’esercito turco. Il solo nome di Suvorov li terrorizzava e continua a terrorizzarli tuttora. Dimostrazione se ne è avuta recentemente, quando il 5 marzo 2020, in occasione di una visita al Cremlino del presidente turco Erdogan, per discutere della questione siriana, il presidente Putin fece attendere Erdogan e il suo entourage in una sala dedicate alle guerre russo-turche, e precisamente lo costrinse a sostare di fronte ad un quadro con il ritratto del generale Suvorov. Ebbene, tanto Erdogan quanto nessuno dei turchi presenti nella sala, ebbero il coraggio di alzare lo sguardo in direzione del generale che terrorizzò i turchi.
Di seguito il video che testimonia l’imbarazzo di Erdogan di fronte al ritratto del generale Suvorov.
A seguito della Trattato di Iași firmato il 9 gennaio 1792, la Russia ottenne il controllo sull’intera regione settentrionale del Mar Nero, dal Dnestr al Kuban.
Deliziato dal trionfo del generale Suvorov, il poeta Gavriil Romanovič Deržavin scrisse l’inno “Гром побе́ды, раздава́йся!” (“Lasciate che risuoni il tamburo della vittoria!“) che fu l’inno non ufficiale della Russia dal XVIII secolo all’inizio del XIX secolo. Tale musica è ancora oggi una delle colonne sonore tipiche del giorno degli onori militari in Russia.
Luca D’Agostini
Lascia un commento
Fonti
А. А. Данилов. История России IX—XIX века
Roger Charles Anderson, Naval Wars In The Levant, 1559-1853, Martino Publishing, Eastford 2006
C. Duffy, Russia’s Military Way to the West: Origins and Nature of Russian Military Power 1700-1800, Routledge & Kegan Paul Books Ltd., Londra 1985
Devi accedere per postare un commento.