Con questo articolo ci addentreremo in quello che è l’affascinate mondo delle tradizioni russe. Sarà un argomento molto vario e molto vasto, perlopiù sconosciuto al pubblico Occidentale. Oggi iniziamo con un personaggio delle fiabe russe, conosciuto da ogni bambino russo a cui i genitori leggono le favole. Si tratta di Baba Jaga, la strega malefica dei racconti popolari russi e, secondo la tradizione, nonna del diavolo. Nella lingua russa, “bàba” significa: “vecchia”, “nonna”. (1) Baba Jaga è rappresentata come una vecchia strega, alta, magra, con le gambe di osso, orribile a vedersi, con i capelli scompigliati, il naso di ferro ricurvo e lungo, i denti e il seno di pietra. (2) Nonostante la corporatura esile, Baba Jaga è famosa per il suo terribile appetito, dimostrato dalla quantità incredibile di leccornie che si trovano nel suo forno. (3) Si sposta volando su un mortaio, utilizzando il pestello come timone e cancella i sentieri nei boschi con una scopa di betulla d’argento. Ogni volta che compare, comincia a soffiare un vento molto forte, gli alberi cominciano a scricchiolare e le foglie gemono. (4) I suoi occhi vedono dappertutto, le sue mani arrivano ovunque; le sue orecchie sentono ogni cosa. (5)
Vive nella foresta in una capanna sopraelevata che poggia su due zampe di gallina, servita dai suoi servi invisibili che sono un cancello, un cane, un gatto, un albero e tre paia di mani senza corpo. Per via delle zampe di gallina, la casa è in grado di muoversi girando vorticosamente su se stessa. Il buco della serratura della porta anteriore è costituito da una bocca riempita di denti taglienti, mentre le mura esterne sono fatte di ossa umane delle sue vittime, sormontate da teschi. (3)
Il trattamento della strega verso gli ospiti non è sempre lo stesso. Baba Jaga è molto cattiva, può decidere di uccidere o schiavizzare chi giunge alla sua capanna, ma si può rivelare anche un aiuto prezioso per i virtuosi, i puri di cuore e per chi cerca la conoscenza. (3) Infatti Baba Jaga nelle fiabe russe a volte può essere generosa e fonte di consiglio; ci sono storie in cui la si vede aiutare le persone nelle loro ricerche e storie in cui rapisce i bambini per mangiarli. (2)
A questa figura si collega la leggenda dei tre cavalieri che sono suoi fedeli aiutanti: il Cavaliere bianco, su un cavallo bianco con la bardatura bianca, che rappresenta il giorno; il Cavaliere rosso, che rappresenta il sole; il Cavaliere nero, che rappresenta la notte. Baba Jaga parlerà di loro a chi la interroga. (2)
Esiste una splendida favola che ora vi racconterò che riguarda Baba Jaga ed una bellissima ragazza. Molti lettori non russi di questo articolo non conoscono questa fiaba, ma sono convinto che dopo averla letta rimarrà loro impressa nella memoria e che possano apprezzarla. Il titolo della favola è: “Vassilissa la Bella” e l’autore è Aleksandr Nikolaevič Afanasev, un famoso scrittore russo dell’Ottocento. Questa è una delle più famose fiabe russe e viene solitamente raccontata ai bambini per rincuorarli ed infondere coraggio. Prima, però, mettiamo in chiaro una cosa: nelle fiabe russe non esistono le fate, niente esserini celesti che trasformano zucche in carrozze o topi in cavalli. Infatti in russo le fiabe sono chiamate “skazka” che significa “ciò che si dice”, quindi “storia”; niente a che vedere con la maggioranza delle fiabe occidentali. Ciò non toglie che vi siano personaggi bizzarri, grandi cavalieri e principesse. Ecco quindi di seguito il racconto della fiaba “Vassilissa la Bella”.
C’era una volta e una volta non c’era un mercante. Visse con la moglie dodici anni, ma dal loro matrimonio nacque solo una bambina, la bella Vassilissa. Quando la madre morì la bambina aveva otto anni. Sul letto di morte la mamma chiamò a sé la figlia, prese da sotto le coperte una bambola, gliela diede e disse: “Ascolta piccola Vassilissa! Ricorda le mie ultime parole. Io muoio, e insieme alla mia benedizione ti lascio questa bambola; tienila sempre vicina a te e non mostrarla a nessuno; e se ti troverai in difficoltà, dalle da mangiare e chiedile consiglio. Essa mangerà e ti dirà come tirarti fuori dai guai.” Poi la mamma baciò la figlia, e morì.
Il mercante dopo aver superato il dolore per la morte della moglie, decise di risposarsi. Era un bell’uomo e trovare una fidanzata non gli era difficile; ma più di tutte gli piacque una vedova. Questa donna aveva due figlie, su per giù coetanee di Vassilissa. Il mercante la sposò, ma non trovò in lei una buona madre per sua figlia. Vassilissa era la più bella bambina del paese; la matrigna e le sorelle, invidiando la sua bellezza, la tormentavano imponendole ogni più duro lavoro, affinché dimagrisse dalla fatica e la sua pelle diventasse brutta sotto il sole ed il vento.
Vassilissa sopportava tutto senza lamentarsi, diventando ogni giorno più bella, mentre le figlie della matrigna si facevano sempre più magre e più brutte dalla rabbia, pur standosene sempre sedute a far niente, come signore. Come succedeva? Era la bambola che la madre le aveva donato ad aiutare Vassilissa. Infatti Vassilissa durante la cena metteva da parte un po’ di cibo e la sera, quando tutti erano andati a dormire, lei si chiudeva nella sua stanza e dava da mangiare alla bambola come gli aveva raccomandato di fare la propria mamma. Così Vassilissa diceva: “Tieni bambolina, mangia di cuore e presta orecchio al mio dolore! Vivo nella casa di mio padre, ma per me non c’è nessuna gioia; la matrigna cattiva mi perseguita sin dall’alba. Insegnami: come debbo comportarmi? Dimmi cosa debbo fare? La bambolina finito di mangiare la consiglia, calma il suo dolore, e al mattino tutto il lavoro che la matrigna e le sue figlie avevano ordinato a Vassilissa di fare, era già stato fatto dalla bambolina.
Passò qualche anno; Vassilissa crebbe e divenne una ragazza sempre più bella ed in età per sposarsi. Tutti i ragazzi del paese erano affascinati da Vassilissa e la chiedevano come moglie. Le figlie della matrigna, sempre più brutte, nessuno invece le guardava. La matrigna, incattivita, rispondeva ai pretendenti: “Non darò la più piccola prima delle maggiori!”. I ragazzi allora si allontanavano ma nessuno chiedeva in sposa una delle sue due figlie. Così la matrigna sfogava la sua cattiveria picchiando Vassilissa. Capito così una volta che il padre di Vassilissa dovette star via di casa a lungo, per i suoi affari. La matrigna andò a vivere in un’altra casa; dietro quella casa c’era un bosco nel quale viveva Baba Jaga. Così la matrigna, una volta per un motivo ed una volta per un altro, mandava Vassilissa nel bosco ma lei tornava sempre a casa, senza che le capitasse nulla: la bambolina infatti le indicava la strada e non la lasciava avvicinare alla casa di Baba Jaga.
Venne l’autunno. La matrigna distribuì a tutte e tre le ragazze il lavoro da fare: a una diede da intrecciare un merletto, l’altra doveva far la calza e Vassilissa doveva filare. Spense le luci in tutta la casa, lasciando accesa una sola candela e se ne andò a dormire. Mentre le ragazze lavoravano, una delle sue figlie su ordine della madre, spense la candela. “Che faremo adesso? In tutta la casa le luci sono spente, e i nostri doveri non sono finiti. Bisogna correre dalla Baba Jaga e farsi dare un po’ di fuoco!” dissero le ragazze, le quali poi subito gridarono a Vassilissa: “Tocca a te andare a cercare il fuoco. Corri dalla Baba Jaga!”.
Vassilissa andò nella sua cameretta, pose dinanzi alla bambolina la cena preparata, e disse: “Tieni, bambolina, mangia di cuore e porgi orecchio al mio dolore: mi vogliono mandare dalla Baba Jaga a chiedere il fuoco; la Baba Jaga mi mangerà!” “Non temere, piccola Vassilissa! Con me accanto, la Baba Jaga non potrà farti nulla!” disse la bambolina. Vassilissa quindi si preparò per uscire. Mise in tasca la sua bambolina e, fattasi il segno della croce, entrò nel bosco. Dopo qualche ora che camminava, d’improvviso scalpitò vicino a lei un cavaliere vestito di bianco e con un cavallo bianco. Immediatamente cominciò ad albeggiare. Vassilissa proseguì nel suo cammino e qualche ora dopo apparve un altro cavaliere: vestito di rosso e su un cavallo rosso. Cominciò così a sorgere il sole.
Solo la sera Vassilissa riuscì a raggiungere la casa di Baba Jaga. Lo steccato che la circondava era fatto di ossa umane, sul recinto erano piantati crani umani, provvisti d’occhi; invece della serratura sul portone c’era una bocca con denti aguzzi. D’un tratto arrivò un altro cavaliere: tutto vestito di nero, su un cavallo nero e sopraggiunse la notte. In tutti i crani del recinto si accesero gli occhi. Vassilissa tremava dallo spavento.
Presto s’udì nel bosco un terribile rumore ed arrivò Baba Jaga a cavalcioni su un mortaio. S’avvicinò al cancello e annusando attorno gridò: “C’è odore di russo! Chi c’è qui?” In preda al terrore Vassilissa s’avvicinò a Baba Jaga ed inchinandosi di fronte a lei, disse: “Sono io, nonna! Le figlie della matrigna mi hanno mandata a chiederti del fuoco.” Baba Jaga rispose: “Bene, le conosco. Adesso vivrai un po’ qui e lavorerai per me, solo dopo ti darò del fuoco; altrimenti, ti mangerò!” Poi una volta entrata dentro casa, Baba Jaga disse a Vassilissa: “Dammi quello che c’è nel forno, voglio mangiare.” Vassilissa cominciò a tirar fuori il cibo dal forno ed a porgerlo a Baba Jaga; ce n’era per dieci persone. Mise a tavola anche miele, birra e vino. Baba Jaga mangiò e bevve tutto; a Vassilissa restò solo un po’ di minestra di cavoli e una crosta di pane. Baba Jaga prima di andare a dormire disse: “Domani, quando me ne andrò, tu pulisci il cortile, spazza la casa, prepara il pranzo, lava la biancheria, altrimenti ti mangerò!” Mentre Baba Jaga dormiva, Vassilissa porse alla bambolina i resti della sua misera cena e piangendo disse: “Tieni bambolina, mangia di cuore, e porgi orecchio al mio dolore! Baba Jaga m’ha dato un lavoro pesante da fare e minaccia di mangiarmi se non l’eseguirò tutto. Aiutami!” La bambolina rispose: “Non temere bella Vassilissa, prega, e mettiti a dormire; la notte porta consiglio!”
Al mattino seguente, quando Vassilissa si svegliò, Baba Jaga era appena uscita. Alzatasi, si accorse che il lavoro che doveva svolgere era già tutto fatto. Quando giunse la sera, Vassilissa apparecchiò la tavola ed attese l’arrivo di Baba Jaga la quale una volta tornata si irritò per non aver trovato nulla da ridire sul lavoro che era stato svolto. Baba Jaga mangiò, si preparò per andare a dormire, e di nuovo diede ordine a Vassilissa: “Domani farai lo stesso che hai fatto oggi e in più raccoglierai dalla terra i semi di papavero e li pulirai, semino per semino. Mentre Baba Jaga dormiva, Vassilissa si mise a rifocillare la sua bambolina, la quale dopo aver mangiato le disse come il giorno prima: “Prega e mettiti a dormire; la notte porta consiglio.” Al mattino quando Baba Jaga uscì, Vassilissa e la bambolina fecero subito tutto il lavoro che gli era stato ordinato di fare.
La sera Baba Jaga tornò e si mise subito a cenare. Mentre mangiava, Vassilissa era in piedi silenziosa. “Perché non mi parli? Stai lì come una muta!” disse Baba Jaga. E allora Vassilissa rispose: “Non oso, ma se permetti, vorrei chiederti qualcosa”. Baba Jaga rispose: “Parla, però non tutte le domande portano qualcosa di buono. Molto saprai, presto invecchierai!” Vassilissa prese un pò di coraggio e disse: “Voglio chiederti, nonna, solo una cosa che ho visto: quando venni da te mi sorpassò un cavaliere su un cavallo bianco, lui stesso era bianco, tutto vestito di bianco; chi è?” “Quello è il mio giorno!” rispose Baba Jaga. E Vassilissa continuò: “Poi mi raggiunse un altro cavaliere su un cavallo rosso, era rosso lui pure, tutto vestito di rosso; chi è?” “Quello è il mio sole!” rispose Baba Jaga. Vassilissa allora continuando chiese: “E cos’è il cavaliere nero, che mi raggiunse proprio sulla tua porta, nonna?” “Quella è la mia notte. Sono tutti e tre miei servi fedeli!” rispose Baba Jaga.
“Perché non chiedi ancora?” disse Baba Jaga. Vassilissa rispose: “Mi basta così; tu stessa hai detto, nonna, che chi molto sa, presto invecchia.” Allora soddisfatta Baba Jaga disse: “E’ bene che tu domandi solo di quel che hai visto fuori dalla casa, e non dentro! Ricorda che i panni sporchi si lavano in casa e quindi non devono destare curiosità. Chi lo fa, io me lo mangio!”
Poi Baba Jaga proseguì dicendo: “Adesso domando io: come riesci a fare tutto il lavoro che ti assegno?” Vassilissa tranquillamente rispose: “Mi aiuta la benedizione di mia madre!” Allorché Baba Jaga urlando disse: “Ah, è così? Vattene via, figlia benedetta; a me non servono i benedetti!”. Così trascinò Vassilissa fuori dalla casa, la spinse fuori il cancello, strappò dallo steccato un cranio dagli occhi che ardevano, e, infilatolo ad un bastone, glielo diede e disse: “Eccoti il fuoco per le figlie della matrigna, portalo. È per questo che ti avevano mandato qui.” Vassilissa allora si diresse di corsa verso casa, dove giunse la sera del giorno dopo. Avvicinatasi al cancello di casa, avrebbe voluto gettare via il teschio credendo che ormai avessero già trovato un modo di accendere il fuoco. Ma all’improvviso s’udì una voce profonda uscire dal teschio: “Non gettarmi via, portami alla matrigna!”
Vassilissa guardò verso la casa della matrigna e non vedendo illuminata neppure una delle finestre, decise di entrare con il teschio. Per la prima volta la matrigna e le sue figlie la trattarono molto gentilmente e le raccontarono che da quando lei se n’era andata, non avevano avuto fuoco in casa: loro non erano state capaci d’accenderlo, e qualunque fuoco portato dai vicini si spegneva subito. Ad un certo punto gli occhi del teschio iniziarono a fissare la matrigna e le sue figlie, ardendo sempre più! Quelle tre avrebbero voluto nascondersi, ma non sapevano dove rannicchiarsi: gli occhi le seguivano dappertutto. Al mattino seguente erano tutte e tre completamente ridotte in cenere.
Vassilissa allora seppellì il teschio sotto terra ed abbandonò la casa. Andò in città e chiese ad una vecchietta sola sola di lasciarla vivere con lei, aspettando il ritorno del padre. La vecchietta accettò. Dopo qualche giorno Vassilissa le disse: “Mi annoio a non far niente, nonna! Va e comperami il miglior lino che trovi, così almeno potrò filare. La vecchietta comperò del buon lino e Vassilissa si mise al lavoro. Dopo averne filato una grande quantità giunse il tempo ormai di mettersi alla tessitura, ma non si trovavano telai adatti al filo di Vassilissa. Lei cominciò a chiedere alla sua bambolina, la quale disse: “Portami qualche vecchio telaio da filare e del crine di cavallo ed io arrangerò tutto.” Procurato tutto ciò che occorreva, Vassilissa si mise a letto, e durante la notte la bambolina preparò un ottimo telaio. Alla fine dell’inverno la tela era tessuta. A primavera la sbiancarono, e Vassilissa dice alla vecchietta: “Nonna, vendi questa tela e i soldi tienili per te!” La vecchietta guardò la stoffa e rimase senza fiato: “No, figlia mia, nessuno potrebbe indossare questa tela al di fuori dello Zar. La porterò a corte!” Così andò alla reggia, e si mise a camminare avanti e indietro, proprio sotto le finestre. Lo Zar la vide e le chiese: “Ti serve qualcosa, vecchietta?”. Lei rispose: “Maestà, ho portato una merce molto rara. Non voglio mostrarla a nessun altro che a te.” Lo Zar ordinò di lasciarla entrare da lui, e quando vide la tela rimase tutto affascinato e chiese: “Quanti soldi vuoi?” La vecchietta rispose: “Non ha prezzo, Zar! Te l’ho portata in dono!” Lo Zar allora la ringraziò e prima che la vecchietta se ne andasse le consegnò tantissimi regali.
Le sarte di corte con quella tela volevano cucire delle camicie per lo Zar. Tagliarono il tessuto ma non trovarono una sarta che si prendesse l’incarico di cucirle. Cercarono a lungo, finché lo Zar chiamò la vecchietta e le disse: “Tu che hai saputo filare e tessere una tela come questa, sappi anche cucirne delle camicie.” La vecchietta allora gli disse: “Non ho filato e tessuto io la tela, oh sovrano, questo è il lavoro fatto dalla mia trovatella.” Lo Zar subito disse: “Che le cucia lei, allora!”
Tornata a casa la vecchietta raccontò tutto a Vassilissa, la quale si chiuse nella sua cameretta e si mise all’opera. Lavorò così velocemente che presto fu pronta una dozzina di camicie. La vecchietta le portò allo Zar mentre Vassilissa rimase a casa. Dopo un po’, alla casa della vecchietta arrivò un servo dello Zar, il quale disse: “Lo Zar vuole vedere l’artista che gli ha confezionato le camicie, e ricompensarla con le sue mani.” Quando lo Zar vide Vassilissa s’innamorò di lei di colpo e disse: “Bellezza mia! Io non mi separerò da te. Tu sarai mia sposa!” Così lo Zar prese Vassilissa per le mani, la fece sedere accanto a sé e lì si celebrarono le nozze. Presto fece ritorno anche il padre di Vassilissa, che fu molto felice di quel matrimonio, e restò a vivere a corte così come la vecchietta. La Zarina Vassilissa finché visse portò sempre in tasca la bambolina. (6)
Luca D’Agostini
Fonti:
(2) Baba Jaga
(4) B come Baba Jaga
(5) La strega russa
Devi accedere per postare un commento.