Anton Dostler fu un generale di corpo d’armata della Wehrmacht, condannato a morte da una corte marziale e fucilato dalle forze di occupazione statunitensi, al termine di un processo per crimini di guerra.
Fu il primo generale tedesco a essere condannato a morte e giustiziato dagli anglo-americani al termine della Seconda Guerra Mondiale.1
La sua carriera militare fu pressoché anonima. Non era un militare brillante, era un ufficiale di scarsissimo livello qualitativo il quale aveva svolto la quasi totalità delle sua carriera come carrierista.
Se non fosse stato per i crimini commessi, Dostler non avrebbe lasciato alcuna traccia nella storia, neanche in quella prettamente militare. Invece, questo balordo si macchiò di gravi crimini durante l’invasione dell’Unione Sovietica e poi in Italia, dove pagò il conto nel 1945.
Ma andiamo con ordine.
Anton Dostler, la cui biografia si riduce principalmente a descrivere la sua misera carriera militare, nacque il 10 maggio 1891 a Monaco di Baviera. Lì iniziò la sua carriera militare. Il 23 giugno 1910, Anton Dostler fu arruolato come sergente nel Sesto Reggimento di Fanteria Bavarese e dopo due anni fu promosso tenente.
Allo scoppio della I Guerra Mondiale fu assegnato al 3° Corpo d’Armata Bavarese e ricevette il suo primo incarico di comando solo il 4 dicembre 1915. Il 18 ottobre 1918 fu promosso al grado di capitano.
Nell’autunno del 1924 fu trasferito a Berlino, dove continuò il suo servizio nell’Abwehr (Dipartimento di Intelligence Militare e Controspionaggio all’interno del Terzo Reich). Parallelamente al servizio, Dostler studiò all’Università di Berlino. Il 1 aprile 1932 fu promosso al grado di maggiore.
Dal 24 agosto 1939 al 5 febbraio 1940, ricoprì l’incarico di Capo Ufficio Operazioni dello Stato Maggiore della VII Armata. Il 1º settembre 1941, mentre rivestiva l’incarico di Capo di Stato maggiore del XXV Corpo d’Armata, ricevette la promozione al grado di generale.
Fu impiegato nell’invasione dell’Unione Sovietica. Dal 26 settembre 1941 al 9 aprile 1942 gli fu assegnato il comando della 57° Divisione di Fanteria, con la quale il 23 ottobre 1941 dopo accaniti combattimenti, conquistò la grande città industriale di Char’kov, sita nell’odierna Ucraina. Durante questi combattimenti, diede ordine ai suoi soldati di uccidere i prigionieri di guerra e li autorizzò a compiere massacri nei confronti della popolazione civile. Diciamo che essere stato giustiziato in Italia, fu per questo balordo criminale di guerra una fine molto meno dolorosa di quanto lo sarebbe stata quella in Unione Sovietica.
All’inizio della ritirata delle truppe naziste dall’Unione Sovietica, Dostler fu trasferito in Italia.
Nella notte del 22 marzo 1944 un commando dell’Office of Strategic Services (OSS), il servizio segreto statunitense operante nel periodo della Seconda Guerra Mondiale, composto da 2 tenenti e 13 militari statunitensi di origine italiana e in grado di parlare perfettamente l’italiano, dopo essere stato portato vicino alla costa da alcune motosiluranti, usando tre gommoni sbarcò tra Bonassola e Framura, in una caletta denominata “Scà”. La missione del commando, denominata “Operazione Ginny II” (nel quadro della più ampia “Operazione Strangle”), era di minare la galleria ferroviaria della linea Genova-La Spezia, al fine di interrompere i collegamenti tra il nord Italia e la zona di combattimento della Linea Gustav.2 3 4
Tuttavia, per un errore lo sbarco avvenne lontano dal punto prestabilito, e due giorni dopo (il 24 marzo 1944) i 15 statunitensi, quasi tutti di origine italiana, furono catturati dai tedeschi. Un abitante della zona, avendo notato i gommoni abbandonati e malamente nascosti, avvisò le camice nere presenti nella zona, le quali diedero l’allarme al presidio tedesco.5 Portati prima a Bonassola e poi a La Spezia per essere interrogati, furono messi a disposizione del colonnello Kurt Almers, che dipendeva gerarchicamente dal generale Dostler. Due ufficiali dell’intelligence della Kriegsmarine condussero gli interrogatori nei confronti degli statunitensi, utilizzando anche torture. Uno dei due tenenti statunitensi rivelò alla fine lo scopo della missione, e così il 25 marzo 1944 giunse un telegramma di Dostler, recante l’ordine di fucilare tutti i 15 prigionieri miliari.
L’ufficiale tedesco Alexander von Dohna-Schlobitten si rifiutò di firmare l’ordine di esecuzione, in quanto la fucilazione di militari catturati in uniforme costituiva palese violazione della Convenzione di Ginevra; per questo motivo fu esonerato dal comando e destituito dalla Wehrmacht per insubordinazione. Nelle ore successive furono avanzate più volte, sia dal colonnello Almers sia da altri ufficiali della Kriegsmarine, richieste di annullamento dell’ordine di fucilazione, alle quali tuttavia il generale Dostler rispose negativamente, confermando con un altro telegramma l’ordine. Infatti, Dostler, in qualità di ufficiale grado elevato, era al corrente del cosiddetto “Kommandobefehl“, una direttiva segreta impartita da Hitler in persona il 18 ottobre 1942, secondo la quale ogni commando alleato che avesse messo piede in Europa o in Africa avrebbe dovuto essere immediatamente passato per le armi senza alcun processo, anche se vestiva una regolare uniforme militare, e anche nel caso si fosse spontaneamente arreso.6
Così, i 15 prigionieri furono fucilati la mattina del 26 marzo 1944, a Punta Bianca, nel comune di Ameglia (provincia di La Spezia), e i loro corpi sepolti in una fossa comune situata in un luogo particolarmente impervio e scarsamente frequentato.
Questi i nomi dei 15 soldati statunitensi di origine italiana:4
– Tenente Vincent J. Russo
– Tenente Paul J. Trafficante
– Sergente Livio Vieceli
– Sergente Dominick C. Mauro
– Sergente Alfred L. De Flumeri
– Soldato Salvatore Di Sclafani
– Soldato Santoro Calcara
– Soldato Joseph M. Farrell
– Soldato Johns S. Leone
– Soldato Joseph A. Libardi
– Soldato Joseph Noia
– Soldato Thomas N. Savino
– Soldato Angelo Sirico
– Soldato Rosario F. Squadrito
– Soldato Liberty G. Tremonte
Il 31 luglio 1944, a seguito di una generale riorganizzazione delle unità sul fronte italiano, il LXXV Armee-Korps comandato da Dostler entrò a far parte del dispositivo militare denominato “Armee Ligurien” con l’incarico di presidiare le coste liguri da La Spezia a Nizza, in vista di eventuali sbarchi degli anglo-americani. Il LXXV Corpo d’Armata era un’unità di seconda linea, che durante precedenti combattimenti nella zona di Rimini aveva fornito prestazioni scadenti dal punto di vista militare; era composta dalla 356° Divisione di Fanteria e dalla 162° Divisione di Fanteria “Turkistan” (una divisione che raccoglieva fuoriusciti turchi e disertori azeri, georgiani e armeni,7 i quali alla fine della guerra furono consegnati all’Unione Sovietica e giustamente deportati nei gulag).
Dopo essere stato catturato dai soldati degli Stati Uniti l’8 maggio 1945, Dostler fu inviato a Caserta, dove gli alleati stavano istruendo un processo per crimini di guerra a suo carico. Nel frattempo infatti, anche a seguito dell’intercettazione, effettuata nel marzo del 1944, di una comunicazione radio riguardante l’avvenuta esecuzione di 15 prigionieri, erano emersi gravi indizi nei suoi confronti. Il processo, iniziò l’8 ottobre 1945 e si tenne di fronte a un tribunale militare statunitense allestito all’interno della Reggia di Caserta.
Dostler provò a giustificarsi dicendo che aveva solo obbedito ad un ordine di Hitler e che a confermare il suo ordine fu il capo delle truppe tedesche in Italia, il generale Kesselring.
Tuttavia, le sue dichiarazioni non furono ritenute valide, nonostante avesse dichiarato la verità. La corte, giustamente, non prese in considerazione alcun fattore attenuante ed emise la sentenza di condanna a morte del generale Dostler, che fu eseguita il 1° dicembre 1945. Ciò che stona però, è che il feldmaresciallo Kesselring, il superiore gerarchico di Anton Dostler che aveva confermato la validità del suo ordine, riuscì ad evitare la condanna a morte. Misteri di una giustizia statunitense, che nel 1945 salvò molti nazisti che avrebbero meritato la pena capitale.
In seguito il feldmaresciallo Kesselring, capo delle truppe tedesche in Italia, negò di aver autorizzato Dostler alla condanna a morte dei 15 militari statunitensi. Purtroppo, la deliberata distruzione effettuata dagli statunitensi, alla fine della guerra, degli archivi del feldmaresciallo Kesselring, impedì per sempre di trovare prove di colpevolezza a suo carico.
Altra anomalia: diversamente da quanto sarebbe poi avvenuto nei confronti degli imputati condannati a morte nel successivo Processo di Norimberga, Dostler fu condannato alla fucilazione invece che all’impiccagione, e gli fu concesso di avviarsi al palo indossando il berretto e l’uniforme nella quale erano stati lasciati i distintivi del grado (mentre generalmente i militari condannati a morte vengono privati delle insegne e del copricapo).

Anton Dostler nel momento in cui viene legato al palo pochi istanti prima della sua fucilazione
La sentenza di morte fu eseguita ad Aversa, alle 8.00 della mattina del 1º dicembre 1945, mediante un plotone di esecuzione di 12 soldati statunitensi. Subito dopo l’esecuzione, il cadavere di Dostler fu posto su di una barella, avvolto in un lenzuolo e portato via sul cassone di un camion militare. I suoi resti furono sepolti in una tomba contrassegnata dalla sigla 93/95, nella sezione H del cimitero di guerra tedesco di Pomezia. Tutta la scena della fucilazione fu documentata dalle riprese video di tre telecamere distinte.
Di seguito potete assistere al video dell’esecuzione di Anton Dostler. Si tratta di un eccezionale documento storico, ma le immagini, ad alto impatto emotivo, sono destinate ad un pubblico maggiorenne d’età, e se ne sconsiglia la visione a persone estremamente sensibili.
Luca D’Agostini
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Fonti
1) Antonio Bianchi, La Spezia e Lunigiana: società e politica dal 1861 al 1945, Franco Angeli, Milano 1999, p. 373
2) Ameglia
3) Military Law
4) La Spezia
5) Claudio Biscarini, Soldati nell’ombra, Effegi Edizioni, Arcidosso 2011
6) Hitler
7) Turkmen
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