In questo articolo viene narrata la vita di colui che è considerato l’eroe nazionale russo. Purtroppo la maggior parte delle persone associa il nome “Nevskij” al principale viale di San Pietroburgo ed alla canzone di Franco Battiato: “Prospettiva Nevskij”. Ma prima di essere un grande viale ed il titolo di una canzone, “Nevskij” è il nome assegnato ad un eroe del medioevo russo, oggi considerato l’eroe nazionale russo nonché santo della chiesa cristiana ortodossa, protettore e patrono dell’esercito russo.
Facciamo quindi un salto indietro nella storia per capire il contesto storico nel quale si inserisce la figura di Aleksandr Nevskij. La prima metà del XIII secolo vide il progressivo declino della Rus’ di Kiev, l’entità sorta nel IX secolo in seguito allo stanziamento negli immensi spazi russi di elementi appartenenti a tribù vichinghe svedesi, chiamati dalla popolazione locale “Variaghi” oppure “Rus’” (che in slavo significava “rematori” e da cui deriva appunto il nome dell’odierna Russia). All’inizio del Duecento, dunque, il territorio di Kiev era più simile a una coalizione di principati che riconoscevano il Gran Principe più come una figura simbolica, un primus inter pares, piuttosto che un vero sovrano assoluto. Fu proprio questo Paese diviso al suo interno, che, nel 1223 subì l’invasione mongola. Il tentativo della coalizione dei principi di Kiev, Kursk, Volinia, Chernigov e Smolensk, di arrestare i Mongoli provenienti da oriente fu schiantato il 31 maggio del 1223, in una battaglia a seguito della quale circa settantamila guerrieri russi rimasero sul campo. Lo scontro si svolse presso il fiume Kalka, nell’attuale Oblast di Donetsk, nel Donbass. La vittoria mongola aprì all’orda la strada verso il saccheggio dell’intera Russia che venne invasa e depredata. Poi, improvvisamente come erano arrivati, gli invasori mongoli si ritirarono lasciandosi alle spalle una terra ridotta a un ammasso di rovine fumanti. (1)
Aleksandr Jaroslavič Nevskij, figlio del potentissimo Jaroslav principe di Vladimir, nacque a Pereslavl’-Zalesskij il 30 maggio 1220 e morì a Gorodec il 14 novembre 1263. Fu principe di Novgorod e di Vladimir dal 1252 fino alla sua morte e divenne famoso per le sue epiche gesta militari.
Quando si combatté la battaglia del fiume Kalka il principino Aleksandr Jaroslavič compiva tre anni. Nel 1237 la vita dell’ormai diciassettenne Aleksandr, divenuto l’anno prima Principe di Novgorod, venne sconvolta, come quella di migliaia di suoi compatrioti: infatti, una seconda ondata mongola, ancor più devastante di quella del 1223, tracimò nel Paese provocando distruzioni ancora peggiori rispetto all’invasione di quattordici anni prima. Per il popolo russo si trattò di un’autentica Apocalisse: come demoni, i mongoli dilagarono nel Paese prendendo e bruciando città come Riazan, Mosca, Vladimir e Kiev. Possiamo immaginare il terrore e lo sgomento suscitati dalla furia mongola rileggendo le parole del vescovo Serapione di Vladimir, il quale, testimone della loro opera devastatrice, descrive la disgrazia subita dai Russi nel suo Sermone del 1240 come conseguenza della collera divina per i peccati commessi: “Dio inviò allora contro di noi un popolo spietato, un popolo selvaggio, un popolo che non risparmia né la bellezza della giovinezza, né l’impotenza dei vecchi, né l’infanzia. Noi abbiamo provocato la collera del nostro Dio. Le sante chiese sono state distrutte, gli oggetti sacri profanati, i luoghi santi insudiciati. I cadaveri dei venerabili monaci sono stati gettati sulla neve in pasto agli uccelli; la terra si è abbeverata dei sangue dei nostri padri e dei nostri fratelli che colava come un’acqua abbondante; il coraggio dei nostri capi e principi è svanito; i nostri uomini coraggiosi pieni di terrore sono fuggiti, una moltitudine di nostri fratelli e di bambini fu trascinata in schiavitù; i nostri villaggi sono diventati campi di ortiche la nostra grandezza è svanita, la nostra bellezza è stata distrutta. I pagani hanno raccolto i frutti del nostro lavoro.” (1)
Velikij Novgorod scampò alla furia dei conquistatori solo assoggettandosi al pagamento di un tributo annuale ma, appena scongiurata la minaccia proveniente da est la Repubblica e il suo Principe dovettero far fronte a nuove minacce che arrivavano questa volta da ovest: la Russia infatti, prostrata dalle devastazioni perpetrate dai Mongoli appariva come una facile preda per gli eserciti occidentali. Nell’estate del 1240 un esercito svedese guidato dal Conte Jarl Birger Magnusson, cognato del Re Erik XI, mosse alla conquista di nuovi territori in terra russa. I guerrieri scandinavi erano animati, oltre che da propositi espansionistici, anche da un forte spirito di crociata verso il popolo russo, il quale, pur essendo anch’esso cristiano, era pur sempre seguace della Chiesa Ortodossa, considerata “eretica” e “scismatica” dai cattolici. (1) Aleksandr venne incaricato di difendere le terre del nord-ovest russo dagli svedesi. Aleksandr, in questo frangente, invocata la protezione di Dio, chiamò a raccolta il suo piccolo esercito e si rivolse ai soldati con queste parole: “Dio non è nella forza ma nella verità. Alcuni confidano nei principi, altri nei cavalli, ma noi invocheremo il Signore Dio nostro!”. (2) Il 15 luglio 1240, Aleksandr attaccò e sconfisse l’esercito svedese appena sbarcato in prossimità del fiume Neva. La vittoria russa nella Battaglia della Neva bloccò sul nascere il tentativo svedese di invasione, su vasta scala, della Russia. Come risultato della battaglia il giovane Aleksandr ricevette il soprannome, appunto, di Nevskij, cioè “Della Neva”, soprannome con il quale venne universalmente conosciuto e ricordato. Questa vittoria rafforzò la sua influenza politica ma, allo stesso tempo, peggiorò i suoi rapporti con le autorità della sua città, timorose che il principe, forte dei successi militari, mirasse a esautorare le libere istituzioni repubblicane trasformando lo stato in senso monarchico. Poco dopo quindi Aleksandr decise lasciare la città di Velikij Novgorod in seguito ai contrasti sempre crescenti, optando per un esilio volontario. (1)
Aleksandr si sposò una prima volta, nel 1239, con la principessa Aleksandra Brjacislàvna, figlia del Principe di Polotsk. Dal matrimonio nacquero almeno cinque figli: Vassili nato intorno al 1240 e divenuto successivamente dal 1256 al 1258 Principe di Novgorod. Eudossia divenuta moglie del Principe di Smolensk. Dmitri I, Andrea III ed infine Daniele di Russia, Principe di Mosca dal 1264. Da lui discenderanno tutti i Principi di Mosca.
Ma l’esilio di Aleksandr Nevskij non durò a lungo. Coloro che avevano complottato contro di lui lo richiamarono al potere affinché difendesse ancora la Repubblica di Velikij Novgorod contro invasori ancora più feroci degli svedesi: si trattava degli spietati Cavalieri Teutonici, ordine monastico militare cattolico nato con le Crociate, che, lasciata la Terrasanta aveva trasferito la sua sede nelle foreste baltiche. Ciecamente fedeli a Dio e al loro Hochmeister (il Gran Maestro) erano decisi a convertire al cattolicesimo i popoli del Baltico. (1) Infatti avevano già conquistato quasi tutta la Prussia e stavano inoltre dilagando in tutto il territorio russo; avevano conquistato le vicine Izborsk e Poskov e catturato il Principe Vjaceslav cui imposero il battesimo cattolico; avevano reso Koporjè sede delle operazioni militari ed erano ormai poco lontani dalla stessa Velikij Novgorod. (2)
In città regnava la disperazione: le campane della Cattedrale di Santa Sofia avevano raccolto il popolo atterrito. Mentre i boiardi e mercanti si offrivano di pagare il tributo all’Ordine Teutonico pur di evitare spargimenti di sangue, gli artigiani ed i contadini erano invece decisi a resistere in difesa della vita e della libertà. (2)
Ritornato dal suo esilio volontario, nella primavera del 1241, Aleksandr Nevskij con l’appoggio degli artigiani e dei contadini raccolse in breve tempo un esercito popolare e scacciò gli invasori dal suolo russo. Molti storici considerano gli assedi di Kopor’je e di Pskov come sofisticati esempi dell’arte dell’assedio. Nella battaglia decisiva Aleksandr e i suoi soldati resistettero alla cavalleria teutonica. Nevskij, il 5 aprile 1242, fronteggiò il nemico sul ghiaccio che copre il Lago dei Ciudi (Lago Peipus) durante la Battaglia del Lago Ghiacciato, nella quale i fanti russi accerchiarono e sconfissero un esercito di cavalieri teutonici e la loro cavalleria danese alleata.
Sulla figura di Aleksandr Nevskij e sulla sua vittoria sui Teutoni è famoso il film del 1938 dal titolo “Aleksandr Nevskij” del regista russo Sergej Michajlovič Ejzenštejn.
Questa battaglia rappresenta una tappa importante nella storia del medioevo russo. Infatti i cavalieri dell’Ordine Teutonico, inviati dal papa, avevano l’intento di penetrare nelle terre slave per cristianizzarle anche se il termine più appropriato per questo processo sarebbe “cattolicizzazione”, in quanto i russi erano già cristiani, ma ortodossi, tuttavia questa parola non viene mai utilizzata nei libri di storia per la Russia medioevale. Questa seconda vittoria si carica di un significato culturale, oltre che politico: la Russia confermava nuovamente la sua dedizione al culto di Bisanzio e alla religione ortodossa e dimostrava di saper resistere ai tentativi di penetrazione da parte degli eserciti occidentali, ribadendo il confine tra Cristianità cattolica e ortodossa, tra mondo baltico e mondo slavo. Un confine tutto sommato ancora valido: il Lago dei Ciudi (Lago Peipus) ha rappresentato il confine tra l’Estonia e la Russia, dall’indipendenza della repubblica baltica nel 1918 sino all’occupazione sovietica nel 1940, per poi tornare a segnare la frontiera tra le due nazioni con il ritorno all’indipendenza da parte dell’Estonia dopo il crollo dell’Unione Sovietica, nel 1991.
Nel 1246 il padre di Nevskij, morì al ritorno da un viaggio nella capitale tartara Saraj, dove si era recato per una missione diplomatica presso Batu Khan, nipote di Gengis Khan e signore del Khanato dell’Orda d’Oro, a cui erano subordinati numerosi principati russi. Aleksandr, succeduto a suo padre, per poter ottenere la conferma della sua dignità di principe di Kiev dovette anch’egli recarsi nel 1247 a Saraj a rendere omaggio a Batu Khan. Grazie a questo viaggio, e alle sue doti di abile politico, Nevskij riuscì ad ottenere la conferma del suo titolo di signore di Kiev da parte del Khan, il quale, in cambio di tributi e della solenne promessa di non muovere mai guerra contro di lui, prometteva di far cessare ogni scorreria mongola in territorio russo. (1)
Rientrato in patria, Aleksandr faticò non poco nella sua azione di governo, avversato dai sudditi che accettavano malvolentieri la politica di acquiescenza verso i mongoli da lui imposta. Nel 1252 installandosi sul trono di Vladimir, lasciò la carica di Principe di Novgorod al figlio maggiore Vasilij che però venne presto cacciato dai cittadini, sempre gelosi della loro libertà, che ritenevano il nuovo principe un semplice strumento della volontà di suo padre. Aleksandr intervenne per restaurare il potere del figlio senza esitare a usare la forza ma, una volta tornato al potere Vasilij fu di nuovo fonte di grattacapi per suo padre: rifiutò di versare agli esattori del Khan il tributo richiesto cavalcando il risentimento verso i tartari sempre diffuso tra la popolazione. Aleksandr dovette allora recarsi di nuovo a Saraj dove riuscì ad ammansire Ulaghchi, figlio Batu ora al potere, scongiurando la vendetta del sovrano tartaro. (1)
Dopo aver respinto l’invasione teutonica, Nevskij continuò a rafforzare la Russia del nord-ovest inviando delegati in Norvegia nel 1251 per firmare un trattato di pace. Successivamente guidò un suo esercito in Finlandia e sconfisse gli svedesi che stavano tentando un blocco del Mar Baltico contro i russi, nel 1256.
Dalla seconda moglie, Vasilissa, sposata poco prima di morire, non risulta avere avuto figli.
Le guerre, le incessanti attività e i lunghi viaggi minarono però la salute di Aleksandr. Tornando da un lungo viaggio in oriente alla capitale dell’Orda d’Oro mongola e sentendo la morte avvicinarsi, decise di vestire l’abito monastico presso il monastero di Gorodec, assumendo il nome di Aleksej. In quel monastero, il 14 novembre 1263, a 43 anni, Aleksandr Nevskij morì. (2) Nell’elogio funebre, il suo Padre spirituale, il patriarca Cyrill, disse: “Non ci sarà Principe più grande di te, figliolo mio, in Terra Russa.” (3)
Molti anni dopo la sua morte, nel 1547 venne canonizzato santo dalla Chiesa Ortodossa entusiasta della sua lotta contro le interferenze papiste e assurgerà a simbolo dell’opposizione all’invasore occidentale prima con Pietro il Grande e poi con Stalin. (4) La commemorazione avviene il 23 novembre, giorno della sua sepoltura, ed il 30 agosto, giorno della traslazione delle sue reliquie a San Pietroburgo all’interno del Monastero di Aleksandr Nevskij, dove si trovano tuttora. (2)
Pietro il Grande fece trasportare i suoi resti a San Pietroburgo e nel 1725 venne introdotto l’Ordine Imperiale di Sant’Aleksandr Nevskij come una delle più alte decorazioni militari, cancellato però, come tutte le altre decorazioni, dalla Rivoluzione d’ottobre. L’Ordine viene ripristinato solo il 29 luglio 1942, eliminando la parola “Imperiale” e la parola “Santo”. La decorazione consiste in una stella con un medaglione riproducente il profilo di Nevskij il cui nome è riportato intorno. Sotto il medaglione è posto uno scudo contenente una falce ed un martello. Il medaglione è circondato da foglie di alloro e dalla stella (nella parte superiore) spuntano due asce medioevali.
L’Ordine era destinato a quei comandanti che, in gravi situazioni e nonostante la preponderanza numerica e materiale del nemico, riuscivano comunque vittoriosi. Tra le maggiori personalità di rilievo che ottennero questa onorificenza si ricordano l’Ammiraglio Naum Senyavin, il Generalissimo e Principe Aleksandr Danilovič Menšikov, il Maggiore Generale Aleksandr Suvorov, il Generale Nikolaj Adlerberg, il Generale Michail Kutuzov e l’Ammiraglio Fëdor Fëdorovič Ušakov (canonizzato dalla chiesa ortodossa). L’Ordine di Aleksandr Nevskij è stato mantenuto dalla Federazione Russa, con l’abrogazione della simbologia comunista dalla sua decorazione. Il 7 settembre 2010 lo stemma dell’Ordine è stato modificato rendendolo più simile a quello esistente prima della rivoluzione d’ottobre. (2)
Luca D’Agostini
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Fonti:
(2) Battaglia del Lago Ghiacciato
(4) Nevskij
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