Afrodite nella religione greca era la dea della bellezza, dell’amore, della generazione e della primavera. I Romani la identificarono con Venere. Nata dal mare, Afrodite veniva venerata dai naviganti non come Poseidone, ma come colei che rende il mare tranquillo e la navigazione sicura. Le era sacro il delfino, allegro accompagnatore dei naviganti.
Afrodite è la dea della primavera in fiore, le sono sacre le rose e tante altre piante. Ma la primavera è anche la stagione degli amori quindi Afrodite viene collegata al matrimonio e alla generazione dei figli, ma non fu mai la dea dell’unione coniugale come fu Era. Afrodite era piuttosto quella forza che spinge un essere verso l’altro con immenso desiderio passionale.
Due tradizioni differenti riferiscono della sua nascita. Secondo Omero la dea era figlia di Zeus e di Dione. Esiodo invece racconta di Urano in amplesso amoroso con Gea quando arrivò Crono e lo mutilò. Il pene di Urano staccatosi galleggiò sulle onde quando si trasformò in spuma bianca nella quale si formò la divina fanciulla. Appena uscita dal mare, Afrodite fu portata da Zefiro prima a Citera, poi fino alla costa di Cipro. Qui, fu accolta dalle Ore, vestita e agghindata, e condotta da loro presso gli Immortali.
Una leggenda riferita da Luciano vuole ch’ella sia stata prima allevata da Nereo.
Afrodite era la bellezza in persona, la grazia e la leggiadria, e Paride, benché comprato con la promessa della bella Elena, non fu in fondo un giudice ingiusto preferendola ad Era ed Atena, quando le assegnò il fatidico pomo con la scritta: “Alla più bella!“.
Con le rappresentanti del proprio sesso, Afrodite invece sembrava non nutrire una grande affinità. Basti pensare quante sventure portò ad Elena, Fedra, Pasifac e tante altre. Anche Psiche, l’amante di suo figlio Eros, fu da lei trattata in modo piuttosto umiliante.
La sua bellezza suscitava purtroppo invidia e gelosia sia tra le Dee che le mortali, innescando uno dei più antichi meccanismi con cui le donne si sono combattute anziché allearsi, la rivalità.
Afrodite incarna proprio il principio del piacere fine a sé stesso, lei ama per il piacere di amare, e a differenza di altre, sceglie ad uno ad uno i suoi amanti, non subendo mai le altrui scelte. Con il suo cinto magico, che indossa per sedurre chiunque lei scelga di amare, lei fa dono della sua bellezza e del suo amore, senza altri scopi se non l’amore stesso. La sua gratificazione personale è legata al suo personale valore ed al fatto di scegliere, ed è proprio questo che la rende irresistibile, la sua autenticità. Lei infatti incarna l’amore, prima di tutto per sé stessa, poi verso gli altri.
Attorno ad Afrodite si formarono diverse leggende che non costituiscono un corpus coerente, ma vari episodi nei quali interviene la dea.
1) GLI AMORI – Afrodite fu sposa di Efesto, l’affumicato e zoppo dio dei fabbri. Ma ella amava Ares, il dio guerriero. Omero racconta come i due amanti furono sorpresi un mattino da Elios, il quale riferì l’avventura a Efesto. Questi preparò in segreto una trappola: era una rete magica, che solo lui poteva manovrare. Una notte in cui i due amanti erano riuniti nel letto d’Afrodite, Efesto richiuse la rete su di loro e chiamò tutti gli dei dell’Olimpo, i quali furono tutti rallegrati da tale invito. Pregato da Poseidone, Efesto acconsentì a ritirare la rete, e la dea fuggì piena di vergogna verso Cipro, Ares verso la Tracia. Dagli amori di Ares e Afrodite nacquero Eros (il dio dell’amore fisico e del desiderio), Anteros (il dio dell’amore corrisposto), Deimos e Fobos (il “Terrore” e la “Paura”), Armonia (che diventò, più tardi, a Tebe, moglie di Cadmo), e talvolta si aggiunge a questa lista Priapo, il dio di Lampsaco, il protettore dei giardini.
Gli amori di Afrodite non si limitarono ad Ares. Allorché Mirra, diventata un albero, ebbe partorito Adone, Afrodite raccolse il fanciullo, che era di una grande bellezza, e lo affidò a Persefone. Ma quest’ultima non volle restituirglielo. Il caso fu sottoposto a Zeus, il quale decise che il giovane sarebbe dovuto rimanere un terzo dell’anno con Persefone, un terzo con Afrodite e un terzo dove desiderava. Ma Adone restava un terzo con Persefone e due terzi con Afrodite. Adone era un cacciatore e presto fu ferito a morte da un cinghiale. Adone morì, forse vittima della gelosia d’Ares, versando larghi fiotti di sangue dalle crudeli ferite che avevano lacerato il suo corpo. Afrodite in suo ricordo volle che le sue spoglie, ogni primavera, ritornassero a vivere e a fiorire sotto l’aspetto dell’anemone, il fiore dall’intenso colore porporino.
La dea amò pure Anchise dal quale ebbe due figli, Enea e Lirno (quest’ultimo morto ancora bambino). Inoltre con Dioniso generò le Cariti (le Grazie) e Imene, il dio delle nozze, in onore del quale giovani e giovinette cantavano inni durante le cerimonie solenni dello sposalizio. Con Poseidone generò Rodo e con Ermes generò Ermafrodito.
2) LE VENDETTE – La collera e le maledizioni d’Afrodite erano celebri. Ella ispirò a Eos (l’Aurora) un amore insuperabile per vari mortali (Orione e Titone tra gli altri) per punirla di aver scoperto il suo adulterio con Ares (o, secondo un’altra tradizione, perché ella invece aveva ceduto proprio ad Ares). Castigò parimenti tutte le donne di Lemno, perché non la onoravano, affliggendole con un odore nauseabondo, di modo che i loro mariti le abbandonassero per prigioniere tracie. Le donne di Lemno uccisero tutti gli uomini dell’isola, e fondarono una società di donne, fino al giorno in cui gli Argonauti giunsero a dare loro figli. Afrodite punì anche le figlie di Cinira, a Pafo, costringendole a prostituirsi a stranieri.
3) IL POMO DELLA DISCORDIA – Un giorno, la Discordia lanciò una mela destinata a essere accordata alla più bella delle tre dee: Era, Atena e Afrodite. Zeus ordinò a Ermes di portarle tutte e tre sull’Ida di Troade per esservi giudicate da Alessandro, quello che più tardi sarà conosciuto con il nome di Paride. Le tre dee si disputarono alla sua presenza, vantando la loro bellezza, e promettendogli regali. Era gli offrì la monarchia universale, Atena l’invincibilità in guerra, Afrodite gli promise la mano di Elena. Fu scelta lei, ed è lei, perciò, all’origine della guerra di Troia.
Durante tutta la guerra, Afrodite accordò la sua protezione ai Troiani, e a Paride in particolare. Allorché Paride combatté in singolar tenzone contro Menelao, e fu sul punto di soccombere, Afrodite lo sottrasse al pericolo, e provocò l’incidente che aprì le ostilità generali.
Più tardi, protesse anche suo figlio Enea che stava per essere ucciso da Diomede. Quest’ultimo ferì la dea. La protezione d’Afrodite non poté impedire la caduta di Troia e la morte di Paride, tuttavia, ella riuscì a conservare la stirpe troiana e grazie a lei Enea, col padre Anchise e il figlio Iulo (o Ascanio), portando i Penati a Troia, riuscirono a fuggire dalla città in fiamme e ad approdare nel Lazio dove poté dare alla sua gente una nuova patria. Secondo la tradizione latina Afrodite, chiamata Venere a Roma, era dunque l’antenata della Gens Iulia, i discendenti di Iulo. Per questo Cesare edificò un tempio dedicandolo alla Venus Genitrix, cioè la Venere Madre.
4) AFRODITE E PSICHE – Afrodite la dea più bella fra tutte le dee, dea dell’amore e della bellezza, era invidiosa della bellezza di una donna mortale bella tanto quanto lei, di nome Psiche. La sua invidia, e la voglia di essere l’unica meravigliosa bellezza dell’Olimpo e sulla Terra la portarono a chiedere a suo figlio Eros, famoso come cupido, di scagliare una delle sue frecce, e di far innamorare Psiche dell’uomo più brutto della Terra. Eros accettò, ma mentre schioccava la freccia si punse con la stessa e si innamorò lui stesso della ragazza.
Nel frattempo, i genitori di Psiche erano preoccupati per il futuro della figlia, preoccupati che rimanesse senza un marito, così consultarono l’oracolo che gli svelò che la loro amabile figlia era destinata non ad un uomo mortale, ma ad un mostro che viveva in cima ad una montagna. Psiche ormai rassegnata dal suo destino, andò a cercare il “suo mostro” sulla montagna, lì Zaffiro, il vento che soffia verso Ovest, la sospinse gentilmente verso il basso, facendola arrivare in una caverna all’interno della montagna. La montagna era piena di gioielli e abiti lussuosi cosicché Psiche decise di rimanere per qualche giorno li in attesa del mostro. Ogni notte Eros le faceva visita, facendole credere che fosse lui il mostro-marito a lei destinato, ebbero anche dei rapporti sessuali. Eros però gli chiese di non accendere mai alcuna lampada, poiché non voleva che lei sapesse chi era e come fosse, in realtà non voleva che lei vedendo le sue bellissime ali lo riconoscesse.
Psiche era lieta di mantenere la promessa fatta, ma le due sorelle gelose di Psiche, la convinsero a trasgredire, e una notte Psiche spinta dalla curiosità e da ciò che le dicevano le sorelle accese una lampada, rimanendo senza fiato quando vide che chi gli dormiva accanto non era un mostro ma il bellissimo Dio Eros. Mentre la ragazza contemplava inerme la bellezza del ragazzo, una goccia di olio bollente cadde sul petto di Eros svegliandolo, e facendolo fuggire immediatamente.
Quando Psiche sconvolta e in lacrime per l’abbandono di Eros riferì l’accaduto alle due sorelle, esse gioirono in segreto, e ognuna volle recarsi sulla montagna per ripetere il modo in cui Psiche era entrata nella caverna, sperando che Eros avesse scelto loro. Zefiro invece non le raccolse e entrambe morirono precipitando fino ai piedi della montagna.
Psiche andò, invece, in cerca del suo amante vagando per tutta la Grecia, quando giunse al Tempio di Demetra, il cui pavimento era coperto da mucchi di granaglie mischiate, Psiche non sapendo cosa fare per entrare, si mise a suddividere i semi per tipo, quando ebbe finito Demetra parlò dicendole che il modo migliore di trovare Eros era parlare con sua madre Afrodite e guadagnarsi la sua benedizione. Psiche allora si recò al Tempio di Afrodite, vi entrò e parlò con essa che le diede una prova da superare simile a quello del Tempio di Demetra, ma le diede anche una scadenza impossibile per terminarlo. Eros sapendo cosa aveva in mente sua madre, e innamorato della ragazza, aiutò Psiche facendo si che fossero delle formiche a fare il lavoro a posto dell’amata. Afrodite infuriata per il successo della ragazza, le dette un’altra prova e cioè di andare in un prato dove pascolavano delle pecore dorate e procurarsi un po’ della loro lana. Psiche non rifiutò, convinta e spinta dall’amore che riservava per Eros, attraversò il fiume, dove sull’altra sponda c’era il famoso pascolo della pecore dorate, ma venne fermata dal Dio del fiume che l’avvertì che le pecore erano cattive e se si sarebbe avvicinata l’avrebbero uccisa, le consigliò dunque di aspettare fino a mezzogiorno, quando le pecore finito di pascolare si sarebbero recate all’ombra dall’altra parte del campo a dormire, e Psiche avrebbe avuto l’opportunità di raccogliere la lana rimasta impigliata tra i rami e sulle cortecce degli alberi, la ragazza seguì il consiglio.
Psiche portò, così, la lana ad Afrodite che ancora più infuriata che la ragazza fosse ancora viva e che avesse terminato il compito, sostenne che aveva subito troppo stress, nel prendersi cura del figlio depresso e malato per via dell’infedeltà di Psiche, e aveva perso gran parte della sua bellezza, così le dette un ultimo compito impossibile. Psiche doveva recarsi nell’Ade e chiedere a Persefone, la regina degli inferi, un po’ della sua bellezza da mettere in una scatola nera che le era stata consegnata da Afrodite. Psiche, così, salì su una torre, avendo deciso che il modo più rapido per raggiungere gli inferi era quello di morire, ma una voce la fermò all’ultimo minuto e le rivelò un percorso che le avrebbe permesso di entrare e fare ritorno ancora viva, oltre a dirle come passare superando Cerbero, Caronte e altri pericoli sul percorso. Psiche placò Cerbero, il cane a tre teste, con un dolce al miele e pagò a Caronte un obolo perché la portasse nell’Ade, lungo il percorso vide delle mani che spuntavano dall’acqua, una voce le disse di lanciare loro un dolce al miele. Una volta arrivata, Persefone le disse che sarebbe stata lieta di fare un favore ad Afrodite e al ritorno Psiche pagò nuovamente Caronte, e ne diede un altro dolce a Cerbero.
Psiche lasciò gli Inferi e decise di aprire la scatola e prendere per sé una piccola parte della bellezza, credendo che così facendo Eros l’avrebbe sicuramente amata, nella scatola c’era però un “sonno infernale” che la sopraffece. Eros, che l’aveva perdonata, volò da lei e le tolse il sonno dagli occhi, quindi implorò Zeus e Afrodite affinché dessero il loro consenso al matrimonio con Psiche, essi accettarono e Zeus la rese immortale. Afrodite danzò alle nozze di Eros e Psiche e i due sposi ebbero un figlio chiamato Piacere.
5) ICONOGRAFIA – Afrodite era rappresentata col corpo cinto di rose e di mirto su un carro tirato da passeri, colombe e cigni. Suo era il cinto che rendeva irresistibile chiunque lo indossasse, in quanto vi erano intessute tutte le malie d’Afrodite. Persino Era lo chiedeva in prestito quando Zeus aveva per la testa qualche scappatella. Quando si guardava allo specchio non lo faceva per vanità, ma perché attraverso esso contemplava al di là.
In Occidente il culto della dea ebbe il suo maggior centro in Sicilia, ad Erice in particolare, dove esisteva un tempio dedicato alla dea cartaginese Tanit. Dalla Sicilia il culto di Afrodite si diffuse in Italia fino a Roma dove fu venerata col nome di Venus Ericina.
Luca D’Agostini
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