Ottanta anni fa, il 30 settembre 1938, venne firmato uno dei più famosi documenti diplomatici nella storia dell’umanità, l’accordo di Monaco.
In questo articolo scopriremo come dietro la firma di quell’accordo si celava la strategia franco-britannica, consistente nell’indirizzare l’aggressività di Hitler verso l’Unione Sovietica. Risulterà evidente il motivo per cui questa strategia è praticamente ignorata dai testi di storia delle scuole occidentali. Soffermarci a riflettere sugli eventi di 80 anni fa è utile in questo momento in cui contro la Russia si conduce una implacabile guerra psicologica e continuare ad ignorare quanto accaduto nel recente passato è più che un errore.
La domanda che dobbiamo porci è: chi ha liberato Hitler dalle “catene di Versailles”? La risposta risulterà chiara nel proseguo della lettura: la responsabilità fu della Gran Bretagna e della Francia.
Infatti alla fine della prima guerra mondiale furono firmati i trattati di Versailles e di Saint-Germain in base ai quali la Germania, in quanto potenza sconfitta, veniva privata di tutti i suoi territori e delle colonie, la maggior parte delle quali passavano sotto il dominio inglese, e inoltre gli fu impedito di disporre di un esercito regolare, di un’aviazione e di una marina militare.1
A partire dal 1924, violando apertamente il trattato di Versailles, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna diedero piena attuazione al piano Dawes col quale, mediante ingenti investimenti di capitale a breve e a lungo termine da parte dei monopoli americani con a capo le famiglie Du Pont, Morgan, Rockefeller, Lamont ecc., si mirava alla ricostruzione dell’industria pesante tedesca e del suo potenziale bellico-industriale. Tutto ciò era addirittura stato messo nero su bianco nel trattato di Locarno del 1925, di cui Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti furono i promotori, e col quale praticamente si dava via libera alla Germania di riarmarsi.1
Con l’ascesa di Hitler al potere nei primi anni trenta l’economia tedesca venne reimpostata sul piede di guerra. L’economista Hjalmar Schacht, banchiere e politico liberale, nonché co-fondatore nel 1918 del “Partito Democratico Tedesco”, diventò il collegamento fra l’industria tedesca e gli investitori stranieri. A quel punto, anche il mondo commerciale e bancario britannico cominciò a canalizzare importanti donazioni verso il partito nazista: il 4 gennaio 1932 Montagu Norman, governatore della Banca d’Inghilterra dal 1920 al 1944, incontrò Hitler e il cancelliere tedesco Franz von Papen, per stringere un accordo segreto volto al finanziamento di quel partito. Alla fatidica riunione erano rappresentati anche gli Stati Uniti, coi fratelli John Dulles, futuro segretario di Stato e suo fratello Allen, futuro direttore della CIA.2

Hitler con al suo fianco Hjalmar Schacht

Hjalmar Schacht (a sinistra) e Montagu Norman (a destra)
Le prime tracce della strategia franco-britannica risultarono già evidenti subito dopo che i nazisti salirono al potere in Germania. In meno di sei mesi, il 15 luglio 1933 a Roma, la Gran Bretagna, la Francia, l’Italia e la Germania firmarono il “Patto a quattro.” Lo scopo di questa intesa a quattro era quanto mai evidente: organizzare la collaborazione di Francia e Gran Bretagna con la Germania ed isolare l’Unione Sovietica, estraniandola da qualsiasi partecipazione alla soluzione dei problemi di politica europea.1 Furono Gran Bretagna e Francia a consentire alla Germania di Hitler di entrare nel circolo delle grandi potenze ed iniziarono a parlare con essa da pari a pari.
Francia e Gran Bretagna non avevano trascurato il fatto che Hitler già nel “Mein Kampf” aveva manifestato l’intenzione di marciare verso Est per conquistare le risorse e lo “spazio vitale.” Con la firma del “Patto a quattro”, il fuhrer del Terzo Reich non solo ottenne un grande successo diplomatico, ma guadagnò il “Drang nach Osten” (“Spinta verso Est”) verso “le vaste distese della Russia”, piano coerente con gli interessi di Londra e Parigi.3
Nel 1933, il nuovo governo tedesco fu trattato molto favorevolmente dai circoli dominanti degli Stati Uniti e della Gran Bretagna. Non casualmente i governi occidentali tacquero, quando Berlino si rifiutò di pagare le riparazioni di guerra, relative al primo conflitto mondiale. Lo stesso Schacht, divenuto presidente della Reichsbank e ministro dell’economia, il 30 maggio di quell’anno andò negli Stati Uniti per incontrare il presidente Roosevelt e i principali banchieri di Wall Street. Alla Germania fu concesso un credito pari ad 1 miliardo di dollari. Un mese dopo, durante una visita al banchiere centrale di Londra, Montagu Norman, Schacht chiese un prestito aggiuntivo pari a 2 miliardi di dollari, nonché la riduzione e l’eventuale cessazione del pagamento dei vecchi prestiti. E nell’estate del 1934 la Gran Bretagna firmò l’Anglo-German Transfer Agreement, che diventò uno dei principi fondamentali della politica britannica nei riguardi del Terzo Reich. Negli anni successivi la Gran Bretagna diventò il primo partner commerciale della Germania: la “Banca Schroeder” divenne l’agente principale per gli affari fra Berlino e Londra, e nel 1936 la sua filiale di New York si fuse nella Holding Rockfeller, per creare la banca d’investimento “Schroeder, Rockfeller e Co.”,.2
E’ finito nell’oblio l’accordo navale anglo-tedesco, estremamente vantaggioso per Berlino, firmato il 18 giugno 1935 dai ministri degli Esteri di Gran Bretagna e Germania, Samuel Choir e Joachim von Ribbentrop. Questa firma concesse alla Germania l’opportunità di creare una flotta tedesca pari al 35% delle forze navali del Regno Unito e dei Paesi del Commonwealth britannico e il diritto di intraprendere un ambizioso programma di costruzione di sottomarini, sconfessando di fatto il Trattato di Versailles.3
Il successivo colpo alle “catene di Versailles” Hitler lo inflisse nel 1936, occupando militarmente la Renania, lasciata dalla Germania nel 1919. Londra e Parigi non reagirono.3
Nell’agosto del 1936 Hitler aveva redatto un “Memorandum Segreto”, dei cui contenuti solo pochi alti dirigenti nazisti erano a conoscenza. Il memorandum stabiliva che entro quattro anni la Germania avrebbe dovuto dotarsi di forze armate pronte al combattimento. Di conseguenza, l’economia tedesca avrebbe dovuto mobilitarsi per supportare l’imminente sforzo bellico. Di qui l’annuncio, a Norimberga, del “Piano Quadriennale” di investimenti strategici. Il credito estero costituiva la base finanziaria necessaria. Il Terzo Reich si stava semplicemente preparando a fare il “lavoro” per il quale era stato profumatamente pagato. Nel mese di agosto del 1934 il gigante petrolifero statunitense Standard Oil acquistò 730.000 ettari di terreno in Germania, per costruirci delle grandi raffinerie di petrolio, per rifornire di carburante i nazisti. Allo stesso tempo altre aziende statunitensi rifornirono la Germania delle più moderne attrezzature per la costruzione di aerei civili, che in realtà davano copertura alla produzione di aerei militari.2
Nel marzo del 1938 il Terzo Reich si era impossessato dell’Austria e Gran Bretagna e Francia ancora una volta non reagirono. Dopo l’ingrandimento della Germania con l’annessione dell’Austria, il territorio cecoslovacco si trovava in una nuova posizione strategica: questo lembo di terra lungo e stretto veniva improvvisamente a configurarsi come la punta di una freccia che penetrava fin quasi al centro geometrico della Germania. Questa nuova situazione geografica faceva sì che lo stato slavo venisse considerato come una potenziale portaerei straniera al servizio agli stati nemici dei tedeschi, come Francia e Gran Bretagna, paesi legati diplomaticamente e militarmente allo stato slavo. Dalla Boemia e dalla Moravia, era infatti possibile raggiungere facilmente in aereo centri di vitale importanza come Berlino o Vienna: di qui l’urgenza, da parte di Hitler, di occupare questo stato prima di altri.
Nel mese di maggio trapelò la notizia, poi smentita, di un probabile attacco tedesco alla Cecoslovacchia: di conseguenza i governi di Gran Bretagna e Francia furono colti dal panico, mentre l’Unione Sovietica minacciò di rispondere all’attacco.
La Gran Bretagna, in cui governava Neville Chamberlain, sostenitore dell’appeasement (“accomodamento”), non arrivò mai a sostenere un intervento militare e comunicò questa sua posizione con nota segreta al governo francese di Daladier. Anzi addirittura intraprese una corposa azione diplomatica con Hitler, con più incontri che si svolsero nella città bavarese di Berchtesgaden.4 Così qualche mese dopo, nel suo discorso radiofonico alla nazione del 27 settembre 1938, Chamberlain affermò che “è orribile, fantastico ed incredibile che si debbano scavare delle trincee qui, per via di una lite scoppiata in un paese lontano, fra popoli di cui nulla sappiamo”.5

Neville Chamberlain ed alla sua sinistra Hitler
La Francia allo stesso modo dei britannici non sostenne mai un intervento militare in quanto erano prossime le elezioni politiche e la leadership del primo ministro Edouard Daladier era piuttosto debole. L’Unione Sovietica era l’unica a sostenere fermamente la necessità di un intervento armato in difesa della Cecoslovacchia ma aveva il problema di dover ottenere la garanzia da parte polacca e rumena di lasciar passare le proprie truppe (la Cecoslovacchia non era uno stato confinante).

Edouard Daladier
A questo punto, Hitler avendo ben presente che l’unico ostacolo verso l’annessione della regione dei Sudeti sarebbe stata l’Unione Sovietica, si adoperò per convincere la Polonia e la Romania a negare l’autorizzazione al transito delle truppe sovietiche sul loro territorio. Non fu affatto difficile convincere Polonia e Romania. Anzi, diciamo che fu piuttosto facile. La Polonia, che Churchill paragonò ad una iena, negò il transito alle truppe sovietiche ingolosita dalla prospettiva di ottenere alcuni territori appartenenti alla Repubblica Cecoslovacca, mentre la Romania fu intimorita con lo spauracchio di eventuali pretese sovietiche sulla Bessarabia.
Ottenuto il risultato sperato dalla Polonia e dalla Romania, il 15 settembre 1938 Hitler presentò le sue proposte al governo di Praga, da questo rifiutate perché considerate un ultimatum. Ma quando i generali della Wehrmacht poterono visionare le difese allestite dall’esercito cecoslovacco, si resero conto che la conquista militare dei territori dei Sudeti non sarebbe stata affatto facile. Hitler fu così obbligato ad aspettare e perdere l’effetto sorpresa della guerra lampo.6
Chamberlain allora si rivolse all’unica persona che credeva avrebbe potuto persuadere Hitler: Benito Mussolini. Alle 10 di mattina del 28 ottobre 1938, Chamberlain tramite l’ambasciatore a Roma, contattò il ministro degli Esteri Galeazzo Ciano che a sua volta informò il duce. Il governo inglese chiedeva la mediazione del governo italiano per persuadere la Germania ed organizzare una conferenza per evitare la guerra. Mussolini, lo sappiamo dai diari di Ciano e da quelli di altri suoi collaboratori, fu molto felice di acconsentire alla richiesta inglese, soprattutto perché dava a lui e all’Italia il ruolo di importanti mediatori in faccende europee di primo piano. Mussolini si mise in comunicazione con Hitler e in poche ore riuscì ad organizzare una conferenza a Monaco di Baviera. La notizia arrivò a Londra mentre Chamberlain stava tenendo un discorso al parlamento. Quando disse che Hitler aveva accettato la conferenza, la sua voce venne sommersa dalle grida di gioia e dagli applausi dei parlamentari di entrambi gli schieramenti.7

I partecipanti all’accordo di Monaco. Partendo da sinistra: Neville Chamberlain, Edouard Daladier, Adolf Hitler, Benito Mussolini, Galeazzo Ciano
Il picco della politica di “appeasement” fu l’accordo firmato all’una e trenta di notte del 30 settembre 1938 a Monaco di Baviera tra Hitler, il duce Benito Mussolini e i primi ministri di Gran Bretagna e Francia, Neville Chamberlain ed Edouard Daladier. Il grande escluso dalla conferenza fu Stalin. Né i francesi né i britannici ritennero necessario invitarlo. Stalin in seguito rimase assai scettico nei loro confronti avendo ben compreso che l’intenzione di Francia e Gran Bretagna fosse quella di indirizzare l’aggressività di Hitler contro l’Unione Sovietica. Il vero significato degli accordi di Monaco fu prontamente denunciato da Stalin il quale, presentando il Rapporto al XVIII Congresso del Partito, affermò che si erano cedute le regioni della Cecoslovacchia alla Germania come compenso per l’impegno assunto di iniziare la guerra contro l’Unione Sovietica.1
In base all’accordo di Monaco, la regione dei Sudeti che apparteneva alla Cecoslovacchia venne strappata via e annessa alla Germania. Pezzi di Cecoslovacchia furono annessi dalla Polonia che come abbiamo ricordato Churchill paragonava ad una iena e successivamente l’Ungheria. Chamberlain e Daladier non si preoccuparono di aver fatto spartire il territorio di una democratica e pacifica Cecoslovacchia. Li rendeva felici il fatto che l’Unione Sovietica non potesse venire in soccorso della Cecoslovacchia, sebbene ci avesse provato, e che in campo internazionale Mosca rimase isolata.3
Giunto euforico, Chamberlain si era “dimenticato” che prima di partire per Monaco di Baviera aveva promesso alle autorità della Cecoslovacchia di tenere conto dei loro interessi. In realtà se ne “dimenticò” né più né meno come avevano dimenticato le loro promesse al presidente ucraino Viktor Janukovič i ministri degli Esteri di Germania, Francia e Polonia nel mese di febbraio 2014.3
Il giorno successivo, il 1° ottobre 1938, Hitler e Chamberlain firmarono un ulteriore accordo, impegnandosi a risolvere le dispute future fra Germania e Gran Bretagna tramite mezzi pacifici, quindi un patto di non aggressione a tutti gli effetti. Questo accordo tra Berlino e Londra venne stipulato il giorno successivo alla partenza di Mussolini, considerato ormai un peso dalla Gran Bretagna che lo riteneva il semplice portavoce dei nazisti: ciò non fece che favorire il rafforzamento dei rapporti tra Italia e Germania, che avrebbe poi portato al Patto d’Acciaio del maggio 1939.
Dopo Francia e Gran Bretagna, firmarono con la Germania patti di non aggressione anche Danimarca, Lituania, Lettonia ed Estonia. È interessante notare che gli stessi paesi baltici non rinnegano di aver firmato patti di non belligeranza con la Germania nazista.3
Chamberlain e Daladier si felicitarono per un accordo che sembrava realizzare la loro strategia anti sovietica. Tornati in patria furono accolti trionfalmente come garanti della pace. Ai capi dell’opposizione della Camera dei Comuni, Chamberlain descrisse Hitler come “un uomo rispettabile che, una volta ottenuto il territorio dei Sudeti, avrebbe contribuito a mantenere la pace“.8 Tra le poche voci critiche, si alzò quella di Winston Churchill il quale sostenne, in un discorso polemico tenuto davanti alla Camera dei Comuni il 5 ottobre 1938, che non si stava profilando la fine di un incubo, ma l’inizio. Rivolgendosi a Chamberlain, dichiarò inoltre: “Dovevate scegliere tra la guerra ed il disonore. Avete scelto il disonore e avrete la guerra“. Ai dubbi dell’opposizione Chamberlain replicò con irritazione: “Ho incontrato Hitler e ho fiducia in lui“.8
Come stabilito, Hitler annesse i territori dei Sudeti nell’ottobre del 1938. La “iena” Polonia che aveva negato il transito alle truppe sovietiche per accorrere in soccorso della Cecoslovacchia, inviò al governo di Praga un ultimatum il 30 settembre 1938, pochi minuti dopo aver appreso della firma dell’accordo di Monaco, costringendo la Cecoslovacchia a cedere la città Cieszyn (Těšín in ceco) e la città di Zaolzie, ottenendole il giorno successivo. L’Ungheria occupò nel novembre 1938 alcuni territori slovacchi e successivamente, nel marzo 1939, la Rutenia subcarpatica.
Il 13 marzo del 1939, non rispettando l’accordo di Monaco firmato a settembre dell’anno precedente, le truppe tedesche entrarono a Praga, annettendo il resto della Boemia e della Moravia: questi territori slavi vennero trasformati in un protettorato tedesco. Ad est, venne creato un regime-fantoccio in Slovacchia. Era la rottura dell’accordo di Monaco: quasi tutta la Cecoslovacchia si trovava sotto il controllo di Hitler, ma nessuna reazione venne da Francia e Gran Bretagna, le quali invece riconobbero immediatamente il nuovo protettorato sottraendosi in modo del tutto ipocrita agli impegni assunti pochi mesi prima. A trasformare la loro strategia in farsa ci pensò la Banca d’Inghilterra, la quale addirittura consegnò prontamente 6 milioni di sterline d’oro che aveva avuto in deposito dalla Repubblica Cecoslovacca.5
La Gran Bretagna in realtà era pienamente soddisfatta dell’impiego della forza militare tedesca ad est, in quanto ciò le diede mesi di tempo per il rinnovamento della RAF e della rete radar che si riveleranno decisivi nella battaglia d’Inghilterra del 1940.
La cinica strategia di Francia e Gran Bretagna, felici di un’espansione verso est del Terzo Reich in chiara funzione anti sovietica, indusse Hitler il 21 marzo 1939 a chiedere alla Polonia la città di Danzica e il corridoio polacco. In questa occasione Chamberlain affermo: “Non vale la pena morire per Danzica. Nessun governo britannico vorrà o potrà mai rischiare per Danzica le ossa di un granatiere“.5 Il 22 marzo 1939 costrinse la Lituania a cedere la città e il porto di Klaipeda. Il 23 marzo 1939 impose alla Romania un accordo economico col quale l’economia rumena veniva trasformata in una vera e propria riserva di materie prime per il Terzo Reich.1
Per tutti gli anni ’30, fino al 23 agosto 1939, l’Unione Sovietica insistentemente e costantemente aveva perseguito la politica di “sicurezza collettiva”. Non è né per colpa né per disgrazia di Mosca che gli sforzi della politica di “appeasement” l’avevano costretta a rinunciarvi. La svolta in politica estera del Cremlino era stata preceduta dai negoziati trilaterali delle delegazioni militari di Gran Bretagna, Francia ed Unione Sovietica a Mosca. La responsabilità del loro fallimento ricade sugli inglesi e i polacchi. I primi, negoziarono con Hitler con l’obiettivo di evitare il ravvicinamento tra l’Unione Sovietica e la Germania, i secondi, sperando in vano in Parigi e Londra, si erano categoricamente rifiutati di accettare aiuti militari dall’Unione Sovietica, nonostante l’ascia tedesca era già stata puntata sul loro Paese.3
Ma nonostante tutto l’Unione Sovietica continuava con pazienza a richiamare l’attenzione della Francia e della Gran Bretagna sul fatto che la politica “non intervento” le avrebbe condotte direttamente al suicidio. Ancora una volta dunque l’Unione Sovietica invitava i governi di Londra e Parigi a prendere in considerazione la necessità di una politica di resistenza collettiva all’aggressione, proposta da Mosca fin dal 6 febbraio 1933 quando, intervenendo alla Conferenza generale per il disarmo, propose di “definire nel modo più preciso possibile” la concezione di aggressione allo scopo di prevenire qualsiasi pretesto per la sua giustificazione. Tale proposta però non fu mai accettata dalla Conferenza che agiva sotto la direzione della Francia e della Gran Bretagna.1
Le trattative anglo-franco-sovietiche iniziarono nel marzo del 1939 e si trascinarono stancamente fino a settembre. Ma fu chiaro fin da subito che la Gran Bretagna e la Francia, con l’appoggio dei circoli reazionari degli Stati Uniti, facevano un doppio gioco che mirava all’accordo con la Germania hitleriana allo scopo di dirigerla verso l’Unione Sovietica. Ma la vigilanza dell’Unione Sovietica sventò questo infame complotto contrapponendo ai trucchi e agli stratagemmi delle potenze occidentali le sue proposte franche e chiare atte alla difesa della pace in Europa. A tal proposito basta ricordare che al posto di un patto basato sulla mutua assistenza con parità di diritti proposto da Mosca, Francia e Gran Bretagna proposero un patto unilaterale secondo il quale l’Unione Sovietica era tenuta ad intervenire nel caso in cui la Francia o la Gran Bretagna o qualsiasi Paese con esse confinanti fosse stato oggetto di un’aggressione mentre se l’aggressione fosse stata diretta contro l’Unione Sovietica o qualsiasi altro Paese con esso confinante Gran Bretagna e Francia non si assumevano nessun impegno preciso.1 Stalin, con una grande perspicacia, disse al generale sovietico Žukov: “Il governo francese, con Daladier a capo, e il governo inglese di Chamberlain non vogliono impegnarsi seriamente nella guerra contro Hitler. Sperano ancora di spingere Hitler a una guerra contro l’Unione Sovietica. Se nel 1939 hanno rifiutato di formare con noi un blocco contro Hitler, è stato perché non volevano legare le mani a Hitler e non volevano indurlo a rinunciare alla sua aggressione contro l’Unione Sovietica. Ma non otterranno nulla. Dovranno essi stessi pagare per la loro politica miope“.9 Quanto affermato da Stalin trova conferma nelle parole del britannico Sir Alexander Cadogan, sottosegretario agli esteri, il quale in seguito riferì che: “Chamberlain avrebbe preferito dimettersi dalla carica di primo ministro piuttosto che stringere un accordo con i sovietici“.2
Come risulta chiaro l’atteggiamento di Francia e Gran Bretagna era teso a indicare ad Hitler che egli poteva attaccare l’Unione Sovietica in qualsiasi momento in quanto esse avrebbero mantenuto una posizione di “non intervento”. Non solo, ma rifiutando l’aiuto ai Paesi del Baltico (Lituania, Lettonia ed Estonia) in caso di aggressione esse indicavano ad Hitler anche la strada per muovere la sua aggressione contro l’Unione Sovietica. Inoltre Francia e Gran Bretagna facevano pressioni sulla Polonia affinché essa non accettasse le proposte sovietiche circa la conclusione di un patto di mutua assistenza.1 Anche in questo caso risultava evidente come la strategia di Gran Bretagna e Francia consisteva nel fatto di far entrare in contrasto Germania ed Unione Sovietica. Lo spiegò il ministro degli Esteri francese Bonnet: “È assolutamente necessario tirare dentro la Polonia, altrimenti l’aiuto russo non potrà essere efficace. È una semplice constatazione geografica: la Polonia confina con la Germania, la Russia no“. Bisognava ottenere l’aiuto (non immediato, visto il patto Molotov-Von Ribbentrop, ma in prospettiva inevitabile) dell’Unione Sovietica, impedendo che stesse a guardare e si rafforzasse a spese delle altre potenze in guerra. Emerge ancora una volta un grande cinismo da parte franco-britannica, questa volta a spese della Polonia.5
E’ importante capire che nell’agosto 1939, il discorso non riguardava la spartizione della Polonia, dell’Europa o del mondo tra l’Unione Sovietica e la Germania, ma piuttosto dove dopo l’inevitabile sconfitta della Polonia Hitler avesse mosso le sue orde: ad Est o ad Ovest? A Mosca non vi era alcun dubbio che Gran Bretagna e Francia non soltanto non avevano intenzione di fare qualcosa di serio per impedire a Hitler di scatenare la guerra, ma anzi facevano tutto il possibile per poter, mediante complotti e intese segrete, mediante provocazioni di ogni genere, aizzare la Germania hitleriana contro l’Unione Sovietica. In queste condizioni la scelta che si poneva a Stalin era: o accettare a scopo di autodifesa la proposta fatta dalla Germania di concludere un patto di non aggressione, ciò che avrebbe garantito all’Unione Sovietica il prolungamento della pace per un certo periodo, che poteva essere utilizzato per meglio organizzare la propria forza e respingere l’eventuale attacco dell’aggressore; o declinare la proposta della Germania in merito al patto di non aggressione, ciò che avrebbe permesso immediatamente alle potenze occidentali di coinvolgere l’Unione Sovietica in un conflitto armato contro la Germania in condizioni assolutamente sfavorevoli per Mosca e in una situazione di isolamento. Si può avere qualsiasi giudizio su Stalin e sulla sua politica interna, ma non si può non ammettere che sia stato spinto in un angolo ed in queste condizioni abbia fatto la scelta giusta negli interessi del popolo sovietico. Ecco perché Il “Patto di non aggressione” sovietico-tedesco stipulato a Mosca il 23 agosto 1939, data la situazione che si era venuta a creare alla vigilia della seconda guerra mondiale, fu il risultato inevitabile a cui l’Unione Sovietica dovette ripiegare dopo aver ampiamente appurato che la Francia e Gran Bretagna, che adottavano la politica di “appeasement”, cioè di “non intervento” nei confronti della Germania di Hitler, tradivano in pieno le aspirazioni di pace dei rispettivi popoli, cercavano un accordo con Hitler per aizzarlo contro l’Unione Sovietica e sabotavano con ogni mezzo le proposte per una sicurezza collettiva, di cui Mosca era la sola sostenitrice.
Inoltre Stalin batté gli arroganti e troppo sicuri di sé inglesi, vincitori più volte di battaglie diplomatiche. Concludendo l’accordo con la Germania, Stalin fece assaggiare a Parigi e Londra il frutto amaro della politica di “appeasement” (“accomodamento”), guadagnò 21 mesi tempo per riorganizzare le forze armate e l’industria bellica al fine di prepararsi alla resa dei conti finale con la Germania, poté far avanzare le sue difese da 150 a 300 chilometri. Questo fattore ebbe una grande influenza sulla difesa di Leningrado e di Mosca, alla fine del 1941.9 Infine evitò al Paese la minaccia di una guerra su due fronti: era appena scoppiato il conflitto di confine sovietico-giapponese ed era in corso la battaglia di Khalkhin Gol.3
Quando Hitler fece esplodere la Seconda Guerra Mondiale invadendo la Polonia, i leader occidentali preferirono puntare il dito contro l’accordo difensivo che Berlino appena firmato con Mosca. Supportati dal coro della propaganda, dissero che la colpa per aver scatenato la guerra non era da attribuire alla politica di “appeasement” portata avanti da Gran Bretagna e Francia, ma piuttosto al “patto di non aggressione” fra Unione Sovietica e Germania.
Di fatto, l’Occidente non ha mai riconosciuto le proprie responsabilità per aver istigato in tutti i modi la Germania contro l’Unione Sovietica, dimostrando tutta la sua russofobia. E oggi, nel 2018, “sta facendo del suo meglio”, ancora una volta, per impedire l’affermazione della Russia sulla scena mondiale.
Luca D’Agostini
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Fonti:
(4) Santi Corvaja e Robert L. Miller, Hitler & Mussolini: The Secret Meetings, Enigma Books, New York 2008, p. 71.
(5) Monaco 1938
(6) Albert Speer, Memorie del Terzo Reich, Mondadori, Milano 1969, pp. 151-152.
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